LETTERATURA E CIBO Di Agnese De Acutis

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LETTERATURA E CIBO Di Agnese De Acutis II°anno-Corso di laurea in Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana

Letteratura e Cibo Ogni uomo ha due caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri esseri viventi, qualcosa che lo rende unico nel suo genere: l’uomo è in grado di parlare e può procurarsi e allo stesso tempo crearsi il cibo. È un punto fondamentale questo, in quanto non è ancora ben noto quale delle due attività si sia sviluppata per prima, ma è certo che si sono specializzate affinché il genere umano potesse sopravvivere. L’uomo ha dovuto imparare a procurarsi il cibo e con il tempo ha trovato il modo di coltivarlo e di selezionarlo ma soprattutto ha scoperto di poterlo modificare. Per fare ciò tuttavia egli ha dovuto anche imparare a riconoscere e a denominare ciò che mangiava,ha dovuto imparare a parlare per comunicare.

Letteratura e cibo Di fatto il cibo e il linguaggio sono strettamente legati tra loro, in quanto sono il frutto di una serie di simboli e significati, talora non molto espliciti o visibili, che l’uomo ha voluto racchiudere in essi in modo tale da creare un particolare codice della sua conoscenza culturale. Basti pensare al valore affettivo e sociale che costituisce il convivio, il banchetto nuziale, le sagre culinarie, i compleanni, le feste religiose e di paese, ma soprattutto gli stessi pasti consumati in famiglia. Tutte queste situazioni sono caricate di un significato che va ben oltre il semplice appagamento della gola, diventano terreno fertile per la comunicazione, la comunione con gli altri, gli scambi di opinioni, e il cibo è il mezzo con cui gli uomini sanno meglio comunicare, il cibo è universale. “Noi siamo quel che mangiamo” come diceva Feuerbach.

Letteratura e cibo Di questo nel corso della storia se ne sono resi conto migliaia di medici, antropologi, filosofi, letterati, scrittori, poeti. Di fatto, proprio per questo scrittori e poeti, mediante analogie e metafore, hanno fatto del cibo un elemento, se non fondamentale o centrale, perlomeno presente in tutte le loro opere, quasi a sottolineare l’importanza nonché il legame che l’uomo ha con il cibo e a sancire un patto invisibile tra l’arte del cibo e l’arte dello scrivere. Così l’acqua diviene il simbolo della purificazione e della vita, il pane è il simbolo della comunione, è il corpo di Gesù Cristo, così come lo è l’ostia, il riso è simbolo di fecondità, il vino è il simbolo del sangue di Cristo, ma anche il simbolo dell’ebbrezza, dell’eccesso e della passione.

Il vino E proprio il vino è un elemento fondamentale nella storia dell’uomo che rappresenta le due dimensioni dell’esistenza: infatti il vino non è solo una bevanda da assumere durante le feste in compagnia, ma è anche una bevanda in grado di tirare fuori dall’uomo la sua natura più brutale. Questo perché il vino è anche l’allegoria del dio Bacco, signore dell’ebbrezza e dell’eccesso. Quindi il vino è il sacro, il vino è il profano. Caravaggio,” Bacco”,1596-1597, Galleria degli Uffizi, Firenze

Il vino nella letteratura Il vino diviene una piccola gioia offerta dalla vita di fronte alla precarietà della vita come si legge nel testo biblico del “ Qohélet” . <<…. E allora, via mangia nella gioia il tuo pane E bevi con cuore lieto il tuo vino, Perché questo è quanto Dio vuole che tu faccia. In ogni tempo siano candide le tue vesti, Né manchi il profumo sul tuo capo. Godi la vita con la donna che ami, Giorno per giorno, durante la vita fugace Che ti è stata data sotto il sole. Questo, infatti, è quanto solo ti spetta Per la vita e per tutta la fatica Che tu sopporti sotto il sole.[…] (La Bibbia, Qohélet, 9,3-10, a cura di G. Ravasi, Milano, S. Paolo , 1996)

Il vino nella letteratura Il vino è il cerimoniere del συμπόσιον (occasione in cui bere insieme): si inizia con un primo sorso (che è il nostro brindisi), dopo averlo mescolato con l’acqua nei κρατήρες , facendo passare una coppa, la κύλιξ, verso destra su cui vi è scritto <<Prendi anche tu la bevanda di Igea>>, e il bevente beve ύγήίας, alla salute di tutti. Nel simposio si fanno libagioni a Zeus Olimpo, agli spiriti degli eroi e a Zeus Salvatore che consistono nel versare a terra parte del vino come gesto rituale accompagnato spesso dal canto collettivo del peana eseguito al suono dell’αύλός. L’esigenza di ritualizzare gli atti e i gesti del simposio ha lo scopo di esorcizzare l’elemento demoniaco presente nel vino che ha il potere di inebriare e alienare l’uomo. Ad officiare il rito vi è il simposiarca, eletto tra i partecipanti, il quale ha il compito di stabilire la giusta miscela di acqua e vino, in rapporto tre a uno.

Il vino nella letteratura Infatti bere il vino puro era considerato un atto di sregolatezza, era usanza dei barbari, dei Traci. Solo in alcune circostanze eccezionali, il simposiarca invitava i commensali a ricorrervi, come fa Alceo di Mitilene in occasione della morte del tiranno Mirsilo. <<νύν χρή μεθύσθην καί τινα πρός βίαν πώνην, επεί δή κατθανε Μύρσιλος>> “Ora bisogna ubriacarsi. Ora bisogna che ognuno a forza beva : Mirsilo è morto. (trad. Francesco Sisti) Alceo di Mitilene, VII secolo, fr. 332Voigt Bartolomeo Manfredi, “Bacco e un bevitore”, 1565, Palazzo Barberini, Roma

Omero e il vino Anche Omero sostiene la capacità del vino di inebriare l’uomo: <<Vino pazzo che suole spingere anche l’uomo molto saggio a intonare una canzone, e ridere di gusto ,e lo manda su a danzare, e lascia sfuggire qualche parola che era meglio tacere.>> Omero, Odissea Il vino è anche lo strumento con cui Ulisse fa ubriacare Polifemo, per vendicarsi dei suoi compagni divorati dal ciclope e per poter scappare così da quell’antro. <<….Allora io standogli accanto dissi al Ciclope, tenendo con le mani una ciotola di nero vino: “Su , bevi il vino , Ciclope, dopo aver mangiato la carne umana, perché tu sappia che bevanda è questa che la nostra nave serbava. Te l’avevo portato in offerta, semmai impietosito mi mandassi a casa. Ma tu sei insopportabilmente furioso. Sciagurato, chi altro dei molti uomini potrebbe venire in futuro da te? Perché non agisci in modo giusto.”

Omero e il vino Dissi così, lui lo prese e lo tracannò : gioì terribilmente a bere la dolce bevanda e me ne chiese ancora dell’altro: “ Dammene ancora, da bravo, e dimmi il tuo nome, ora subito, che ti do un dono ospitale di cui rallegrarti. Certo la terra che dona le biade produce ai Ciclopi vino di ottimi grappoli, e la pioggia di Zeus glielo fa crescere. Ma questo è una goccia di ambrosia e di nettare!”. Disse così ,e io di nuovo gli porsi il vino scuro. Gliene diedi tre volte, tre volte lo tracannò stoltamente. Ma quando il vino raggiunse il Ciclope ai precordi allora gli parlai con dolci parole: “ Ciclope, mi chiedi il nome famoso, ed io ti dirò : tu dammi, come hai promesso, il dono ospitale. Nessuno è il mio nome: Nessuno mi chiamano mia madre e mio padre e tutti gli altri compagni”.

Omero e il vino Dissi così, lui subito mi rispose con cuore spietato: “ Per ultimo io mangierò Nessuno, dopo i compagni, gli altri prima: per te sarà questo il dono ospitale!”. Disse, e arrovesciatosi cadde supino, e poi giacque piegando il grosso collo: il sonno, che tutto doma, lo colse; dalla strozza gli uscì fuori vino e pezzi di carne umana; ruttava ubriaco. E allora io spinsi sotto la gran cenere il palo finché si scaldò: a tutti i compagni feci coraggio, perché nessuno si ritraesse atterrito. E appena il palo d’ulivo stava per avvampare nel fuoco, benché fosse verde-era terribilmente rovente-, allora lo trassi dal fuoco. I compagni stavano intorno: un dio ci ispirò gran coraggio. Essi, afferrato il palo d’ulivo, aguzzo all’estremità, lo ficcarono dentro il suo occhio; io, sollevatomi, lo giravo di sopra, come quando uno fora un legno di nave col trapano, che altri di sotto muovono con una cinghia

Omero e il vino tenendola dalle due parti, e sempre senza sosta, esso avanza; così giravamo nell’occhio il palo infuocato, reggendolo, e intorno alla punta calda il sangue scorreva. Tutte le palpebre e le sopracciglia gli riarse la vampa, quando il bulbo bruciò: le radici gli sfrigolavano al fuoco. Come quando un fabbro immerge una grande scure o un’ascia nell’acqua fredda con acuto stridio per temprarle- ed è questa la forza del ferro-, così sfrigolava il suo occhio attorno al palo d’ulivo. Lanciò un grande urlo pauroso: rimbombò intorno la roccia. Noi atterriti scappammo. Dall’occhio si svelse il palo, sporco di molto sangue. Lo scagliò con le mani lontano da sé, smaniando: poi chiamò a gran voce i Ciclopi, che lì intorno in spelonche abitavano, per le cime ventose.

Omero e il vino Omero,Odissea, canto IX,VII sec.,vv.344-413 Quelli, udendo il suo grido, arrivarono chi di qua chi di là e, fermatisi presso il suo antro, chiedevano cosa lo molestasse: “Perché , Polifemo, sei così afflitto e hai gridato così nella notte divina, e ci fai stare senza sonno? Forse un mortale porta via le tue greggi, e non vuoi? Forse qualcuno ti uccide con l’inganno o la forza?”. Ad essi il forte Polifemo rispose dall’antro: “ Nessuno, amici mi uccide con l’inganno, non con la forza”. Ed essi rispondendo dissero altre parole: “ Se dunque nessuno ti fa violenza e sei solo, non puoi certo evitare il morbo del grande Zeus: allora tu prega tuo padre, Poseidone signore”. Dicevano così, e rise il mio cuore, perché il nome mio e l’astuzia perfetta l’aveva ingannato.>> […] (trad. G.Aurelio Privitera) Omero,Odissea, canto IX,VII sec.,vv.344-413

Il vino nella poesia elegiaca Archiloco di Paro parla del vino proponendolo come unico segno di umanità nella vita di un soldato: <<έν δορί μέν μαζα μεμαγμένη, εν δορί δ ‘ οίνος Ίσμαρικός∙πίνω δ’ έν δορί κεκλιμένος.>> “ Sul legno della nave è impastato il mio pane, sul legno il vino d’ Ismaro; sul legno bevo disteso.” <<αλλ’ άγε σύν κώθωνι θοης διά σέλματα νηός φοίτα καί κοίλων πώματ’άφελκε κάδων, αγρει δ’ οίνον ερυθρόν από τρυγός∙ούδέ γάρ ήμείς νηφέμεν έν φυλακή τήδε δυνησόμεθα.>> “ Forza, con il kothon fra i banchi della nave veloce passa, e togli i coperchi dai kadoi panciuti. Attingi vino rosso fino alla feccia; perché no, noi restare sobri in questa veglia non potremo. (trad. Antonio Aloni) Archiloco di Paro, VII sec, fr.2-4 West, vv.6-9; distico elegiaco

Il vino nella poesia elegiaca Alceo di Mitilene propone il vino anche come“oblio degli affanni”: << Beviamo: a che attendere le fiaccole? Dura un dito il giorno. Porta le grandi coppe, ragazzo, ornate di fregi. Ché di Zeus e di Semele il figlio ai mortali diede il vino oblio di affanni. E tu versa, una misura e due mescendo, su, piene fino all’orlo : e una tazza l’altra incalzi…>> Alceo di Mitilene,VII sec, fr. 346 Voigt; asclepiadei maggiori

Il vino nella poesia elegiaca <<Stava nel cratere l'ambrosia già ben mescolata, Hermes prese la giara e versò: gli dei con un unico gesto levarono le coppe, libarono, augurando ogni bene allo sposo>>. (Saffo,fr. 141; 650 a.C. –590 a.C.)

Il vino nella letteratura Erodoto riferisce una strana usanza dei persiani i quali pare fossero grandi bevitori:<< usavano prendere le loro decisioni dopo essersi ubriacati; ciò che decidevano in queste condizioni era riesaminato il giorno dopo quando erano sobri. Se erano soddisfatti della decisione la eseguivano, altrimenti, d'accordo, la lasciavano perdere. Se invece avevano preso qualche decisione da sobri, si ubriacavano e ci pensavano su !>>. dalle “Storie” Il commediografo ateniese Aristofane afferma nell’opera “ I cavalieri” che: << Bevendo gli uomini migliorano: fanno buoni affari, vincono le cause, sono felici e sostengono gli amici>>

Il vino nella letteratura <<Ragazzo, se versi un vino vecchio riempine i calici del più amaro, come vuole Postumia, la nostra regina ubriaca più di un acino ubriaco. E l'acqua se ne vada dove le pare a rovinare il vino, lontano, fra gli astemi: questo è vino puro>>. (Catullo,Poesie, 84? - 54? a.C.) Frans Hals, “ L’allegro bevitore”

Il vino nella letteratura <<Qui la regina chiese e riempì di vino una coppa pesante di gemme e d'oro, che Belo e tutti i discendenti di Belo usavano; si fece silenzio nella casa: "O Giove -dicono infatti che tu dài diritti agli ospiti -, fa' che questo giorno sia lieto ai Tirii e ai profughi da Troia, e che i nostri nipoti lo ricordino>>. (Virgilio, Eneide, 1, 728 -733; 70 a.C. - 19 a.C.) Diego Rodrìguez Silva Velazquez, ”Il trionfo di Bacco”, 1628-1629, Museo del Prado di Madrid

Il vino nella letteratura Tibullo paragona il vino alle pene d’amore: <<Aggiungi vino, manda via col vino i nuovi affanni, sì che il sonno venga su me stanco e gli occhi miei ricopra. Nessuno mi risvegli mentre sono nel vino immerso e l'infelice amore s'acqueta. La mia donna è sottoposta a rigida custodia: dura spranga chiude la porta solida. Ti possa battere la tempesta, ardere il fulmine di Giove, o porta di un padrone burbero! Apriti, porta, vinta dai lamenti, a me soltanto, e aprendoti furtiva non far rumore il cardine volgendo...>> (Tibullo,1.c.II; 55/50 a.C. - 19/18 a.C.)

Il vino nella letteratura Anche Properzio paragona il vino alle pene d’amore: <<Ora, o Bacco, mi prostro alle tue are, umile: spira tu, placato, o padre, alle mie vele un vento favorevole. Tu puoi frenare della folle Venere la superbia; gli affanni nel tuo vino trovano requie. Tu gli amanti unisci e dividi: da questo male scioglimi, o Bacco. ( Properzio, Liber 3, XVII; 50 a.C. - 16/15 a.C.)

Il vino nella letteratura Secondo un precetto della Scuola Medica (anno 1000), il vino lo devono bere solo gli uomini: << Vina bibant homines, animantia cetera fontes.>> “ Gli uomini bevano i vini, gli altri esseri le acque di fonte.” Il medico bolognese Baldassare Pisanelli nel 1589, scriveva riguardo il vino: <<Che sia di sostanza più sottile che sia possibile, splendido e chiaro, simile alla pietra chiamata Rubino>>.

Il vino nella letteratura <<Poiché non sono verità e certezza in nostro possesso, non si può con speranze dubbiose aspettare tutta la vita. Il palmo della mano non deve lasciare la coppa del vino: In tanta ignoranza dell’uomo che importa essere sobri o ebbri? (Omar Khayyam, Quartine; Persia, 1048 a.C. - 1131 a.C.) Etienne Jeaurat, ”L’amore del vino”, 1714, Museo del Louvre, Parigi

Il vino nella poesia Il poeta francese Charles Baudelaire così si riferisce al vino: <<Beltà, il tuo sguardo, infernale e divino, versa, mischiandoli, beneficio e delitto: per questo ti si può paragonare al vino.>> Ed anche in questo modo: <<L’anima del vino cantava nelle bottiglie: “ Uomo, caro diseredato, io ti lancio, dalla mia prigione di vetro e dalle mie vermiglie chiusure, un canto pieno di luce fraterna! “ >> C. Baudelaire, ”I fiori del male ”, 1857 Cezanne,”Il bevitore”, The Barnes Foundation, Merion, Pennsylvania, USA

Bibliografia Per le immagini: http://www.rivstoricavirt.com/rivstoricavirt_sito/Vino.html http://www.cisternawineexpo.com/vinoeletteratura.htm http://www.unisi.it/ricerca/dip/dba/labcm/viticoltura/mito/index.htm -“Scrittori di Grecia – Età arcaica “, Giuseppe Rosati, Sansoni per la scuola Per le immagini: www.nicolalalli.it/.../49.%20P.%20Cezanne%20’Il%20bevitore’%20.html www.stradadelprimitivo.it/html/arte/d_jeaurat.htm it.wikipedia.org/…/Trionfo_di_Bacco_(Velàzquez) it.wikipedia.org/wiki/Bacco_(Caravaggio) www.vinix.it/myPhoto_detailPhoto.php?ID=5326 Siti visitati tutti il 28/05/2010