Brunetto Latini
Vita 1220: Nasce, da una famiglia nobile di Firenze, Brunetto Latini 1254: Diventa scriba degli Anziani 1260: Esilio in Francia in seguito alla battaglia di Montaperti 1275: Viene eletto, come ricompensa, Segretario del Consiglio della Repubblica in seguito al ritorno dall’esilio dopo la battaglia di Benevento (1266) 1280: Riconciliazione temporanea tra guelfi e ghibellini 1287: Viene eletto Priore 1289: Vittoria nella battaglia di Campaldino 1293: Morte e sepoltura in Santa Maria Maggiore
Rapporto con Dante e con la letteratura Maestro di retorica, morale e politica per l’intera città di Firenze, crea la congregazione dei “Fedeli d’amore”, una vera scuola laica ed eclettica. Dante stesso venne introdotto nella scuola da Brunetto, che lo iniziò all’esoterismo. Traduce, modernizzandoli, alcuni scritti di retorica di Cicerone Diventa maestro di Dante e sua figura di riferimento in ambito letterario
Allora perché Dante, così affezionato al suo maestro, lo colloca nel XV Canto dell’Inferno?
Prima ipotesi Brunetto Latini era stato sposato, aveva avuto quattro figli e aveva persino condannato la sodomia nel Trésor, e solo di recente s’è scoperta una sua possibile relazione con un certo poeta Bondie Dietaiuti, documentata da alcune poesie di entrambi.
“S'eo son distretto jnamoratamente Brunetto Latini Bondie Dietaiuti “S'eo son distretto jnamoratamente e messo jn grave affanno assai più ch'io non posso soferire, non mi dispero né smago neiente, membrando che mi danno una buona speranza li martire com'eo degia guerire: ché lo bon soferente ricieve usatamente buono compimento delo suo disire. Va' te ne, chanzonetta mia piagiente, a quelli che canteranno pietosamente delo mio dolire, e di' che 'n mare frango malamente.” ... Ma lo 'ncharnato amore di voi, che m'à distretto fidato amico alletto, mi sforza ch'io mi degia rallegrare, (…) cha, più ch'io nom sono dengno e nonn ò meritato, sono da te presgiato, onde di grande amore m'à fatto segno. Kanzonetta saluta lo da mia partte poi di' gli che nom partte lo mio core da llui, poi sia lontano; di'lgli che'm pemssasgione mi tiene e 'n alegranza, tanto mi dà baldanza lo meo core, ch'è stato 'n sua masgione
Quindi, la scelta di metterlo nel girone dei sodomiti è per la sua omosessualità? Non si può nemmeno pensare che sia stato fatto per condannare le inclinazioni del maestro, dato che ciò non gli aveva impedito di raggiungere le cariche più alte di Firenze, città che non condannava come le altre la sodomia.
Seconda ipotesi Nel Canto XV, dove appare Brunetto, sembra essere molto forte l’amarezza di Dante, che non poteva non ricordare il suo passato rapporto di discepolo di un grande maestro di retorica e che si meraviglia di trovarlo lì, in un girone che per un cattolico doveva essere considerato particolarmente disdicevole. Forse è proprio questo lato intellettuale e non sessuale della faccenda che lo ha indotto a comportarsi così duramente nei confronti di questo personaggio, benché nel Canto gli riserbi parole di grande elogio e delicatezza.
(…)e chinando la mano a la sua faccia, rispuosi: “Siete voi qui, Ser Brunetto?” E quelli: “O figliuol mio, non ti dispiaccia se Brunetto Latino un poco teco ritorna ‘n dietro e lascia andar la traccia.” I’ dissi lui: “Quanto posso, ven preco; e se volete che con voi m’asseggia, faròl, se piace a costui che vo seco.”(…)”
Brunetto Latini viene condannato da Dante non perché sodomita e neppure, ovviamente, perché intellettuale, ma perché «intellettuale egocentrico», preoccupato solo di esaltare l’ingegno letterario, proprio e del suo discepolo prediletto, capace solo di recriminare, d’inveire contro i suoi concittadini, ma che alla resa dei conti si era rivelato opportunista come tutti gli altri, amante del potere, incapace di far trionfare la giustizia, come invece Dante pensa che avrebbe saputo fare se fosse stato al posto del suo maestro.
La personalità di Brunetto appare, in effetti, un po’ immatura, mostrandosi una persona che non ha ancora risolto i suoi problemi esistenziali, quelli da adolescente: per tutto il Canto condanna i propri concittadini, senza rendersi conto che, anch’egli, non era stato certo migliore di loro, almeno non sul piano etico. Nel Canto Brunetto si preoccupa di dare molti buoni consigli al suo discepolo prediletto, ma il primo a non metterli in pratica fu proprio lui.
Si ha l’impressione che Dante non collochi all’Inferno Brunetto per la sua omosessualità - anzi, sotto questo aspetto, avrebbe potuto tranquillamente non farlo, visto che il suo orientamento sessuale era cosa privata -quanto piuttosto perché egli aveva vissuto uno stile di vita in una forma di astiosità irragionevole, di esagerato egocentrismo, che l’aveva indotto a logorarsi l’animo, a privarsi di una certa rettitudine morale.
Brunetto Latini è in realtà colpevole di altre cose: 1. E’ ingrato nei confronti dei concittadini fiorentini, lui che ha avuto onori e riconoscimenti come nessun altro nel Duecento; 2. L’odio nei confronti dei fiorentini gli ha palesemente rovinato la coscienza, essendo egli incapace di guardare le cose obiettivamente; 3. Perfino nel Canto, chiede al discepolo di far conoscere il suo “Tresòr”, motivo principale per cui è stato collocato all’Inferno
Opere Il Tesoretto è un poemetto in versi settenari rimati a coppie: lo stesso metro del Favolello che sarà poi ripreso nel Detto d'amore, opera quest'ultima attribuita a Dante Alighieri e dedicata forse a Brunetto Latini. Ne sono rimasti 2944 settenari distribuiti in 22 canti. Probabilmente, fu composto contemporaneamente al Le Livre dou Tresor, la nota opera dottrinale del Latini scritta nella lingua d'oil durante l'esilio in Francia (1260-1266).
Il Favolello fu pubblicato, insieme con il Tesoretto; è una "breve fiaba" sull'amicizia, in versi settenari rimati a coppie, lo stesso metro del Tesoretto, dedicata da Brunetto Latini al poeta fiorentino Rustico di Filippo.
Il Tresor è un poema didascalico scritto da Brunetto Latini con l'intento di costituire una vasta enciclopedia dello scibile, sul modello del Roman de la Rose; il tema è svolto attraverso una trama autobiografica. L'opera è dedicata a un "valente segnore" di "alto legnaggio" identificato di volta in volta con Alfonso X di Castiglia, a cui tuttavia si rende omaggio nel canto successivo, a Luigi IX di Francia e a Carlo d'Angiò.
Nell'antefatto l'io narrante ricorda di aver appreso della cacciata dei guelfi da Firenze, in seguito alla sconfitta ad opera dei ghibellini nella battaglia di Montaperti (1260), mentre stava ritornando in patria dalla Spagna. Essendo fiorentino di parte guelfa, il poeta resta talmente sgomento da smarrirsi in una "selva diversa"; la "selva diversa" è un vistoso antecedente della "selva oscura" dantesca.
Possiamo dunque affermare che, in fin dei conti, Brunetto è stato in qualche modo un esempio per descrivere l’etica e la morale dei fiorentini all’epoca di Dante e, ultimo ma non meno importante, una delle fonti da cui il padre della letteratura italiana ha appreso le sue conoscenze.