LA STRUTTURA DELLA TERRA
PLACCHE LITOSFERICHE I geologi dell’ottocento avevano individuato sei placche. Da allora sono state individuate molte altre placche, sei grandi, e alcune altre minori. Le dimensioni sono quindi assai differenti. Le placche litosferiche possono comprendere contemporaneamente aree continentali e aree oceaniche, oppure solo le une o le altre. Questa constatazione permette di superare una delle tradizionali obiezioni alla teoria della deriva dei continenti e cioè la difficoltà che una massa continentale, geologicamente debole e leggera, possa farsi strada attraverso la crosta oceanica più densa. Poiché la Terra è sferica le placche si spostano da una posizione all'altra effettuando una rotazione attorno ad un asse, perciò la velocità è minima ai poli e massima all'equatore.Quindi la teoria della tettonica delle placche non è una riformulazione della teoria di Wegener. La litosfera è suddivisa in una decina di "zolle" principali di varia forma e dimensione, più numerose altre micro zolle; queste zolle si possono paragonare a zattere che "galleggiano" sullo strato immediatamente sottostante, l'astenosfera.
Vi sono due tipi di litosfera: la litosfera oceanica, associata alla crosta oceanica e la litosfera continentale, associata alla crosta continentale. La litosfera oceanica è più sottile ed è quindi più instabile rispetto a quella continentale. Essa è costituita principalmente da rocce di origine magmatica chiamate basalti ed è più densa della litosfera continentale. La litosfera oceanica è meno densa dell'astenosfera anche se, con il tempo, aumenta la sua densità. Le dorsali oceaniche sono invece delle vere e proprie catene montuose sottomarine, qui l’oceano è poco profondo. A volte, le dorsali possono emergere dall’oceano formando delle isole, come per esempio l’Islanda.La litosfera continentale copre circa il 40% della superficie terrestre, è costituita da una masa pari a circa il 3 per mille della massa della Terra.
LA DERIVA DEI CONTINENTI L'idea che i continenti, in particolare il Sud America e l'Africa si potessero fare coincidere a formare un unico continente, era già stata fatta presente da alcuni geologi nell’ottocento ma senza nessuna base scientifica se non il fatto che le coste di queste due placche potevano coincidere in modo quasi perfetto. Ma si deve al metereologo Alfred Wegener il merito di presentare l'idea della deriva dei continenti accompagnata da una serie di prove ed osservazioni; ipotizzò che un tempo fosse esistito un suprecontinente, che chiamò Pangea, e questo circa 200 milioni di anni fa avesse iniziato a frammentarsi in pezzi più piccoli che sono andati alla "deriva" verso le posizioni attuali.
Wegener, oltre alla combacibilità delle coste dei vari continenti portò altre prove, come quelle paleontologiche che indicavano la presenza di fossili di specie identiche sia in America che in Africa, o quelle litologiche: cioè su entrambe le coste dei due continenti si ritrovano le stesse tipologie di rocce. Portò anche delle prove paleoclimatiche, lo studio degli antichi climi, che indicano che sia in America del Sud che in Africa ci sono stati stessi climi nei medesimi anni. La teoria però fu messa in discussione intorno agli anni 50 poiché Wegener non aveva dato risposta a una delle domande più importanti come facevano queste placche a muoversi.
MOTI CONVETTIVI Il geologo Arthur Holmes nel 1930 circa propose un teoria per il movimento dei continenti più plausibile di quello di Wegener, La sua teoria presupponeva che le rocce semifluide che costituiscono il mantello interno della terra fossero continuamente rimescolate da correnti convettive uguali a quelle che si formano portando ad ebollizione una pentola d'acqua. Le rocce fluide e calde dell’atmosfera, dette magma, tendono a salire in superficie, mentre quelle solide e più fredde della crosta terrestre tendono a salire in superficie, mentre quelle solide e più fredde della crosta terrestre tendono a sprofondare nel mantello, dove le altissime temperature le fondono, trasformandole in magma, che tende nuovamente a risalire in superficie, con un processo ciclico costante, detto convenzione. Il magma che risale in superficie lungo i margini delle zolle, solidificando, forma nuova litosfera, cioè nuovi tratti di crosta terrestre
COLLISIONE TRA DUE PLACCHE OCEANICHE La collisione tra due placche oceaniche provoca la subduzione, quindi la distruzione, della densa litosfera oceanica in pieno oceano; la litosfera si incurva verso il basso, immergendosi nell'astenosfera, secondo un piano inclinato in cui si localizza un'intensa attività sismica, detto piano di Benioff. Scesa nell'astenosfera, la litosfera oceanica comincia a fondere, determinando un'accentuata attività vulcanica. Come conseguenza della collisione, nei fondali oceanici si formano profonde depressioni, dette fosse oceaniche, e, parallelamente a esse, archi magmatici insulari, cioè fasce di isole vulcaniche originatesi per risalita verso la superficie di magma proveniente dalla fusione della litosfera. Nel loro insieme, le fosse oceaniche e gli archi magmatici insulari costituiscono i cosiddetti sistemi arco-fossa, di cui si trovano numerosi esempi lungo le coste occidentali dell'oceano Pacifico (per esempio, lungo l'arcipelago del Giappone o lungo le isole Marianne, presso l'omonima fossa).
COLLISIONE TRA DUE PLACCHE CONTINENTALI La collisione fra due placche continentali non dà luogo a subduzione, perché, a causa della bassa densità delle rocce che costituiscono la litosfera continentale, nessuna delle due placche collidenti può inserirsi sotto all'altra; la collisione porta a sovrascorrimenti delle due placche, al corrugamento della litosfera e determina, dunque, la formazione di catene montuose, od orogenesi (dal greco orós, montagna, e génesis , origine). In seguito all'attrito fra le due placche, si generano inoltre, nell'area interessata dalla collisione, forti tensioni che causano terremoti. Esempi di catene montuose formatesi in questo modo sono la catena himalaiana (per collisione della placca indiana contro quella eurasiatica) e quelle alpina e appenninica (per collisione della placca africana contro quella eurasiatica).
COLLISIONE FRA UN PLACCA OCEANICA E UNA CONTINENTALE La collisione fra un placca continentale e una oceanica, più densa, fa sì che quest'ultima vada in subduzione, inserendosi sotto la placca continentale e immergendosi nell'astenosfera, secondo il piano di Benioff. Le conseguenze di questo scontro sono in parte simili a quanto avviene in seguito alla collisione tra due placche oceaniche: la subduzione della placca oceanica forma, infatti, delle profonde fosse oceaniche e sulla placca continentale si origina un arco magmatico, costituito da una serie di vulcani con andamento parallelo alla fossa. Proseguendo la subduzione, però, la placca continentale si corruga e, dietro all'arco magmatico, si forma una catena montuosa, il cui sollevamento continua finché la subduzione è attiva. Questa situazione si osserva lungo la costa sudorientale dell'Oceano Pacifico, in corrispondenza alla fossa del Perù-Cile (originatasi per subduzione della placca di Nazca sotto alla placca sudamericana), parallelamente alla quale si estende la catena montuosa delle Ande (formata da due cordigliere parallele, una occidentale e una orientale).
ARCO INSULARE Un'arco vulcanico è una catena di isole vulcaniche o montagne che si formano quando una placca subduce sotto un'altra. Ci sono due tipi di arco vulcanico: arco insulare e arco continentale. Il primo si forma quando una porzione di crosta oceanica subduce sotto altra crosta oceanica, mentre il secondo caso si ha quando una porzione di crosta oceanica subduce sotto crosta continentale. In alcuni casi una singola zona di subduzione può mostrare entrambi gli aspetti lungo il suo margine. Due classici esempi di arco insulare sono le Isole Marianne nell'Oceano Pacifico occidentale e le Piccole Antille nell' Oceano Atlantico occidentale. Le Ande rappresentano invece un esempio di arco continentale. Il miglior esempio di arco doppio è invece l'arco auletino, che comprende le Isole Aleutine, l'Alaska e la Kamčatka.
MARGINI A SCORRIMENTO LATERALE Esistono due tipi di margini con movimento laterale; entrambi possono essere caratterizzati da un movimento definito destro o sinistro. Per distinguerli occorre idealmente "mettere i piedi" su uno dei due blocchi coinvolti e vedere in che direzione va l'altro blocco (in una stessa faglia fate la prova mettendo i piedi sull'altro blocco e vedrete che il risultato sarà lo stesso).
Al primo tipo appartengono le faglie trascorrenti, il movimento destro o sinistro di una placca contro un'altra causa effetti facilmente visibili in superficie. A causa dell'attrito e del comportamento rigido le placche possono non scivolare in modo continuo l'una sull'altra, accumulando energia elastica sui margini di zolla che, quando viene superata la soglia di rottura delle rocce interessate dal fenomeno, viene rilasciata istantaneamente provocando così un terremoto di magnitudo variabile. Questo fenomeno è inquadrato nella "teoria del rimbalzo elastico". L'esempio più famoso di questo tipo di faglia è rappresentato dal complesso della nota "faglia di Sant'Andrea" (vedi figura), in quest'area le placche del Pacifico e del nord America scorrono lateralmente fra di loro con un movimento transpressivo, in modo tale che la placca del Pacifico si sposta verso nord mentre l'altra verso sud.
Al secondo tipo appartengono le faglie trasformi; queste sono faglie particolari che segmentano la dorsale oceanica principale e generalmente si dispongono perpendicolarmente ad essa. La loro esistenza è legata a discontinuità ereditate dalla struttura della crosta continentale durante la fase di rottura, ma soprattutto dalla necessità di accomodare la variazione delle velocità lineari che si hanno a distanze diverse dall'asse intorno al quale ruota una placca rigida quando si muove lungo una superficie sferica
Nel caso dei margini divergenti, le placche interessate si muovono allontanandosi a vicenda e lo spazio che viene a crearsi fra loro viene riempito da nuovo materiale effusivo proveniente dal mantello. Così, il materiale, appena uscito solidifica, "fondendo" così tra loro le due zolle interessate. dato che le zolle sono in continuo movimento, superato il limite di rottura, l'energia elastica accumulata si libera, generando un terremoto. Una caratteristica particolare delle dorsali oceaniche è la presenza di una curiosa "struttura a blocchi" paralleli suddivisi fra loro da spaccature trasversali rispetto all'asse della dorsale stessa. I margini divergenti sono caratterizzati, nella "litosfera oceanica", da lunghissime dorsali mentre, per quanto riguarda la "litosfera continentale", sono caratterizzati da grandi vallate a forma di spaccatura, come la "Rift-valley" in Africa orientale
COME SI FORMA UN OCEANO Un nuovo oceano si forma, attraverso tre principali fasi successive, in corrispondenza di una zona di risalita dell’astenosfera. Durante la prima fase (rifting) la crosta continentale si assottiglia, viene stirata, spaccata con faglie e nella zona centrale si forma una "fossa tettonica": una depressione in cui dapprima si accumulano solo sedimenti continentali.
Successivamente la fossa si apre tanto da consentire l’ingresso di acqua marina, si forma così un bacino protoceanico (detto di "rift") in cui si instaurano le condizioni di sedimentazione marina .
Infine i magmi basaltici del mantello riescono a fuoriuscire formando un rilievo attivo, la dorsale medio oceanica ("ridge"), e a formare la crosta oceanica. Nel nuovo oceano in espansione i segni delle fasi primordiali, costituiti dalle fratturazioni e dai sedimenti sovrastanti, restano impressi nei "margini passivi" dei due continenti ormai separati. La crosta oceanica, man mano che si allontana dalla dorsale, invecchiando, si raffredda e, a causa della contrazione e del peso dei sedimenti, si abbassa .
- ALCUNI ESEMPI Un esempio di oceano in stadio iniziale è dato dal Mar Rosso dove procedendo da nord verso sud, si può osservare la progressiva apertura del bacino. La formazione di nuova crosta oceanica viene compensata dalla scomparsa di altra crosta in altre parti della Terra. Questo avviene lungo alcuni "margini continentali attivi" attraverso processi di subduzione. La crosta oceanica, più pesante, sprofonda sotto quella continentale lungo una sorta di piano inclinato e fra le due si formano profonde fosse oceaniche (es.: fossa delle Marianne). Quando tutta la crosta oceanica è subdotta, le due croste continentali entrano in collisione formando nuove catene montuose in cui restano incorporati i frammenti dell’antico oceano. Gli esempi più "recenti" sono dati dalle catene delle Alpi e dell’Himalaya.
L’ENERGIA GEOTERMICA L'energia geotermica è la forma d'energia dovuta al calore endogeno della Terra; vulcani, sorgenti termali, soffioni e geysers documentano la presenza di calore immagazzinato nella crosta terrestre e che fluisce verso l'esterno con l'ausilio di fluidi vettori come acqua e vapore. In media il calore terrestre calcolato è pari a 0,06 questa energia termica costituisce il flusso geotermico.
ENERGIA TERMICA L'energia termica è la forma di energia posseduta da qualsiasi corpo che abbia una temperatura superiore allo zero assoluto. Dipende dal moto delle molecole. È una forma d’energia cinetica dovuta al moto delle molecole che compongono un corpo. Più un corpo è caldo più energia possiede. L’energia termica può essere prodotta in grande quantità semplicemente attraverso le combustioni, per mezzo di reazioni nucleari, o anche attraverso il passaggio di corrente elettrica attraverso un filo ad alta resistenza, come avviene nelle stufe elettriche, e in tutti gli elettrodomestici che sviluppano calore (lavatrice, forno elettrico, ecc). Due sono le fonti naturali di calore: il Sole e il sottosuolo.
LE FORZE CHE DEFORMANO LE ROCCE A seconda di come sono orientate le forze che agiscono sulla crosta, le rocce si deformano con effetti diversi. 1- Compressione: le forze “premono” contro un blocco di rocce di direzione opposte; il settore schiacciato e si piega o si rompe. 2- Distensione: due forze “tirano”, il blocco si assottiglia o si rompe, allungandosi. 3- Trascorrenza: su di un blocco di forze agiscono due forze parallele, ma con verso opposto, il blocco si lacera in due parti che scivolano una accanto all’altra. Se la deformazione non causa la rottura della rocce, si parla di pieghe, se le rocce si rompono e i due blocchi che si formano scorrono uno rispetto all’altro, si parla di faglie.
QUANDO LE ROCCE SI PIEGANO Le pieghe sono deformazioni comuni nelle rocce e in genere non si presentano isolate me in gruppi, che formano catene di pieghe. Le pieghe sono riconoscibili perché in esse rimangono visibili gli strati rocciosi. L’ entità del piegamento delle rocce dipende da fattori come il tipo di roccia, l’intensità delle forze in gioco e il tempo durante il quale tali forze sono state attive. A seconda dell’inclinazione dei fianchi, le pieghe possono essere:diritte, inclinate o rovesciate.
QUANDO LE ROCCE SI FRANTUMANO In presenza di una frattura le parti separate possono spostarsi un a rispetto all’altra o restare nella posizione iniziale. Nel primo caso le fratture si chiamano faglie, nel secondo diaclasi. Un piano di faglia, geometricamente caratterizzato da una direzione, un'immersione ed un'inclinazione, separa due blocchi che prendono il nome di tetto e letto in funzione della loro posizione rispetto al piano di faglia. Si definisce rigetto lo spostamento dei blocchi lungo il piano di faglia, misurato in punti omologhi. In geologia una faglia è una frattura della crosta terrestre lungo la quale una porzione di crosta subisce una dislocazione rispetto alla porzione adiacente, in risposta a forze di stiramento o di compressione prodotte da movimenti tettonici in direzione verticale, orizzontale o obliqua.
La frattura può avere una lunghezza di pochi centimetri o di centinaia di chilometri, come la faglia di San Andreas, in California. Se generati da un forte terremoto, i movimenti in corrispondenza delle linee di faglia possono essere improvvisi; di solito, però, sono a lungo termine, lenti e impercettibili, ma nel tempo possono dare luogo a dislocazioni di migliaia di metri. Nel corso di milioni di anni, il movimento orizzontale lungo la faglia di San Andreas, che costituisce il confine tra due delle zolle che compongono la superficie terrestre, ha spostato un'intera sezione della Catena Costiera californiana di parecchi chilometri a nord-ovest rispetto al resto della regione. Le faglie si possono suddividere in tre gruppi : In base alla direzione del movimento che si è verificato, le faglie vengono classificate in verticali, distinte in faglie dirette e faglie inverse, e in orizzontali, dette anche faglie trascorrenti.
Le faglie dirette sono anche dette faglie di distensione, perché si originano quando le masse rocciose vengono sollecitate da sforzi tettonici orizzontali di distensione, che spingono i due labbri in direzioni opposte; perciò, in esse, il tetto si trova più in basso del letto Le faglie inverse sono anche dette faglie di compressione, perché si originano quando le masse rocciose vengono sollecitate da sforzi tettonici orizzontali di compressione; in questo caso, il tetto viene spinto più in alto del letto ; faglie inverse si possono, per esempio, osservare in corrispondenza di zone di subduzione. I piani delle faglie dirette sono generalmente quasi verticali, mentre quelli delle faglie inverse sono poco inclinati (capita anche che essi siano quasi orizzontali e, in tal caso, i due blocchi rocciosi si comportano come due fogli di carta spinti uno sull'altro: si verificano così dei sovrascorrimenti, strutture tipiche dei margini convergenti di placca nelle quali uno dei due scivola sopra l'altro, ricoprendolo).
Le faglie trascorrenti sono generate da un movimento prevalentemente orizzontale e il piano di faglia risulta quasi verticale. Rispetto a un osservatore che si ponga di fronte al piano di faglia, il blocco situato al di là del piano potrà apparire spostato verso destra (faglia trascorrente destra) o verso sinistra (faglia trascorrente sinistra). La più nota faglia trascorrente è la faglia di San Andreas , in California. Il sistema più esteso di faglie trascorrenti è quello che taglia perpendicolarmente le dorsali oceaniche: le faglie che lo costituiscono vengono più propriamente chiamate faglie trasformi. Una faglia è una struttura che si sviluppa durante intervalli di tempo molto lunghi e, a un certo punto, la sua attività cessa: in questo caso viene detta faglia fossile. Tuttavia, essa può rimettersi in movimento e viene chiamata faglia riviviscente.
Quando la faglia rivive, può comportarsi in modi diversi, cioè può manifestarsi, per esempio, come faglia inversa, continuare come faglia diretta e finire come faglia trascorrente. Le faglie intervengono a determinare e condizionare due importanti fenomeni endogeni del nostro pianeta: la sismicità e il vulcanismo. Una fossa tettonica è costituita da due sistemi di faglie distensive disposte a gradinata. Essendo delle naturali depressioni strutturali spesso esse divengono sede di importanti fiumi o laghi. Gli elementi in rilievo che separano una o più fosse tettoniche affiancate vengono definiti pilastri tettonici.
DISTRIBUZIONE DEI VULCANI I vulcani recenti non sono distribuiti a caso sulla superficie terrestre, ma secondo precise fasce geografiche. La maggior parte dei vulcani subaerei (cioè posti su terre emerse) si trova lungo gli archi insulari ai margini dei continenti che fiancheggiano le fosse oceaniche (Ande). Si tratta di vulcani altamente esplosivi. Altri vulcani subaerei si trovano all'interno di zolle sia continentali (Vesuvio, Etna, Africa orientale) sia oceaniche (Hawaii, Canarie).
Il sistema vulcanico più importante è, però, quello formato dagli innumerevoli punti di emissione allineati lungo le dorsali oceaniche, che alimentano un imponente vulcanismo sottomarino, con magmi basaltici: solo raramente tali edifici arrivano ad emergere (Islanda, Azzorre), ma l'attività fissurale è in pratica ininterrotta lungo tutto il sistema di dorsali: La distribuzione geografica dei vulcani coincide in grandissima parte con quella dei terremoti: Ciò è dovuto al fatto che sismicità e vulcanismo sono fenomeni legati alla stessa causa, costituita dai movimenti litosferici provocati dai moti del sottostante mantello.
LA DISTRIBUZIONE DEI TERREMOTI La maggior parte dei terremoti si verifica in tre fasce principali, precisamente lungo le dorsali oceaniche, nelle catene montuose di recente formazione e nella cosiddetta cintura di fuoco circumpacifica. Altre zone sismicamente attive sono le regioni con faglie e fratture dell'Africa orientale e alcune zone marginali alle masse continentali. In generale devono essere considerate pericolose tutte le aree con faglie ancora in movimento.
I terremoti che si verificano lungo le dorsali oceaniche hanno ipocentro superficiale e magnitudo relativamente bassa. Il 20 per cento dei terremoti si verifica lungo la fascia alpidica, che parte dal centro dell’Atlantico, passa per il Mediterraneo e raggiunge l’Himalaya. Qui i terremoti hanno ipocentri superficiali e possono raggiungere magnitudo elevate. Il 70 per cento dei terremoti avviene lungo i margini della placca pacifica dove si registra il maggior numero di eventi sismici disastrosi ed è qui che gli ipocentri raggiungono le maggiori profondità.
Fonti: Wikipedia Immagini da internet