I.T.I.S. “S. Cannizzaro” C A T A N I A Progetto

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I.T.I.S. “S. Cannizzaro” C A T A N I A Progetto Biocombustibili   Progetto Fonti energetiche rinnovabili: I Biocarburanti Energie Rinnovabili I.T.I.S. “S. Cannizzaro” C A T A N I A

I Biocarburanti sono combustibili che derivano da Biomassa per un loro impiego nel settore dei trasporti. Questo settore è ben noto da molto tempo, ma solo negli ultimi anni è stato preso seriamente in considerazione per il notevole potenziale tecnico ed economico e perché consente di differenziare gli approvvigionamenti e le scorte energetiche.

La Direttiva Europea 2003/30/CE, sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o dei carburanti alternativi nei trasporti, stabilisce che questi dovranno sostituire del 2% entro il 2005 e del 5,75% entro il 2010 i carburanti fossili (benzina e diesel) consumati nel settore trasporti. La Commissione Europea ha, inoltre, previsto come obiettivo a lungo termine il raggiungimento del 20% entro il 2020 (Libro Verde).  

In Italia la Direttiva Europea è stata recepita tardivamente con il Decreto Legislativo n. 128 del 30/05/2005, che fissa (sulla base del livello energetico dei consumi) i seguenti obiettivi nazionali di immissione dei biocarburanti: 1% entro il 2005 e 2,5% entro il 2010, dimezzando in pratica gli obiettivi europei.

Il Protocollo di Kyoto è un trattato internazionale in materia di ambiente sottoscritto nella città giapponese l'11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) ed il riscaldamento globale. È entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica da parte della Russia. Il 16 febbraio 2007 si è celebrato l'anniversario del 2° anno di adesione al Protocollo di Kyoto, e lo stesso anno ricorre il decennale dalla sua stesura.

Il trattato prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati di operare una drastica riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio e altri cinque gas serra, precisamente metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoro di zolfo) in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni rispettivamente registrate nel 1990 (considerato come anno base), nel periodo 2008-2012. È anche previsto lo scambio (acquisto e vendita) di quote di emissione di questi gas. Perché il trattato potesse entrare nella pienezza di vigore si richiedeva che fosse ratificato da non meno di 55 nazioni firmatarie, e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il 55% delle emissioni inquinanti;

quest'ultima condizione è stata raggiunta solo nel novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione. Premesso che l’atmosfera contiene 3 milioni di megatonnellate (Mt) di CO2, il protocollo prevede che i Paesi industrializzati riducano del 5% le proprie emissioni di quel gas. Il mondo immette 6.000 Mt di CO2, 3.000 dai Paesi industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo. Per cui con Kyoto dovrebbe immetterne 5.850 anziché 6.000, sul totale di 3 milioni: dato l'elevatissimo costo della riduzione è facile capire perché il protocollo non abbia raggiunto grandi adesioni.

                          Adesione al Protocollo di Kyoto nel 2005. In verde gli stati che hanno firmato e ratificato il trattato, in giallo gli stati che lo hanno firmato ma non ancora ratificato. Australia e Stati Uniti hanno firmato ma hanno poi rifiutato di ratificare il trattato.

Tra i paesi non aderenti figurano gli Stati Uniti, responsabili del 36,1% del totale delle emissioni (annuncio fatto nel marzo 2001). In principio, il presidente Clinton aveva firmato il Protocollo durante gli ultimi mesi del suo mandato, ma George W. Bush, poco tempo dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, ritirò l'adesione inizialmente sottoscritta dagli USA. Alcuni stati e grandi municipalità americane, come Chicago e Los Angeles, stanno studiando la possibilità di emettere provvedimenti che permettano a livello locale di applicare il trattato, il che comunque non sarebbe un successo indifferente: basti pensare che gli stati del New England, da soli, producono tanto biossido di carbonio quanto un grande paese industrializzato europeo come la Germania. Anche l'Australia ha annunciato che non intende aderire all'accordo, per non danneggiare il proprio sistema industriale. Non hanno aderito neanche Croazia, Kazakistan e Monaco.

Decisione 2002/358/CE del Consiglio, del 25 aprile 2002, relativa all'approvazione, in nome della Comunità europea, del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e l'esecuzione congiunta degli impegni che ne derivano. Il 4 febbraio 1991 il Consiglio ha autorizzato la Commissione a partecipare, a nome della Comunità europea, ai negoziati della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottata a New York il 9 maggio 1992. La convenzione quadro è stata ratificata dalla Comunità europea con decisione 94/96/CE del 15 dicembre 1993 ed è entrata in vigore il 21 marzo 1994. La convenzione quadro può essere considerata come un successo, tra l'altro perché permette una maggiore sensibilizzazione dei cittadini di tutto il mondo ai problemi collegati con i cambiamenti climatici. L'Unione europea ha rispettato l'impegno assunto nel quadro della Convenzione di riportare nel 2000 le sue emissioni ai livelli del 1990.

Tuttavia, un numero importante di paesi industrializzati, compresi gli Stati Uniti, non ha raggiunto l'obiettivo di stabilizzare le concentrazioni dei gas a effetto serra a questi livelli. Nella quarta conferenza delle parti, svoltasi a Berlino nel marzo 1995, le parti contraenti della convenzione hanno allora deciso di negoziare un protocollo contenente misure atte a ridurre le emissioni nei paesi industrializzati per il periodo successivo all'anno 2000. Dopo lunghi lavori preparatori, l'11 dicembre 1997 è stato adottato a Kyoto il Protocollo di Kyoto. La Comunità europea ha firmato il protocollo il 29 aprile 1998. Nel dicembre 2001, il Consiglio europeo di Laeken ha confermato che era volontà dell'Unione che il Protocollo di Kyoto entrasse in vigore prima del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg (26 agosto - 4 settembre 2002). Per raggiungere questo obiettivo, la decisione approva il protocollo a nome della Comunità. Gli Stati membri si sono impegnati a depositare i loro strumenti di ratifica contemporaneamente alla Comunità e, per quanto possibile, prima del 1° giugno 2002.

Il contenuto del protocollo Il protocollo di Kyoto concerne le emissioni di sei gas ad effetto serra: biossido di carbonio (CO2); metano (CH4); protossido di azoto (N2O); idrofluorocarburi (HFC); perfluorocarburi (PFC); esafluoro di zolfo (SF6). Esso rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro il riscaldamento planetario perché contiene obiettivi vincolanti e quantificati di limitazione e riduzione dei gas ad effetto serra.

Globalmente, gli Stati inclusi nell'allegato I della convenzione quadro si impegnano a ridurre le loro emissioni di gas ad effetto serra nel periodo 2008-2012 di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990. L'allegato B del protocollo contiene gli impegni quantificati sottoscritti dagli Stati contraenti. Tra il 2008 e il 2012 gli Stati membri dell'Unione devono ridurre collettivamente le loro emissioni di gas ad effetto serra dell'8%. Per il periodo anteriore al 2008, gli Stati contraenti si impegnano ad ottenere entro il 2005 concreti progressi nell'adempimento degli impegni assunti e a fornirne le prove. Gli Stati contraenti possono utilizzare il 1995 come anno di riferimento per le emissioni di HFC, PFC e SF6.

Per raggiungere questi obiettivi, il Protocollo propone una serie di mezzi di azione: rafforzare o istituire politiche nazionali di riduzione delle emissioni (miglioramento dell'efficienza energetica, promozione di forme di agricoltura sostenibili, sviluppo di fonti di energia rinnovabili, ecc.); cooperare con le altre parti contraenti (scambi di esperienze o di informazioni, coordinamento delle politiche nazionali per migliorarne l'efficacia attraverso meccanismi di cooperazione, quali i diritti di emissione, l'attuazione congiunta e il meccanismo di sviluppo pulito).

Comunicazione della Commissione, del 15 dicembre 2005 - Relazione sui progressi dimostrabili realizzati nell'ambito del protocollo di Kyoto [COM(2005) 615 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. La relazione sottolinea che, con la recente entrata in vigore del protocollo di Kyoto, l'UE ha compiuto rilevanti progressi per realizzare gli impegni da essa assunti. I progressi sono in particolare dovuti all'attuazione del programma europeo sui cambiamenti climatici, di misure specifiche a taluni settori (trasporti, industrie, energia, ecc.) e di misure nazionali complementari. L'obiettivo di riduzione dell'8% fissato nel protocollo può essere conseguito se si applicano misure nazionali supplementari e se si utilizzano strumenti flessibili. La relazione, basata su informazioni comunicate alla Commissione nel giugno 2005, è richiesta ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, della decisione n. 280/2004/CE.

Decisione n° 280/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto [Gazzetta ufficiale L 49 del 19.2.2004]. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 19 maggio 1999: preparativi per l'applicazione del protocollo di Kyoto [COM(1999) 230 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 3 giugno 1998: cambiamento climatico, verso una strategia comunitaria post-Kyoto [COM(98) 353 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Decisione 94/69/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1993, concernente la conclusione della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici [Gazzetta ufficiale L 33 del 7.2.1994].

Il Protocollo di Kyoto, entrato in vigore il 16 Febbraio 2005, pone all’Europa l’obiettivo di ridurre dell’8%, rispetto ai livelli del 1990, le emissioni di gas a effetto serra (GHG) entro il 2008-2012. L’obiettivo assegnato all’Italia dal Consiglio Europeo è di una riduzione del 6,5%. La Direttiva Europea sui biocarburanti, il Libro Verde ed il Protocollo di Kyoto richiedono un drastico cambiamento nel settore dei trasporti.

Principali vantaggi dei biocarburanti rispetto ai carburanti di origine fossile fonti di energia rinnovabile; significativo contributo alla riduzione di emissioni di CO2  nel settore dei trasporti; riduzione delle polveri e delle emissioni di NOx e SOx aumento della sicurezza dell’approvvigionamento energetico; diminuzione della dipendenza dall’energia importata (benefici per la bilancia dei pagamenti).

  E’ possibile utilizzare diversi processi di conversione per la produzione di una vasta gamma di biocarburanti liquidi/gassosi da vari tipi di biomasse, ma la maggior parte di essi non saranno commercialmente disponibili in tempi brevi. I Biocarburanti più promettenti al momento sono: Bioetanolo, ottenuto tramite processo di fermentazione dei prodotti agricoli ricchi di zuccheri o amido, come canna da zucchero, barbabietola da zucchero, grano, frumento e orzo, mais. Biodiesel, prodotto dall’estrazione di oli vegetali, da semi di colza, di soia e di girasole, seguita da un processo di loro trasformazione in eteri (esterificazione).

Molte industrie, in diversi paesi, hanno maturato un’ampia e consolidata esperienza in ricerca, applicazione e attività di promozione nel settore delle Bioenergie e dei Biocarburanti, con un particolare interesse per il bioetanolo, a partire dalla coltivazione vera e propria, al processo di conversione, fino all’utilizzo dei prodotti finali per una mobilità sostenibile. Particolare attenzione è dedicata ai complessi bioenergetici integrati (produzione simultanea di biocombustibili, biocarburanti, cogenerazione, ecc., con il completo utilizzo di tutti i componenti della pianta e vari processi di conversione).

Le attività principali sono: identificazione dei biocarburanti con maggiori potenzialità, attraverso una selezione delle migliori colture energetiche, delle tecnologie commerciali di conversione più adatte e dell’utilizzo più appropriato dei prodotti principali (i biocarburanti) e dei sottoprodotti studi di fattibilità e identificazione di opportunità di “business” valutazioni tecniche, economiche ed ambientali sviluppo ed ottimizzazione di progetti organizzazione di eventi di informazione e promozione cooperazione internazionale e promozione di network coordinamento, assistenza e monitoraggio di progetti esecutivi ricerca di supporti finanziari agli investimenti

Tra le energie rinnovabili la Biomassa, termine con cui si intende tutto ciò che ha matrice organica, con esclusione delle materie plastiche e fossili, è una delle più promettenti, sia per le sue potenzialità, sia per il suo contributo significativo ai vari mercati settoriali nazionali (calore, elettricità, trasporti) sempre nel rispetto delle severe direttive in materia energetica ed ambientale .

Politiche… di spirito in Svezia La politica energetica svedese punta sul bioetanolo e avvia una gamma di iniziative per incentivare la progressiva sostituzione dei carburanti tradizionali con alcol derivato dalla lavorazione di prodotti agricoli. Per soddisfare la domanda in rapida ascesa la svedese Agroetanol, azienda che produce etanolo da cereali, sta progettando un nuovo impianto che, una volta a regime, consentirà di raddoppiare la propria produzione.

Ad incoraggiare tale importante investimento è stata la recente introduzione di nuove norme doganali a protezione della produzione interna di etanolo: l'alcol importato subirà, infatti, un aumento di 16 centesimi di euro (pari a 1,5 corone svedesi) rendendo maggiormente competitivo il bioetanolo di produzione locale.

A livello europeo l'Amministrazione Ambiente e Salute della città di Stoccolma coordina BEST (BioEthanol for Sustainable Transport), un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea, nell'ambito del Sesto Programma Quadro, il cui scopo principale è dimostrare la possibilità effettiva di sostituzione di benzina e diesel con bioetanolo. Dei ventisette partner europei coinvolti nel progetto della durata di quattro anni (gennaio 2006 – dicembre 2009), cinque sono italiani: ETA- Energie Rinnovabili; Comune di La Spezia; Provincia di La Spezia; ATC SpA e Dipartimento di Energetica dell'Università di Pisa.

Sulla base delle esperienze dei vari Paesi saranno definiti degli standard per le miscele di carburanti, la caratterizzazione dei veicoli, la rete di distribuzione e saranno studiate specifiche raccomandazioni allo scopo di esercitare opportune influenze sulle strategie politiche. Già oggi in Svezia la benzina viene miscelata con un 5% di bioetanolo, corrispondente ad un mercato di 300 milioni di litri di etanolo all'anno. Le prospettive sono di una crescita fino al 10% entro il 2008, garantendo in tal modo un profitto economico interessante alla filiera “agrienergetica”.

In Italia la situazione è ancora immatura In Italia la situazione è ancora immatura. In base alla legge 81/2006 ( Art. 2-quater), dal 1° luglio 2006 i produttori di carburanti diesel e di benzina saranno obbligati ad immettere al consumo biocarburanti di origine agricola in misura pari all'1% dei carburanti diesel e della benzina immessi nell'anno precedente. Tale quota dovrà poi essere gradualmente incrementata fino ad arrivare ad una quota del 5% nel 2010, anno entro il quale, nel rispetto della direttiva 2003/30/CE, si dovrebbe immettere almeno il 5,75% di biocarburanti nei combustibili per trasporti.

Per raggiungere questi obiettivi sono necessari: Raccolta dati energetici ed ambientali della regione in esame Inventario delle RES (sistemi energie rinnovabili) “potenziali” della regione in esame Sviluppo di una comune metodologia per un approccio integrato alla domanda energetica della regione prendendo in considerazione diverse fonti di energia, settori per l’implementazione e tecnologie di risparmio

Risorse locali di energia rinnovabile: Scarti e residui organici industriali, civili, agricoli e forestali Potenziale idroelettrico Potenziale energia eolica Potenziale energia solare Possibilità di produzione di biomassa Potenziale energia geotermica

Possibili settori energetici per l’introduzione di tecnologie ad energia rinnovabile: Fornitura elettrica ad utenze isolate e nell’intera regione Riscaldamento e raffreddamento Carburanti Trattamento di acque reflue Pompaggio e stoccaggio di acqua Richieste specifiche di energia in agricoltura (per es., essiccamento) Dissalazione di acque salate

Per accisa si intende una imposta sulla fabbricazione e sul consumo. È un tributo indiretto che colpisce singole produzioni e singoli consumi. In Italia le accise più importanti sono quelle relative agli oli minerali (derivati dal petrolio), agli alcolici e ai tabacchi. L'accisa è un'imposta che grava sulla quantità dei beni prodotti, a differenza dell'IVA che incide sul valore. Mentre l'IVA è espressa in percentuale del valore del prodotto, l'accisa si esprime in termini di aliquote che sono rapportate all'unità di misura del prodotto. Nel caso degli oli minerali, si hanno aliquote rapportate al litro (nel caso, ad es., della benzina e del gasolio) oppure al chilo (nel caso, ad es., degli oli combustibili e del GPL). Nel caso degli spiriti, l'aliquota fiscale è rapportata al litro anidro, cioè all'unità di volume al netto dell'acqua. Ad esempio, una bottiglia da un litro di grappa a 40° contiene 1x40:100= 0,4 litri anidri, mentre il litro totale di prodotto viene detto litro idrato. L'aliquota di accisa sul metano, trattandosi di un gas, è rapportata al metro cubo. Esiste anche un'imposta erariale di consumo sull'energia elettrica, al cui aliquota fiscale è rapportata al chilowattora. L'accisa concorre a formare il valore dei prodotti, ciò vuol dire che l'IVA sui prodotti soggetti ad accisa grava anche sulla stessa accisa

L'aliquota di accisa sul metano, trattandosi di un gas, è rapportata al metro cubo. Esiste anche un'imposta erariale di consumo sull'energia elettrica, al cui aliquota fiscale è rapportata al chilowattora. L'accisa concorre a formare il valore dei prodotti, ciò vuol dire che l'IVA sui prodotti soggetti ad accisa grava anche sulla stessa accisa.

l'imposta si caratterizza per il fatto di essere espressione del potere d'imperio attribuito agli enti che operano il prelievo, e per il fatto di essere finalizzata a finanziare pubblici servizi indivisibili. Gli elementi costitutivi delle imposte sono: Presupposto: fatto giuridico che determina, in modo diretto o indiretto, il sorgere dell'obbligazione tributaria Base imponibile: espressione quantitativa del presupposto (può coincidere o meno col presupposto stesso) Aliquota: tasso che viene applicato alla base imponibile per liquidare l'imposta.

La principale distinzione è tra le imposte dirette e le imposte indirette. Sono dirette le imposte che colpiscono direttamente il reddito o patrimonio. Rientrano in questa categoria: Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) Imposta sul reddito delle società (IRES) Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) Tra le imposte indirette troviamo invece: Imposta sul valore aggiunto (IVA) Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) Imposta di registro Accisa Imposta ipotecaria Imposta catastale Imposta di bollo Imposta sulle pubblicità

L'armonizzazione delle accise è stato un elemento indispensabile alla corretta instaurazione del mercato unico europeo. D'altra parte, il gettito legato alle accise è fondamentale per la fiscalità interna dei singoli Stati membri, in quanto costituisce una parte cospicua delle entrate nel bilancio di ogni Paese. Pertanto, da una parte è stato necessario disciplinare il settore con norme europee applicabili su tutto il territorio dell'Unione, dall'altra è stato lasciato ampio spazio alla sussidiarietà di ogni Stato membro, dal momento che le accise concorrono tradizionalmente alla formulazione di scelte politiche, non solamente in campo tributario, ma anche nei settori industriali, energetico, sanitario, sociale, dei trasporti e dell'agricoltura. Il grande impatto di questo tipo di fiscalità si rileva considerando che essa colpisce prodotti tipici dell'agricoltura e degli usi alimentari di ogni Paese e prodotti cosiddetti energetici, impiegati tal quali o nella produzione di beni e servizi di larghissimo consumo quali l'energia elettrica, il gas o i trasporti.

Date le caratteristiche territoriali molto diverse che contraddistinguono i Paesi membri, non è stato possibile giungere ad un'armonizzazione completa, ossia colpire gli stessi prodotti con le stesse aliquote in tutto il territorio dell'Unione Europea, però si è proceduto ad armonizzare le strutture dei tributi nell'ambito di un regime generale valido in ogni Stato membro.

In particolare, il regime impositivo europeo prevede: il momento generativo dell'obbligazione tributaria all'atto della fabbricazione dei prodotti nel territorio dell'UE o all'importazione; il perfezionamento dell'esigibilità del tributo all'atto dell'immissione in consumo dei prodotti, con l'uscita dalla fabbrica o con l'importazione definitiva; la possibilità di detenere o di trasferire le merci in regime sospensivo; vincoli di fabbricazione, di deposito e di circolazione per le merci ad imposta sospesa; un sistema di garanzia per la fabbricazione, la trasformazione e la detenzione delle merci in sospensione d'accisa, secondo le previsioni di ogni Stato membro;

un sistema di garanzia obbligatorio per la circolazione in regime sospensivo; la possibilità, per le merci già immesse in consumo in uno Stato membro, di ottenere il rimborso dell'imposta assolta se le stesse merci sono trasferite in un altro Stato membro dove pagano l'accisa ivi vigente; i casi in cui si possono ammettere i prodotti ad agevolazione d'imposta, sotto l'osservanza di determinate modalità.

In questo modo, è stata assicurata la libera circolazione delle merci nel territorio della Comunità, salvaguardando gli interessi dei singoli Stati. Ad esempio, l'aliquota di accisa zero sul vino non penalizza i produttori di quei Paesi dove è forte la produzione vitivinicola. Al tempo stesso, però, il regime di deposito fiscale garantisce gli interessi di altri Paesi in cui l'imposta è più o meno alta: lo speditore italiano che opera in regime di deposito fiscale è tenuto a garantire il carico di imposta gravante nel Paese di destinazione. La prestazione di un'apposita garanzia, infatti, consente al depositario italiano di emettere il DAA (Documento Amministrativo di Accompagnamento), riconosciuto in tutta la Comunità, la cui funzione è quella di trasferire, insieme alla merce, anche l'obbligazione tributaria tra operatori economici comunitari. L'armonizzazione dei testi normativi in materia di accise dei 25 Stati membri dell' Unione Europea è entrata in vigore il 1 gennaio 2005. Il formato standard del nuovo codice di accisa è composto da 13 caratteri alfanumerici. I primi due identificano lo Stato nel quale opera il soggetto assegnatario del codice (IT per l'Italia).

Il costo medio del tuo pieno oggi è 44. 1€. Di questi, 27 Il costo medio del tuo pieno oggi è 44.1€. Di questi, 27.09€ sono imposte. Nel 1996, pagavi per un pieno 32.375€, di cui 23.66€ in imposte. Nel 1996 il prezzo medio era 0,925 euro / litro, di cui 0,676 di componente fiscale (Iva + Accisa). Nel 2006 (rilevazione al 31 gennaio) il prezzo medio è di 1,260 euro / litro, di cui 0,774 componente fiscale (Iva + Accisa). Le accise italiane sono del 57,1% superiori al minimo UE. Le imposte sui carburanti costano agli italiani, in proporzione al reddito, più che agli altri europei: le imposte su un pieno di benzina al mese su un'auto di media cilindrata equivalgono al 2,65% del nostro Pil pro capite, contro il 2,25% dei francesi, 2,33% dei tedeschi, 1,79% degli svedesi. Solo i portoghesi (4,61%) pagano più di noi. Sui carburanti vige quadrupla tassazione (accisa, Iva sul prezzo, Iva sull'accisa, tassazione dei profitti delle compagnie).

Il prelievo fiscale sui carburanti è odioso perché colpisce i cittadini su un servizio essenziale: la mobilità. Le dimensioni delle imposte che gravano il pieno arrivano al 70 per cento del prezzo alla pompa. Le accise italiane sono ben superiori ai livelli minimi imposti dall'Unione Europea. Inoltre, così come gli organismi comunitari non hanno contestato le ripetute decisioni di alzare le accise assunte dagli ultimi governi.