Nome: Sara Cognome: Talarico Classe: V A A

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Transcript della presentazione:

Nome: Sara Cognome: Talarico Classe: V A A Nome: Sara Cognome: Talarico Classe: V A A.S: 2011/2012 Scuola : Liceo scientifico Sersale Tema: AIDS

INDICE Che cos’e’? Come si trasmette; Sintomatologia; Manifestazioni cliniche dell’AIDS; Test HIV; E’ possibile guarire? AIDS a che punto è la ricerca dopo 20 anni? Reazioni psicologiche alla diagnosi di Aids; Ma combattere l’AIDS è possibile: come non si trasmette il virus; Epidemiologia; L’Aids in Africa; Giornata mondiale contro l’Aids.

Che cos’è? AIDS (Acquired Immune Deficiency Sindrome) significa "Sindrome da Immunodeficienza Acquisita".Nelle persone malate di AIDS le difese immunitarie normalmente presenti nell'organismo sono state fortemente indebolite a causa di un virus denominato HIV e non sono più in grado di contrastare l'insorgenza di infezioni e malattie - più o meno gravi - causate da altri virus, batteri o funghi (infezioni/malattie opportunistiche). Una persona contagiata viene definita sieropositiva all’HIV. Pur essendo sieropositivi, è possibile vivere per anni senza alcun sintomo e accorgersi del contagio solo al manifestarsi di una malattia opportunistica.

Che cos’è? Il virus dell'immunodeficienza umana (HIV, acronimo dall'inglese Human Immunodeficiency Virus) è il virus responsabile dell’AIDS. L’HIV è suddiviso in due ceppi: HIV-1 e HIV-2. Il primo dei due è prevalentemente localizzato in Europa, America e Africa centrale. HIV-2, invece, si trova per lo più in Africa occidentale e Asia e determina una sindrome clinicamente più moderata rispetto al ceppo precedente. HIV è in grado di infettare produttivamente i seguenti tipi cellulari: linfociti, macrofagi, cellule della microglia e cellule dendritiche. Dopo che il virus è penetrato nella cellula il suo RNA viene trascritto come DNA a opera della trascrittasi inversa e successivamente viene integrato nel genoma della cellula ospite dall'integrasi virale. Una volta che il genoma virale si è integrato in quello dell'ospite può rimanere inattivo dal punto di vista trascrizionale per un periodo di tempo compreso tra mesi e anni.

Come si trasmette… Il virus si trasmette attraverso: sangue infetto (stretto e diretto contatto tra ferite aperte e sanguinanti, scambio di siringhe); rapporti sessuali (vaginali, anali, orogenitali), con persone affette da Hiv, non protette dal preservativo; da madre con Hiv a figlio durante la gravidanza, il parto oppure l’allattamento al seno.

…sangue infetto.. A partire dal 1985 la selezione dei donatori di sangue, mirata all’individuazione di comportamenti a maggior rischio di esposizione al virus responsabile dell’AIDS e lo screening delle unità di sangue, effettuata attraverso la ricerca di anticorpi specifici anti-HIV, con l’uso di metodiche validate e kit appositi, hanno ridotto il rischio di contagio attraverso le terapie emotrasfusionali. Il miglioramento delle metodiche in linea con le conoscenze scientifiche ha di fatto contribuito in breve tempo all’abbattimento del rischio di contagio trasfusionale con HIV. La trasmissione attraverso il sangue rappresenta, invece, la principale modalità di contagio responsabile della diffusione dell’infezione nella popolazione dedita all’uso di droga per via endovenosa. L’infezione avviene a causa della pratica, diffusa tra i tossicodipendenti, di scambio della siringa contenente sangue infetto. Con la stessa modalità è possibile la trasmissione sia dell’HIV che di altri virus tra i quali quelli responsabili dell’epatite B e C, infezioni anch’esse molto diffuse tra i tossicodipendenti.

…rapporti sessuali… La trasmissione sessuale è nel mondo la modalità di trasmissione più diffusa dell’infezione da HIV. I rapporti sessuali, sia eterosessuali che omosessuali, non protetti dal profilattico possono essere causa di trasmissione dell’infezione. Tale trasmissione avviene attraverso il contatto tra liquidi biologici infetti (secrezioni vaginali, liquido pre-eiaculatorio, sperma, sangue) e mucose -anche integre- durante i rapporti sessuali. Ovviamente tutte le pratiche sessuali che favoriscano traumi o lesioni delle mucose possono provocare un aumento del rischio di trasmissione. Per questo motivo i rapporti anali sono a maggior rischio: la mucosa anale è, infatti, più fragile e meno protetta di quella vaginale e quindi il virus può trasmettersi più facilmente. Ulcerazioni e lesioni dei genitali causate da altre patologie possono far aumentare il rischio di contagio. I rapporti sessuali non protetti possono essere causa di trasmissione non solo dell’HIV. Esistono, infatti, oltre 30 malattie sessualmente trasmissibili. Il coito interrotto non protegge dall'HIV, così come l'uso della pillola anticoncezionale, del diaframma e della spirale. Le lavande vaginali, dopo un rapporto sessuale, non eliminano la possibilità di contagio.

Amore..SI, AIDS…NO

…trasmissione verticale e perinatale (da madre a figlio)… La trasmissione da madre sieropositiva al feto o al neonato può avvenire durante la gravidanza, il parto o l’allattamento al seno. Il rischio per una donna sieropositiva di trasmettere l’infezione al feto è di circa il 20%. Oggi è possibile ridurre questo rischio al di sotto del 4% se viene somministrata la terapia antiretrovirale alla madre durante la gravidanza e al neonato per le prime sei settimane di vita. Per stabilire se è avvenuto il contagio il bambino deve essere sottoposto a controlli in strutture specializzate per almeno i primi due anni di vita. Tutti i bambini nascono con gli anticorpi materni. Per cui il test HIV effettuato sul sangue di un bambino nato da una donna sieropositiva risulta sempre positivo. Anche se il bambino non ha contratto l’HIV gli anticorpi materni possono rimanere nel sangue fino al diciottesimo mese di vita, al più tardi entro i due anni. Il bambino viene sottoposto a test supplementari per verificare se è veramente portatore del virus o se ha ricevuto solo gli anticorpi materni.

Sintomatologia I primi sintomi dell'AIDS sono simili a quelli che si sviluppano in soggetti con un normale sistema immunitario. La maggior parte sono infezioni causate da batteri, virus, funghi, parassiti e altri organismi. Negli individui affetti da AIDS sono comuni le infezioni opportunistiche, e aumenta il rischio di sviluppare varie forme di tumore, come il Sarcoma di Kaposi, tumori del cervello e linfomi. Sintomi comuni sono febbre, sudorazione specie notturna, ingrossamento ghiandolare, tremore, debolezza e perdita di peso. Senza il supporto terapeutico la morte sopravviene entro un anno. La maggior parte dei pazienti muore per infezioni opportunistiche dovute al progressivo indebolimento del sistema immunitario. Nel 1990, l'Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) ha raggruppato i diversi tipi di casi definendo una scala per i pazienti affetti da HIV-1. Stadio I: l'infezione da HIV è asintomatica e non categorizzata come AIDS. Stadio II: include minori manifestazioni mucrocutanee e ricorrenti infezioni del tratto respiratorio superiore. Stadio III: include diarrea cronica prolungata per oltre un mese, gravi infezioni batteriche e tubercolosi. Stadio IV: include toxoplasmosi, del cervello, candidosi, di esofago, trachea, bronchi o polmoni e sarcoma di Kaposi; queste patologie sono usate come indicatori dell'AIDS.

Manifestazioni cliniche dell'AIDS Le principali patologie polmonari: Polmonite; Tubercolosi; Parotite; Le principali infezioni del tratto gastro-intestinale: Esofagiti; Diarrea cronica; Le principali patologie neurologiche: Toxoplasmosi; Leucoencefalita multifocale progressiva; AIDS Dementia Complex;

TEST HIV Il test comunemente utilizzato come test HIV è il test "HIV Ab" che rivela la presenza nel sangue di anticorpi "anti-HIV", cioè prodotti dall'organismo per contrastare il virus, i quali sono indicati con la sigla "HIV ab" (dove Ab sta per Antibody, ovvero anticorpo). Poiché il test HIV Ab, spesso, viene eseguito con il metodo ELISA, esso viene comunemente indicato come "test ELISA". Precisamente, quando si parla di test ELISA riferendosi al comune test dell'HIV, ci si riferisce al test che ricerca nel sangue anticorpi diretti contro gli antigeni dell’HIV.

…sequenza dei test e risultato definitivo… Tuttavia questo test non può essere eseguito subito dopo il possibile contagio. Il periodo finestra Infatti, quando il virus HIV dell'AIDS penetra nell'organismo, gli anticorpi anti-HIV non si formano subito: esiste il cosiddetto periodo finestra, periodo durante il quale si è stati contagiati e si può anche contagiare qualcun altro, ma non è ancora avvenuta la sieroconversione, ossia non si è ancora diventati sieropositivi, ossia non si sono ancora formati gli anticorpi specifici anti-HIV. Dunque durante il periodo finestra, il test ELISA risulta negativo (nonostante si sia stati infettati) e, di conseguenza, basandosi solo su di esso per rilevare la sieropositività, chiunque potrebbe essere stato contagiato anche se ciò non viene rilevato. Durata del periodo finestra Il periodo finestra dura mediamente 22 giorni, secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta e secondo la Food and Drug Administration (FDA), con i test ELISA attualmente in uso nella maggior parte dei laboratori. Affinché il risultato del test possa essere considerato definitivo, bisogna tener conto della durata massima possibile; ecco perché il risultato è considerato definitivo dopo 3 mesi dall'evento a rischio. Il test può essere effettuato anche dopo 3 mesi, periodo sufficiente secondo una grandissima parte di infettivologi, tuttavia, riguardo a questo, non c'è unanimità assoluta. Anche l'OMS parla di test definitivo a 3 mesi, tuttavia, consiglia di ripetere solo per precauzione il test anche a 6 mesi se l'esposizione al virus è avvenuta con una persona "certamente" sieropositiva.

E’ POSSIBILE GUARIRE? Al momento non si guarisce dall'HIV o dall'AIDS e non esistono vaccini. L'infezione da HIV porta all'AIDS ed, alla fine, al decesso. Tuttavia nei paesi occidentali la maggior parte dei pazienti sopravvive per molti anni dopo la diagnosi grazie alla disponibilità sul mercato della terapia antiretrovirale a elevata attività (Highly Active Antiretroviral Therapy o HAART). In mancanza della HAART, il passaggio dall'infezione da HIV all'AIDS si verifica in un arco di tempo che va dai 9 ai dieci anni e il tasso medio di sopravvivenza dopo che si sviluppa l'AIDS è di 9.2 mesi. La HAART aumenta notevolmente il tempo che intercorre dalla diagnosi alla morte mentre continua la ricerca volta allo sviluppo di nuovi farmaci e di vaccini.

…terapia antiretrovirale.. La ricerca sui farmaci anti-HIV ha sviluppato con successo farmaci potenti ed efficaci per il controllo della replicazione virale, per ridurre i danni al sistema immunitario e per prevenire o trattare la maggior parte delle infezioni opportunistiche. Le terapie antiretrovirali hanno apportato significativi miglioramenti all’aspettativa e alla qualità di vita dei pazienti affetti da AIDS. Tuttavia, queste medicine non sono in grado di eradicare il virus dall’organismo, e alcune infezioni opportunistiche continuano ad essere molto difficili da curare. Inoltre, bisogna sottolineare che solo una piccola parte delle decine di milioni di persone sieropositive nel mondo ha accesso alla terapia antiretrovirale. La maggior parte degli individui che hanno accesso a queste cure vivono nei Paesi industrializzati.

Aids, a che punto è la ricerca dopo 20 anni ? "Tante strategie, ma si è ancora lontani dalla cura miracolosa“. (http://www3.lastampa.it/scienza/sezioni/news/articolo/lstp/422526/)

REAZIONI PSICOLOGICHE ALLA DIAGNOSI DI AIDS Di fronte alla comunicazione della diagnosi di AIDS,le prime reazioni sono, in genere, di shock emotivo e disorientamento. L’impatto con questa malattia costringe l’individuo a dover affrontare numerose paure (paura del dolore, dell’isolamento sociale, del decadimento fisico e mentale, della morte) e a doversi confrontare con l’incertezza riguardo al futuro. Per far fronte alle ansie e all’angoscia conseguenza di questi sentimenti, è frequente il ricorso a meccanismi di difesa quali la negazione e lo spostamento. Attraverso la negazione risulta possibile allontanare la realtà di una malattia ritenuta intollerabile, perché vissuta come una vera e propria “aggressione”, mentre lo spostamento consente di indirizzare la collera impotente verso le persone vicine, che costituiscono un “bersaglio” più accettabile perché concreto e tangibile. Tutti i meccanismi di difesa messi in atto rappresentano l’estremo tentativo di “prendere tempo” per consentire un migliore adattamento alla malattia.

…conseguenze… Ansia: presente nell’uomo sin dai primordi come meccanismo di difesa,l’ansia è una normale reazione ad uno stato di pericolo, reale o presunto. Nelle persone colpite da una grave malattia nasce come risposta all’insieme delle paure che l’insorgere della malattia ha provocato. Dal punto di vista fisico, le sue manifestazioni più evidenti e significative sono l’insonnia e l’iperattività. Angoscia:L’angoscia è uno stato d’animo spiacevole che deriva dal senso di impotenza simile alla sensazione di non essere in grado di affrontare una situazione. Ai normali meccanismi dell’ansia aggiunge reazioni fisiche quali intensa sudorazione, senso di oppressione e soffocamento.

…conseguenze… Depressione: è uno stato mentale che nasce come reazione ad un insieme di perdite, reali o immaginarie. Nel caso di una malattia come l’AIDS, che ha una forte componente “sociale”, al normale senso di perdita derivante dalla diminuzione delle capacità lavorative e delle prestazioni fisiche, nonché della ridotta prospettiva di vita, si aggiungono le perdite di rapporti sociali e familiari, dovute alla paura di essere rifiutati, in quanto affetti da una malattia contagiosa spesso associata a comportamenti ritenuti “socialmente riprovevoli” come l’omosessualità e la tossicodipendenza. I principali sintomi della depressione sono difficoltà ad alzarsi alla mattina, la mancanza di volontà, l’inappetenza e una generale apatia.

…Rapporto con il corpo… Il corpo è il mezzo attraverso il quale l’uomo si mette in contatto con l’ambiente esterno e stabilisce le relazioni con il mondo. La consapevolezza dell’integrità fisica contribuisce a creare un’immagine di sé positiva e a rafforzare la fiducia nelle proprie capacità sociali. L’AIDS è un male che può deformare il corpo, e per questo motivo indebolisce nella persona il senso dell’immagine di sé. Il sentimento di identità (“ciò che io so di essere”) viene talvolta compromesso a causa delle limitazioni imposte dalla crescente disabilità fisica, dal venir meno delle energie e della vitalità. Durante il decorso della malattia il corpo dimagrisce, e non è più oggetto di desiderio, anzi, il malato teme di essere rifiutato per il suo aspetto. La persona, che si vede e si sente malata, spesso è costretta a dipendere dagli altri anche per compiere le funzioni più elementari, e vive l’esperienza di un corpo estraneo, con diminuite capacità di esercitare un controllo sulla realtà esterna. Anche l’immagine mentale che possediamo del nostro corpo è compromessa: costretto a reimparare azioni note, come se non ci fosse nemmeno più la “memoria” delle proprie capacità fisiche, il paziente scopre che il corpo non offre più tutte le garanzie di continuità per il futuro e questo fa si che il pensiero della morte diventi una eventualità reale e possibile.

L’ospedalizzazione Per un ammalato di AIDS, l’ospedalizzazione è un evento molto stressante, perché mette in evidenza l’evoluzione della malattia e costringe a prendere atto del peggioramento della situazione. Questo fatto provoca la riattivazione dei meccanismi di difesa e la presenza di intensi sentimenti di paura e di manifestazioni di tipo ansioso depressivo. La rottura, sia pure temporanea, dei legami con la famiglia e con il contesto sociale può essere molto gravosa, così come il dover comunicare agli altri la propria malattia per giustificare la degenza in un reparto di infettivologia. Vivere all’interno di una struttura ospedaliera può essere fonte di estremo disagio per il paziente, a causa del senso di estraneità che egli prova. Un migliore adattamento alla vita ospedaliera può essere favorito se al paziente vengono date le necessarie spiegazioni e su quanto gli accadrà e se gli viene spiegato il ruolo delle diverse persone che compongono l’équipe sanitaria e ai quali potersi rivolgere per le proprie necessità.

Supporto e aiuto Per chiunque sia entrato in contatto con l’universo AIDS, numerose sono le possibilità di trovare aiuto e supporto psicologico, tra queste citiamo le più importanti: Gruppi di auto-aiuto: sono costituiti da un certo numero di persone che decidono di confrontarsi, con se stessi e con gli altri, sulla base di una condizione comune (es. Ia sieropositività). Ci si riunisce per parlare del problema e affrontare la situazione sotto tutti i punti di vista, scambiandosi esperienze e condividendo emozioni e paure. Gruppi di supporto psicoterapeutico: sono gruppi condotti da uno psicoterapeuta, che ha un modello teorico di riferimento (cioè segue una teoria derivante dai propri studi) e lo applica sul gruppo che conduce. Rispetto al gruppo di auto aiuto produce cambiamenti più profondi nella personalità dei partecipanti.

Ma…combattere l’AIDS è POSSIBILE…

Come NON si trasmette il virus Il virus non si trasmette attraverso: strette di mano, abbracci, vestiti baci, saliva, morsi, graffi, tosse, lacrime, sudore, muco, urina e feci bicchieri, posate, piatti, asciugamani e lenzuola punture di insetti. Il virus non si trasmette frequentando: palestre, piscine, docce, saune e gabinetti scuole, asilo e luoghi di lavoro ristoranti, bar, cinema e locali pubblici mezzi di trasporto. Il virus non si trasmette attraverso una giusta PREVENZIONE.

1- Prevenzione dalla trasmissione dell'HIV tramite il sangue e derivati L’uso di siringhe in comune con altre persone sieropositive costituisce un rischio di contagio pertanto è necessario utilizzare siringhe sterili. Sarebbe opportuno sottoporsi ad agopuntura, mesoterapia, tatuaggi e piercing utilizzando aghi monouso e sterili. Le trasfusioni, i trapianti di organo e le inseminazioni, nei Paesi europei, sono sottoposti a screening e ad accurati controlli per escludere la presenza dell'HIV.

2-Prevenzione dalla trasmissione dell’HIV da madre a figlio La trasmissione del virus da madre a figlio può accadere in utero durante le ultime settimane di gestazione e alla nascita. Anche l'allattamento al seno presenta un rischio di infezione per il bambino. In assenza di trattamento, il tasso di trasmissione tra madre e figlio è del 25%. Tuttavia, dove un trattamento viene effettuato, combinandolo con la possibilità di un parto cesareo, il rischio è stato ridotto all'1%.

3- Prevenzione della trasmissione sessuale dell'HIV Durante rapporti sessuali il solo preservativo, che può essere maschile o femminile, può ridurre le possibilità di contrarre l'HIV. Deve però essere utilizzato durante tutto il rapporto di penetrazione in caso di partner sieropositivo o la cui sieropositività non è conosciuta, come può avvenire per rapporti occasionali. Adottare questi metodo di prevenzione ha causato però in alcune regioni controversie e difficoltà. Alcuni associano queste difficoltà come conseguenza della forte influenza di indicazione religiose che sconsigliano o condannano l'utilizzo dei preservativi.

Epidemiologia Si pensa che la sindrome abbia avuto origine nell'Africa subsahariana per mutazione di un retrovirus animale, forse della scimmia, che nel XX secolo fu trasmesso alla popolazione umana provocando poi una epidemia globale. Il primo caso documentato di AIDS risale al 1959, quando la presenza del virus dell'HIV fu riscontrata in un campione di sangue proveniente da Kinshasa, città della Repubblica democratica del Congo]. La UNAIDS e il WHO hanno stimato che ci siano stati 25 milioni di morti dalla scoperta della sindrome, il che ne ha fatto una delle più terribili epidemie della storia. Solo nel 2005 sono stati stimati circa 3,1 milioni di morti di cui 570.000 bambini. Globalmente, si stima che le persone affette dall'HIV siano 33 milioni circa (fonte UNAIDS, 2007). Solo nel 2005, tra i 4,3 e i 6,6 milioni di persone sono stati infettate e tra i 2,8 e i 3,6 milioni di persone sono decedute per l'AIDS. Il valore più alto dal 1981.

L’AIDS…in AFRICA L'Africa è il continente più colpito dal virus, ma non per questo si può parlare di una singola epidemia africana. Nonostante solamente il 12% della popolazione mondiale viva in Africa, si stima che ben il 60% delle persone malate di AIDS viva nel continente.

…Aids in Africa… In generale nei paesi in via di sviluppo, in particolare nei paesi africani, le persone affette da HIV vivono la povertà con conseguenze più gravi. L’AIDS toglie possibilità di reddito e capacità produttiva alle famiglie colpite allo stesso tempo genera un bisogno disperato di assistenza, con conseguente aggravio dei costi medici e sociali (anche le spese per il funerale possono essere un problema!). I bambini orfani sono privati, a causa dell’aids, della propria infanzia, e devono occuparsi della cura degli anziani, e a volte sono essi stessi costretti ad assumere prematuramente il ruolo di capofamiglia e badare ai fratelli più piccoli; quella della mancanza di insegnanti, decimati dalla malattia, che ha messo a rischio l'intero sistema scolastico e il diritto all'istruzione; quella del divario di genere che rende le donne più vulnerabili all'infezione.

…Aids in Africa… In un articolo intitolato "Death Strikes A Continent" (La Morte Colpisce Un Continente), Johanna McGeary descrive la serietà del problemain Africa. McGeary spiega che i membri più giovani e forti della società sono i più colpiti dal virus: “Gli adulti muoiono lasciandosi dietro bambini e anziani. Non è possibile definire dei 'gruppi a rischio' perché chiunque sia sessualmente attivo diventa automaticamente a rischio. Anche bambini piccoli vengono infettati dalle loro madri senza che esse lo sappiano. È’ difficile trovare anche solo una famiglia che non sia stata danneggiata dal virus. Molte persone non sanno come o quando hanno contratto il virus, molti non sanno di essere infetti, e molti che sanno non lo rivelano a nessuno e muoiono mentendo. Ci sono molti elementi nelle culture africane che scoraggiano la profilassi: Anche quando una donna vuole proteggersi, solitamente non le è permesso: non è raro vedere uomini picchiare donne che rifiutano il sesso o che richiedono di usare un preservativo". (Time Magazine, Johanna McGeary 2001).

Fattori culturali… che favoriscono la diffusione dell’AIDS I fattori che contribuiscono alla diffusione del virus dell'HIV sono molti. Come prima cosa, l'ammissione di usare preservativi e di essere stati infettati,porta con sè una stigma sociale-culturale. Inoltre, molti rifiutano il fatto che il virus dell'HIV sia la causa dell'AIDS: Thabo Mbeki e Robert Mugabe hanno entrambi suggerito che l'AIDS venga contratto attraverso povertà e malnutrizione. Se questo non fosse sufficiente, sono nate numerose leggende metropolitane riguardanti l'uso di preservativi, per esempio alcuni pensano che questo metodo contraccettivo sia stato prodotto allo scopo di limitare la crescita delle popolazioni africane e che l'uso dei preservativi privi l'uomo della sua tradizionale virilità nel contesto della sua comunità.

Fattori religiosi… « La Santa Sede non appoggia in alcun modo la contraccezione o l'uso dei profilattici, sia come sistema di pianificazione familiare sia nei programmi per la prevenzione dell'HIV/AIDS. » (Mary Ann Glendon, capo della delegazione vaticana alla Fourth World Conference on Women). «Non si può superare questo problema dell’AIDS solo con soldi pur necessari, ma se non c’è l’anima, se gli africani non aiutano [impegnando la responsabilità personale], non si può superarlo con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema». La soluzione è in un «rinnovo spirituale e umano». (Papa Benedetto XVI).

Moralità e AIDS… La Chiesa intende l’atto sessuale all’interno di una visione morale che promuove tra i partner reciproci rispetto e donazione di sé, e che offre un orientamento «per ricevere come dono la sessualità con la quale ognuno è stato creato, per comprenderla nel modo giusto, sia personalmente sia socialmente, riconoscendo la responsabilità che accompagna il proprio potenziale sessuale e per integrare olisticamente questa sessualità a ogni stadio della vita». In questa ottica, compiere qualcosa di non rispettoso della propria dignità e di quella altrui sarebbe forse più sicuro con un profilattico, ma la sicurezza non rende l’atto più corretto. Si può facilmente capire come la Chiesa non possa e non voglia incoraggiare qualcosa di «più sicuro» dal punto di vista della prevenzione, ma che allo stesso tempo non sia costruttivo per la persona nel suo insieme. L’affermazione «Non commettere adulterio, ma se lo fai, usa il profilattico» sarebbe del tutto incoerente ed equivarrebbe a dire: «La Chiesa non ha fiducia nella tua capacità di vivere una vita buona». Si esprimono così i vescovi del Kenya: «Se anche l’HIV non rendesse i rapporti prematrimoniali, la fornicazione, l’adulterio, gli abusi sui minori e gli stupri così terribilmente pericolosi, essi sarebbero comunque sbagliati, come lo sono sempre stati. [...] La Chiesa non insegna una morale sessuale diversa, a seconda di dove l’AIDS. costituisce o meno un pericolo. Ma è un insegnamento che per il mondo, e per i media non è facile da comprendere, tanto meno da accettare».

…E aiuto… Il Vaticano stima che oggi nel mondo la Chiesa cattolica fornisca più del 25% di tutte le cure offerte alle persone sieropositive o malate di AIDS. Questa percentuale è ovviamente più elevata in Africa, dove nelle aree più isolate raggiunge quasi il 100%. Una burundese sieropositiva in cura con farmaci antiretrovirali spiega il servizio della Chiesa in questi termini: «Quando ci rechiamo in altre strutture, siamo considerati solo come numeri, diventiamo casi sanitari da trattare. Siamo problemi, perdiamo il nostro valore e la nostra dignità. Ma quando ci rivolgiamo al programma della Chiesa, questo non si verifica mai, perché lì l’approccio ai nostri problemi è completo: spirituale, medico, mentale, sociale, economico». Sullo sfondo di questo impegno concreto significativo, efficace e realistico della Chiesa, il Santo Padre solleva, con la sua risposta, due questioni cruciali: «Direi che non si può superare questo problema dell’AIDS solo con soldi, pur necessari. Se non c’è l’anima, se gli africani non aiutano (impegnando la responsabilità personale) non si può eliminare questo flagello con la distribuzione di preservativi: al contrario, essi aumentano il problema».

Ma il profilattico rimane l’unico rimedio Secondo gli esperti di prevenzione, un profilattico, se correttamente usato, può ridurre il rischio di infezione da HIV durante un rapporto sessuale, e i soggetti che lo utilizzano costantemente e in modo appropriato hanno minori probabilità di trasmettere o contrarre il virus. In Europa e in America settentrionale, dove i profilattici sono culturalmente accettati da molti, la gente si chiede incredula perché mai la Chiesa si opponga al loro utilizzo. Ci sono però due diversi aspetti da considerare in proposito: la natura morale delle azioni individuali e l’efficacia di una strategia indirizzata a intere popolazioni. Senza ricorrere a termini tecnici, il Santo Padre rileva innanzitutto un contrasto cruciale tra due approcci, quello della Chiesa, che considera la persona nel suo insieme (come indicano i termini «anima» e «responsabilità personale») e quello che investe risorse (rappresentate dalla parola «soldi») mirando esclusivamente a una soluzione «tecnica» dei problemi, tipico delle strategie dei Governi e delle organizzazioni internazionali.

Giornata mondiale contro l’AIDS La Giornata mondiale contro l'AIDS, indetta ogni anno il 1º dicembre, è dedicata ad accrescere la coscienza dell’epidemia mondiale di AIDS. Dal 1981 l'AIDS ha ucciso oltre 25 milioni di persone, diventando una delle epidemie più distruttive che la storia ricordi. Per quanto in tempi recenti l'accesso alle terapie e ai farmaci antiretrovirali sia migliorato in molte regioni del mondo, l'epidemia di AIDS continua a mietere vittime. L'idea di una Giornata mondiale contro l'AIDS ha avuto origine al Summit mondiale dei ministri della sanità sui programmi per la prevenzione dell'AIDS del 1988 ed è stata in seguito adottata da governi, organizzazioni internazionali ed associazioni di tutto il mondo, lequale, hanno scelto di volta in volta un "tema" per la Giornata.

Fine Fonti: Sitografia varia; Wikipedia; Ministero della salute; L’ANLAIDS, Associazione Nazionale per la Lotta contro l’AIDS, Michael Czerny SJ* :la chiesa di fronte all’Aids in Africa; Red campaign: fighting Aids in Africa.