Metalli in medicina ovvero Chimica farmaceutica inorganica

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Metalli in medicina ovvero Chimica farmaceutica inorganica

La chimica farmaceutica inorganica si occupa dell’introduzione di ioni metallici in un sistema biologico, sia che il metallo venga introdotto in maniera fortuita che in maniera intenzionale In maniera fortuita In maniera intenzionale Avvelenamento da metalli A scopo terapeutico A scopo diagnostico Alterazione del metabolismo di metalli essenziali in seguito a malattie (ad es. neurodegenerative)

Tossicità da metalli I metalli tossici possono essere metalli pesanti o elementi non essenziali…

…ma anche un sovraccarico di metalli essenziali può provocare effetti tossici

Un accumulo di ioni metallici può essere implicato anche nello sviluppo e nella patologia di malattie neurodegenerative e genetiche Malattia Ione/i implicato/i Alzheimer Rame, zinco, ferro Parkinson Ferro Atassia di Friedreich Wilson Rame Sovraccarico di ferro dovuto a trasfusioni Sclerosi laterale amiotrofica Ioni redox-attivi Encefalopatia spongiforme trasmissibile Cancro e Malaria

Per esempio, una delle ipotesi sul morbo di Alzheimer è che la malattia sia causata dalla formazione di placche nei lobi temporali del cervello, che coinvolgono alcune proteine che si aggregano in presenza di metalli. Queste placche potrebbero essere in grado di facilitare la produzione di ROS, che danneggiano i componenti cellulari e uccidono i neuroni. Placca senile, principale caratteristica isto-patologica della malattia di Alzheimer Corpo di Lewy, aggregato di α-sinucleina, tipico del morbo di Parkinson

Siti di legame per gli ioni Cu2+ nella proteina APP e possibile aggregazione per formare dimeri

Terapia Rimozione degli ioni metallici mediante la formazione di complessi estremamente stabili ed inerti. Chelazione Leganti polidentati hard o soft a seconda delle caratteristiche hard o soft del metallo da chelare

Leganti chelanti nelle terapie di intossicazioni da metalli pesanti Un antidoto diffuso è la British Anti-Lewisite o BAL (2,3-dimercaptopropanolo) così chiamata perché usata per contrastare la Lewisite, un gas contenente As (usato nella I guerra mondiale). Esso stesso è un composto con molti effetti collaterali, in parte diminuiti con l’uso di un suo derivato contenente una molecola di glucosio che ne modifica la solubilità. Attualmente nelle intossicazioni da Cd vengono usati derivati dell’acido succinico (2,3-dimercaptosuccinico (DMSA) e il 2,3-dimercaptopropano solfonato di sodio (DMPS)

Derivati dell’EDTA I derivati dell’EDTA (acido etilendiamminotetraacetico) formano con il Cd complessi molto stabili (log  ca 19) Acido dietilentriamminopentacetico (DTPA) e l’acidotrietilentetramminoesacetico (TTHA) Problemi più complessi si hanno con le intossicazioni croniche, in conseguenza della formazione del complesso di Cd con la apometallotioneina che si lega al metallo in modo estremamente efficace (log  ca 25) all’interno delle cellule renali. In questo caso l’antidoto deve essere in grado di attraversare la membrana cellulare, competere con la proteina per il metallo legato, e ripassare la membrana cellulare per l’eliminazione

Terapia per le intossicazioni da piombo Anche Pb2+ (come Cd2+) forma complessi molto stabili con i leganti chelanti visti in precedenza. Per es. l’EDTA forma il complesso ottaedrico [Pb(EDTA)]2- con log = 18.0, in soluzione acquosa, mentre in fase solida la coordinazione del metallo è più complessa Con il legante DMSA il complesso, [Pb(H2DMSA)], è neutro e insolubile in ambiente acido La deprotonazione a pH fisiologico dei gruppi carbossilici forma le specie ioniche [Pb(HDMSA)]- e [Pb(DMSA)]2- che sono solubili in acqua e quindi utili per i processi di disintossicazione

Leganti usati per il morbo di Alzheimer Benchè l’EDTA sia un buon legante per gli ioni implicati nel morbo di Alzheimer, è un anione a pH neutro e perciò non riesce ad attraversare la barriera ematoencefalica e quindi non riesce ad arrivare al cervello. Alcuni agenti chelanti proposti per la terapia sono i seguenti: D-penicillamina (D-pen) Desferrioxamina (Deferoxamina o DFO)) La desferroxiamina ha tre gruppi funzionali con acido idrossammico che in forma deprotonata hanno una grossa affinità per gli ioni Fe3+ e viene anche usata per ridurre il sovraccarico di ferro in pazienti affetti da talassemia e sottoposti a trasfusioni. La D-penicillamina è un agente chelante che contiene sia donatori hard (N,O) che donatori soft (S) ed è molto efficace nel rimuovere ioni rame (Cu2+ e Cu+) in pazienti con il morbo di Wilson.

Complessi dei metalli in uso clinico

Complessi dei metalli di uso diagnostico In genere sono agenti che possono essere rilevati nei tessuti con tecniche analitiche in modo tale che si possa creare un’immagine della loro distribuzione nel corpo che può essere utile per la diagnosi di malattie. Per i composti metallici usati per la diagnosi, a differenza di quelli usati per la terapia, la mancanza di reattività chimica è fondamentale e, se deve avvenire un’interazione tra l’agente diagnostico e un bersaglio biologico nella cellula, questa deve essere generalmente breve e non distruttiva, senza causare danni alla cellula.

Ci sono due aree principali riguardanti i complessi metallici usati per le diagnosi: Medicina nucleare diagnostica (o medicina nucleare): viene dato al paziente una piccola quantità di un complesso di un metallo radioattivo non nociva per le cellule. Poiché i tessuti sani e quelli malati non assorbono le sostanze dall’ambiente circostante alla stessa maniera e con la stessa velocità, si può registrare l’immagine della collocazione del composto radioattivo nell’organismo tramite un rilevatore sensibile alla radiazione emessa. In questa categoria rientrano anche certi complessi radioattivi, che emettono forti radiazioni, usati per controllare il dolore associato con le metastasi ossee, o la leucemia. Uso come mezzi di contrasto per l’imaging a risonanza magnetica (MRI). Nella MRI il paziente è posto all’interno di un campo magnetico e le proprietà di rilassamento delle molecole d’acqua nel corpo vengono misurate tramite la risonanza magnetica nucleare (NMR). Poiché il contenuto di acqua nei tessuti sani è diverso che nei tessuti malati MRI può produrre immagini tridimensionali basate sulle diverse velocità di rilassamento. Tali velocità possono essere modificate con l’uso di complessi di metalli paramagnetici che aumentano il contrasto nell’immagine.

Complessi del tecnezio in medicina nucleare Il tecnezio, un elemento di origine sintetica, non possiede isotopi stabili, ma uno dei suoi isotopi metastabili (= stato instabile che può esistere per un tempo finito), il 99mTc o Tecnezio-99m, è uno degli elementi fondamentali su cui si basa la medicina nucleare a partire dagli anni ‘70. Il tecnezio metastabile emette raggi g con frequenza ottimale per essere rilevata, inoltre ha un tempo di emivita di 6 ore, sufficientemente lungo per sintetizzare il farmaco, iniettarlo al paziente e registrare l’immagine, ma anche sufficientemente corto per minimizzare il dosaggio della radiazione nel paziente. Dal suo decadimento si ottiene il 99Tc, che ha un tempo di vita molto lungo, è un debole emettitore di radiazioni b (elettroni), ha una bassa concentrazione e si elimina dal corpo rapidamente. Tutto ciò lo rende estremamente sicuro. Il 99mTc si ottiene da un generatore 99Mo- 99mTc, secondo le reazioni riportate sotto.

La tecnica medica che utilizza il tecnezio-99m è la scintigrafia-g In pratica il generatore produce ione pertecnato 99mTcO4- che però ha stato di ossidazione VII, non adatto per preparare i complessi radiofarmaceutici e viene quindi ridotto a stati di ossidazione più bassi, in genere I o V.

Complessi del tecnezio usati in medicina nucleare per l’imaging di cuore, ossa, cervello e reni

Cardiolite o 99mc-sestamibi: contiene 6 ligandi metossiisobutilisonitrile (BIMI), il cui atomo di carbonio è una base soft. Viene preparato da partire da pertecnato: quando Tc+7 viene ridotto a Tc+1, quest’ultimo, un acido soft, si lega a 6 BIMI, formando un complesso ottaedrico. (NB: Tc+1 ha lo stesso tipo di configurazione elettronica esterna di Fe+2). Poiché il gruppo CN del ligando isonitrile ha la stessa struttura elettronica di CO il tipo di legame è essenzialmente covalente.

I cationi dei metalli alcalini (K+, Cs+ e Rb+) si accumulano nel miocardio, il tessuto muscolare del cuore. La “pompa” che permette a questi cationi di entrare permette anche al catione Cardiolite di accedere al cuore. Il Cardiolite si localizza essenzialmente nei tessuti sani del cuore e quindi può fornire informazioni importanti sulle condizioni di pazienti con infarto al miocardio.

Complessi di gadolinio come mezzi di contrasto per l’imaging a risonanza magnetica (MRI) Il gadolinio è un metallo di transizione interna. I metalli di transizione interna comprendono lantanidi e attinidi. I lantanidi sono talvolta chiamati terre rare, anche se la loro abbondanza in natura non è poi così piccola. Il cerio, ad esempio, è il 26esimo elemento per abbondanza naturale (per massa %), cinque volte più abbondante del piombo. Le proprietà chimiche dei lantanidi rappresentano un caso estremo delle piccole variazioni tipiche degli elementi di transizione all’interno di un periodo o di un gruppo. Hanno configurazione elettronica [Xe]4fn+16s2 (dove n indica la posizione dell'elemento nella serie) con tre eccezioni rappresentate da Ce ([Xe]4f15d16s2), Gd ([Xe]4f75d16s2) e Lu ([Xe]4f145d16s2). Lo stato di ossidazione più diffuso e stabile è +3, in cui gli elettroni 6s vengono persi e gli ioni hanno una configurazione del tipo [Xe]4fn.

orbitali s blocco s blocco p H Na K Li Rb Fr Cs Be Mg Ca Sr Ra Ba Sc Y Ac La Ti Zr Hf V Nb Ta Cr Mo W Mn Tc Re Fe Ru Os Co Rh Ir Ni Pd Pt Cu Ag Au Zn Cd Hg B Al Ga In Tl C Si Ge Sn Pb N P As Sb Bi O S Se Te Po F Cl Br I At He Ar Kr Ne Xe Ce Th Pr Pa Nd U Pm Np Sm Pu Eu Am Gd Cm Tb Bk Dy Cf Ho Es Er Fm Tm Md Yb No Lu Lr blocco d Elementi di transizione Lantanidi o terre rare (4f) blocco f Attinidi (5f) Elementi di transizione interni

La chimica dei lantanidi differisce da quella dei metalli di transizione a causa della natura degli orbitali 4f, che sono interni all’atomo e schermati dagli elettroni 4d and 5p. Di conseguenza gli orbitali f risentono molto poco dell’effetto del campo dei ligandi e la chimica di questi elementi è determinata essenzialmente dalla grandezza del raggio ionico, che diminuisce gradualmente all’aumentare di Z (contrazione lantanidica). Per questo motivo i numeri di coordinazione superiori a 6 (7, 8 e 9) sono molto frequenti.

Lo ione Gd3+ ha 7 elettroni negli orbitali f tutti a spin parallelo secondo la regola di Hund. E’ quindi fortemente paramagnetico (S=7/2) Gd3+ [Xe] 4f7 4f Gli ioni Gd3+ possono quindi influenzare fortemente la velocità di rilassamento dei nuclei degli idrogeni delle molecole di acqua circostanti sottoposte a campo magnetico. Gli ioni Gd3+ hanno carattere hard.

Risonanza magnetica nucleare Si basa sulle proprietà magnetiche di nuclei con numero dispari di protoni (in particolare l’idrogeno). Anche il nucleo infatti avendo una carica positiva netta e ruotando può avere un momento di spin ed interagire con campi magnetici. Dalla velocità di rilassamento dei protoni delle molecole di acqua localizzate nei tessuti molli e nei fluidi del corpo, si possono ottenere importanti informazioni diagnostiche.

Gli ioni Gd3+ paramagnetici si comportano quindi come piccoli magneti influenzando le proprietà di rilassamento delle molecole di acqua che li circondano. I complessi di ioni Gd3+ usati in MRI hanno numero di coordinazione pari a 9 e si possono avere le seguenti geometrie: in cui c’è invariabilmente una molecola di acqua legata (quella che viene più influenzata dalle proprietà paramagnetiche dello ione Gd3+ ) e ligandi macrociclici ottadentati per avere una grande stabilità, mentre la molecola di acqua è labile e può essere facilmente scambiata in modo da permettere a molte molecole di solvente di risentire dell’effetto magnetico di Gd3+

logb > 23

Complessi mirati di ultima generazione

Complessi metallici ad uso terapeutico Diversamente dai complessi visti finora, gli agenti terapeutici contenenti metalli usati in medicina devono avere ligandi non molto stabili e facilmente spostabili, in maniera da potersi legare più fortemente e velocemente al loro target biologico, spesso costituito da proteine e DNA. Il problema è che questi complessi durante il loro cammino verso il target vengono in contatto con altre sostanze contenute, ad esempio, nel sangue o nelle cellule (altre proteine, aminoacidi, ma anche ioni Cl-, PO43-, CO32-) che possono interagire con lo ione metallico, provocando così effetti indesiderati di riduzione dell’efficacia terapeutica e soprattutto tossicità. Nonostante questo, vista l’efficacia dei composti contenenti metalli già presenti in medicina, negli ultimi anni la chimica farmaceutica inorganica ha avuto un grosso sviluppo. Sono moltissimi gli studi volti a limitare gli effetti tossici dei farmaci già in uso e a sviluppare nuovi composti di interesse terapeutico.

Alcuni farmaci contenenti metalli che sono in fase avanzata di trial clinico Malattia Metallo Cancro Rutenio, Titanio, Gallio, Oro Diabete Vanadio Aids Oro Antiinfettivi Argento Ipertensione Rutenio Alzheimer, Parkinson Manganese

Complessi del rutenio come antitumorali ed antimetastatici I complessi del rutenio hanno mostrato proprietà promettenti per il trattamento del cancro. Alcuni di questi composti attaccano direttamente il tumore primario, in maniera simile ai composti del platino, altri stanno mostrando proprietà antimetastatiche, cioè impediscono al tumore di rilasciare cellule che possano estendersi ad altre parti del corpo. La struttura e le proprietà di questi composti vanno da composti di coordinazione tradizionali che perdono i ligandi interagendo direttamente con il target biologico a composti organometallici che, oltre che legarsi a target molecolari, possono facilitare la generazione di specie chimiche che modificano chimicamente le molecole biologiche nella cellula. Altri complessi possono comportarsi da inibitori di enzimi che sono importanti per la sopravvivenza della cellula.

Chimica del rutenio nel suo ambiente biologico Il rutenio si trova sotto il ferro nella tavola periodica e presenta proprietà chimiche comuni a questo elemento. Il rutenio presenta vari numeri di ossidazione, ma i complessi di rutenio usati in medicina contengono in genere ioni Ru2+ [Kr] 4d6 t2g6 S=0 acido soft Ru3+ [Kr] 4d5 t2g5 S=1/2 acido intermedio Entrambi i cationi formano preferenzialmente complessi con geometria ottaedrica con i complessi di Ru3+ che presentano un valore di D0 (splitting del campo cristallino) maggiore visto la carica più grande. Per entrambi gli ioni sono favoriti i complessi a basso spin.

La grandezza di D0 è legata alla velocità di scambio di molecole di acqua per i complessi esaaquo, in particolare lo ione Ru3+ presenta una velocità di scambio minore. In particolare la velocità di scambio per Ru3+ è troppo bassa per la reazione con i target biologici, mentre la velocità di scambio di Ru2+ è maggiore di quella di Pt2+, che suggerisce che i complessi di Ru2+ possano essere più adatti per la reazione con biomolecole. Un aspetto interessante della chimica del rutenio è che i due stati di ossidazione si possono interconvertire facilmente, suggerendo che fattori redox possano essere importanti nel meccanismo di funzionamento di questi farmaci. Attivazione per riduzione

Complessi del rutenio con proprietà antitumorali

NAMI-A trans-tetracloro(dimetilsolfossi)imidazolorutenato(III) I cloruri del NAMI possono facilmente essere sostituiti dall’acqua in condizioni fisiologiche e ciò suggerisce che questo composto possa facilmente reagire con composti nel sangue o all’interno delle cellule. Si pensa però che l’attività del NAMI sia legata ad un meccanismo di attivazione per riduzione: nell’ambiente privo di ossigeno delle cellule tumorali il Ru3+ può facilmente essere ridotto a Ru2+, che può reagire più rapidamente con i target biologici. Il NAMI funzionerebbe dunque come profarmaco. Diversamente dai farmaci antitumorali a base di platino il NAMI non è molto tossico a livello cellulare e l’effetto maggiore è quello di impedire la diffusione del tumore in altre parti del corpo (metastasi). Benchè non sia noto il meccanismo con cui avviene l’effetto antimetastatico si pensa che il NAMI possa legarsi a proteine del sangue (HSA, apo-transferrina)