Lettura biblica su Ger 1,1-19 Mariana Assaf biblista

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Lettura biblica su Ger 1,1-19 Mariana Assaf biblista

LA PROFEZIA IL RACCONTO DI GEREMIA

chi è il profeta? Il profeta è un mediatore suscitato da Dio. Il profeta è colui che interpreta la storia e ne rivela il vero senso. La profezia è una chiamata universale.

Il nostro è il Dio che PARLA “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo” Eb 1,1-2. Il Dio di Israele è il Dio della relazione e della comunione, già dalle prima pagina della Bibbia lo vediamo camminare e percorrere gli stessi sentieri dell’uomo, lo cerca (Gen 3,6), lo visita per portagli vita e gioia (Gen 18), per comunicare loro non solo i suoi progetti (Gen 19) ma la sua stessa natura (Gv 1,1-18).

Le sue parole sono un dono fatto a tutti “Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. 5 Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. 6 Questi precetti che oggi ti do, siano nel tuo cuore” (Dt 6,4-5). ma gli uomini hanno paura di essere sottoposti al fuoco divino “Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. 19 Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!»”. (Es 20,18-19). quindi Dio viene incontro a questa paura umana suscitando un mediatore tra lui e il popolo “Il Signore sul monte vi ha parlato dal fuoco faccia a faccia, 5 mentre io stavo tra il Signore e voi, per riferirvi la parola del Signore, perché voi avevate paura di quel fuoco e non eravate saliti sul monte” (Dt 5,4-5)

Questo è il realizzarsi della NUOVA ALLEANZA Lo stile divino è quello di rendere mediato l’esistere umano e non c’è possibilità di accedere a questo Dio senza rispettare le mediazioni storiche. Ora è vero che l’uomo teme di essere “divorato dal fuoco divino”, però è anche vero che egli porta nel suo cuore un desiderio di immediatezza con il suo Creatore. In realtà, la mediazione non impedisce l’immediatezza: il vero profeta, il vero maestro, il vero mediatore è un ponte tra i fratelli e il loro Dio. Mentre il mediatore che pretende di essere riferimento ultimo per i fratelli, è un falso profeta. Questo è il realizzarsi della NUOVA ALLEANZA “Porrò la mia legge nell’intimo; e sul loro cuore la scriverò e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo; non dovranno più istruirsi l’uno l’altro dicendo: riconoscete il Signore, perché tutti mi riconosceranno dal più piccolo al più grande” (Ger 31,33-34).

secondo questo testo il PROFETA E’: Il libro del Deuteronomio annuncia così l’evento del profeta: "Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e porrò le mie parole nella sua bocca, ed egli dirà loro tutto ciò che io gli comanderò" (Dt 18,18). secondo questo testo il PROFETA E’: 1- SUSCITATO DA DIO 2- FRATELLO 3- PORTAVOCE DI DIO 4- MANDATO PER I FRATELLI Invece di parlare della profezia in modo astratto lasciamo che la Bibbia ci parli dei profeti, e ci faccia comprendere cosa siano la vocazione e lo spirito profetico. Ci mettiamo in ascolto della Parola attraverso il racconto della vocazione del profeta Geremia per comprendere come questi quattro punti sono presenti nella vocazione di Geremia, e cosa significano per noi oggi.

IL RACCONTO DELLA VOCAZIONE DI GEREMIA Mi fu rivolta questa parola del Signore: 5 «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni». 6 Risposi: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché sono giovane». 7 Ma il Signore mi disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. 8 Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Oracolo del Signore. 9 Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: «Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. 10 Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare».

11 Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia. » 11 Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi, Geremia?». Risposi: «Vedo un bastone di mandorlo». 12 Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, poiché io vigilo sulla mia parola per realizzarla». 13 Mi fu rivolta di nuovo questa parola del Signore: «Che cosa vedi?». Risposi: «Vedo una pentola bollente, la cui bocca è inclinata da settentrione». 14 Il Signore mi disse: «Dal settentrione dilagherà la sventura su tutti gli abitanti della terra. 15 Poiché, ecco, io sto per chiamare tutti i regni del settentrione. Oracolo del Signore. Essi verranno e ognuno porrà il proprio trono alle porte di Gerusalemme, contro le sue mura, tutt'intorno, e contro tutte le città di Giuda. 16 Allora pronuncerò i miei giudizi contro di loro, per tutta la loro malvagità, poiché hanno abbandonato me e hanno sacrificato ad altri dèi e adorato idoli fatti con le proprie mani.

17 Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi, àlzati e di' loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaventarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro. 18 Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. 19 Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con te per salvarti». Oracolo del Signore.

Il racconto della vocazione di Geremia è suddiviso in tre parti: 1- i vv. 4-10: l’iniziativa di Dio (vv. 4-5) l’obiezione del profeta (v. 6) la risposta di Dio (vv. 7-10) 2- i vv. 11-16: la visione del mandorlo (vv. 11-12) la visione della pentola bollente (vv. 13-16) 3- i vv. 17-19: la conferma divina

Nel racconto della vocazione di Geremia l’iniziativa divina è espressa attraverso alcuni termini significativi: Ti ho conosciuto ( Il verbo yada‘ ([dy) definisce la relazione tra YHWH e Geremia, e porta in sé tante sfumature interessanti che ci aiutano a capire meglio chi è il profeta: - «eleggere», «prendersi cura», «favorire»: Geremia è eletto da Dio. - indica la paternità di Dio verso Geremia: questo significa l’appartenenza di Geremia a Dio. Il Signore assume la sua responsabilità verso Geremia, conferendogli la sua autorità (Lc 20,13). - Il fatto che Dio riconosce Geremia prima di essere ancora formato nel grembo materno indica la gratuità assoluta di Dio verso questa sua creatura.

Ti ho consacrato Consacrato: essere proprietà del Dio santo. Dio riserva il profeta, non per un bene personale ma per una destinazione: Per essere profeta delle nazioni. Ogni eletto è per la moltitudine e non c’è elezione che non sia per tutti. Ogni eletto è tale per portare, comunicare, condividere ciò che egli ha ricevuto. Il profeta parla a Dio restando fratello. Egli rimane per amore dei fratelli attaccato alla loro storia e partecipa al loro destino.

- il vero profeta si sente inadeguato davanti alla chiamata di Dio. L’OBIEZIONE DEL PROFETA: “Ah, ah, Signore Dio, ecco: non so parlare perché sono giovane” - il vero profeta si sente inadeguato davanti alla chiamata di Dio. - egli ammette la difficoltà di trasmettere le parole di verità. - però dicendo “non so parlare” egli rifiuta l’essenza della sua vocazione, e quindi rischia di essere muto e sterile. - il sentirsi inadatto e incapace è necessario perché nel vero profeta si riconoscano le parole del Dio che vanno oltre le capacità umane. La vera tentazione è confidare solamente nelle proprie competenze e capacità . - sono giovane (na‘ar): non sono autorevole e sono dipendenti dagli altri. Ma questa condizione umile è proprio quella del servitore (na’ar). via di uscita: fidarsi di Dio perché è Dio che costituisce profeta e non le proprie competenze. Questa incompetenza di Geremia diventa il luogo della rivelazione della verità, perché è Dio che l’ha scelto, e ha posto le sue parole sulla sua bocca.

L’andare è finalizzato al parlare. LA RISPOSTA DI DIO - “Non dire: sono giovane perché dovunque ti invierò andrai e dirai tutto ciò che ti comanderò” Dio non nega la difficoltà, ma esorta Geremia a non cedere alla tentazione. Il verbo «inviare» esprime la vocazione come un movimento verso i fratelli. La missione si manifesta nella varietà dei luoghi e dei destinatari, e il rifiuto di tale vocazione è espresso dalla Bibbia come una rinuncia al camminare (come Elia in 1 Re 19,5), oppure come un fuggire nella direzione opposta (come Giona 1,3). L’andare è finalizzato al parlare. - «non temere di fronte a loro perché sono con te per salvarti» «non temere» indica che: - il vero motivo dell’obiezione è la paura. - il Dio dei profeti non solo comanda, ma anche dà conforto e irradia sicurezza attraverso una invisibile presenza che salva. La parola di Dio è una parola che opera ed è accompagnata da un gesto “molto intimo”. «Il Signore stese la sua mano e toccò la mia bocca» Con questo gesto Dio rende Geremia uomo della parola, cioè “profeta”. Egli però mette il suo sigillo non solo sulla “bocca” ma toccando bocca, Dio trasforma tutto il corpo fragile e pauroso del profeta, rendendolo città fortificata, colonna di ferro e bronzo (v. 18). Il compiuto del profeta è riassunto in sei azioni: «per demolire e sradicare e distruggere e abbattere, per costruire e piantare». Per comprendere il senso di questi verbi ci lasciamo illuminare dalle due visioni che indicano il contenuto del messaggio profetico. Nella visione infatti, viene rivelato, prima al profeta e poi a noi, ciò che Dio vuole comunicare agli uomini.

La prima visione (vv. 11-12) Cosa vede Geremia? vedo “un bastone di mandorlo”. Il termine ebraico maqqel (lQem) non significa “ramo”, ma “bastone”, usato per camminare (Gen 32,11) o per difendersi (come facevano in particolare i pastori) (1 Sam 17,40.43). Esso designa anche una verga, segno di autorità (Ger 48,17). In questo senso, chi vede questo bastone pensa subito o alla cura del Signore verso il suo popolo (“il Signore è il mio pastore non manco di nulla”) o alla sua autorità divina che è fonte di sicurezza per Israele. Il bastone che vede Geremia è di mandorlo. Il mandorlo, in ebraico shaqed (dqev’), è il primo albero che fiorisce in primavera. Chi ascolta Geremia pensa subito che la cura e l’autorità divina assicureranno a Israele una primavera nuova e quindi una nuova vita. Ora Dio attesta a Geremia “hai visto bene”. Il profeta però è illuminato affinché nel simbolo visibile a tutti, egli possa intuire il vero senso di ciò che vede: solo il vero profeta vede nel simbolo del “bastone di mandorlo” che il Signore vigila (shoqed) ( dqevo.)) sulla sua Parola per compierla. Il gioco di parole tra shaqed (mandorlo) e shoqed (io vigilo) serve per far comprendere la profondità del messaggio. Dio è principio di vita; infatti il participio shoqed indica un’azione duratura e suggerisce quindi il costante e assiduo vigilare di Dio sulla storia dei suoi figli. Il profeta è il solo ad essere capace di vedere oltre le apparenze, di cogliere il vero senso di ciò che vede, cioè cogliere l’intervento di Dio nella storia. La prima visione dice che la storia è sotto il potere di Dio, ma sarà la seconda visione a spiegare in che modo Dio vigila sulla storia.

La seconda visione (vv. 13-16) Cosa vede Geremia ? “Vedo una pentola bollente, la cui bocca è inclinata da settentrione”. Anche in questa visione, tutti quelli che vedono una pentola bollente possono pensare a un evento positivo, come quello di un banchetto, di una festa (Es 16,3; 2 Re 4,39-41); solo il vero profeta però vede nel simbolo della pentola la sventura che sta per arrivare dal nord. La pentola rappresenterebbe la città di Gerusalemme, che è attaccata a partire dal settentrione (Ez 11,3). Ora, il profeta, dopo aver capito nella prima visione, che Dio vigila sulla storia, non solo vede la catastrofe che sta arrivando dal nord, ma egli è capace anche di interpretarla nel suo vero senso: egli vede la mano di Dio dietro la vittoria di Babilonia sul regno di Giuda. Il profeta non cade nel vittimismo, ma confessa a nome dei suoi fratelli il peccato che causa tale catastrofe: Gerusalemme ha abbandonato YHWH. La punizione non è provocata da un inopportuno calcolo politico, ma da una radicale infedeltà nei confronti di Dio. Il giudizio di condanna non è pronunciato da Nabucodonosor, ma dal Signore stesso contro il suo popolo. La profezia quindi è una parola che interpreta la storia e ne rivela il vero senso. Il vero profeta è colui che vede nel presente la presenza di Dio che vuole la salvezza degli uomini. Per questo è capace di sapere ciò che accadrà nel futuro alla luce del presente. È importante capire che l’obiettivo del messaggio profetico non è il futuro ma il presente perché solo nel presente, l’uomo gioca la sua salvezza e quindi il senso vero della propria vita.

A questo punto, forse ci viene di chiederci se l’obiettivo della profezia è allora la minaccia e la condanna?  Certamente no. Agli oracoli di minaccia i libri profetici articolano gli oracoli di salvezza. Minaccia e consolazione non sono in contrapposizione tra loro, anzi l’una è la motivazione dell’altra: Dio denuncia il peccato e minaccia il peccatore per salvarlo. Questo significa che il punto di arrivo è la vita e non la morte. L’azione devastatrice è solo mediazione e passaggio. Questo tra l’altro è il mistero della vita, morte e risurrezione di Gesù. Questa dinamica è chiara nel racconto di Geremia, attraverso i 6 verbi che Dio usa per definire il ruolo di Geremia e la sua missione: «per demolire e sradicare e distruggere e abbattere, per costruire e piantare». Abbiamo 4 verbi negativi (demolire e sradicare e distruggere e abbattere) e 2 verbi positivi (costruire e piantare):  c’è prima la minaccia e poi la vita. Abbiamo detto che Dio veglia sulla sua parola per realizzarla e questo è un motivo di speranza, perché se egli veglia per realizzare la sventura (4 veri negativi) però egli anche veglia per portare la nuova vita (2 verbi positivi).  Senza, però la consapevolezza del proprio peccato non c’è possibilità di salvezza, per questo il profeta denuncia il peccato di Israele. Egli aiuta i fratelli a rendersi conto della loro tragica situazione e della loro responsabilità e quindi li spinge ad aprirsi al pentimento per accogliere il perdono.  L’articolazione tra minaccia e salvezza e il fatto che la minaccia si orienta e trovo senso solo nel volere di Dio di una vera riconciliazione con gli uomini è stato l’oggetto di una particolare attenzione del mio maestro P. Bovati, che ha dedicato interi corsi all’istituto biblico, per approfondire la procedura dei rîb profetici, specialmente il suo ultimo libro, le vie della giustizia nella Bibbia. La punizione di Dio non ha lo scopo di far morire ma di guarire. Dio fa di tutto per aiutare Israele a prendere atto del suo peccato. Tutto è per giungere alla riconciliazione e quando Israele non riesce a tornare sposa fedele sarà Dio a fare tutto: io ti suderò al deserto, ti farò mia sposa per sempre” Os 2,16ss. Questa è la nuova alleanza, che ricostituisce Israele una sposa fedele di Dio. Questo messaggio di misericordia e di vera conversione è chiaro nella vita di Gesù il profeta di Nazaret, che anche lui è venuto per convincere il mondo del suo peccato e alla fine della sua vita terrena ha sconfitto il peccato in se e ha dato compimento alla nuova alleanza. In quel perdono il peccatore è diventato giusto attraverso la morte del Figlio e la misericordia ha reso innocenti tutti noi.

In Ger 1,1-19 Dio dopo aver spiegato al profeta il contenuto difficile della sua missione: annunciare la fine di Israele, egli davanti a questo compito conferma Geremia e gli chiede di collaborare con lui: Dio chiama, conforta, rende profeta l’uomo della parola ma chiede la sua collaborazione senza al quale Dio diventa inoperante: «Ma tu cingiti i fianchi e alzati» Questa è una espressione metaforica, mediante la quale si esprime l’invito ad affrontare con coraggio il proprio compito, ad obbedire alla missione ricevuta. Dio rende il profeta l’uomo della parola ma anche dà vigore ai suoi passi così il profeta diventa il viandante della parola. «Non spaventarti davanti a loro, altrimenti ti farò spaventare davanti a loro» Si tratta di una vera esortazione, quasi di un comando. Di fronte al profeta Dio pone un’alternativa: o egli esce dalla paura (mediante la fiducia in Dio), oppure viene condannato a una esperienza di terrore che blocca tutta la sua missione, rendendolo muto e paralizzato. “Ecco io oggi ti rendo una città fortificata e una colonna di ferro e un muro di bronzo” Dio prima ha assicurato il profeta della sua presenza efficace (non temere; io sono con te per salvarti) e ora trasforma, tutto il corpo del profeta rendendolo città fortificata invulnerabile. queste parole attestano che il profeta vero non è accolto, anzi la sua missione si dispiega nell’opposizione. Chi parla veramente a nome di Dio è destinato al rifiuto. Geremia invita alla conversione, e viene rifiutato e per questo rifiuto del messaggio divino arriva la fine di Israele. La profezia in questo modo rivela la fatica che si fa davanti all’invito di conversione. Il profeta non solo vede la minaccia e il male che non si riesce a vedere, egli vede anche la salvezza che gli latri non riescono a vedere: in una realtà si sventura e di disaggio il profeta riesce a vedere il bene che sta germogliando. Egli percepisce la presenza di una promessa li dove gli altri vedono solo lacrime e violenza. Egli è consapevole che la storia è sottoposta alla bontà di colui di cui potenza tutto domina. Il messaggio profetico dice che l’ultima parola di quella della vita, della Risurrezione che deve passare attraverso per la morte. Alla ribellione e all’infedeltà succede l’amore che obbedisce (Ger 31,31-34). Tutti i profeti hanno predetto questo evento di nuovo ritorno. Il mistero della vita che passa per la morte è stato anche il destino del vero profeta Gesù di Nazaret nell’evento della sua morte e risurrezione. Anche noi siamo chiamati a essere profeti e ci tocca di annunciare la misericordia che perdona. È normale che ci sentiamo inadeguati e diremo come Geremia “non so parlare”, però a noi tocca di portare la vera parola, quella capace di far germogliare tanti rami di mandorlo … Anche noi dobbiamo essere profeti, portatori di una parola che porta speranza, misericordia e perdono. Una parola diversa da quella che dà il mondo è il senso della profezia.