Belle si diventa La geometria dei campi, le case sparse, la trama di strade del nostro territorio hanno origine dalla mezzadria. Prima della mezzadria le colline marchigiane erano coperte di boschi di leccio e roverella.
Ci volle molto tempo e molte generazioni contadine per far raggiungere alle colline marchigiane la bellezza che ancora oggi esprimono: è stato il costante e faticoso lavoro del mezzadro, in tanti secoli di storia, a modellare e “dipingere” il nostro paesaggio.
Per comprendere la parola “mezzadria” ricorriamo ad un autorevole storico marchigiano: Sergio Anselmi. Egli ci dice che il patto mezzadrile è un contratto agrario, stipulato tra il proprietario della terra(concedente) e il capo di una famiglia colonica(mezzadro); il mezzadro aveva il compito di risiedere nella casa colonica, di coltivare la terra e di dividere il raccolto a metà con il proprietario. La mezzadria inizia a diffondersi nelle marche nel 1300, quando si rese necessario disboscare le terre e coltivarle; esse erano state abbandonate in seguito a ripetute ondate di epidemie tra i contadini. Con la mezzadria, il proprietario aveva terre produttive e i contadini ricavavano il sostentamento per la famiglia.
In quattro secoli, con il processo di erosione del bosco, le Marche si riempirono di poderi, di strade e di case sparse divenendo “un giardino”. Così lo descriveva Guido Piovene, a metà degli anni '50, nel Viaggio in Italia: “La collina marchigiana, volgendosi verso l'interno, è quasi un grande e naturale giardino all'italiana. Non è la collina toscana, né quella umbra, né la veneta. E' dolce, serena, patetica, lucida, priva di punte. Passando dai coltivi delle valli ubertose nelle belle giornate si vedono tutte le piante luccicare all'unisono come se fossero patinate di cera; e vi trapela un fondo di terracotta chiara, che la sera si fa rossastro, e si rivela specialmente splendendo con l'ombra e la luce della luna. I colli sono tondeggianti, con pendici prative lunghe, lente, disseminate a intervalli di grandi alberi solitari... Se si volesse stabilire qual è il paesaggio italiano più tipico, bisognerebbe indicare le Marche...”
Dal Viaggio in Italia di Piovene, le colline marchigiane hanno subito grandi trasformazioni. Già negli anni '80, filari di viti, siepi, olivi, querce e gelsi sparsi nei campi stavano scomparendo. I mezzadri di un tempo, che per necessità coltivavano tanti prodotti diversi, utili al proprio consumo e al sostentamento della famiglia, stavano lasciando le loro case. Migliaia di case coloniche vennero abbandonate e tornò a prevalere il seminativo senza alberi; invece, in alcune zone delle Marche, intere colline si riempirono di moderni vigneti. Il primato del grano fu compromesso dalla massiccia diffusione di barbabietole da zucchero, girasoli e ortaggi. L'allevamento bovino che prima era parte integrante del lavoro del mezzadro, si scisse dall'agricoltura e diminuì drasticamente. Il “ bel podere”, costruito con il paziente lavoro del mezzadro, cambiò e si diffuse un nuovo paesaggio agrario, soprattutto nelle aree dove la coltivazione dei campi era economicamente conveniente. In altre zone più marginali si assistette ad un abbandono della terra con un ritorno alla vegetazione spontanea oppure a zone di pascolo per le pecore. Fino alla fine degli anni '40, nei poderi dei mezzadri, la coltivazione mista dei prodotti (promiscua) dava alle colline marchigiane un aspetto molto più vivace di oggi. Infatti in ogni periodo dell'anno il podere doveva restare produttivo, per dare autonomia alimentare alla famiglia. La coltivazione fondamentale era quella dei cereali ma nei campi c'erano anche gelsi, viti, alberi da frutta; inoltre ogni contadino aveva il suo orto.
Le moderne monocolture hanno in parte cambiato la bellezza agricola di un tempo. Negli ultimi 60 anni c'è stata una radicale trasformazione dell'agricoltura e una forte diminuzione del numero di agricoltori. Nel 1951, il 60,2% della popolazione era impegnato nella produzione agricola; vent'anni dopo la percentuale era scesa al 25,3% e nel 1983 al 14,6%. Attualmente, nelle Marche, l'agricoltura costituisce il 4% del valore aggiunto regionale e la superficie coltivata è il 3,7% del totale nazionale. Nell'ultimo periodo c'è stato un calo della coltivazione del frumento tenero e un aumento del grano duro, contemporaneamente si è avuta una flessione della coltivazione dell'avena e del sorgo. Si è avuto invece un aumento della coltivazione del girasole. I vigneti che avevano avuto un certo ampliamento negli anni '80, hanno avuto una contrazione. Anche se il paesaggio che vediamo oggi non più quello che vedeva il mezzadro dalle finestre della sua casa colonica, le nostre colline conservano la traccia antica della fatica e degli stenti del contadino di una volta. Inoltre, malgrado ci sia stato un cambiamento del paesaggio, più marcato in alcune zone, meno in altre, le colline coltivate mostrano ancora il grande attaccamento per la terra da parte del contadino marchigiano dei nostri giorni: è questo che le fa belle, allora come oggi, comunque. (lavoro di Emanuele Trotti,Angelika Smerilli, Anyi Ye, Sofia Piergentili)