Caratterizzazione di un film sottile mediante differenti tecniche

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Caratterizzazione di un film sottile mediante differenti tecniche Scopo dell’esperienza è quello di fornire una semplice dimostrazione di come spesso sia necessario, nel campo della Scienza dei Materiali, adoperare differenti tecniche per arrivare alla caratterizzazione di un materiale. L’esperienza si svolge in 3 fasi: Preparazione dei campioni 2.1) Misura di resistività 2.2) Misura di riflettività ottica 2.3) Misura di spessore e morfologia 3) Analisi dei risultati e determinazione dei parametri

1) Preparazione dei campioni Su un vetrino da microscopio, vengono realizzati 3 campioni di forma differente mediante evaporazione in vuoto di un film metallico. L’evaporazione in vuoto è uno dei metodi più semplici e pratici per la preparazione di film sottili. Il materiale da evaporare, il substrato e le maschere per definire la geometria del film vengono posti in una camera da vuoto, dove mediante un sistema di pompaggio la pressione viene diminuita fino a circa 10-4 Pa (1 atm = 1.01 105 Pa). In queste condizioni, il libero cammino medio delle molecole è paragonabile alle dimensioni della camera da vuoto (decine di cm). Il materiale da evaporare viene riscaldato fino ad un temperatura per cui la sua pressione di vapore è sufficiente ad ottenere una adeguata velocità di deposizione sul substrato (che può essere espressa come atomi/sec). La relazione tra pressione di vapore e temperatura è ben descritta dalla legge di Clausius-Clapeyron

Grazie alla bassa pressione presente nella camera da vuoto, le molecole che evaporano dal materiale riscaldato possono raggiungere il substrato e depositarsi su di esso. La maschera, interposta tra la sorgente di evaporazione ed il substrato, ha il compito di “regolare” il flusso di molecole che possono passare attraverso i fori della maschera. Si ha così la formazione di un film metallico con la forma “in negativo” della maschera stessa.

2.1) Misura di resistività elettrica Per questa misura viene utilizzato il campione con forma “a serpentina”. Su di esso vengono realizzati degli opportuni contatti elettrici per permettere la connessione con l’apparato di misura. Il campione così preparato viene inserito in un apparato per la misura della resistenza elettrica. In questo apparato, la temperatura può essere variata in un grande intervallo (da 300 K a 4.2 K), ottenendo così una curva di caratterizzazione della resistenza in funzione della temperatura R(T) . La resistenza di un materiale è determinata da una proprietà intrinseca del materiale, la resistività ρ , e dalla geometria del campione:

Nella formula precedente, L è la lunghezza del campione in esame, d il suo spessore, A la sua larghezza. Trascurando la variazione delle dimensioni geometriche in funzione della temperatura, la resistenza elettrica varia con T perché varia la resistività ρ. Misurando quindi la curva R(T) e conoscendo i parametri geometrici, è quindi possibile ricavare la curva ρ(T) . E’ anche da tenere presente che la resistività dipende da molti fattori: purezza del materiale, presenza di difetti strutturali, grandezza dei grani cristallini (nel caso di materiali policristallini e in forma di film, come nel nostro caso). Quindi lo studio della curva ρ(t) può fornire molte informazioni sul materiale che viene utilizzato e sul metodo con cui è stato costruito. Per approfondimenti, vedi EDUMAT : Cap. 2  Sottocapitolo: Proprietà fisiche dei solidi  Scheda: Conducibilità elettronica Cap.5  Sottocapitolo: Misure elettriche  Scheda: La misura della resistività

2.2) Misura di riflettività ottica Il secondo campione viene utilizzato per misure di riflettività ottica. Semplificando, luce bianca ( contenente dunque radiazione di tutte le lunghezze d’onda dello spettro visibile, da circa 400 nm a circa 700 nm, ma anche radiazione nel vicino IR e nel vicino UV ) viene fatta incidere sul campione ad un certo angolo. La luce riflessa (in direzione speculare) raccolta da una fibra ottica, è inviata ad un elemento dispersivo ed infine ad un rivelatore di intensità luminosa L’elemento dispersivo è un componente che separa ( in senso spaziale) le varie componenti della luce. Per farsi un’idea, si pensi alla ben nota esperienza del prisma ottico che permette di visualizzare i vari colori dell’iride. Il rivelatore è un “chip” composto da una striscia di 225 elementi fotosensibili ( fotodiodi) . L’elemento i-esimo riceve la luce in un intervallo Δ centrato attorno ad una lunghezza d’onda i e trasforma il segnale luminoso in un segnale di tipo elettronico che viene amplificato ed elaborato da un computer che utilizza un apposito programma di gestione.

Si ricava dunque, in modalità parallela, l’intensità luminosa riflessa Iα (λ) in funzione della lunghezza d’onda relativa all’angolo di incidenza α. L’apparato utilizzato permette di misurare Iα (λ) nell’intervallo 250-750 nm. Poiché l’intensità spettrale di emissione I0 (λ) , misurata inviando la luce emessa dalla lampada direttamente nel rivelatore, non è uniforme, è utile presentare i dati di riflessione in forma normalizzata rispetto all’intensità incidente: Le misure di R , in gergo riflettività, permettono di ottenere molte informazioni sui campioni in esame. Consentono, per esempio, di rivelare assorbimenti selettivi che si manifestano come minimi localizzati ( in un intervallo ristretto di lunghezze d’onda) e piuttosto profondi della funzione R. Gli assorbimenti selettivi determinano la colorazione dei campioni e sono correlati alle proprietà del materiale. In particolare se il materiale è omogeneo la misura di R permette di determinare se il materiale è conduttore, semiconduttore o isolante. Ra (l) = Ia (l) / I0 (l)

E' bene notare che, per un dato materiale, la funzione R dipende dalle caratteristiche fisiche e chimiche della superficie. Un fenomeno ben noto, di esperienza comune, consiste nell'aumento della luce diffusa ed una diminuzione della luce riflessa in direzione speculare provocato dalla rugosità. I moderni microscopi a scansione di sonda atomica permettono di osservare rugosità sulla scala di pochi nanometri. Le superfici metalliche e di semiconduttori sono ricoperte da uno strato di ossido. Lo spessore di questo strato dipende dal materiale e dai trattamenti termici e chimici ai quali è stato sottoposto. Se lo spessore è dello stesso ordine di grandezza della lunghezza d'onda della luce ( qualche centinaio di nm) la funzione R presenterà caratteristiche oscillazioni ( una sequenza ordinata di massimi e minimi) legate a processi di interferenza tra la luce riflessa all'interfaccia aria-ossido e all'interfaccia ossido-metallo.

Per approfondimenti, vedi EDUMAT: Cap.2  Sottocapitolo: Proprietà fisiche dei materiali  Scheda: Proprietà ottiche Cap.5  Sottocapitolo: Proprietà ottiche  Schede: Trasmissione e riflessione ottica – Misura del coefficiente di trasmissione – Schema sperimentale per misure di trasmissione e riflessione – Misure di riflettività

2.3) Misure di spessore e morfologia Il terzo campione viene utilizzato per misure di spessore e morfologia superficiale, mediante l’utilizzo di un microscopio a forza atomica AFM. In questo tipo di microscopio, una sottile leva (lunga circa 100 micron) che ha ad un suo capo una punta molto sottile e fine (lunghezza qualche micron, raggio di curvatura della punta circa 50 nanometri) viene avvicinata al campione da analizzare. La leva è così sensibile che si deflette per l’interazione tra la punta ed il campione in esame. Misurando, con un sensibile sistema ottico, l’entità della deflessione si può risalire alla forza di interazione tra la punta e la superficie del campione. Inoltre, se il campione viene mosso in maniera regolare (destra-sinistra, alto-basso) si può risalire, dalla deflessione della leva, alla forma superficiale del campione stesso (morfologia). Il microscopio AFM è pertanto in grado di “vedere” la morfologia di una superficie con una risoluzione di qualche nanometro o meglio.

Microscopia a forza atomica AFM Si basa sull’interazione tra un sottile ago (tip) e gli atomi di una superficie, dovuta principalmente alle forze di Van der Waals presenti. In questo caso, si misura la deflessione meccanica di una sottile leva (cantilever), che termina con un tip nanometrico.

Regione di contatto  leva deformata in su Tipica curva forza-distanza tra un tip ed una superficie: quando la punta è molto distante, la forza di interazione è piccola; vicino alla superficie, la punta viene attratta; ad un certo punto, l’interazione cambia forma e la punta viene respinta. Regione di non interazione  leva piatta Regione di attrazione  leva deformata in giù

Per misurare la forza di interazione, si utilizza un cantilever (in genere di SiN3) accoppiato con un sistema di leva ottica. Possono essere utilizzati anche cantilever piezoelettrici o altri metodi di detezione della deflessione.

tip Immagine di un cantilever per microscopio AFM

                   Immagine al microscopio SEM del tip di un cantilever

Immagine della superficie della grafite vista con AFM: ogni “collina” rappresenta un singolo atomo di Carbonio. Per approfondimenti, vedi EDUMAT: Cap.5  Sottocapitolo: SEM, TEM e il microscopio a effetto tunnel  Scheda: I microscopi a stilo

3) Analisi dei risultati I risultati ottenuti dai 3 diversi esperimenti possono essere combinati tra loro per avere una caratterizzazione più completa del materiale con cui è stato realizzato il film. Dalla misure fatte con AFM è possibile ricavare lo spessore d del film. Inserendo questo valore nella formula della resistenza elettrica, si può ricavare il valore di resistività elettrica del film e confrontarlo con quello noto per il materiale puro Dalla misura di riflettività ottica si può ricavare la frequenza della radiazione assorbita Dalla misura dell’intensità diffusa si può avere una valutazione semi-quantitativa della rugosità superficiale, da confrontare con quella ottenuta mediante microscopia AFM