Docente: prof. Cecilia Chiumenti

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Transcript della presentazione:

Docente: prof. Cecilia Chiumenti Università della Terza Età e del Tempo Disponibile – S. Martino Buon Albergo Docente: prof. Cecilia Chiumenti Una storia di amore e di tenebra (tit.originale: Sipur al Abava ve al Hoshekh , 2002) di Amos Oz, traduzione di Elena Loewenthal, ed. Feltrinelli, 2005

BIOGRAFIA Amos Oz è nato a Gerusalemme il 4 maggio 1939 BIOGRAFIA Amos Oz è nato a Gerusalemme il 4 maggio 1939. E’ uno dei più grandi scrittori di Israele. Le sue opere sono state tradotte in 28 lingue e hanno ottenuto moltissimi premi internazionali. Il suo vero cognome è Klausner, che egli cambiò quando giovanissimo lasciò la sua famiglia e Gerusalemme per andare a vivere in un kibbutz. Oggi vive ad Arad con la sua famiglia (moglie e tre figli). Oltre a essere autore di romanzi e saggi, Oz è anche giornalista e docente di Letteratura all’Università Ben Gurion a Be’er Sheva nel deserto del Negev. Nel 1998 ha ricevuto il premio più prestigioso del suo Paese, il Premio Israele per la letteratura. Nel 2005 ha ricevuto dalla città di Francoforte il Premio Goethe alla carriera, un premio assegnato in passato anche a Sigmund Freud e Thomas Mann. Nel 2010 è stato premiato al Salone del libro di Torino ed è stato ospite a Mantova, al Festivaletteratura, durante il quale gli è stata dedicata una retrospettiva.

Tra le sue opere pubblicate in Italia: Conoscere una donna, Guanda 1992 Fima, Bompiani, 1997 Michael mio, Bompiani, Univers. Ec. Feltrinelli, 2001 Soumchi, Mondadori, 1997 Una pantera in cantina, Bompiani, 1999 In terra d’Israele, Marietti, 1992 Lo stesso mare, Feltrinelli, 2000 La scatola nera, Feltrinelli 2002 Una storia di amore e di tenebra, Feltrinelli 2003 Contro il fanatismo, 2004, Feltrinelli Non dire notte, Feltrinelli 2008 Una pace perfetta, Feltrinelli, 2009 Scene dalla vita di un villaggio, Feltrinelli, 2010

Tre temi formano un unico leit motiv presente in tutte le opere di Oz Tre temi formano un unico leit motiv presente in tutte le opere di Oz. La storia d‘Israele, l’amore, la vita all’interno dei villaggi e dei kibbutz diventano metafore di una storia umana universale in cui non è difficile rispecchiarsi. “Io non sono né un ideologo né un sociologo. Sono solo un raccontastorie. Racconto partendo dai dettagli, dalle piccole cose della vita, perché la vita è fatta di piccole cose. Anche innamorarsi, un grande evento nella vita di ciascuno di noi, è un processo fatto di attimi, di momenti”. Vicino agli ambienti della sinistra israeliana, Oz non è affatto contrariato all’idea che il processo di pace venga concluso da un governo di destra, purché venga portato a termine. “I fanatici di entrambe le parti fanno più clamore dei moderati ma io credo nel compromesso-ha aggiunto- Il compromesso è vita. Dove non c’è compromesso non c’è idealismo o integrità ma fanatismo e morte”.

Una storia di amore e di tenebra Questo è un romanzo, ma è anche e soprattutto un’autobiografia, la storia dell’autore, di Amos Klausner, divenuto poi Amos Oz; è anche la storia della nascita di Israele, della prima guerra contro gli Arabi, quella del 1948, poco dopo la nascita ufficiale dello Stato di Israele (il 14 maggio 1948). La storia si dipana tra continui salti avanti e indietro, tra passato remoto e passato prossimo e presente, riflessioni sulla scrittura, aneddoti e rivelazioni sulle tecniche di scrittore, di narratore, di lettore onnivoro . L’autore racconta le sue origini tra Odessa (città di origine della madre Fania Mussman) e Vilnius, (città di origine della famiglia del padre Yehuda Arieh Klausner) capitali della Diaspora askenazita. Descrive i nonni paterni Alexander e Shlomit così come quelli materni, e il grande entusiasmo e idealismo che spinsero nei primi anni Trenta queste famiglie verso la Terra d’Israele, allora dominata dal Mandato britannico. "È la storia di un amore deluso, frustrato. I miei genitori, cosi come i miei nonni erano europei. Così si definivano. Erano fedeli all'Europa. Sfortunatamente a quei tempi nessuno definiva se stesso europeo. C'erano i patrioti italiani, o quelli ungheresi, il patriota pangermanico o panslavico. Gli unici europei in Europa, 75 anni fa, erano gli ebrei, come la mia famiglia."

Ma talvolta realizzare i propri sogni è peggio di non realizzarli per niente: così accade a Fania e Arieh, quello che trovano in Israele è solo squallore, delusione, una dimensione molto più prosaica e ristretta di quanto il Sionismo all’epoca prometteva ai giovani ebrei, spingendoli a migrare verso un Oriente sconosciuto e sentito come estraneo alla loro cultura (impregnata di letture quali Tolstoi, Turgenev, Dostoevskij, Kafka, Thomas Mann ecc.) Ma il centro del libro, il filo rosso è il drammatico suicidio della madre di Oz nel ´52, quando Amos non ha ancora compiuto 13 anni; il dramma viene ripetutamente annunciato fin dall´inizio e si conclude solo nell´ultima pagina, ("di mia madre non ho parlato quasi mai, per tutta la mia vita fino a ora, che scrivo queste pagine. Né con mio padre né con mia moglie né con i miei figli né con nessun altro. )

Alcune pagine: la casa, la famiglia, i nonni paterni, lo zio Yosef, il padre, la madre; la nascita di Israele e la guerra del 1948 1) incipit p.7-8 Sono nato e cresciuto in un minuscolo appartamento … dentro una latta di olive arrugginita; pag. 31 Solo di libri, da noi, c’era abbondanza 2) la nonna Shlomit pag. 47 – 48 - 130 3) il nonno Alexander pag. 146-147- 149 – 151 - 152 4) lo zio Yosef pag. 83 – 84 - 85 – 86 – le origini del grande zio immigrato nel 1919 in Israele e poi divenuto un’ombra ingombrante per il padre di Oz 5) il padre p. 177 - 166-167 p. 548-9 - 555 6)la madre p.235 Nel 1934 dopo i genitori … anche Fania p. 236 Che cosa sperava di trovare qui mia madre? 239-240 Che bel sogno; la reazione del figlio (Amos) al suicidio: pag. 262- 263 (collera e offesa) ultime pagine (suicidio di Fania): pagg. 620 - 626-627 A mezzogiorno… e ancora prova ogni tanto 7) la votazione dell’ONU del 29 novembre 1947 pag.427-8 la guerra del 1948 e l’assedio di Gerusalemme pag. 404- 406 -

Lo stile narrativo la narrazione è in prima persona, autore e narratore coincidono quasi sempre (è Amos a raccontare della sua famiglia, di sé), ad eccezione di alcuni capitoli (dal 21 in poi) in cui l’io-narrante è la zia Sonia, sorella di Fania, che parla della famiglia Mussman, di Rovno, dell’adolescenza e della formazione di Fania pag. 301 – una scrittura priva di punteggiatura: un ricordo che morde ancora la carne/il pensiero (la mancanza di punteggiature rende l’idea dell’assillo del ricordo? L’impossibilità di avere una pausa?) i gatti: lo sguardo ironico si alterna alla voce dolorosa del ricordo vedi i felini della Maestraisabela pag. 341 Maestraisabela era anche pastore di gatti: pag. 495 come lo scrittore inventa i suoi personaggi: Ancora oggi pesco così. Soprattutto sconosciuti. E soprattutto in luoghi pubblici, affollati……in coda pag.576 Sherwood Anderson fu lui a tirarmi fuori da questo circolo vizioso. Lui a “liberare in me l’ispirazione” (lo squallore che assediava la vita dei miei genitori)