Principi antropologici per un'analisi culturale della contemporaneità
Contemporaneità Difficile definire la "società contemporanea" in quanto caratterizzata da relazioni molto complesse: Da un lato la circolazione di messaggi persone e merci creano interdipendenze planetarie dall'altro assistiamo a processi e costruzioni identitarie che sembrano restringere l'idea di umanità entro confini molto ristretti.
"Mondi contemporanei” e processi di incontro fra culture diverse caratteristica della contemporaneità può essere considerata la crescente mobilità: In senso geografico: A livello virtuale: Migrazioni turismo studio motivi politici conflitti e deportazioni di massa I mass media le nuove tecnologie comunicative
Le metafore della contemporaneità Anche coloro che vivono in condizione di sedentarietà, partecipano ad un movimento di dislocazione collettiva attraverso i mass media e le nuove tecnologie comunicative poiché: Le nuove tecnologie non veicolano soltanto informazioni ma anche idee, rappresentazioni del mondo, linguaggi, immaginari, ideologie, ecc. I messaggi viaggiano in forma di Immagine e l'immagine esercita una influenza che eccede di molto l'informazione di cui è portatrice “Migrazioni e nuovi mezzi di comunicazione di massa divengono i due fattori che qualificano la nostra contemporaneità, sia se vengono analizzati in sé, sia soprattutto se prendiamo in considerazione gli esiti insospettati e spesso sorprendenti delle loro interconnessioni"
Gli spazi contaminati della contemporaneità I messi di comunicazioni (elettronici e di trasporto: non a caso usiamo lo stesso termine per indicare entrambi) dilatano e al tempo stesso restringono lo spazio nel quale viviamo I mezzi elettronici hanno mutato profondamente l'intero campo della fruizione della comunicazione: come sostiene Appadurai essi tendono a interrogare, sovvertire e trasformare le altre forme di "alfabetizzazione contestuale"
Fruizione televisiva e interpretazione della realtà La circolazione dell'informazione televisiva: fa esplodere le tradizionali categorie spazio temporali proprie soprattutto della cultura occidentale fa della televisione una sorta di mediatore universale fra gruppi e culture altera il tradizionale rapporto fra realtà e cambiamenti: l'immaginario tecnologico anticipa la realtà tende a mettere in ombra il valore dei mediatori tradizionali quali: famiglia, chiesa, scuola, partiti, associazioni, ecc., che aiutavano l'individuo a capire, a scegliere, a ignorare. accentua il ruolo dell'individuo nel senso che esso diventa il terminale di una serie di sollecitazioni rispetto alle quali deve operare delle scelte senza particolari supporti comunitari o istituzionali
Le nuove tecnologie: con la loro pervasività e immediata ricettività, sembrano eliminare le mediazioni lasciando l'individuo solo di fronte al compito di capire, scegliere, rifiutare, ecc., tendono ad occultare il fatto che è attraverso l'analisi e la critica culturale che avviene la costruzione (distribuzione) delle capacità di elaborazione delle informazioni tendono ad occultare il fatto che è attraverso l'analisi e la critica culturale che si formano gli orientamenti della cultura di massa e la formazione delle élites.
La comunicazione generalizzata che le nuove tecnologie rendono possibile non prefigura un mondo di libera comunicazione fra individui e culture: individui e gruppi non osservano la stessa cosa a seconda delle condizioni storiche, linguistiche e politiche dei diversi attori collettivi in cui l'individuo è inserito la partecipazione a questi flussi comunicativi cambia profondamente. L'individuo appare prigioniero dei molteplici "mondi immaginati" cui partecipa, mondi dai quali si può sviluppare a volte contestazione e opposizione rispetto ai "mondi immaginati" dal pensiero ufficiale veicolato dai media; protesta che, tuttavia rischia di essere velleitaria e manipolabile dal mercato della politica.
igrazioni e mass media nell’era dell’interdipendenza culturale il nostro pianeta è stato sempre attraversato da gruppi migranti la sedentarietà è una “scoperta” assai recente, se proiettata sullo scenario della storia della nostra specie Anche dopo l’affermazione della civiltà agricola, i movimenti migratori proseguirono, assumendo forme diverse Ciò che è completamente nuovo è che questi movimenti, queste diaspore, oggi si muovono all’interno di un sistema di comunicazione ignoto nel passato, che dà forma al desiderio e all’oltraggio ma al tempo stesso anche agli adattamenti, alle scelte, alle ribellioni. l’intero “spazio migratorio” è stravolto dall’esistenza dei mezzi di comunicazione le trasmissioni televisive portano nelle nostre case e nelle nostre coscienze le immagini di disperazione che accompagnano le ripetute crisi umanitarie ma gli immaginari collettivi diffusi dai media influenzano e attraversano anche i vissuti delle vittime e dei carnefici I mezzi elettronici mutano l’ambiente che ci circonda, ponendo gli uni accanto agli altri i ” localismi” e le “globalizzazioni”, mescolano a piene mani tradizioni e innovazioni
Convergenze, divergenze e ibridazioni Questi movimenti di individui, di immagini e di messaggi: sono strettamente connessi ai processi di globalizzazione dei mercati economici e sono spesso determinati da meccanismi le cui logiche e il cui controllo sfuggono non soltanto ai cittadini, ma anche ai governi nazionali producono nuove rappresentazioni culturali e nuovi criteri di aggregazione politica e sociale, Influenzano e determinano la formazione di nuove identità nell’incrocio e nell’ibridazione di esperienze, modelli, consumi e immaginari collettivi dalle provenienze più eterogenee fanno sì che non sia più possibile immaginare comunità “naturalmente” coese intorno a valori comuni e particolarissimi, né comunità i cui membri accettino o rifiutino all’unisono l’adesione a modelli interni
Ha ancora senso parlare di cultura nell’epoca della globalizzazione? In un mondo in cui il fattore del movimento e “il traffico delle culture” sembrano prevalere sulla coincidenza di cultura, territorio e identità, possiamo ancora utilizzare il concetto di cultura come se questo rinviasse a entità circoscritte nello spazio e nel tempo?
Sgombrare il campo dal culturalismo Se con il termine cultura si vuole indicare un’entità circoscritta, localizzata e descrivibile nei suoi elementi componenti, è evidente che oggi tale concetto appare scarsamente utilizzabile L’insoddisfazione degli antropologi è stata sottolineata in vari modi: c’è chi ha parlato di “esagerazione della cultura” Benché questa “esagerazione” abbia avuto anche dei risvolti non disprezzabili in quanto tentativo di presentare al pubblico occidentale le culture “altre” come esperienze condivise dotate di senso, può tuttavia avere effetti di reificazione e alimentare: forme di culturalismo esasperato, per così dire dall’interno, da parte cioè di chi condividendo certi codici e significati, fa appello all’idea di cultura per assegnare a quei codici e a quei significati una natura extra culturale, facendoli diventare entità sottratte alla storia e al flusso comunicativo basato sulla negoziazione, la convenzione, l’accordo forme di culturalismo dall’esterno al fine di legittimare progetti egemonici planetari, come quelli condotti all’insegna dell’ideologia dello sviluppo
Reificazione della cultura e conflitto Paradossalmente mentre il concetto di cultura, dopo un decennio di riflessione critica, appare fortemente compromesso e di difficile utilizzabilità pratica in ambito antropologico, il “culturalismo” ha prodotto una proliferazione nell’uso di tale concetto, utilizzato nello stesso modo nel quale ne avrebbero potuto parlare gli antropologi fino a qualche decennio fa quasi sempre un atteggiamento “culturalista” si presenta unito ad una qualche forma di etnicismo e quindi di una qualche forma di rivendicazione di autenticità, di unicità della propria cultura fondata sulla differenza Come però succede nel caso delle cosiddette “lotte interetniche”, la differenza è esasperata a tal punto che un solo aspetto della “cultura” può diventare l’elemento su cui costruire una teoria della “differenza totale” tra etnie
Nell’ecumene globale
Nuove nozioni per nuove realtà Ibridazioni Cultura come “ambiente comunicativo: La nozione di “ecumene globale” Hannerz sostiene che “le culture dovrebbero essere considerate come delle strutture di significato che viaggiano su reti di comunicazione sociale non interamente situate” Arjun Appadarai ritiene che, più che di culture si debba parlare di ethnoscape, di panorami etnici, definiti come “il panorama di persone che costituiscono il mondo mutevole in cui viviamo: turisti, immigrati, profughi, esiliati lavoratori stagionali e altri gruppi e persone in movimento (…) dato che molte persone e gruppi hanno a che fare con le realtà di doversi muovere o con la fantasia di doversi muovere”
La nozione di panorama etnico Dal “panorama etnico” ai molti “panorami” della contemporaneità: panorama tecnologico panorama finanziario panorama mediatico panorama ideologico Panorama etnico e logica della disgiunzione nell’economia culturale globale I panorami della contemporaneità e le nuove configurazioni identitarie Panorami etnici, delocalizzazione culturale e deterritorializzazione Deterritorializzazione, delocalizzazione e fondamentalismi identitari Dal paradigma dell’emigrante all’esperienza dello straniero Dal paradigma della sedentarietà ai nuovi nomadismi Cultura transnazionale e dinamica appartenenza-presenza
Habitat di significato Il relativismo ci ha indotto a pensare alla cultura in termini di “mondi di significato” ma ciò ci porta a pensare la cultura in termini di autonomia e di chiusura L’habitat è una metafora derivata dall’ecologia e consente di pensare la cultura come un ambiente in cui vive l’individuo e che può avere dei confini mobili, non necessariamente coincidenti con gli habitat propri di altri attori sociali con i quali si trova ad interagire Gli habitat possono: Espandersi e contrarsi Possono combaciare del tutto, parzialmente o per niente Possono essere identificati sia in singoli individui che in collettività Per questo è solo l’analisi del processo culturale che si attiva nelle concrete relazioni sociali a poter stabilire quando sia davvero condiviso un habitat di significato Di fatto, nella maggior parte dei casi il processo culturale viene modellato dall’intrecciarsi di habitat di significato piuttosto differenti fra loro
Habitat di significato ed ecumene globale Nell’ecumene globale molte persone possono condividere parecchi habitat di significato che potrebbero anche risultare del tutto estranei e incomprensibili fra loro Possono fare la differenza cose come I luoghi dove siamo nati e la gente che abbiamo incontrato I libri e i giornali che leggiamo I canali televisivi abbiamo accesso Il nostro habitat di significato non dipende, quindi, soltanto dalla misura in cui siamo fisicamente esposti, ma anche dalle nostre capacità di confrontarci con esso. Dipende cioè dai: Linguaggi che capiamo, scriviamo o parliamo Dai nostri livelli di alfabetizzazione in rapporto ad altre forme simboliche
Verso una nuova definizione di cultura nell’ecumene globale Hannerz: “ la distribuzione dei significati e delle forme significanti nelle relazioni sociali e personali in tutto il mondo oggi è talmente complicato che qualsiasi unità sociale di cui intraprendiamo lo studio in termini culturali rischia di rivelarsi un obiettivo più o meno arbitrario” L’idea di culture al plurale risulta problematica: è poco più di un espediente limitato di organizzazione intellettuale di cui è difficile sbarazzarsi, ma con scarsa validità scientifica L’idea di cultura al singolare, in grado di abbracciare tutta la diversità organizzata di idee ed espressioni, può rivelarsi importante per esplorare il modo in cui l’umanità abita l’ecumene globale
Il locale come ambito di ricerca antropologica In questa prospettiva il locale inteso come tradizionale ambito di ricerca dell’antropologo può essere visto come: ciò che accade localmente; cioè quanto noi descriviamo come “vita quotidiana” intesa come quella somma di attività più ripetitive, di natura sostanzialmente pratica, ridondanti e senza fine che si svolgono in ambientazioni fisse e alle quali le persone partecipano senza riflettere molto Ciò che tende ad essere “faccia a faccia”, che si svolge in situazioni “focalizzate”, in rapporti duraturi, largamente inclusivi.
Conseguenze sul piano teorico e metodologico George Marcus a metà degli anni ‘90 ha proposto l’idea di un’”etnografia multisituata nel sistema mondo”: contrapponendo all’idea di un ricercatore orientato a “stare” a “radicarsi”, a “risiedere” in un luogo e all’interno di un gruppo, l’dea di un ricercatore orientato a “seguire” i migranti, le produzioni dei prodotti, le metafore, le narrazioni, le biografie, i conflitti ponendo l’accento sui processi del nomadismo contemporaneo e sui suoi effetti sia a livello globale che locale
Oggi lo studio antropologico, anche quando necessariamente si concentra su contesti e gruppi localizzati: Parte dal presupposto che le unità d’analisi non sono mai “delimitate” e identificate automaticamente nei “gruppi locali” Esso tende a focalizzarsi sulle rappresentazioni dei soggetti in relazione alle loro pratiche che, proprio come le rappresentazioni, sono determinate dal loro essere parte di un mondo sempre più globalizzato e de-localizzato Si pone l’obiettivo di far emergere configurazioni di pratiche sociali, di simboli, di stili di vita, più o meno stabili nel tempo e nello spazio, senza mai dimenticare il carattere “aperto” all’influenza del globale di tali pratiche, anche quando le retoriche dell’autenticità, utilizzate dai gruppi che proclamano il loro diritto all’esistenza e al riconoscimento, tendono ad affermare il contrario
Clifford Geertz
La socialità del Pensiero Implica l’abbandono dell’ordine derivante da un solido ancoraggio dell’umanità alla natura non c’è una natura umana inossidabile e transculturale da scoprire, dato che l’essenza dell’uomo è proprio nell’estrema variabilità
non si tratta di passare attraverso le differenze per poi superarle (attraverso un’astrazione sempre maggiore) ma incorporare le differenze nella concezione dell’uomo secondo un progetto antropologico che intende dar conto delle particolarità dei vari possibili modi di essere. in che cosa consiste l’uomo possiamo scoprirlo studiando ciò che sono gli uomini: questi sono soprattutto differenti.
La cultura come meccanismo di controllo Gli uomini senza cultura (..) sarebbero inguaribili mostruosità con pochissimi istinti utili, ancor meno sentimenti riconoscibili, e nessun intelletto: casi mentali disperati. Quest’idea deriva da una concezione della cultura come “meccanismo di controllo” e del pensiero umano come fondamentalmente pubblico e sociale.
Concezione del “se” come effetto drammaturgico Il sé non ha origine nella persona del soggetto, bensì nel complesso della scena della sua azione, è un effetto drammaturgico che emerge da una scena, esso «è il prodotto di una scena che viene rappresentata e non una sua causa»; Le nostre idee, i nostri valori, i nostri atti, perfino le nostre emozioni sono, come lo stesso nostro sistema nervoso, prodotti culturali fabbricati usando tendenze, capacità e disposizioni con cui siamo nati, ma ciò non di meno fabbricati. La cultura è fatta di abiti e di costumi, che gli uomini indossano per recitare e soprattutto per dar forma alla loro vita. Ci si può chiedere se ci sia, o se mai ci potrà essere, un qualche luogo dove la recitazione abbia fine. La risposta di Geertz è chiara: «Non c’è, non può esserci un retroscena dove si possa andare a gettare un’occhiata agli attori [...] come persone reali”».
La metafora della cultura come testo Secondo questa metafora, le attività sociali possono essere “lette” per il loro significato da parte dell’osservatore proprio come lo sono i materiali scritti e parlati. Il nucleo concettuale dell’antropologia interpretativa è la nozione di “significato”, proprio perché nella ricerca ci si domanda: qual è il “significato” delle azioni sociali? Per rispondere è necessario mettersi in grado di “vedere le cose dal punto di vista dei nativi”.
L’analisi culturale come scoperta dei significati che gli attori conferiscono alle loro azioni I “significati”, per Geertz, non sono da scoprire a un livello che oltrepassa la realtà dell’esistenza delle persone studiate, essi sono incorporati nelle società. gli uomini interpretano non solo quando contemplano il mondo o riflettono sulla vita, ma anche quando lavorano, giocano, danzano o altro. l’uomo non può che “interpretare”, l’uomo interpretante agisce nei confronti della sua vita, del flusso delle sue sensazioni, emozioni e sentimenti, ed è questa l’unica procedura per conferire ordine e significato all’esperienza. l’antropologo deve accantonare le sue concezioni dell’esistenza e “leggere” le esperienze degli altri dall’interno, nel quadro della loro concezione, cogliendo il significato delle forme simboliche e dei fatti culturali osservabili
La metafora testuale e il lavoro dell’antropologo La stessa etnografia viene fatta coincidere con l’esegesi: Fare etnografia è come cercare di leggere (nel senso di “costruire una lettura di”) un manoscritto — straniero, sbiadito, pieno di ellissi, di incongruenze di emendamenti sospetti e di commenti tendenziosi, ma scritto non in convenzionali caratteri alfabetici, bensì in fugaci esempi di comportamento dotato di forma. Capire un testo significa — ermeneuticamente — elaborare una chiave di lettura per fare emergere le significazioni in esso implicite. E un impresa costruttiva e aperta in quanto comporta che l’azione sia considerata polisemica, leggibile in molti modi Capire un testo non significa rifarsi alle intenzioni dell’autore, per mezzo di rapporti empatici o identificazioni emotive, entrando nella “sua testa” o “indossando i suoi panni”
l’intelligibilità richiede che l’azione venga inserita in una complessa rete di significati composta dal contesto culturale dell’azione, quello dell’attore e quello dell’interprete. Questo aspetto della comprensione è definito da Geertz, prendendo il termine da Ryle, thick description, “descrizione densa»” La “descrizione densa” consiste nello scoprire e ricostruire i livelli di significato non espliciti delle prospettive degli attori, cioè le molteplicità delle complesse strutture concettuali che le informa. Rappresenta la ricerca di “un contesto”, «qualcosa — sostiene Geertz — entro cui eventi sociali, comportamenti istituzioni, processi, possano essere intellegibilnente, cioè “densamente” descritti».