Parole luminose nella notte

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Transcript della presentazione:

Parole luminose nella notte LE NINNE NANNE DI ILSE WEBER Prof.ssa Rita Baldoni

Nei primi di ottobre del 1944, 1500 internati del Campo di concentramento di Theresienstadt, in Cecoslovacchia, 60 km a nord di Praga, ricevettero l’ordine di salire su un convoglio destinato ad Auschwitz, fra questi vi era anche una scrittrice ebrea di lingua tedesca insieme al suo bambino Tommy e a quindici altri bambini malati dell’infermeria, dei quali si prendeva cura. Il nome della scrittrice, ancora oggi troppo poco conosciuto, è Ilse Weber. Quando Willi Weber, marito di Ilse, detenuto nello stesso campo di concentramento, venne destinato ad Auschwitz, prima di partire, nascose sotto terra in tutta fretta, nel capanno degli attrezzi, le più di sessanta fra poesie e canzoni che la moglie Ilse aveva composto nei due anni di detenzione a Theresienstadt. Queste sono ora il tesoro preziosissimo che testimonia le inimmaginabili tragedie di tanti bambini, adulti e anziani che si sono consumate in quel campo di concentramento. A Theresienstadt dunque c’era una tomba che custodiva poesie. Forse, altri versi giacciono sepolti in altri campi. Versi che nessuno può leggere, perché sono morti coloro che li hanno scritti. In questo caso però sono stati ritrovati, non da Ilse Weber, eliminata assieme a tutti i suoi piccoli malati nei gas di Auschwitz, ma da suo marito scampato al martirio.

Willi Weber, marito di Ilse, ridotto ad uno scheletro umano, si è salvato perché la sorte lo aveva destinato a sopravvivere e tornare a Theresienstadt per scavare tra le macerie del capanno degli attrezzi e riportare alla luce e a noi le parole, i versi e la musica che la moglie aveva scritto durante i due anni di internamento. Quelle poesie sono ora diventate patrimonio comune dell’umanità. Erano parole di conforto e di speranza per i detenuti che le imparavano a memoria e vi si aggrappavano: luce nel buio profondo di quel Lager che la storia ricorderà come il Lager dei bambini; ninne nanne, filastrocche, versi nati nelle notti insonni che Ilse Weber passava in infermeria accanto ai piccoli malati, dopo le lunghe giornate trascorse ad accudirli con lo stesso amore che avrebbero avuto le loro madri se fossero state con loro. Ilse era una scrittrice di letteratura per l’infanzia, traduttrice, poetessa, musicista, molto attiva dal punto di vista intellettuale e collaborava a trasmissioni radiofoniche, aveva 39 anni quando fu deportata a Theresienstadt nel 1942, insieme al figlio Tommy e al marito Willi. Fu lei stessa a chiedere di potersi occupare dei bambini rinchiusi in quel campo. Molte delle sue composizioni sono cariche di struggente nostalgia per l’altro figlio, Hanus, che a soli otto anni era stato mandato in Svezia, in salvo presso un’amica.

150.000 furono gli ebrei adulti deportati a Theresienstadt. Questi organizzarono per i piccoli una scuola clandestina, dove i bambini potevano disegnare, scrivere e persino recitare. 15.000 furono i bambini e neonati ebrei deportati a Theresienstadt. Dopo la guerra ne ritornarono solo un centinaio. Nessuno di questo centinaio aveva meno di quattordici anni. Significa che gli altri 14.900 bambini più piccoli non esistevano più. Questi bambini ci hanno lasciato in eredità circa 4000 disegni e 60 poesie Conservate nel Museo Ebraico di Praga, testimonianze quasi fotografiche, o forse più che fotografiche, di ciò che vivevano ogni giorno all’interno del Lager.

Le poesie della Weber, nate nell’orrore, concepite nella paura e partorite fra le lacrime e la fame, sono rimaste sconosciute fino allo scorso ottobre 2008, anno della prima pubblicazione per la casa editrice tedesca Hanser. Non sono state ancora pubblicate in Italia e noi le consegniamo a voi, tradotte per la prima volta in lingua italiana. Le abbiamo volute tradurre perché le consideriamo un dono da trasmettere alle nuove generazioni. Abbiamo tentato di rispettare quanto più possibile il testo originale, affinché non si perda neppure una parola e non un pensiero di questa straordinaria poetessa venga alterato.

“È vero che possiamo fare la doccia dopo il viaggio?” Lui non volle mentirle e le rispose : ”No, questa non è una doccia, è una camera a gas e ora ti do un consiglio. Ti ho spesso sentito cantare nell’infermeria. Entra con i bambini cantando nella camera a gas il più in fretta possibile. Siediti con i bambini sul pavimento e continua a cantare. Canta con loro ciò che hai sempre cantato. Così inalerete il gas più velocemente. Altrimenti verrete uccisi dagli altri quando scoppierà il panico” La reazione di Ilse fu strana. Rise, come assente, abbracciò uno dei suoi bambini e disse: “Allora non faremo la doccia” . Desideriamo terminare percorrendo gli ultimi attimi della vita di Ilse Weber. Al capolinea del treno su cui era salita volontariamente per non abbandonare i suoi bambini malati, arrivata ad Auschwitz dunque, pienamente consapevole della sorte che l’attendeva, fu riconosciuta da un detenuto che era stato deportato con lei a Theresienstadt; lui la vide che cercava di consolare i suoi bambini e le si avvicinò, mentre le sentinelle erano lontane e lei gli chiese:

La canzone che cantò insieme a suo figlio Tommy e agli altri bambini quel 6 ottobre 1944 entrando nelle docce di Auschwitz fu una sua ninna nanna: “Wiegala”. Da quel giorno, quella ninna nanna fu cantata da altri bambini prima che entrassero nei gas di Auschwitz e rimase nella memoria dei sopravvissuti come simbolo del massacro degli innocenti.

Immagini di Ilse Weber

THERESIENSTADT: 60 KM DA PRAGA

INGRESSO AL CAMPO

I disegni di una bambina: Helga Weissova Arrivo a Theresienstadt

Bambini che trainano il pane sul carro dei morti

Infermiera durante l’epidemia di tifo del 1943

Di notte all’appello per Auschwitz

Ciechi al lavoro

Dormitorio

Donna che rovista nell’immondizia cercando del cibo

Orfani polacchi in arrivo

Prigionieri in partenza per Auschwitz

Il teatro clandestino

Das ist der Weg nach Theresienstadt den Tausende mühsam beschritten, und jeder von all den Tausenden hat das gleiche Unrecht erlitten. Sie gingen ihn mit gesenktem Haupt, den Davidstern über dem Herzen, die müden Füße wund und bestaubt, die Seelen zerquält von Schmerzen. Von schwerer Bürde zerschunden die Hand, getrieben von rauhen Befehlen, o endloser Weg im Sonnenbrand, mit durstgepeinigten Kehlen. der unser Herzblut getrunken, wo sterbend auf den steinigen Pfad manch müder Greis gesunken. Er ist ein Weg voller Elend und Grauen, wo Ströme von Tränen geflossen, die klagende Kinder und stöhnende Frauen in hilflosem Jammer vergossen. Hier wankten Greise mit irrem Blick im ergebenen Trott der Herde. Wieviele gehen nie mehr den Weg zurück, denn gnädig umschließt sie die Erde.

Familienleben Er in der Sudetenkaserne Und ich in der Hamburger hier. Das eine Kind in der Ferne, das andere auch nicht bei mir. Von vielen Menschen umgeben, die fremd und gleichgültig sind, führt jeder sein eigenes Leben- der Mann, die Frau und das Kind. Das Kind hat längst vergessen, was es heiβt, zu Hause sein. Es holt sich selbst sein Essen und wäscht die Essschale rein. Es kommt nicht zu mir um zu weinen, es macht sich allein sein Bett. Es will mir manchmal scheinen, als ob ich kein Kind mehr hätt. Kommt’s einmal in die Kaserne, dann schielt es nach meinem Brot, ich geb`s ihm und tu es so gerne, es tät ihm viel mehr ja noch not. Ich treffe an manchen Tagen auf der Straße auch meinen Mann, er zieht den Leichenwagen und lächelt stumm mich an. Er kommt für zwei kurze Stunden am Abend, um acht ist Schluss, und geht, eh wir Zeit gefunden zu einem flüchtigen Kuss. Dann senkt sich die Nacht hernieder, ich gehe im Dunkeln zu Bett, ich wollt, dass ich endlich wieder meine Mann und die Kinder hätt.

Vita di famiglia Lui nella caserma dei Sudeti ed io qui nell’amburghese. Un figlio in un lontano paese l’altro neppure accanto a me. Attorniati da tante persone, estranee e indifferenti, ognuno vive la sua vita per sé- il marito, la moglie, il figlio. Il figlio ha scordato da tempo, essere a casa, che cos’è. Il mangiare se lo prende da sé e la scodella se la lava per bene. Per piangere, non viene da me, il letto se lo rifà da solo. Mi pare alle volte di non avere più un figlio. Se talvolta viene in caserma, guarda di soppiatto il mio pane, io glielo do e lo faccio col cuore, ne avrebbe bisogno di molto di più. Incontro talvolta per strada anche mio marito: lui tira il carro dei morti e mi sorride muto. Viene per due ore brevi di sera, alle otto è finita, e va, prima d’aver trovato tempo per un bacio fugace. Poi cala la notte, vado a letto immersa nel buio. Oh, come vorrei di nuovo mio marito e i miei figli, con me.

Und der Regen rinnt Und der Regen rinnt, und der Regen rinnt, ich denk im Dunkeln an dich, mein Kind. Hoch sind die Berge und tief ist das Meer, mein Herz ist müd und sehnsuchtsschwer. warum bist du so fern, mein Kind? Gott selbst hat uns getrennt, mein Kind! Du sollst nicht Leid und Elend sehn, sollst nicht auf steinigen Gassen gehen. Und der Regen rinnt, und der Regen rinnt – Hast du mich nicht vergessen, Kind?

Ninna nanna ti culla il vento e soffia lieve sul liuto lento. E scivola la pioggia, goccia dopo goccia E scivola la pioggia, goccia dopo goccia, è buio e penso a te, figlio mio. Alte sono le montagne e profondo il mare, il mio cuore è stanco e colmo di struggente nostalgia. perché sei così lontano, figlio mio? è Dio che ci ha separati, figlio mio! Affinché tu non veda il dolore e lo strazio, affinché tu non percorra vicoli pietrosi. E scivola la pioggia, goccia dopo goccia- Non mi hai dimenticato, figlio? Ninna nanna Ninna nanna ti culla il vento e soffia lieve sul liuto lento. Sfiora dolce il verde campo e l’usignolo intona il suo canto. Ninna nanna ti culla la luna e s’illumina a lanterna. Volge lo sguardo sul mondo intero dalla volta scura del cielo. Ninna nanna… riposa, riposa; or la terra è silenziosa. Non un suono nel tuo sonno, dolce e calma è questa quiete. or la terra è silenziosa.

Kleines Wiegenlied Nacht schleicht durchs Ghetto schwarz und stumm. Schlaf ein, vergiss an alles ringsum. Schmieg fest dein Köpfchen in meinen Arm, bei Mutter schläft sich’s wonnig und warm. Schlaf, über Nacht kann vieles geschehn, über Nacht kann aller Kummer vergehn. Mein Kind, du sollst sehn: Einst, wenn du erwacht, ist Friede gekommen – über Nacht.

Cammino vagando per Theresienstadt Cammino vagando per Theresienstadt, Piccola ninna nanna La notte s’insinua pian piano nel ghetto nera e muta. Prendi sonno, scorda il mondo tutt’intorno. Abbandona al mio braccio il tuo capo piccino, si dorme di gusto e al caldo con la mamma vicino. Dormi, di notte tanto può avvenire, di notte tutto l’affanno può svanire. Figlio mio, vedrai: un giorno, al tuo risveglio, la pace troverai. Cammino vagando per Theresienstadt Cammino vagando per Theresienstadt, greve il cuore come piombo, finchè brusco il mio tracciato termina, là accanto al bastione. Là, ferma sul ponte, rivolgo lo sguardo alla vallata: quanto vorrei proseguire, quanto vorrei andare ‘a casa’! ‘A casa’ – tu meravigliosa parola, tu mi gravi nel petto, me l’hanno portata via la mia casa, non ne ho più una ora. Mi volto affranta ed esausta, quanto affanno in quel gesto, Theresienstadt, Theresienstadt - ma quando avrà fine il dolore?- quando saremo liberi di nuovo?

Ein Koffer spricht Ich bin ein kleiner Koffer aus Frankfurt am Main und ich such meinen Herrn, wo mag der nur sein? Er trug einen Stern und war alt und blind und er hielt mich gut, als wär ich sein Kind. Seinen Reisekameraden hat er mich oft genannt, ich fühle noch seine behutsame Hand. Ich bin aus echtem Vulkanfiber, man kann es noch lesen, und ich bin früher blank und sauber gewesen. Ich hab meinen Herrn begleitet jahraus, jahrein. Auch diesmal ging ich mit ihm. Jetzt ist er allein. Er war alt und blind, wohin ist er gekommen? Und weshalb hat man mich ihm fortgenommen? Warum bin ich auf dem Kasernenhof geblieben? Sein Name steht doch auf meinem Kleid geschrieben. Nun bin ich schmutzig, mein Schloss hält nicht mehr, man hat mich geplündert, ich bin fast leer. Nur ein Tuch ist noch da, ein Becherl dabei und seine kleine Blindentafel aus Blei. Sonst ist alles fort, die Arzneien, das Brot. Er sucht mich gewiss, vielleicht leider er Not. Es muss recht schwer sein für einen Blinden, mich in dem Stapel von Koffern zu finden. Ich kann es auch so schwer verstehen, weshalb wir hier nutzlos zugrunde gehen. Ich bin ein kleiner Koffer aus Frankfurt am Main, ich möcht zu meinem Herrn, er ist so allein. Kleines Bild Dem schwarzen Totenwagen sehn viele Leute nach. Vier Silbersäulen tragen das reichverzierte Dach. Es trägt nicht stille Tote das düstere Gefährt, wohl hundert braune Brote es durch die Gassen fährt. Der Schnee zerweicht die Erde, der Wind saust übers Land, dem Wagen sind nicht Pferde, nein, Kinder vorgespannt. Sie ziehn die Deichselstange und schreiten nebenher, Schweiβ steht auf Stirn und Wange, ist wohl die Last so schwer? Und kindlich ernst die Miene, die Wangen kälterot, sie müssen schwer verdienen ihr karges, schwarzes Brot. Der Titel zu dem Bilde? Es trägt ihn selbst, o seht, groβ auf dem Wagenschilde »Jugendfürsorge« steht.

Quadretto Al carro funebre nero molte persone rivolgono lo sguardo. Quattro colonne argentate sostengono il tetto riccamente ornato. Non trasporta silenziosi morti il cupo mezzo, ma porta per vicoli centinaia di pani bruni. La neve inzuppa la terra, sui campi sibila il vento, non cavalli, no, trainano il carro, bambini. Tirano la stanga e con passo grave si muovono accanto, c’è sudore su fronte e guancia, ma quel carico pesa tanto? E l’espressione seria dei bimbi, le guance rosse di freddo, se lo devono guadagnare a forza quel loro misero pane nero. . Il titolo per il quadro? Se lo porta da solo, o guardate, grande sul carro un’insegna c’è scritto “Assistenza per giovani bisognosi”.

Die Kartoffelschälerin. Ich schäle Kartoffeln den ganzen Tag mit hundert anderen Frauen. Ich sitze in dem dumpfen Verschlag vom frűhen Morgengrauen. Ich sitze da und höre kein Wort von dem, was die Frauen erzählen. Meine Gedanken sind so weit fort, wenn meine Hände schlälen. Meine Gedanken sind voller Pein bei der Tochter, verschollen in Polen. Die anderen können noch fröhlich sein und scherzen und lachen verstohlen. Die braunen Knollen rollen davon und häufen sich in den Körben. Nach Dachau brachte man meinen Sohn, warum lieβ Gott ihn sterben? Und Stunde um Stunde langsam verrinnt, wund sind und hart meine Hände. Im Typhusspital starb mein Enkelkind, wann nimmt mein Leben ein Ende? Kartoffeln, Kartoffeln, tagaus, tagein, nur schälen, immerzu schälen. Sie schleichen in meine Träume sich ein, um nachts mich noch zu quälen. Die Schalen beleben und ringeln sich und werden zu zischenden Schlangen, sie verfolgen und umwinden mich, bis gnadenlos sie mich gefangen. Und wieder kommt ein neuer Tag und ich sitze im Morgengrauen Kartoffelschälend im dumpfen Verschlag mit hundert anderen Frauen.

La spellatrice di patate Spello patate per l’intero giorno con cento altre donne. Siedo nella baracca ammuffita sin dal primo grigiore dell’alba. Siedo e non sento nulla di ciò che raccontano le altre. I miei pensieri s’allontanano da me mentre le mie mani spellano. I miei pensieri sono colmi di pena per la figlia, scomparsa in Polonia. Le altre possono ancora esser liete e furtive ridere e scherzare. Rotolano e s’ammucchiano nei cesti i tuberi marroni. A Dachau hanno portato mio figlio, perché Dio lo ha fatto morire? E passano lentamente ore e ore, ferite sono e dure le mie mani. Di tifo è morto in ospedale mio nipote, quando finirà la mia vita pure? Patate, patate, giorno dopo giorno solo spellare, spellare all’infinito. E patate s’insinuano nei miei sogni per tormentarmi la notte ancora. Si animano le bucce e si contorcono in serpenti sibilanti, che mi inseguono e in cerchio mi stringono, finché spietati mi catturano. E di nuovo viene un nuovo giorno e siedo al grigiore dell’alba spellando patate nella baracca ammuffita con cento altre donne.

Camminano per la loro strada con passo stanco, Gli affamati Camminano per la loro strada con passo stanco, la fame, la fame, la fame sta loro accanto. Scava il ventre e rode le ossa e si imprime nel viso che infossa. E ciò che nobilita l’uomo e lo onora, la fame, la fame, la fame annienta. La lealtà tradita, i principi violati, la coscienza venduta per del pane indurito. E ciò che né arbitrio né potere realizza, la fame, la fame, la fame forza. Inflessibile orgoglio, spirito altero, come neve si disfano al sole. Prolifera il livore, cresce l’invidia, ciechi si diventa e duri all’altrui dolore. Che valore ha, ciò che il prossimo sente, se la fame scava nel ventre ? Difficile è passar loro innanzi, mentre mendicano ai lati della via. Tuttavia vergogna sia su colui che allontana da sé i più miseri e della propria sazietà non prova imbarazzo.

““Se solo potessi avere Il blu del crepuscolo nella stanza dei piccoli malati Si stinge a ovest il bagliore del giorno, nell’infermeria scivola la luce del crepuscolo, lieve sfiora i letti dei piccoli malati e posa su guance che la febbre arrossa. È l’ora blu delle fiabe e nell’aria è tutto un bisbiglio e un sussurro. “ Oggi in sogno” dice un bimbo, il capo fasciato, “ ero nel paese della cuccagna. Me ne stavo seduto sotto un albero e potevo mangiare e mangiare all’infinito.” “ Che cosa hai mangiato? “ vuole sapere una bambina, occhi grandi su un cuscino colorato, “ Allora, dolci, salsicce e di tutto, beh, tutto quel che si mangia nel paese della cuccagna.” “ Ah, dolci “ borbotta quello con l’ittero, già da giorni a digiuno. “ Quanto vorrei del purè di patate.” “ Ed io”, una vocina squillante, “ Vorrei un uovo” Un’ eco a più voci risuona per la stanza: “Un uovo, tutti noi ne vorremmo uno! È da dieci mesi che non ne mangiamo nessuno e non ce ne ricordiamo più il sapore.” Rauca si leva una voce: “ A casa avevamo un melo, se solo potessi averne un frutto.” Da un angolo della stanza, dal letto del piccolo Heinz malato di tbc, bianche le guance e trasparenti come la neve, arriva la sua voce: ““Se solo potessi avere ciò che a casa lasciavo nel piatto. Non mi piaceva la minestra, la carne e neppure il purè, ogni pasto era un urlo. Ora mamma è malata e papà è morto e io vorrei tanto del pane raffermo.” “ Una volta mio zio”, si vanta la piccola Eva e ride “ mi ha portato un maialino di marzapane.” Peterle trasognato guarda lontano: “Quanto mi piaceva la cioccolata!” “ Macché cioccolata e marzapane!”, lo riprende risoluto il vicino stizzito “Ah, poter mangiare una volta lenticchie, piselli gialli e fagioli in giuste, grandi porzioni !” “ Sì”, interrompe la piccola Ilse con fervore, “e poi ancora tanta verdura, spinaci e cavoli, rape e carote me li mangerei volentieri anche crudi…” Ascolto inosservata i loro discorsi e mi fa male il cuore, c’è del caffè nero per cenare. Giro l’interruttore, chiare risplendono le luci a illuminare scarni visi di bimbi, segnati dalla fame e dagli stenti, dalla dura matita della mancanza di alimenti. A voi, vittime innocenti di una violenza cieca, giunga presto difesa e vi liberi da questa palude di putrefazione per portarvi salvezza e guarigione. Ah, possiate essere di nuovo bambini, con il diritto all’amore e alla luce del sole, alla felicità serena d’una infanzia piena, alle guance tonde e allo sguardo di bagliore. E che possiate mangiare di nuovo a sazietà, voi, poveri bambini di Theresienstadt.

Ingoia le lacrime, soffoca il dolore, non udire insulti e ingiurie, Canto dell’emigrante Ingoia le lacrime, soffoca il dolore, non udire insulti e ingiurie, ma dura sia d’acciaio la tua volontà di superare le estreme difficoltà. Ché tutto andrà bene, ché tutto andrà bene, sopporta paziente l’attesa, confida nel futuro, non perderti di coraggio: Il mondo tornerà un giardino di maggio! Allora cesseranno dissidi, odio e avidità e tutto il dolore finirà, ‘ Fratello Uomo’ ti chiamerà il tuo nemico allora e provando vergogna ti tenderà le mani. E non dovrai più stare in disparte, mentre altri gioiscono e ridono, per te pure il sole sorgerà, per te si sveglierà l’uccellino! Ché tutto andrà bene, ché tutto andrà bene, sopporta paziente l’attesa, confida nel futuro, non perderti di coraggio: Il mondo tornerà un giardino di maggio! Per te il sole splenderà, per te l’albero fiorirà, avrai di nuovo patria e fratelli, il male svanirà come un incubo lontano, e la vita ti renderà felice di nuovo.

LETTERE DEL FIGLIO SOPRAVVISSUTO AI NOSTRI ALUNNI Liebe Frau Baldoni !     Ich habe mich mit ihren Zeilen sehr gefreut und bin Ihnen für alles was Sie getan haben sehr dankbar. Ihre Übersetzungen würden mich sehr interessieren auch wenn mein Italienisch = 0 ist. Ich habe zwar Latein studiert, aber es ist schon lange her und das meiste habe ich   ohne grösseren Problemen vergessen.     Wie haben Sie überhaupt das Buch gefunden ? War es ein Zufall ? Und wie haben Sie meine Adresse gefunden ? Wie alt sind Ihre Schüler?     Ich war neulich wegen einem Film in Theresienstadt Wir haben den ganzen Tag in der Kälte gedreht und als wir Abends nach Prag zurückkamen konnte ich mir gar nicht vorstellen von wo meine Mutter die Kraft genommen oder bekommen hat noch etwas anderes zu tun als sich hinlegen und  schlafen. Dabei war sie vor der Abreise von Prag schwach, kaputt und bereit freiwillig in den Tod zu gehen, wie es mein Vater später beschrieb. In Theresienstadt wurde sie plötzlich ein ganz anderer,starker Mensch.     Ich glaube, Sie müssen sich überhaupt nicht um den Hanserverlag  kümmern, den es geht ja in diesem Fall um ein kleines Heft dass nicht verkauft , sondern gratis  verteilt wird. Deshalb brauchen Sie wenn ich es richtig verstanden  habe  nur meine Genehmigung und die haben Sie. Ich wuerde mich sehr freuen wenn Sie mir Ihre Übersetzung schicken würden. Haben Sie die CD von Bente Kahan gehört ? Wenn nicht würde ich  Ihnen diese Platte gerne schicken sowie ein kleines englisches Büchlein, dass ich geschrieben habe.     Ich wünsche Ihnen und Ihren Schülern ein glückliches und zufriedenes Neues Jahr und bleibe mit herzlichen Grüssen     Ihr                     Hanuš Weber

Liebe Rita Baldoni ! Nicht nur die italienische Post, sondern vor allem Sie und alle die mitgearbeitet haben, haben eine wunderbare Arbeit geleistet!!! Herzlichen Dank !Ich kann leider die Übersetzungen nicht beurteilen, aber die Worte "liegen gut im Mund "wenn man die Verse laut  liest. Alles ist wirklich mit dem Herz gemacht! Bitte danken Sie allen die mitgewirkt haben von mir ! In den nächsten Tagen  sollten  Sie ´mein Büchlein in englischer Sprache bekommen sowie die CD die Bente Kahan von den Liedern meiner Mutter gemacht hat. Jetzt hoffe n wir auf die schwedische und die italienische Post noch ein mal ! Nochmals herzlichen Dank und beste Grüsse an Sie ,Ihre Familie und alle Mitarbeiter ! Ihr Hanus Weber

ALCUNE LETTERE, PENSIERI, RIFLESSIONI DEI NOSTRI ALUNNI INDIRIZZATE AL FIGLIO DI ILSE WEBER IN ITALIANO CON TRADUZIONE TEDESCA Caro Sig. Hanus, noi ragazzi del 1° C del Liceo Classico non abbiamo non potuto che commuoverci di fronte alle parole delle poesie e delle ninnananne. Ci chiediamo come possa la mente umana, la stessa mente che ha creato una civiltà così accurata, aver generato un così tale sterminio. Crediamo che le parole di Sua madre siano uno stimolo a non dimenticare, perché non si può dimenticare. Lieber Herr Hanus, wir Schüler der Klasse 1 C ( 14 Jahre alt) des Humanistischen Gymnasiums konnten durch die Gedichte und Kinderlieder Ihrer Mutter nichts anderes tun als uns tief zu bewegen . Wir fragen uns , wie es möglich war, dass der menschliche Geist, der auch eine so feine Kultur erschaffen hat, gleichzeitig ein solches Verbrechen geboren hat. Wir glauben, dass die Worte Ihrer Mutter eine Anregung sind, das alles nicht zu vergessen, weil man es einfach nicht vergessen kann.

Wir haben gelernt, wie Vögel zu fliegen. Wir haben gelernt, wie Fische zu schwimmen. Wir werden aber nie die Kunst lernen, wie Brüder zu leben. Abbiamo imparato a volare come uccelli. Abbiamo imparato a nuotare come pesci. Ma non impareremo mai l’arte di vivere come fratelli.

…Jeden Tag, jede Stunde und jede Sekunde sollten wir daran denken wie wertvoll es ist ein Bett, ein Zuhause, unsere Freiheit zu haben. … Ogni giorno, ogni ora e ogni secondo dovremmo sempre ricordarci di quanto sia prezioso avere un letto, una casa, una libertà. …. Und wenn es meine Mutter wäre, die hier über den Verlust des Sohnes, des Zuhauses spricht… wie wäre es ? … E se fosse mia madre a parlare, a sentire la mancanza del figlio, di una casa ?

… Man darf nichts vergessen! … Non bisogna dimenticare ! …Durch die Gedichte ist Ihre Mutter nicht wirklich tot, sondern sie lebt in unserem Herzen weiter. …La Sua mamma non è morta veramente, ma continua a vivere nel cuore di chi resta. … Man darf nichts vergessen! … Non bisogna dimenticare !

Als ich “ Wiegala” gehört habe, bekam ich eine Gänsehaut und das weil jede Note für mich eine Träne war, die Tränen der orientierungslosen Kinder, in einer ihnen unbekannten Welt. „ Wiegala“ ist eine so traurig schöne Melodie, die uns an nichts anderes denken lässt, als an die Schönheit und die Freiheit unseres Lebens. Quando ho ascoltato „Wiegala” avevo la pelle d’oca e questo perché in ogni nota per me è stato come sentire le lacrime di ogni bambino che si è sentito smarrito in un mondo a lui irriconoscibile. Wiegala è una melodia così tristemente bella da non far pensare ad altro di quanto sia bella e libera la nostra vita.

Oftmals beschweren wir uns, wenn wir von unseren Eltern kritisiert werden, oder wenn wir wegen unserer Geschwister die Geduld verlieren, oder auch wenn die Freunde nicht so sind, wie wir sie gerne hätten… Leider verstehen wir nicht wie viel Glück wir allein durch die Tatsache haben, dass sie bei uns sind… Tante volte ci lamentiamo se i nostri genitori ci rimproverano, se i nostri fratelli ci fanno perdere la pazienza o se gli amici non sono come noi li vorremmo… purtroppo non capiamo quanta fortuna abbiamo anche solo per il fatto di sapere che sono vicini a noi….

La ringraziamo delle bellissime poesie di Sua madre !!! Wir danken Ihnen für die wunderschönen Gedichte Ihrer Mutter!!! Sie haben uns zutiefst berührt und daran erinnert, wie die menschliche Grausamkeit auch die schwächsten und schutzlosesten Personen treffen kann : die Kinder. La ringraziamo delle bellissime poesie di Sua madre !!! Ci hanno toccato nel profondo del cuore facendoci ricordare come la crudeltà dell’essere umano possa colpire anche le persone più fragili: i bambini.

…Mich hat Ihre Geschichte sehr berührt und es war sehr wichtig für mich einen authentischen Bericht zu hören… …Mi ha colpito molto la sua storia ed è stato molto utile per me sentire una testimonianza autentica… Um diese Fehler nie mehr zu begehen… … Per non sbagliare più …

Ich bin ein 17jähriges Mädchen und mich hat die Tatsache berührt, dass Ihre Mutter, die eigentlich eher schwach im Lager eingetroffen ist, dann eine so außerordentliche Kraft in sich gefunden hat und sie in Hoffnung umgeformt hat. Sie hätte die Situation völlig anders leben können, und sich einfach von den Umständen tragen lassen können, aber sie hat es geschafft zu reagieren, um so das Beste aus so einer Situation zu machen. Sie ist ein Vorbild!

Sono una ragazza di 17 anni e sono stata colpita dal fatto che Sua madre, pur essendo debole appena arrivata al campo, è riuscita a trovare una forza straordinaria in sé e a trasformarla in speranza. Avrebbe potuto vivere la sua situazione in modo completamente diverso, lasciandosi trasportare dagli eventi, invece ha saputo reagire trovando il meglio anche in una situazione simile. E’ una donna da imitare.

Diese Gedichte drücken den eigentlichen Schmerz aus, den man in der Finsternis dieser Tage erlebte… Und durch sie haben wir über die Leidensgeschichte der Kinder nachgedacht. Oft schätzen wir überhaupt nicht, was wir haben und sind damit unzufrieden, wir beschweren uns ständig. Durch die Gedichte haben wir verstanden, dass wir anhalten müssen, um nachzudenken: Hätten wir auch die Kraft gehabt, diese täglichen Schrecken zu bewältigen?

Queste poesie esprimono il vero dolore che si provava nel buio di quelle giornate… e ci hanno permesso di riflettere e di immedesimarci sulla sofferenza di quei bambini… Spesso non apprezziamo e non siamo mai contenti di quello che abbiamo, ci lamentiamo continuamente. Con queste poesie abbiamo capito che dobbiamo fermarci e pensare: Avremmo avuto anche noi la forza di affrontare l’orrore quotidiano?

In jedem Wort, in jeder Note klingt noch das Bild der furchtbaren Grausamkeit nach, die es aber nicht geschafft hat, den Zauber und das Talent einer wunderbaren Frau zu zerstören. Sie hat sich bis zum Schluss ganz und gar den Kindern gewidmet, um sie als höchstes Gut zu schützen. In ogni parola, in ogni nota c’è la testimonianza di un orrore tremendo, ma non sufficiente a distruggere la magia e il talento di una bellissima donna, che ha donato se stessa, fino alla fine, per proteggere il bene per lei più prezioso: i bambini.

Der wieder aufgetauchte Schmerz hat uns sehr getroffen. … Ich verspreche, dass ich alles tun werde, damit so etwas NIE wieder geschieht! … Prometto tutto il mio impegno affinché un fatto simile non succeda MAI più ! Durch die Gedichte , Lieder und Texte Ihrer Mutter haben wir eine uns unbekannte Wirklichkeit kennen gelernt, in der wir glücklicherweise keine Hauptrolle gespielt haben. Der wieder aufgetauchte Schmerz hat uns sehr getroffen. Wir werden nicht vergessen, was der Mensch alles verbrechen kann. Mit Liebe die Klasse 2B

Sentire le poesie, le canzoni e i vari testi di Sua madre hanno portato nei nostri cuori una realtà a noi sconosciuta, in quanto fortunatamente non ne siamo stato protagonisti. Ci siamo sentiti molto toccati dal dolore che ne è emerso, ci impegniamo a non dimenticare il male che l’uomo è stato capace di commettere. Con amore la classe 2B

DISEGNI DEI BAMBINI DI THERESIENSTADT: HELGA WEISSOVA