GASCROMATOGRAFIA INTRODUZIONE

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Transcript della presentazione:

GASCROMATOGRAFIA INTRODUZIONE La Gascromatografia è una tecnica analitica utile per separare componenti o soluti di una miscela, sulla base delle quantità relative di ogni soluto, distribuite fra un carrier gas ed una fase stazionaria contigua. La fase stazionaria può essere composta da un liquido o un solido. I movimenti cinetici delle molecole fanno si che vi sia un continuo scambio di molecole di soluto fra le due fasi. Se un particolare soluto, si distribuisce prevalentemente nella fase gassosa, le molecole passeranno la maggior parte del loro tempo nel carrier e saranno trasportate lontano dagli altri soluti che invece sono maggiormente trattenuti dalla fase stazionaria.

Per una data specie, il rapporto fra il tempo speso nella fase mobile e quello speso nella fase stazionaria, è uguale al rapporto delle concentrazioni in queste fasi, conosciuto come coefficiente di ripartizione. Le forze che permettono la migrazione del soluto sono dovute al movimento del gas di trasporto, mentre le forze che tendono a trattenere il soluto sono date dall’affinità per la fase stazionaria. La combinazione di queste forze produce la separazione. I detector gascromatografici, rilevano i vapori di soluto appena essi emergono dalla colonna e interagiscono con esso. Il detector converte questa interazione in segnale elettrico che viene inviato ad un elaboratore (registratore, computer).

L’area o l’altezza di questo segnale viene riportata su un grafico contro il tempo d’analisi (a partire dal momento in cui il campione è stato iniettato), e viene generato un cromatogramma. Alcuni detector sono sensibili a qualunque tipo di soluto che eluisce dalla colonna, mentre altri rispondono solo a soluti con strutture specifiche, particolari gruppi funzionali o particolari atomi. I componenti basilari di un gascromatografo sono: il gas di trasporto (carrier), l’iniettore, la camera termostatata (forno o oven), la colonna, il rivelatore (detector) ed il registratore.

Rappresentazione schematica di un sistema gascromatografico.

CARRIER GAS Il gas di trasporto deve essere chimicamente inerte. I gas più comunemente usati sono l’Elio, l’Argon, l’Azoto e l’Idrogeno. La scelta del carrier spesso può dipendere dal tipo di detector che si deve usare. INIETTORE Il più comune metodo di introduzione del campione è quello che prevede l’utilizzo di una microsiringa che, dopo aver forato un setto di gomma, introduce il campione in una camera di vaporizzazione (calda) posta in testa alla colonna.

La temperatura dell’iniettore è in genere 50°C più alta rispetto alla temperatura di ebollizione del componente meno volatile presente nella miscela da analizzare. Per ottenere la migliore efficienza della colonna, bisogna iniettare piccole quantità di campione. Nelle colonne attualmente utilizzate vengono iniettati massimo 2 μL. Grandi quantità di campione, iniettate lentamente, producono scodamenti dei picchi cromatografici e perdita di risoluzione.

COLONNE CROMATOGRAFICHE I moderni gascromatografi utilizzano colonne capillari. Sono formate da lunghi tubicini (capillari) di silice fusa con diametro interno di pochi decimi di millimetro. Nelle colonne capillari, la fase stazionaria è generalmente supportata dalle pareti interne del tubicino capillare; lo spessore del film liquido è generalmente compreso tra 0.1 μm e 1 μm. La fase stazionaria liquida deve avere particolari caratteristiche: bassa volatilità, stabilità termica, inerzia chimica e capacità di interagire con i soluti per dare una buona separazione.

Diversi tipi di colonne capillari

OVEN Per poter ottenere risultati precisi e ripetibili, la temperatura del forno deve poter essere controllata con la precisione del decimo di grado. Per una determinata analisi la temperatura ottimale della colonna dipende dal punto di ebollizione del campione. Se abbiamo una miscela di composti aventi punti di ebollizione molto differenti tra loro, allora dobbiamo usare una programmata termica. La temperatura della colonna verrà aumentata continuamente o per steps man mano che la separazione procede.

DETECTORS Ci sono molti detector che possono essere usati in gascromatografia. Detector differenti avranno diversa selettività. Detector non selettivi rispondono a tutti i composti organici, i detector selettivi rispondono a categorie di composti aventi proprietà chimico-fisiche simili. Le caratteristiche principali per valutare la risposta di un detector sono: sensibilità, selettività e range dinamico. Nella pratica sono utili anche la stabilità e la ripetibilità.

Detector ad ionizzazione di fiamma (FID)

Detector Azoto-Fosforo (NPD)

Trasformazione ed acquisizione dati

CROMATOGRAMMA Il cromatogramma è la rappresentazione bidimensionale, in funzione del tempo, della quantità di sostanza che eluisce dalla colonna. Il tempo intercorso tra l’inizio dell’esperimento e la rivelazione di una sostanza, viene definito tempo di ritenzione.

Il tempo di ritenzione è perciò il tempo che ogni soluto passa all’interno della colonna. Esso è la somma del tempo speso dal soluto all’interno della fase stazionaria e di quello passato nella fase mobile. Il tempo di ritenzione di una sostanza non trattenuta dalla fase stazionaria viene definito tempo morto. La ritenzione di un composto può essere rappresentata anche dal fattore di ritenzione k definito dall’equazione k = (tR-tM)/tM = t’R/tM

Siccome tutte le sostanze passano lo stesso tempo nella fase mobile, il fattore di ritenzione è una misura della ritenzione nella fase stazionaria. Se un soluto possiede un fattore di ritenzione k = 6, esso sarà ritenuto il doppio del tempo rispetto ad uno con k = 3. Il fattore di separazione (selettività) rappresenta la distanza fra i massimi di due picchi (adiacenti). Viene rappresentato dall’equazione  = k2/k1 dove k1 e k2 sono i fattori di ritenzione dei picchi 1 e 2.

L’efficienza di una colonna cromatografica viene determinata per mezzo del numero dei piatti teorici (N). Una colonna con N grande è più efficiente di una con un numero di piatti teorici più basso. I piatti teorici sono una misura indiretta della larghezza di un determinato picco ad uno specifico tempo di ritenzione. Per poter paragonare colonne differenti è più utile utilizzare il numero di piatti teorici per metro (N/m).

Un altro modo di esprimere l’efficienza di una colonna è quello di calcolare l’altezza equivalente del piatto teorico. H = L / N Dove L è la lunghezza della colonna ed N il numero di piatti teorici. Risoluzione Tanto maggiore è la risoluzione, tanto minore sarà la sovrapposizione tra due picchi adiacenti. Infatti la separazione altro non è che la distanza tra i massimi di due picchi. Essa dipende anche dalla larghezza dei picchi.

Due picchi sono separati alla linea di base quando R  1 Due picchi sono separati alla linea di base quando R  1.5; valori di R < 1.5 indicano che vi è coeluizione tra I picchi.