Acceleratori di particelle

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Transcript della presentazione:

Acceleratori di particelle “Fabbriche di particelle”

Un’introduzione alla fisica delle particelle e alla fisica moderna

Prime teorie atomiche In età antica alcuni filosofi greci, quali Leucippo (V secolo a.C.), Democrito (V-IV secolo a.C.) ed Epicuro (IV-III secolo a.C.), e romani, quali Tito Lucrezio Caro (I secolo a.C.), ipotizzarono che la materia non fosse continua, ma costituita da particelle minuscole e indivisibili, fondando così la "teoria atomica". Questa corrente filosofica, fondata da Leucippo, venne chiamata "atomismo". Si supponeva che i diversi "atomi" fossero differenti per forma e dimensioni. Democrito propose la "teoria atomica", secondo cui la materia è costituita da minuscole particelle, diverse tra loro, chiamate atomi, la cui unione dà origine a tutte le sostanze conosciute. Queste particelle erano la più piccola entità esistente e non potevano essere ulteriormente divise: per questo erano chiamate atomi (da ὰτωμος, in greco "indivisibile"). In contrasto con questa teoria, Aristotele (IV secolo a.C.)sostenne che una sostanza può essere suddivisa all'infinito in particelle sempre più piccole e uguali tra loro. Queste ipotesi rimasero tali in quanto non supportate da un approccio scientifico e non verificate con metodologie basate sull'osservazione e sull'esperimento .

La teoria atomica moderna di Dalton Solo all'inizio del XIX secolo (più precisamente nel 1808) John Dalton rielaborò e ripropose la teoria di Democrito fondando la teoria atomica moderna, con la quale diede una spiegazione ai fenomeni chimici, affermando che le sostanze sono formate dai loro componenti secondo rapporti ben precisi fra numeri interi (legge delle proporzioni multiple), ipotizzando quindi che la materia fhimiche che possedeva (la legge della conservazione della massa, formulata da Antoine Lavoisier, e la legge delle proporzioni definite, formulata da Joseph Louis Proust) e formulò la sua teoria atomica, che espose nel libro A New System of Chemical Philosophy (pubblicato nel 1808). La teoria atomica di Dalton si fondava su cinque punti: la materia è formata da piccolissime particelle elementari chiamate atomi, che sono indivisibili e indistruttibili; gli atomi di uno stesso elemento sono tutti uguali tra loro; gli atomi di elementi diversi si combinano tra loro (attraverso reazioni chimiche) in rapporti di numeri interi e generalmente piccoli, dando così origine a composti; gli atomi non possono essere né creati né distrutti; gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di altri elementi.[4] In definitiva questa è la definizione di atomo per Dalton: "Un atomo è la più piccola parte di un elemento che mantiene le caratteristiche chimiche di quell'elemento" La teoria atomica moderna di Dalton Solo all'inizio del XIX secolo (più precisamente nel 1808) John Dalton rielaborò e ripropose la teoria di Democrito fondando la teoria atomica moderna, con la quale diede una spiegazione ai fenomeni chimici, affermando che le sostanze sono formate dai loro componenti secondo rapporti ben precisi fra numeri interi (legge delle proporzioni multiple), ipotizzando quindi che la materia fosse costituita da atomi. Nel corso dei suoi studi, Dalton si avvalse delle conoscenze chimiche che possedeva (la legge della conservazione della massa, formulata da Antoine Lavoisier, e la legge delle proporzioni definite, formulata da Joseph Louis Proust) e formulò la sua teoria atomica, che espose nel libro A New System of Chemical Philosophy (pubblicato nel 1808). La teoria atomica di Dalton si fondava su cinque punti: 1. La materia è formata da piccolissime particelle elementari chiamate atomi, che sono indivisibili e indistruttibili; 2. Gli atomi di uno stesso elemento sono tutti uguali tra loro; 3. Gli atomi di elementi diversi si combinano tra loro (attraverso reazioni chimiche) in rapporti di numeri interi e generalmente piccoli, dando così origine a composti; 4. Gli atomi non possono essere né creati né distrutti; 5. Gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di altri elementi. In definitiva questa è la definizione di atomo per Dalton: "Un atomo è la più piccola parte di un elemento che mantiene le caratteristiche chimiche di quell'elemento".

Primi modelli atomici: Thomson… Con la scoperta della radioattività naturale, si intuì successivamente che gli atomi non erano particelle indivisibili, bensì erano oggetti composti da parti più piccole. Nel 1902, Joseph John Thomson propose il primo modello fisico dell'atomo[5]: aveva infatti provato un anno prima l'esistenza dell'elettrone. Egli immaginò che un atomo fosse costituito da una sfera fluida di materia caricata positivamente (protoni e neutroni non erano stati ancora scoperti) in cui gli elettroni (negativi) erano immersi (modello a panettone, in inglese plum pudding model omodello ad atomo pieno), rendendo neutro l'atomo nel suo complesso. Questo modello fu superato quando furono scoperte da Ernest Rutherford le particelle che formano il nucleo dell'atomo: i protoni. Nel 1911 Rutherford feceun esperimento cruciale, con lo scopo di convalidare il modello di Thomson. Egli bombardò un sottilissimo foglio di oro, posto fra una sorgente di particelle alfa e uno schermo. Le particelle, attraversando la lamina, lasciarono una traccia del loro passaggio sullo schermo. L'esperimento portò alla constatazione che i raggi alfa non venivano quasi mai deviati; solo l'1% dei raggi incidenti era deviato considerevolmente dal foglio di oro (alcuni venivano completamente respinti). Attraverso questo esperimento, Rutherford propose un modello di atomo in cui quasi tutta la massa dell'atomo fosse concentrata in una porzione molto piccola, il nucleo (caricato positivamente) e gli elettroni gli ruotassero attorno così come i pianeti ruotano attorno al Sole (modello planetario).[6] L'atomo era comunque largamente composto da spazio vuoto, e questo spi Il m aveva incontrato una palese contraddizione con le leggi della fisica classica: secondo la teoria elettromagnetica, una carica che subisce una accelerazione emette energiasotto forma di radiazione elettromagnetica. Per questo motivo, gli elettroni dell'atomo di Rutherford, che si muovono di moto circolare intorno al nucleo, avrebbero dovuto emettere onde elettromagnetiche e quindi, perdendo energia, annichilire nel nucleo stesso (teoria del collasso), cosa che evidentemente non accade.[7] Inoltre un elettrone, nel perdere energia, potrebbe emettere onde elettromagnetiche di qualsiasi lunghezza d'onda, operazione preclusa nella teoria e nella pratica dagli studi sul corpo nero di Max Planck (e successivamente di Albert Einstein). Solo la presenza di livelli di energia quantizzati per quanto riguarda gli stati degli elettroni poteva spiegare i risultati sperimentali: la stabilità degli atomi rientra nelle proprietà spiegabili mediante lameccanica quantistica, crescenti col numero atomico degli elementi secondo incrementi dei tempi di stabilità via via decrescenti (regola dell'ottetto e regola dei 18 elettroni). Primi modelli atomici: Thomson… Con la scoperta della radioattività naturale, si intuì successivamente che gli atomi non erano particelle indivisibili, bensì erano oggetti composti da parti più piccole. Nel 1902, Joseph John Thomson propose il primo modello fisico dell'atomo: aveva infatti provato un anno prima l'esistenza dell'elettrone. Egli immaginò che un atomo fosse costituito da una sfera fluida di materia caricata positivamente (protoni e neutroni non erano stati ancora scoperti) in cui gli elettroni (negativi) erano immersi (modello a panettone, in inglese plum pudding model o modello ad atomo pieno), rendendo neutro l'atomo nel suo complesso.

…e Rutherford. Questo modello fu superato quando furono scoperte da Ernest Rutherford le particelle che formano il nucleo dell'atomo: i protoni. Nel 1911 Rutherford fece un esperimento cruciale, con lo scopo di convalidare il modello di Thomson. Egli bombardò un sottilissimo foglio di oro, posto fra una sorgente di particelle alfa e uno schermo. Le particelle, attraversando la lamina, lasciarono una traccia del loro passaggio sullo schermo. L'esperimento portò alla constatazione che i raggi alfa non venivano quasi mai deviati; solo l'1% dei raggi incidenti era deviato considerevolmente dal foglio di oro (alcuni venivano completamente respinti). Attraverso questo esperimento, Rutherford propose un modello di atomo in cui quasi tutta la massa dell'atomo fosse concentrata in una porzione molto piccola, il nucleo (caricato positivamente) e gli elettroni gli ruotassero attorno così come i pianeti ruotano attorno al Sole (modello planetario).

Nasce la Meccanica Quantistica Il modello di Rutherford aveva incontrato una palese contraddizione con le leggi della fisica classica: secondo la teoria elettromagnetica, una carica che subisce una accelerazione emette energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. Per questo motivo, gli elettroni dell'atomo di Rutherford, che si muovono di moto circolare intorno al nucleo, avrebbero dovuto emettere onde elettromagnetiche e quindi, perdendo energia, annichilire nel nucleo stesso (teoria del collasso), cosa che evidentemente non accade. Inoltre un elettrone, nel perdere energia, potrebbe emettere onde elettromagnetiche di qualsiasi lunghezza d'onda, operazione preclusa nella teoria e nella pratica dagli studi sul corpo nero di Max Planck (e successivamente di Albert Einstein). Solo la presenza di livelli di energia quantizzati per quanto riguarda gli stati degli elettroni poteva spiegare i risultati sperimentali: la stabilità degli atomi rientra nelle proprietà spiegabili mediante la meccanica quantistica, crescenti col numero atomico degli elementi secondo incrementi dei tempi di stabilità via via decrescenti (regola dell'ottetto e regola dei 18 elettroni). Nasce così una nuova era per la fisica, poiché si scopre che i mattoni fondamentali della materia non sono più né gli atomi né i protoni, gli elettroni o i neutroni ma bensì le particelle che li costituiscono ovvero i quark e i leptoni.

Il Modello Standard Il Modello Standard è una teoria che descrive i componenti primi della materia e le loro interazioni

In cosa consiste il modello? Solo tre delle quattro forze fondamentali osservate in natura sono di fatto considerate dal modello: l'interazione elettromagnetica, quella debole (unificate nella cosiddetta interazione elettrodebole) e l'interazione forte. Esso costituisce una teoria di campo quantistica, consistente quindi con la meccanica quantistica oltre che con la relatività speciale, in cui ciascuna interazione tra i campi di materia è regolata da un'opportuna simmetria locale (di gauge); conseguenza di ciò è che l'interazione tra campi di materia può interpretarsi in termini di scambio di bosoni che, proprio per il loro ruolo, vengono detti bosoni mediatori (o di gauge). I bosoni di gauge del Modello Standard sono i seguenti: - il fotone, mediatore dell'interazione elettromagnetica; - i bosoni W e Z, che mediano la forza debole; - i gluoni, che mediano la forza forte. Il Modello Standard divide dunque le particelle fondamentali in due tipi: i cosiddetti campi di materia (leptoni - che subiscono solo interazioni elettrodeboli - e quark) e i bosoni mediatori delle forze. Leptoni e quark sono fermioni e, come tali, sono particelle con spin semintero (½ per tutti i fermioni del Modello Standard), al contrario dei bosoni, caratterizzati invece da spin intero (spin 1 nel caso specifico di bosoni di gauge).

i fondamentali della materia Una panoramica dei fermioni (in tutto 6 tipi - o sapori - di quark e 6 di leptoni) è rappresentata nell'immagine. Per la teoria del modello standard, dunque, i mattoni fondamentali della materia sono le seguenti particelle: 6 quark, 6 leptoni e le particelle mediatrici delle forze fondamentali.

Limiti del modello: il bosone di Higgs Il modello standard ha un limite: esso funziona solo se consideriamo che le particelle non hanno massa. Higgs postulò l’esistenza di una particella che sarebbe stata la portatrice della massa: il bosone di Higgs, che è stato rilevato probabilmente al CERN lo scorso luglio. Negli acceleratori di particelle, vengono fatte scontrare particelle con le loro rispettive antiparticelle per darne origine ad altre o per rilevare la presenza di altre.

Piccola parentesi: l’elettronvolt L’unità di misura dell’energia del SI è il J (Joule). Nell’ambito della fisica nucleare, però, è un’unità di misura troppo grande: si introduce l’elettronvolt (eV), definito come l’energia acquistata da un elettrone che viene accelerato attraverso una differenza di potenziale di 1 V. Ci servirà saperlo più tardi…

Acceleratori di Particelle Come funzionano e a cosa servono?

Che cosa sono gli acceleratori di particelle? Gli acceleratori di particelle sono stati creati dai fisici attorno al 1930-1950; sono dispositivi capaci di far viaggiare fasci di particelle a velocità prossime a quelle della luce per poi scontrarli con un fascio analogo che viaggia in direzione opposta oppure contro un bersaglio fisso. Essi sono potenti microscopi che, utilizzando particelle subatomiche come sonde, permettono di studiare l’intima struttura della materia. Inoltre, possono generare nuove particelle e, ricreando condizioni simili a quelle che si sono avute subito dopo il Big Bang, permettono di studiare i primi istanti di vita del nostro universo.

Acceleratori: Giocattoli per Fisici? Gli acceleratori di particelle sono utilizzati nel campo della fisica per rilevare e studiare le particelle subatomiche e le particelle che sono particolarmente instabili ma anche in altri ambiti, ad esempio quello medico: fasci di particelle vengono usati per la diagnostica e la terapia del cancro, per la produzione farmaceutica e possono essere usati in chirurgia come bisturi di precisione. Gli acceleratori possono anche essere utilizzati per distruggere scorie radioattive.

Primo acceleratore: l’acceleratore di Van de Graaff Il primo acceleratore di particelle detto elettrostatico o a caduta di potenziale sfruttava campi elettrici statici in cui si acceleravano ioni tra differenze di potenziale al più di 10-20 MV (lo stesso potenziale che esiste tra la terra ed una nuvola prima che scocchi un fulmine). Il primo acceleratore di questo tipo fu costruito da Robert Van de Graaff (da cui prende il nome) nel 1931. Seguì quello realizzato da Cockroft e Walton nel 1932 per i primi studi sulla fissione nucleare in laboratorio. Infine, una versione più efficiente dell'acceleratore di Van de Graaff (acceleratore Tandem) permetteva l'accelerazione tra differenze di potenziale doppie rispetto al suo predecessore.

L’acceleratore di Van de Graaff

Quanti tipi di acceleratori esistono? Esistono 3 tipi di acceleratori: lineare, ciclotrone e sincrotrone.

Linac: Acceleratori lineari Nel primo, che è detto anche linac, gli ioni sono accelerati fino ad energie di qualche centinaio di MeV, dal campo elettrico oscillante che si genera quando, nel tubo contenente elettrodi forati, è presente un’onda elettromagnetica a qualche centinaia di MHz.

Ciclotrone: traiettorie a spirale In un ciclotrone, le traiettorie seguono una spirale. Gli ioni partono dal centro e sono accelerati quando passano nello spazio tra 2 elettrodi a forma di D a cui è applicata una tensione alternata. I campi magnetici molto intensi generano la forza di Lorentz che curva la traiettoria. Accelerando, il diametro dell'orbita aumenta, fino a quando il fascio non fuoriesce tangenzialmente dal bordo del dispositivo a velocità prossime a quella della luce.

Sincrotrone: Traiettoria circolare In un sincrotrone, le particelle si muovono sotto l’effetto di molti magneti in un tubo circolare vuoto d’aria. L’accelerazione avviene nelle cavità a radiofrequenza, il cui campo oscilla in modo da dare impulso a ogni passaggio di un pacchetto di particelle. Soltanto i sincrotroni di diametro maggiore di qualche centinaio di metri raggiungono le migliaia di MeV con costi non proibitivi. I sincrotroni del CERN sono posti in cascata in modo che le particelle, accelerate dai linac, sono poi accelerate dal protosincrotone (PS) e dal superprotosincrotone (SPS). Infine, esse sono iniettate nei grandi sincrotroni costruiti in un tunnel sotteraneo di 27 km di lunghezza. Questo tunnel ha ospitato ed ospiterà dei collisori, speciali sincrotroni nei quali le particelle continuano a circolare per ore,dopo essere giunte all’energia voluta.

Struttura tipica di un sincrotrone

DAΦNE, l’acceleratore di particelle di Frascati DAΦNE (Double Annular Φ Factory for Nice Experiments) è l’anello di collisione per elettroni e positroni attualmente in funzione a Frascati. È il capostipite di una nuova generazione di acceleratori ad elevata luminosità (cioè in cui avvengono numerose collisioni) dedicato alla produzione di particelle Φ. Il suo obiettivo è lo studio di queste particelle (insieme con i quark s e le particelle K) che permetterà di fare luce su molti punti critici dell’attuale immagine del mondo subnucleare e delle forze che lo dominano.

Un po’ di numeri… Negli anelli di DAΦNE viene mantenuto un vuoto particolarmente spinto (meno di un millesimo di miliardesimo di atm); l’energia complessiva è di 1,02 miliardi di eV; i due anelli hanno un diametro di 100 m in cui circolano più di 100 pacchetti composti da più di 100 miliardi di particelle che compiono più di 3 milioni di giri in un secondo e le cui collisioni producono circa 2000 Φ al secondo!

Magneti nei sincrotroni Per poter raggiungere queste dimensioni e controllare le orbite dei pacchetti vengono utilizzati sofisticati magneti, i quadrupoli, che funzionano come delle lenti mantenendo le particelle ben confinate nella camera da vuoto, e i dipoli che, collocati lungo le curve della camera da vuoto, generano un campo magnetico verticale rispetto alla direzione di propagazione del fascio, facendolo curvare.

A volte lavorare con gli acceleratori è anche divertente… Abbiamo visto che il bosone Z0 è il mediatore della forza debole. Abbiamo lavorato sulle immagini dell’acceleratore ATLAS che si trova al CERN e abbiamo provato a rilevare la sua presenza. Il modo per riconoscerlo è il fatto che esso ha una massa che varia dagli 85 e i 105 GeV e il suo decadimento può essere dato o da 2 elettroni di carica opposta o da due muoni di carica opposta o da due leptoni tau. L’acceleratore ATLAS presenta una struttura a cipolla: la parte più interna è caratterizzata da un calorimetro a tracce, poi abbiamo calorimetro elettroni, un calorimetro per adroni e poi una camera per muoni.

I “dettagli” della nostra esperienza Ogni particella può essere riconosciuta a seconda del fatto che compaia o meno all’interno dei vari strati: infatti, una coppia di elettroni è rivelata e visibile solo nei primi due strati quindi se vediamo nell’immagine due linee opposte che giungono fine al secondo strato, quelle sono buone candidate per essere considerate particelle provenienti dal decadimento del bosone Z0.I muoni, invece, si riconoscono perché riescono ad essere rivelati da tutti gli strati dell’acceleratore e, dunque, nel momento in cui vediamo due linee opposte che attraversano tutti gli strati possono essere una coppia di muoni probabilmente dovuta al decadimento del bosone Z0. Ovviamente, parliamo di candidati perché ovviamente la somma delle masse di queste due particelle ci devono dare un valore compreso tra 85 e 105 GeV che è appunto la massa del bosone stesso.

Infine,una volta individuate le varie coppie di particelle i dati vengono rielaborati e poi rappresentati all’interno di un grafico che sarà, se la rivelazione dei dati è fatta bene, assimilabile ad una curva gaussiana con un picco tra 90 e 91 GeV.

Emanuela Ferrara Luca de Pasquale VH Fine! Emanuela Ferrara Luca de Pasquale VH