Politiche sociali Lavinia Bifulco
Attivazione Partecipazione al lavoro Partecipazione alle scelte, cittadinanza attiva, voice, empowerment
Welfare-to-work (UK) e workfare USA) Partecipazione al lavoro od obbligo al lavoro? I poveri (le povere) che lavorano
Politiche attive in Italia Italia: politiche incerte e frammentate Dualismo (segmentazione delle tutele, insiders e outsiders), assenza di politiche dedicate e deregolazione
Problemi dell’attivazione Responsabilità individuale- responsabilità collettiva Dal lato dell’offerta- dal lato della domanda Persone e contesti Work first-life first Skills come presupposto- come risultato Mercato del lavoro- integrazione fra politiche Libertà sostantive e voice
Legge 328/2000 Riorganizzazione dei servizi e degli interventi sociali Universalismo selettivo Architettura della regolazione fra centrale regionale e municipale Livelli essenziali Regia locale e programmazione partecipata o negoziale: il piano di zona Terzo settore, il nuovo modello Anche singoli
Dopo riforma…..
Piani sociali di zona Arene aperte, integrate e inclusive della governance delle politiche socio-assistenziali locali. Tre idee-base: l’azione associata fra comuni, che richiede capacità di coordinamento inter-istituzionale; la negoziazione, che valorizza metodi consensuali di presa delle decisioni e la partecipazione dei cittadini e delle organizzazioni di terzo settore; la regia, che sollecita i comuni ad assicurare coerenza e continuità alla costruzione del sistema locale di servizi.
Piani sociali di zona Il piano sociale di zona, normalmente adottato attraverso un accordo di programma dai comuni che rientrano nello stesso ambito territoriale, ha il compito di individuare (Legge 328/2000, art. 19): a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti per la loro realizzazione; b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse, i requisiti di qualità; d) le modalità per l’integrazione tra servizi e tra prestazioni; e) le modalità per il coordinamento dei comuni con altre amministrazioni: f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con le organizzazioni del terzo settore e le comunità locali; g) le forme di concertazione con l’azienda unità sanitaria locale. Il Piano sociale di zona è volto a «favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi» (art. 19). [[
Piani sociali di zona: implementazione ISFOL 2006: in più del 70% dei casi sono impegnate nella fase progettuale vera e propria le organizzazioni di terzo settore strutturate (come le cooperative sociali), seguite dalle organizzazioni del volontariato, dalle associazioni religiose, dalle organizzazioni sindacali, dalle fondazioni, dai patronati, dalle imprese private,dai cittadini singoli (il 20,5% dei casi).
Modello lombardo Modelli regionali Modello lombardo
LEGGE REGIONALE 12 marzo 2008, n. 3 Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e socio-sanitario. Art. 10. Titoli sociali e socio-sanitari 1. I titoli sociali e socio-sanitari, nell'ambito della programmazione regionale e zonale e ad integrazione dei servizi resi dalla rete, sono volti a sostenere la permanenza a domicilio delle persone in condizioni di disagio e a riconoscere l'impegno diretto delle reti familiari o di solidarieta' nell'assistenza continuativa, nonche' ad agevolare l'esercizio della liberta' di scelta dei cittadini nell'acquisizione di prestazioni sociali e socio-sanitarie. 2. I titoli sociali e socio-sanitari sono rispettivamente rilasciati dai comuni singoli o associati e dalle ASL competenti per territorio. 3. La giunta regionale, previa consultazione dei soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lettera a) ed informativa alla competente commissione consiliare, definisce i criteri, le modalita' per la concessione dei titoli sociali e le modalita' di gestione ed erogazione dei titoli socio-sanitari.
LINEE DI INDIRIZZO PER LA PROGRAMMAZIONE SOCIALE A LIVELLO LOCALE ” …. è richiesto: - un’analisi dei bisogni, delle risposte, dei soggetti e dei network attivi sul territorio, effettuata entro un perimetro di conoscenza sovra distrettuale, coincidente conil territorio dell’Azienda sanitaria locale di riferimento; - l’individuazione di obiettivi e azioni condivise con l’Azienda sanitaria locale e con gli ambiti del territorio di riferimento, per la realizzazione dell’integrazione sociosanitaria.
LINEE DI INDIRIZZO PER LA PROGRAMMAZIONE LOCALE Regione Lombardia Principi: persona e famiglia potenziare la domanda, pubblico-privato Strategie: integrazione, imprenditori di rete
Modello lombardo Sussidiarietà (terzo settore e famiglia, l.r. 23/99) Commercializzazione, quasi mercati, nella sanità «Asl terzo pagatore» (l. 31/1997) Centralismo regionale Libertà di scelta Importanza del privato (nel 2007 il 28% totale della spesa sanitaria lombarda è assorbito dalle prestazioni fornite dalle case di cura private)
Modello lombardo: problemi La governance Secondo le ultime rilevazioni Istat [2008] sulle cooperative sociali, in Lombardia si concentra il 19,5% del valore della produzione relativo a tutte le organizzazioni di questo tipo operanti nel territorio nazionale ( euro su ). Meno della metà dei distretti lombardi ha attivato un tavolo di rappresentanza del terzo settore [Irer, 2010]. Pur non mancando casi di co- pro-grammazione fra amministrazione e terzo settore, i Piani sociali di zona sono stati attivati prioritariamente come strumento per ristrutturare e razionalizzare la rete dei servizi, portando così al centro dell’attenzione aspetti che riguardano l’organizzazione economica del sistema di offerta. Come viene sottolineato dallo stesso Irer: «In alcuni ambiti la sussidiarietà è stata intesa come concorrenza fra erogatori paritetici in un mercato regolato» [Irer, 2010: 293].
Modello lombardo: problemi Integrazione sociosanitaria? Il rapporto fra la spesa sanitaria e la spesa sociale è sperequato, più del 68% del bilancio regionale assorbito dalla spesa per i servizi sanitari, contro il 7,37% dei servizi sociali [Colombo, 2008].
Modello lombardo: problemi I vouchers…
LEGGE REGIONALE 12 marzo 2008, n. 3 Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e socio-sanitario. Art. 10. Titoli sociali e socio-sanitari 1. I titoli sociali e socio-sanitari, nell'ambito della programmazione regionale e zonale e ad integrazione dei servizi resi dalla rete, sono volti a sostenere la permanenza a domicilio delle persone in condizioni di disagio e a riconoscere l'impegno diretto delle reti familiari o di solidarieta' nell'assistenza continuativa, nonche' ad agevolare l'esercizio della liberta' di scelta dei cittadini nell'acquisizione di prestazioni sociali e socio-sanitarie. 2. I titoli sociali e socio-sanitari sono rispettivamente rilasciati dai comuni singoli o associati e dalle ASL competenti per territorio. 3. La giunta regionale, previa consultazione dei soggetti di cui all'art. 3, comma 1, lettera a) ed informativa alla competente commissione consiliare, definisce i criteri, le modalita' per la concessione dei titoli sociali e le modalita' di gestione ed erogazione dei titoli socio-sanitari.
Vouchers Titoli di acquisto Interventi di ‘care’ per persone con fragilità (anziani, disabili, ecc.) Concorrenza fra organizzazioni fornitrici di servizi Accreditamento Ruolo regolatore del soggetto pubblico
Vouchers socio-sanitari in Lombardia Assistenza domiciliare persone con problemi di autosufficienza (dal 2002) Obiettivo: alternativa al ricovero in strutture Ruolo delle Aziende Sanitarie Locali: Programmazione, acquisto/accreditamento, controllo Competizione basata su tariffa fissa, le organizzazioni competono per attrarre il consumatore in base alla qualità
Alcuni dati Il valore del voucher socio-sanitario è collegato alla complessità e all'intensità degli interventi di assistenza necessari. Tre livelli di assistenza: 619 euro, 464 euro, 362 euro.
Vouchers in Lombardia La prima sperimentazione viene realizzata fra il 1999 e il 2000 in tre Asl (Milano, Legnano, Monza): assegno di cura per l’assistenza domiciliare di persone anziane con problemi di autosufficienza, finalizzato a evitare il ricovero in strutture residenziali. Nel 2001 in tutte le Asl regionali viene avviata una sperimentazione che prevede l’erogazione di un buono socio-sanitario (l’importo è di 413 euro mensili) per l’assistenza domiciliare, utilizzabile a scelta come assegno o come voucher
Vouchers in Lombardia Nel 2002 due Asl (Monza e Lecco) sperimentano il voucher sociosanitario per l’assistenza domiciliare integrata. Nel 2003 il voucher sociosanitario viene esteso a tutto il territorio lombardo. Il voucher sociosanitario prevede prestazioni domiciliari di tipo medico, riabilitativo e infermieristico per persone in condizioni di fragilità (anziani con problemi di autosufficienza, disabili e minori) che possono accedere senza limiti di età e di reddito. Gli erogatori, pubblici e privati, sono accreditati dalle Asl sulla base di requisiti indicati dalla Regione e remunerati in base a tariffe prefissate.
Vouchers in Lombardia Il modello è quello del cosiddetto Pac: le Asl programmano, acquistano e controllano, esternalizzando invece le loro funzioni di produzione. I voucher sociali riguardano anch’essi prevalentemente l’assistenza domiciliare fornita a persone anziane e/o disabili, in misura ridotta a minori, includendo talvolta anche servizi come il trasporto e i pasti. La durata dell’intervento va dalla mensilità all’annualità
Vouchers in Lombardia Buoni e voucher sono entrambi finalizzati alla domiciliarità e all’obiettivo di evitare l’istituzionalizzazione di persone fragili. I voucher, sia sociali sia sociosanitari, sono basati su un meccanismo essenziale del mercato: la concorrenza tra fornitori (accreditati). I buoni non creano un mercato ma si limitano a «mercificare» l’attività di assistenza normalmente erogata secondo modalità informali, facendola passare dall’ambito non retribuito a quello retribuito. La richiesta del voucher è presentata dal medico di base all’Asl. La valutazione positiva della domanda sfocia in un Piano di assistenza individualizzato (Pai) e nella scelta da parte del fruitore in merito all’erogatore dell’intervento nell’ambito delle organizzazioni accreditate. Nel caso si sia insoddisfatti del servizio ricevuto, è possibile cambiare fornitore anche ogni mese.
Voucher in Lombardia Apprezzamento da parte dei fruitori, in particolare in relazione alla maggiore copertura oraria del servizio di assistenza e alla possibilità di differenziare le prestazioni [Pasquinelli e Ielasi, 2006]. Più limitato è l’apprezzamento manifestato nei confronti della libertà di scelta, da molti considerata come un onere aggiuntivo (ibid.).
Vouchers in Lombardia Problemi Selezione dei casi meno ‘attraenti’ Quale coordinamento degli interventi? Quali risorse per la libertà di scelta? Asimmetria informativa Quale libertà: Libertà negativa, non positiva o sostanziale Exit non voice Individuo isolato, come attore di mercato
Vouchers in Lombardia Limiti insiti nei meccanismi di mercato su cui è imperniato il voucher lombardo: scrematura nei confronti degli interventi meno remunerativi, asimmetria informativa fra fornitori e cittadini/con-sumatori difficoltà che l’esercizio della libertà incontra quando le persone in questione sono in uno stato di bisogno e fragilità. Questi problemi sono più marcati quando la funzione di governo svolta dal soggetto pubblico è debole e manca un ruolo di orientamento e di coordinamento tra fruitori/famiglie ed erogatori.
V ouchers in Lombardia Un’altra questione è la portata concreta della libertà di scelta in situazioni in cui le opzioni dell’offerta sono predefinite e non è possibile entrare nel merito degli interventi per concorrere alla loro definizione, discuterli o cambiarli. Stando alle direttive regionali, fruitori e/o famiglie si limitano a sottoscrivere il progetto di assistenza prestabilito dai servizi, godendo comunque della facoltà di cambiare fornitore. Nei classici termini di Albert Hirschman [1970], la loro libertà implica potere di exit ma non di voice
Vouchers socio-sanitari I criteri di scelta: il caso, la posizione dell’erogatore nella lista o il passa-parola In molti casi non c’è funzione di accompagnamento in ossequio al principio della separazione delle funzioni. In pochi casi gli operatori accompagnano le famiglie e mediano con gli erogatori e gli altri attori della rete. (Giunco 2011)
Vouchers socio-sanitari Il desiderio di autonomia delle famiglie riguarda meno la scelta dell’erogatore e più aspetti quali orari, intensita, durata, professionalita, qualita degli operatori.
Vouchers sociali Dagli intervistati “ emerge un riscontro unanime: quando un anziano si rivolge ai Servizi per richiedere assistenza, la sua priorita non e quella di poter decidere quale cooperativa se ne fara carico bensi quella di ricevere un servizio che funzioni, qualunque sia il fornitore. Se gli viene chiesto d’individuare un erogatore, l’anziano e in difficolta Quanto ai criteri di scelta, …; la maggioranza indica un nome a caso, oppure si basa sul passaparola, sull’ubicazione della cooperativa o sul consiglio dell’Assistente Sociale.... All’Ente pubblico gli anziani e i familiari chiedono per prima cosa interventi in grado di rispondere alle loro esigenze; in parallelo, chiedono anche di essere consigliati, affiancati e, quando occorre, tutelati dagli operatori dei Servizi. Se questo avviene, la possibilita di scegliere viene ritenuta un elemento positivo in linea di principio, ma non cosi importante nei fatti per ottenere un miglior servizio”. Tidoli Marotta 2011
Ruolo regolativo Ruolo regolativo pubblico. Orientamento minimalistico che fissa abbastanza in basso la soglia per la selezione. Si richiede infatti che il rappresentante legale dell’organizzazione non abbia condanne penali, che la missione sociale sia coerente con le specificità del settore, che il personale sia qualificato, che l’idoneità professionale e organizzativa sia accertata dall’Asl. Difficoltà del distretto a funzionare come scala di governo complessivo, in grado di assicurare il coordinamento (Pasquinelli e Ielasi, 2006)
Budget di cura (progetti terapeutico- riabilitativi individualizzati) Friuli, Campania, Sicilia (dalla fine degli anni 90) Riconvertire la spesa Invertire istituzionalizzazione: ridurre e contrastare ricovero Riabilitazione basata su casa, lavoro, socialità Ruolo delle ASL: governano la misura, coordinando i diversi soggetti Soggetti: ASL, Comuni, Terzo settore, famiglia/utente Progetto individualizzato