Chi è l'altro Tesina per l’esame di stato Ballarini Maria Elena, 5F

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Transcript della presentazione:

Chi è l'altro Tesina per l’esame di stato Ballarini Maria Elena, 5F Liceo scientifico D. Bramante Anno scolastico2001-2002 Tesina per l’esame di stato Chi è l'altro Ballarini Maria Elena, 5F

Filosofia: l’aspetto gnoseologico dell’altro Husserl Levinas Letteatura italiana: il relativismo Luigi Pirandello Letteratura inglese: l’altro e l’ephiphany James Joyce Letteratura francese: Meursault e la societé Albert Camus

Edmund Husserl Il secondo ego non è semplicemente presente, datoci autenticamente,ma è costituito come alter ego. L’altro per il suo senso costitutivo rinvia a me stesso; l’altro è rispecchiamento di me stesso e tuttavia esso non è propriamente un rispecchiamento

LA COSTITUZIONE DELL’ALTRO COME ALTER EGO Innanzi tutto gli altri sono dati dall’io come oggetti del mondo, ma anche come soggetti che fanno esperienza del mondo. Conseguentemente il mondo non è tale solo per l’io, ma è tale per tutti: si presenta come mondo “oggettivo” proprio in quanto è “intersoggettivo”. Quindi per arrivare a capire chi è l’altro è necessario prima definire la sfera del mio-proprio che consente di riconoscere, per contrasto la presenza nell’io trascendentale di ciò che non è proprio dell’io, dell’estraneo e salvaguadare così l’alterità dell’altro. In ogni caso, però, sembra chiaro che si attribuisce all’io il primato sull’altro: “l’estraneo si dà perche c’è il “proprio”: l’altro è appunto un alter ego.

Nella sfera del mio proprio il percorso dell’io all’alter ego passa attraverso l’analisi fenomenologica dell’esperienza vissuta del proprio corpo. L’altro è infatti presente nella sfera del mio proprio come corpo fisico, non direttamente come soggetto; dell’altro come soggetto è possibile solo avere un’esperienza indiretta: un’appresentazione o percezione analogica. L’altro è pensabile solo come analogo. Certamente non è solo un doppione dell’io. Si appresenta come “la”, dotato di una sfera del “mio prorpio”non identica alla sfera del “mio proprio” appartenente all’ io, poiché l’io esiste in rapporto al qui del suo corpo. Quindi, l’altro trascende l’essere mio proprio, ma in ogni caso, sempre solo come modificazione di me stesso

Emmanuel Levinas Il povero, lo straniero si presenta come eguale. (...)La sua uguaglianza in questa povertà essenziale consiste nel riferirsi al terzo, così presente all’incontro e che, nella sua miseria, è già servito da Altri.(...) Egli si unisce a me. (...)Ogni relazione sociale, al pari di una derivata, risale alla presentazione dell’Altro al Medesimo, senza nessuna mediazione di immagini o di segni, ma grazie alla sola espressione del volto. (...)Il fatto che tutti gli uomini siano fratelli non è spiegato dalla loro somiglianza, né da una causa comune di cui sarebbero l’effetto come succede per le medaglie che rinvìano allo stesso conio che le ha battute. (...)

La paternità non si riconduce ad una causalità cui gli individui parteciperebbero misteriosamente e che determinerebbe, in base ad un effetto non meno misterioso, un fenomeno di solidarietà.(...) Il fatto originario della fraternità è costituito dalla mia responsabilità di fronte ad un volto che mi guarda come assolutamente estraneo, e l’epifania del volto coincide con questi due momenti. O l’uguaglianza si produce là dove l’Altro comanda il Medesimo e gli si rivela nella responsabilità; o l’uguaglianza non è che un’idea astratta e una parola.

L'altro come volto La relazione con l’alterità dell’altro esige - secondo Levinas-una rottura con la totalità, cioè con la pretesa della filosofia di racchiudere l’essere nell’orizzonte unico della conoscenza. Se c’è un altro, deve porsi “al di là” dell’essere. Questo non significa che l’altro sia inaccessibile. L’altro è inconoscibile, perché la conoscenza è opera di identificazione, ma non inaccessibile. La relazione con l’altro, infatti, non è una relazione di conoscenza. È un incontro faccia a faccia: il modo in cui si presenta l’altro, che supera l’idea della’ altro in me è definito da Lévinas “il volto”.

Albert Camus "Pour que tout soit consommé, pour que je me sente moins seul, il me restait à souhaiter qu'il y ait beaucoup de spectateurs le jour de mon exécution et qu'ils m'accueillent avec des cris de haine." Albert Camus, in L'Etranger

"J'ai résumé l'Etranger, il y a très longtemps, par une phrase dont je reconnais qu'elle est très paradoxale: Dans notre société, tout homme qui ne pleure pas à l'enterrement de sa mère risque d'être condamné à mort. Je voulais dire seulement que le héros du livre est condamné parce qu'il ne joue pas le jeu. En ce sens, il est étranger à la société où il vit, il erre, en marge, dans les faubourgs de la vie privée, solitaire, sensuelle. Et c'est pourquoi des lecteurs ont été tentés de le considérer comme une épave. On aura cependant une idée plus exacte du personnage, plus conforme en tout cas aux intentions de son auteur, si l'on se demande en quoi Meursault ne joue pas le jeu. La réponse est simple, il refuse de mentir. Mentir, ce n'est pas seulement dire ce qui n'est pas. C'est aussi, c'est surtout dire plus que ce qui est et, en ce qui concerne le coeur humain, dire plus qu'on ne sent. C'est ce que nous faisons tous, tous les jours, pour simplifier la vie. Meursault, contrairement aux apparences, ne veut pas simplifier la vie.

Meursault et la societé Il dit ce qu'il est, il refuse de masquer ses sentiments et aussitôt la société se sent menacée. On lui demande par exemple de dire qu'il regrette son crime, selon la formule consacrée. Il répond qu'il éprouve à cet égard plus d'ennui que de regret véritable. Et cette nuance le condamne. Meursault n'est donc pas une épave, mais un homme pauvre et nu, amoureux du soleil qui ne laisse pas d'ombre. Loin d'être privé de toute sensibilité, une passion profonde, parce que tenace, l'anime, la passion de l'absolu et de la vérité.

James Joyce She was fast asleep. Gabriel, leaning on his elbow looked for a few moments unresentfully on her tangled hair and half-open mouth, listening to her deep-drawn breath. So she had had that romance in her life: a man had died for her sake. It hardly pained him now to think how poor part he, her husband, had played in her life. James Joyce, in The dead

The epiphany Gabriel by his ideas, his tastes and his sensitivities has been isolated from others but always found solace in his self-esteem. Michael Furey has destroyed this. Michael was first in Gretta's love and Gretta is incapable of perceiving the importance that this has for Gabriel. She is now asleep. Gabriel is alone in the absolute sense of psychological isolation. Gretta recalling Michael has caused Gabriel to realise that he and the guests of the party are deader than Michael Furey. His sel destroyed, his identity gone, he becomes one with all the living and the dead.

L’estremo relativismo riguardo la costruzione, la comunicazione e l’immagine di sè per sè e per gli altri, è di Vitangelo Moscarda, protagonista di uno delle più celebri opere di Luigi Pirandello, scritta nel 1925 (ma il suo inizio data 1909) e pubblicata a puntate sul settimanale “La Fiera letteraria” nel 1926. “Uno, nessuno e centomila”; ultimo romanzo del grande scrittore siciliano, esso è anche uno degli esiti più rivoluzionari della narrativa del ‘900. Nessuno è per sé, in quanto l’io è fondamentalmente essere-per-l’altro, il protagonista è contemporaneamente uno per quanti sono coloro che si mettono in relazione con lui e costruiscono la sua immagine, e dunque altri centomila.

Il relativismo Costruire se stessi e la propria immagine, questa sarà ricevuta per quanti sono coloro che si metteranno in relazione con quell’immagine: ciò dimostra sia la relatività della relazione, ma anche l’assolutezza della comunicazione: e’ impossibile non solo non comunicare, ma e’ impossibile non comunicare la propria immagine (forma) seppure questa possa non coincidere con l’io vero della propria personalità (sostanza) . L ’unica strada per superare la chiusura della soggettività è essere consapevoli della relatività dei giudizi; ma, appunto, la solitudine e la chiusura in sé, assolutizzati, porterebbero ad occludersi ogni via di conoscenza, seppure costituirebbero la vera libertà. Il che sposta l’assunto pirandelliano, dall’incomunicabilità alla comunicazione e relatività comunicativa come via alla conoscenza.

D’altra parte lo stesso protagonista, Vitangelo Moscarda, attua la salvezza dalla razionalità attraverso il suo pieno inveramento (decidere di essere l’uno/nessuno di se stessi senza curarsi delle centomila immagini diverse, distrugge le relazioni così come esse si erano maturate nel corso dell’esperienza esistenziale, porta alla libertà ma lo conduce alla pazzia). E, in definitiva, anche la riconquistata riappropriazione del proprio essere, a seguire Pirandello, porterebbe ad un’altra immagine per gli altri, mai concidente con la propria vera.

“ ‘Era proprio la mia quell’immagine intravista in un lampo “ ‘Era proprio la mia quell’immagine intravista in un lampo? Sono proprio così, io, di fuori, quando – vivendo – non mi penso? Dunque per gli altri sono quell’estraneo sorpreso nello specchio: quello, e non già io quale mi conosco: quell’uno lì che io stesso in prima, scorgendolo, non ho riconosciuto. Sono quell’estraneo, che non posso veder vivere se non così, in un attimo impensato. Un estraneo che possono vedere e conoscere solamente gli altri, e io no’, E mi fissai d’allora in poi in questo proposito disperato: d’andare inseguendo quell’estraneo ch’era in me e che mi sfuggiva; che non potevo fermare davanti a uno specchio perché subito diventava me quale io mi conoscevo; quell’uno che viveva per gli altri e che io non potevo conoscere; che gli altri vedevano vivere e io no. Lo volevo vedere e conoscere anch’io così come gli altri lo vedevano.

Ripeto, credevo ancora che fosse uno solo questo estraneo: uno solo per tutti, come uno solo credevo d’esser io per me. Ma presto l’atroce mio dramma si complicò: con la scoperta dei centomila Moscarda ch’io ero non solo per gli altri ma anche per me, tutti con questo solo nome di Moscarda, brutto fino alla crudeltà, tutti dentro questo mio povero corpo ch’era uno anch’esso, uno e nessuno ahimè, se me lo mettevo davanti allo specchio e me lo guardavo fisso e immobile negli occhi, abolendo in esso ogni sentimento e ogni volontà.”

Il tema dell’altro oggi: Brano tratto dall’articolo di Francesco Alberoni,è vero amore solo quando ci si racconta la propria vita: siamo nell’età della comunicazione, possiamo raggiungere ed essere raggiunti da ogni tipo di informazione, abbiamo a disposizione immense banche dati, riceviamo notizie dalle più sperdute regioni del mondo, possiamo approfondire qualsiasi argomento. Eppure facciamo fatica a capire e a farci capire dai nostri figli, da nostra moglie o da nostro marito, dai nostri superiori e dai nostri dipendenti. Anche la comprensione fra i popoli non sembra migliorata, anche quando sono vicini,per fare solo un esempio, ebrei e palestinesi. L’informazione non ha mai informato chi non vuole riceverla, la comunicazione non ha mai comunicato nulla a chi non è disposto a cambiare.

Partiamo da un esempio banale Partiamo da un esempio banale. Siamo ad un ricevimento, non conosciamo nessuno e ci stiamo annoiando. Poi scopriamo accanto a noi una persona che ci attrae. Incominciamo una conversazione a due. Ci siamo ritagliati uno spazio in cui incontrarci, ignorando tutto il resto. Ciascuno procede con prudenza, evita di fare affermazioni che possono offendere e di chiedere informazioni riservate delicate. Cerca un terreno in cui l’altro si muove volentieri, un interesse comune, e ne esplora i gusti, le preferenze i valori. Solo se questi ambiti sono compatibili, la conversazione procede. Ad un certo punto qualcuno incomincia a raccontare all’altro qualcosa della sua vita…ciascuno racconta all’altro la sua storia a partire dall’infanzia, i suoi sogni nascosti. Vuole che l’altro veda il mondo come lui l’ha visto, che riviva le sue stesse esperienze. Entrambi. Rivisitando il proprio passato e quello della’amato, giudicano se stessi, giudicano l’altro, smussano le differenze, affermano ciò che appare loro essenziale.

Così rifanno la propria identità personale entro la nuova identità collettiva. La comunicazione moderna, rapida, frammentata non consente il confronto delle biografie. Stabilisce solo rapporti occasionali, destinati a durare solo finché dura l’interesse momentaneo che ha messo in moto il dialogo. Oggi che tutti si spostano, cambiano città, nascono amicizie in cui nessuno sa chi in realtà sia l’altro, cosa senta e pensi veramente perché non sa che esperienze abbia fatto, non le ha confrontate con le sue, conosce solo ciò che dice ora, in questo istante.