L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA

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Transcript della presentazione:

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA PARROCCHIA SAN GIACOMO MAGGIORE - Messina L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA Catechesi per la formazione ad una Chiesa missionaria, alla luce della Evangelii Gaudium di Papa Francesco.

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA Il termine evangelizzazione ha un significato molto ricco. In senso ampio, esso riassume l'intera missione della Chiesa: tutta la sua vita infatti consiste nel realizzare la traditio Evangelii, l'annuncio e la trasmissione del Vangelo, che è «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1, 16) e che in ultima essenza si identifica con Gesù Cristo (cf. 1 Cor 1, 24). CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE NOTA DOTTRINALE SU ALCUNI ASPETTI DELL'EVANGELIZZAZIONE. (2007)

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA L'evangelizzazione ha come destinataria tutta l'umanità. In ogni caso, evangelizzare significa non soltanto insegnare una dottrina bensì annunciare il Signore Gesù con parole ed azioni, cioè farsi strumento della sua presenza e azione nel mondo. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE NOTA DOTTRINALE SU ALCUNI ASPETTI DELL'EVANGELIZZAZIONE. (2007)

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA «Ogni persona ha il diritto di udire la "buona novella" di Dio che si rivela e si dona in Cristo, per attuare in pienezza la sua propria vocazione». Si tratta di un diritto conferito dal Signore a ogni persona umana, per cui ogni uomo e ogni donna può veramente dire con San Paolo: Gesù Cristo «mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2, 20). CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE NOTA DOTTRINALE SU ALCUNI ASPETTI DELL'EVANGELIZZAZIONE. (2007)

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA Il nostro impegno educativo, a partire dalla centralità della persona, ci richiede un profondo radicamento nel vissuto umano, una presenza solidale e discreta nella vita concreta dell’uomo raggiunta dalla grazia divina nei più disparati e impensabili risvolti dell’esistenza. (Mons. C. La Piana)

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA Papa Francesco ha ricordato ai vescovi italiani che “il bisogno di un nuovo umanesimo” è gridato (invocato) da una società priva di speranza, scossa in tante sue certezze fondamentali, impoverita da una crisi che, più che economica, è culturale, morale e spirituale” Assemblea CEI, 19 maggio 2014 (Briciole che saziano)

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA La figura dell’humanum è stata sempre al centro dell’attenzione nei decenni pastorali della CEI: la promozione umana (Roma 1976), l’orizzonte comunitario (Loreto 1985), quello sociale (Palermo 1995), gli ambiti esistenziali (Verona 2006). Promozione dell’essere umano nella sua globalità, per costruire una rinnovata comunità, con il contributo della carità e della speranza per ripensare l’umano.

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA Desideriamo, quindi, concentrare l’attenzione sulla “dimensione umana della vita cristiana”, consapevoli della nostra responsabilità di educatori (presbiteri, famiglia, comunità, operatori pastorali). Guarderemo all’humanum in una triplice dimensione: come luogo teologico nel quale Dio si rivela. In Gesù di Nazareth Dio si è fatto uomo, ha parlato da uomo all’uomo, ha agito da uomo per l’uomo; 2. come linguaggio teologico con il quale Dio parla di Sé. Gesù “dice” Dio nella e attraverso la sua umanità. La salvezza, nelle sue dimensioni, ci raggiunge attraverso le categorie e il linguaggio della corporeità e del vissuto umano; 3. quale modalità storica nella quale Dio vuole essere riconosciuto, accolto e amato.

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA Nella dimensione umana si gioca la visibilità e la credibilità della vita cristiana, luogo dove Dio è presente e agisce nella storia degli uomini, mediazione linguistica con cui parlare di Lui all’uomo di oggi utilizzando le sue categorie e i suoi linguaggi.

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA L’uomo è al centro di ogni preoccupazione ed attività della Chiesa riconoscendone i tratti universali che contraddistinguono il suo essere: la sua creaturalità, fragilità e contraddittorietà; la sua apertura alla speranza e al futuro che ne orienta l’impegno storico per il diritto, la giustizia e la pace; la sua tensione verso la pienezza di vita, felicità e trascendenza.

L’UOMO AL CENTRO DELL’AZIONE EVANGELIZZATRICE DELLA CHIESA Il nostro impegno non consiste esclusivamente in azioni o in programmi di promozione e assistenza; quello che lo Spirito mette in moto non è un eccesso di attivismo, ma prima di tutto un’attenzione rivolta all’altro «considerandolo come un’unica cosa con se stesso». Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona e a partire da essa desidero cercare effettivamente il suo bene. EG 199

COSA VUOL DIRE…L’UOMO E’ AL CENTRO? L’attenzione all’altro comporta desiderare per lui o per lei il bene, sotto tutti gli aspetti: fisico, morale e spirituale. La cultura contemporanea sembra aver smarrito il senso del bene e del male, mentre occorre ribadire con forza che il bene esiste e vince, perché Dio è «buono e fa il bene» (Sal 119,68). MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012 

COSA VUOL DIRE…L’UOMO E’ AL CENTRO? Il bene è ciò che suscita, protegge e promuove la vita, la fraternità e la comunione. La responsabilità verso il prossimo significa allora volere e fare il bene dell'altro, desiderando che anch'egli si apra alla logica del bene; interessarsi al fratello vuol dire aprire gli occhi sulle sue necessità MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012 

L’UOMO E’ AL CENTRO Spesso, invece, prevale l’atteggiamento contrario: l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la «sfera privata». MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012 

L’UOMO E’ AL CENTRO Anche oggi risuona con forza la voce del Signore che chiama ognuno di noi a prendersi cura dell'altro. Anche oggi Dio ci chiede di essere «custodi» dei nostri fratelli (cfr Gen 4,9), di instaurare relazioni caratterizzate da premura reciproca, da attenzione al bene dell'altro e a tutto il suo bene. MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012 

L’UOMO E’ AL CENTRO Che cosa impedisce questo sguardo umano e amorevole verso il fratello? Sono spesso la ricchezza materiale e la sazietà, ma è anche l’anteporre a tutto i propri interessi e le proprie preoccupazioni. Mai dobbiamo essere incapaci di «avere misericordia» verso chi soffre; mai il nostro cuore deve essere talmente assorbito dalle nostre cose e dai nostri problemi da risultare sordo al grido del povero. MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA QUARESIMA 2012 

Il “di più” dello sguardo cristiano Un “di più” che segna la differenza rispetto ai pur preziosi sforzi di altri soggetti impegnati a migliorare le condizioni del vivere sociale.

Il “di più” dello sguardo cristiano Quale figura dell’umano scaturisce dunque dalla narrazione del cammino delle comunità? È possibile riconoscerne quattro: un umanesimo che è in ascolto; concreto; plurale e integrale; d’interiorità e trascendenza. IN GESU’ CRISTO IL NUOVO UMANESIMO Una traccia verso il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale

L’ascolto Ascoltare l’umano significa vedere la bellezza di ciò che c’è, nella speranza di ciò che ancora può venire, consapevoli che si può solo ricevere.

Un umanesimo concreto Altra sentita raccomandazione riguarda il primato di un umanesimo incarnato («La realtà è superiore all’idea» leggiamo in Evangelii gaudium 233), che offre risposte concrete alle sfide odierne. “Concretezza” significa parlare con la vita, trovando la sintesi dinamica tra verità e vissuto, seguendo il cammino tracciato da Gesù.

Un umanesimo concreto Riconoscere i bisogni anche meno manifesti; immaginare azioni di risposta adeguate, non ossessionate dall’efficienza. La disposizione accogliente delle varie situazioni e, in qualche modo, persino eccedente la domanda; la capacità delle azioni intraprese – pur nel loro essere orientate – di fermarsi e ridefinirsi lungo il cammino.

Un umanesimo concreto Le azioni sanno guardare oltre il gruppo ristretto e sono capaci– come suggerisce papa Francesco in Evangelii gaudium 224 – di dar vita a processi, mobilitare risorse, combattere l’indifferenza con l’attenzione all’altro.

Un umanesimo concreto Mai dunque i metodi rispondono a procedure astratte e a protocolli rigidi, bensì rivelano una sintonia profonda con le finalità: «Si può educare all’affettività solo affettivamente», si legge in uno dei contributi. Non ci sono due livelli – teorico e pratico –; c’è, invece, il tentativo di «imparare facendo». E di formulare un discorso credibile, che passa attraverso il dar corpo alla parola: «Essere testimoni di Cristo attraverso gesti di vita nuova e di umanità diversa».

Un umanesimo plurale e integrale Umanesimo è un termine che si declina al plurale, e l’umanesimo nuovo in Cristo è un umanesimo sfaccettato e ricco di sfumature – «prismatico»,– dove solo dall’insieme dei volti concreti, di bambini e anziani, di persone serene o sofferenti, di cittadini italiani e d’immigrati venuti da lontano, emerge la bellezza del volto di Gesù. L’accesso all’umano, difatti, si rinviene imparando a inscrivere nel volto di Cristo Gesù tutti i volti.

Un umanesimo plurale e integrale Una famiglia umana segnata non dall’omologazione e dall’uniformità ma dalla bellezza e dalla «convivialità delle differenze», come amava dire mons. Tonino Bello: differenze di generazioni e di popoli, che esprimono legami di figliolanza e fratellanza, dove ciascuno è custode del fratello. Questi legami qualificano il nostro vivere insieme, soprattutto laddove nuove vulnerabilità si manifestano e chiedono di essere accompagnate con «il ritmo salutare della prossimità» (Evangelii gaudium 169).

Un umanesimo plurale e integrale Una pastorale “integrata”, forte di proposte unitarie (numerosi gli esempi di collaborazione tra pastorale familiare e pastorale giovanile e anche del lavoro), basata sulla sinergia tra comunità educative (scuola, famiglie, associazioni) e la ricerca di collaborazione con le istituzioni civili in vista del bene comune. Nessun dualismo

Un umanesimo d’interiorità e trascendenza «Senza Dio l’uomo non sa dove andare – ricordava Benedetto XVI – e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia» (Caritas in Veritate 78). Nei contributi è insistente l’invito a sostenere la domanda, non solo rinviando a “professionisti dello spirito”, ma aprendo spazi di silenzio e di preghiera nelle parrocchie e nelle famiglie, nelle associazioni e nei movimenti, per offrire nella quotidianità il pane della Parola (lectio divina), il sostegno dell’Eucaristia (liturgia e adorazione eucaristiche) e la compagnia nel cammino (guida spirituale). 20

LA PERSONA AL CENTRO DELL’AGIRE ECCLESIALE San Giovanni Paolo II: «L’uomo è la prima via che la Chiesa percorre nel compimento della sua missione». Ciò significa che le ragioni dell’uomo e la prassi ecclesiale possono e devono incontrarsi.

LA PERSONA AL CENTRO DELL’AGIRE ECCLESIALE Le operazioni della vita quotidiana di Gesù sono richiamate da papa Francesco nella Evangelii Gaudium: sull'esempio di Gesù, e nella convinzione di riattualizzarne lo stile, il pontefice immagina una Chiesa in uscita, capace di abitare il quotidiano delle persone e, grazie allo stile povero e solidale, di rinnovare la storia di ciascuno, di ridare speranza, di riaprire le nostre vite morte alla gioia della resurrezione e della vita nuova; in altre parole, pronta a fare della vita quotidiana il luogo dell'incontro e dell'esperienza della misericordia di Dio.

LA PERSONA AL CENTRO DELL’AGIRE ECCLESIALE Il movimento non è quello della chiusura difensiva, ma dell’uscita. Senza paura di perdere la propria identità, anzi facendone dono ad altri.

LA PERSONA AL CENTRO DELL’AGIRE ECCLESIALE Come dice Papa Francesco: «Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada» (Evangelii gaudium 46).

LA PERSONA AL CENTRO DELL’AGIRE ECCLESIALE In questo modo, gli ambienti quotidianamente abitati, come la famiglia, l’educazione, la scuola, il creato, la città, il lavoro, i poveri e gli emarginati, l’universo digitale e la rete, sono diventati quelle “periferie esistenziali” che s’impongono all’attenzione della Chiesa italiana quale priorità in cui operare il discernimento, per accogliere l’urgenza missionaria di Gesù.

LA PERSONA AL CENTRO DELL’AGIRE ECCLESIALE Un simile discernimento può realizzarsi lungo 5 vie, suggeriteci da Papa Francesco nella Evangelii gaudium. Queste azioni, che riconoscono l’urgenza di mettersi attivamente e insieme in movimento, esprimono in modo sintetico il desiderio e la volontà della Chiesa di contribuire al dischiudersi dell’umanità nuova dentro la complessità della nostra epoca, indicando nello stesso tempo una direzione da intraprendere: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.

Uscire «La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. [...] Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad “accompagnare”. [...] Trova il modo per far sì che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita nuova, benché apparentemente siano imperfetti o incompiuti» (Evangelii gaudium 24).

Annunciare La gente ha bisogno di parole e gesti che, partendo da noi, indirizzino lo sguardo e i desideri a Dio. La fede genera una testimonianza annunciata non meno di una testimonianza vissuta. Con il suo personale tratto papa Francesco mostra la forza e l’agilità di questa forma e di questo stile testimoniali: quante immagini e metafore provenienti dal Vangelo egli riesce a comunicare, soddisfacendo la ricerca di senso, accendendo la riflessione e l’autocritica che apre alla conversione, animando una denuncia che non produce violenza ma permette di comprendere la verità delle cose.

Abitare Occorre allora un tenace impegno per continuare a essere una Chiesa di popolo nelle trasformazioni demografiche, sociali e culturali che il Paese attraversa (con la fatica a generare e a educare i figli; con un’immigrazione massiva che produce importanti metamorfosi al tessuto sociale; con una trasformazione degli stili di vita che ci allontana dalla condivisione con i poveri e indebelisce i legami sociali).

Abitare L’impegno, dunque, non consiste principalmente nel moltiplicare azioni o programmi di promozione e assistenza; lo Spirito non accende un eccesso di attivismo, ma un’attenzione rivolta al fratello, «considerandolo come un’unica cosa con se stesso».

Abitare Non aggiungendo qualche gesto di attenzione, ma ripensando insieme, se occorre, i nostri stessi modelli dell’abitare, del trascorrere il tempo libero, del festeggiare, del condividere. Quando è amato, il povero «è considerato di grande valore»; questo differenzia l’opzione per i poveri da qualunque strumentalizzazione personale o politica, così come da un’attenzione sporadica e marginale, per tacitare la coscienza.

Abitare Se non lo hai toccato, non lo hai incontrato», ha detto del povero Papa Francesco. Senza l’opzione preferenziale per i più poveri, «l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone» (Evangelii gaudium 199).

Educare Rimane significativa una pagina degli Orientamenti pastorali della CEI: «In una società caratterizzata dalla molteplicità di messaggi e dalla grande offerta di beni di consumo, il compito più urgente diventa, dunque, educare a scelte responsabili. Di fronte agli educatori cristiani, come pure a tutti gli uomini di buona volontà, si presenta, pertanto, la sfida di contrastare l’assimilazione passiva di modelli ampiamente divulgati e di superarne l’inconsistenza, promuovendo la capacità di pensare e l’esercizio critico della ragione» (Educare alla vita buona del Vangelo 10).

Trasfigurare Le comunità cristiane sono nutrite e trasformate nella fede grazie alla vita liturgica e sacramentale e grazie alla preghiera. Esiste un rapporto intrinseco tra fede e carità, dove si esprime il senso del mistero: il divino traspare nell’umano, e questo si trasfigura in quello. Senza la preghiera e i sacramenti, la carità si svuoterebbe perché si ridurrebbe a filantropia, incapace di conferire significato alla comunione fraterna.

Trasfigurare Riascoltiamo le parole del Concilio Vaticano II: «La liturgia, mediante la quale, soprattutto nel divino sacrificio dell’eucaristia, si attua l’opera della nostra redenzione, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e l’autentica natura della vera Chiesa» (Sacrosanctum Concilium 2).