Il Settore di Higgs del Modello Standard

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Transcript della presentazione:

Il Settore di Higgs del Modello Standard Università di Padova Corso Fisica Subnucleare - II anno laurea specialistica Simonetto/Dorigo, AA 2007/08 Tommaso Dorigo dorigo@pd.infn.it Stanza 3L0, tel. 049-8277230, 349-7267845. http://dorigo.wordpress.com

Sommario PARTE I: La lagrangiana del Modello Standard Introduzione alle simmetrie di gauge Simmetrie esatte, rotte, nascoste Il teorema di Goldstone Rottura della simmetria di gauge e meccanismo di Higgs Lagrangiana del Modello Standard Accoppiamenti, masse e implicazioni La running coupling constant della QCD PARTE II: Fenomenologia del bosone di Higgs e ricerche sperimentali Considerazioni teoriche Correzioni radiative e constraints da fit elettrodeboli Decadimenti Meccanismi di produzione in collisioni elettrone-positrone Meccanismi di produzione ai colliders adronici Ricerche dirette a LEP II e limiti sperimentali Ricerche del bosone di Higgs al Tevatron Apparati sperimentali: CDF e D0 Sezioni d’urto, stati finali accessibili Tecniche sperimentali Qualche esempio in dettaglio Prospettive della ricerca a LHC Produzione a LHC e stati finali promettenti Tecniche di ricerca e prospettive

Testi consigliati F.Halzen, A.D.Martin, “Quarks & Leptons: An Introductory Course in Modern Particle Physics”, Wiley 1984 Cap.14,15 W.E.Burcham,M.Jobes, “Nuclear and Particle Physics”, Longman 1995 Cap.13 R.K.Ellis, W.J.Stirling, B.R.Webber “QCD and Collider Physics”, Cambridge U.P. 1996 Cap. 8, 10, 11 Altri testi utili (livello più avanzato): L.B.Okun, “Leptoni e Quarks”, Ed. Riuniti 1986 Cap.19,20 F.Mandl, G.Shaw, “Quantum Field Theory”, Wiley 1984 Cap. 11,12,13 J.F.Donoghue,E.Golowich,B.R.Holstein “Dynamics of the Standard Model”, Cambridge U.P. 1992 Cap.15

A word of warning Non sono un’enciclopedia Non sono un teorico Dimentico cose, a volte (raramente) dico fesserie – la maggior parte delle volte mi correggo, dopo. A volte potrò dimenticare di spiegarvi con chiarezza dove sto andando a parare: se sentite qualche argomentazione di cui non capite l’origine o l’arrivo, e non vi siete appena svegliati, fermatemi. Non sono un teorico La mia conoscenza dei calcoli teorici soggiacenti ad alcune parti della trattazione è insufficiente o troppo arrugginita Avrete una prospettiva “sperimentale” degli argomenti Per fortuna molti di voi seguono il corso di Feruglio! Mi potrà capitare di non saper o non voler rispondere a qualche domanda ben congegnata: menzione onorevole se si tratta di un punto rilevante, e risponderò alla lezione successiva; altrimenti verrete ignorati se i concetti necessari sono al di là dello scopo del corso. Sono qui per migliorare, come voi Voi imparate quello che spiego (spero), io imparo a spiegarlo meglio– a vostre spese Ogni critica è bene accetta se costruttiva…

Inoltre: A volte andrò molto veloce E’ un segno che considero quello che vedete nelle slides cose già note, non che devo prendere il treno! Se non riuscite a seguirmi potete interrompermi, e in genere vi darò ascolto ma vi potrei anche dire di riguardarvi il materiale per conto vostro A volte ripeterò i concetti più volte Segno che vorrei li apprezzaste A volte salterò qualche slide Potrebbe servirmi ad arrivare in fondo a una lezione, con l’impegno di tornarci al momento opportuno Oppure può darsi che si tratti di materiale superfluo Tutte le slides che vedrete saranno disponibili in rete a fine corso Non prima perché intendo rivederle dopo averle presentate Le slides sono verbose per vostro comodo – dovrebbero risultare leggibili e aiutare chi ha perso una lezione a ricostruirne il percorso In verde ci sono alcuni esercizi per casa Dovrebbero essere alla vostra portata – non spaventatevi! Per stimolarvi, non ve ne darò soluzione immediatamente, ma potrete venire a discuterli con me In ogni caso sono risolti qua e là nei testi citati.

PARTE I La lagrangiana del Modello Standard Introduzione alle simmetrie di gauge Simmetrie esatte, rotte, nascoste Il teorema di Goldstone Rottura della simmetria di gauge e meccanismo di Higgs Lagrangiana del Modello Standard Accoppiamenti, masse e implicazioni La running coupling constant della QCD

Introduzione: Simmetrie di gauge e MS A bassa energia le interazioni forte, em e debole sembrano indipendenti: hanno sezioni d’urto che differiscono di 12 ordini di grandezza  diverse costanti di accoppiamento La speranza di descrivere queste interazioni con un unico campo unificato, ad alta energia, ricevette verso la fine degli anni ’60 una spinta dalla formulazione di GSW dell’unificazione elettrodebole. Il passo teorico più importante in questa direzione è realizzare che le interazioni fondamentali sono invarianti per trasformazioni locali di gauge Per formulare una teoria di gauge bisogna scrivere una lagrangiana che descriva la cinematica e le interazioni fra i campi, e sia invariante sotto trasformazioni di simmetria che permettano la conservazione delle quantità rilevanti: carica elettrica, colore, isospin e ipercarica deboli. Queste quantità sono conservate localmente, per non entrare in conflitto con la relatività speciale. La formulazione lagrangiana ha il vantaggio che dallo studio delle proprietà invarianti di L si arriva naturalmente alle quantità conservate della teoria. La connessione per trasformazioni continue è data dal teorema di Noether.

Invarianza globale di gauge  conservazione carica elettrica L’imposizione di invarianza locale di gauge per la lagrangiana di un campo di Dirac forza l’introduzione di una derivata covariante, e un campo di gauge Am associato al fotone. Si ottiene la lagrangiana di QED Invarianza locale di gauge  introduzione di un campo vettoriale a massa nulla (consistente con il range infinito dell’interazione). Un termine di massa per il fotone romperebbe l’invarianza di gauge per via delle proprietà di trasformazione del campo Am. Questo vale per qualunque bosone vettore. I bosoni deboli non sfuggono alla logica. Se vogliamo invarianza locale di gauge, i bosoni rimangono a massa nulla.

Invarianza di gauge globale La lagrangiana di un elettrone libero è invariante per trasformazioni U(1) globali se vale per arbitrari valori della fase globale L. (Per casa: dimostrarlo usando le equazioni di Eulero - Lagrange) Ciò implica la conservazione di una quadricorrente e quindi della carica elettrica q, integrando nelle coordinate spaziali e usando il teorema della divergenza:

Invarianza di gauge locale e QED La lagrangiana di un elettrone libero rimane invariante per trasformazioni U(1) locali solo se si introduce una corrispondente variazione nella legge di trasformazione delle derivate del campo fermionico, una derivata covariante: definita da in cui il campo vettoriale A trasforma come segue: La lagrangiana che deriva dall’inserimento della derivata covariante D contiene ora un termine di accoppiamento della corrente vettoriale e il campo A: Il termine cinetico del campo A è invariante per la trasformazione vista, ma un termine m2AmAm non è permesso perché non trasforma in se stesso: l’invarianza locale di gauge richiede che la carica conservata sia sorgente di un campo vettoriale privo di massa.

In contrasto con la richiesta formale di bosoni massless nella teoria, l’esistenza di correnti deboli cariche mediate da bosoni vettori massivi è necessaria per evitare divergenze nelle sezioni d’urto di scattering. Esempio: ne-e scattering  s prop. a G2s, mentre l’unitarietà dello sviluppo in onde parziali della sezione d’urto (J=1) implica che s sia minore di 1/s  per s>1/G =9E4GeV2 la sezione d’urto viola l’unitarietà. Invece, se il propagatore del W contiene un termine di massa, esso rende finita la sezione d’urto. Violazione dell’unitarietà nei diagrammi all’ordine più basso e non rinormalizzabilità dei diagrammi ad ordini superiori sono strettamente legate: l’una implica l’altra. In ogni caso, due bosoni W+ e W- non bastano a rendere la teoria consistente: la sezione d’urto del processo di produzione di coppie WW rimane divergente, sia per interazione debole nnWW che e.m. eeWW. n n n e W e e e n

La divergenza del processo nnWW si può neutralizzare con diagrammi mediati da un bosone neutro massivo Z. Esso permette anche di neutralizzare la divergenza del processo elettromagnetico, mediante diagrammi che singolarmente sono divergenti. NB: La predizione di processi con correnti deboli neutre (come lo scattering nm-e), che –se mediati da scambio di un solo bosone vettore dovevano avere sezioni d’urto comparabili a quelli con scambio di corrente carica (come ne-e)- fu uno dei grandi successi della teoria elettrodebole. La cancellazione è possibile solo se gli accoppiamenti ai leptoni dei bosoni W,Z,g sono di intensità confrontabile: g ~ e. Questa unificazione elettrodebole necessita che W e Z abbiano masse dell’ordine dei 100 GeV. Ciò apparentemente è in conflitto con l’invarianza locale di gauge della lagrangiana. Vedremo che l’introduzione di un campo scalare h e un meccanismo appropriato risolvono il problema. In più, h permette la convergenza dello scattering WWWW, che rimaneva divergente (anche se in maniera meno severa degli altri processi discussi sopra).

Ma perché insistere con la gauge locale? Sia i fotoni che i gluoni hanno massa nulla, e questo si sposa bene con la struttura delle rispettive lagrangiane con invarianza di gauge. Per le interazioni deboli, che richiedono bosoni vettori di massa O(100 GeV), questo è invece un problema. Ma perché non dimenticarsi dell’invarianza locale e aggiungere a L termini di massa? Se si fa questo, si finisce in una teoria senza senso, perché ogni quantità calcolabile da essa conterrà divergenze non rinormalizzabili. Esempio: nello scattering fra due elettroni si hanno diagrammi come quello a fianco. Essi contribuiscono all’ampiezza con integrali del tipo Mentre in QED la forma 1/q2 del propagatore dei due fotoni scambiati rende finito l’integrale, per bosoni massivi il risultato diverge, data la costanza del propagatore a q2 grande: Se poi si regolarizza l’integrale introducendo un cut-off, si scopre che altri diagrammi con più loops richiedono altrettanti cut-offs indipendenti. Serve quindi un numero infinito di parametri arbitrari, e la teoria non ha più senso: essa è non rinormalizzabile. e Z q Z e

Rottura spontanea di una simmetria discreta Consideriamo la lagrangiana Con l>0, essa possiede una simmetria discreta rispetto all’operazione di riflessione f  -f. Se prendiamo m2>0, L descrive una particella a spin 0 e massa m; il termine quartico nel campo detta l’autointerazione del campo con vertici a 4 particelle, con un autoaccoppiamento di intensità l. Invece, se prendiamo m2<0, non sappiamo come interpretare il termine f2, perché la massa della particella sarebbe immaginaria. La forma del potenziale nei due casi è mostrata a lato. Mentre per m2>0 lo stato f=0 è un minimo, nel caso m2<0 il minimo del potenziale si ha per

Poiché in fisica delle particelle non siamo in grado di calcolare la fisica esattamente, ma dobbiamo ricorrere a espansioni perturbative attorno a un minimo del potenziale, è opportuno operare una traslazione del campo attorno al minimo: Si ottiene allora una nuova forma per L (che descrive la stessa fisica!): Questa lagrangiana ha un termine di massa del segno corretto per la fluttuazione h(x), mentre i termini di ordine superiore in h rappresentano le autointerazioni del campo. La massa del campo scalare è ricavabile dal termine quadratico: Abbiamo quindi scoperto che nel caso m2<0 L e L’ rappresentano in effetti un campo scalare massivo. In teoria delle perturbazioni L’ fornisce risultati sensati, mentre L no, perché espansioni perturbative attorno a f=0 non convergerebbero.

Alcune considerazioni sulla “rottura” di simmetria La traslazione operata nel campo, che trasforma L in L’, rende nascosta la simmetria: intorno al punto di minima energia L’ non è più invariante per trasformazioni f-f. E’ la presenza di una degenerazione nello stato di vuoto che rende arbitraria la scelta di esso, e di conseguenza nasconde la simmetria originale di L. Tuttavia per valori grandi dell’energia (rispetto alla massa del campo), la teoria ritorna ad avere la sua simmetria per riflessione: in quel caso, la massa della fluttuazione quantistica h(x) non è più rilevante per determinare la fisica, e la simmetria ritorna ad essere apparente. Vi sono in natura diversi sistemi che manifestano lo stesso meccanismo. Sono tutti esempi della stessa situazione: casi in cui è energeticamente favorevole per lo stato fondamentale avere un valore non nullo di un campo. Consideriamo V(f) = ½ m2f2 + ¼ lf4 : i due minimi degeneri si trovano a V<0. Con l’aggiunta di una costante (che non cambia l’equazione dei campi!) si può riscrivere V in modo che il vuoto si trovi a V’=0: V’(f) = ¼ m4/l + ½ m2f2+ ¼ lf4 = ¼ l(f2+m2/l)2. Dai dati sull’espansione dell’universo, l’energia del vuoto è sì negativa, ma estremamente piccola rispetto al valore indicato da V, che per l=1, m=1 GeV vale 1041 GeV/cm3 (da confrontare con 10-6GeV/cm3 che e’l’energia media dell’universo). Dunque è opportuno considerare V’ invece di V.

Simmetrie esatte, nascoste, e rotte A seconda della dinamica della teoria, le simmetrie della funzione L possono manifestarsi in molti modi diversi. Una simmetria di L rimane una simmetia della fisica che ne ha origine. Esempi sono SU(3) di colore o U(1) elettromagnetica La simmetria di L è solo apparente, perché in realtà essa ha un’anomalia. U(1) assiale è un esempio nello SM. Un’anomalia avviene quando una simmetria delll’azione non è una vera simmetria della teoria quantistica corrispondente. Non ce ne occupiamo in questo corso (a parte un accenno nell’introduzione al top quark). La simmetria di L può essere rotta esplicitamente da termini non invarianti. Un esempio è la simmetria di Isospin SU(2) tra u e d, che è rotta dall’elettromagnetismo e dalla differenza di massa dei due quarks La simmetria di L può infine essere nascosta, ovvero l’operazione può lasciare L invariante ma modificare lo stato fondamentale. In questo caso non è apparente la simmetria nello spettro degli stati fisici. Ci sono due modi in cui questo può accadere: Uno o più campi scalari acquistano valori diversi da zero nel vuoto: si tratta di rottura spontanea di simmetria, il cui esempio più lampante è SU(2)L rotta dal campo di Higgs nelle interazioni deboli Quando sono effetti quantistici non presenti nella lagrangiana classica a rompere dinamicamente la simmetria, non si osservano corrispondenti campi scalari. Un esempio è la rottura della simmetria chirale di QCD, SU(2)LxSU(2)R.

Il teorema di Goldstone Consideriamo ora un campo scalare complesso e dunque la forma L è in questo caso invariante per una trasformazione di fase globale feiaf : possiede una simmetria per trasformazioni U(1) e la fisica non dipende da a. Prendiamo l>0, m2<0 ed esplicitiamo la dipendenza di L dalle componenti reale e immaginaria di f: Si vede che in questa formulazione il potenziale V(f) ha un minimo per tutti i valori del campo tali che f12+f22 = v2 = -m2/l . Questa volta abbiamo un’infinità continua di minimi per V, organizzati in una circonferenza di raggio v attorno a f=0. Come nel caso scalare reale, ci troviamo nella necessità di scegliere un valore del minimo attorno al quale operare i calcoli perturbativi per estrarre la dinamica di f da L.

f(x) = [v+h (x)+ix (x)]/2½ Scegliamo espansioni intorno al vuoto f1=v, f2=0 scrivendo f(x) = [v+h (x)+ix (x)]/2½ e sostituiamo l’espressione in L. Otteniamo una nuova forma L’: ove si sono espressi in forma concisa i coefficienti nei termini di autointerazione dei campi. Espressa con x e h L’ possiede due termini cinetici ma un termine di massa solo per h: Il campo x tangenziale alla circonferenza di minimo potenziale non incorre in resistenza dal potenziale per piccole oscillazioni intorno al minimo (v,0), e rimane a massa nulla. E’ la presenza di una degenerazione dello stato di vuoto a mantenere nulla la sua massa. La rottura della simmetria di L ha apparentemente avuto un effetto nefasto, in quanto oltre al campo massivo h che volevamo generare, compare uno scalare massless, h. h è detto bosone di Goldstone.

Il caso considerato è solo un caso particolare di un teorema generale, il teorema di Goldstone: la rottura spontanea di una simmetria continua genera bosoni scalari a massa nulla.  Esercizio per casa n°1: dimostrare che la lagrangiana per tre campi scalari interagenti descrive un campo scalare massivo e due campi scalari a massa nulla. (Hint: trovare l’espressione del minimo del potenziale, e scegliere opportunamente il valore del campo nei dintorni del vuoto.) Quanto visto sembra implicare che la strada che stiamo investigando per dotare la nostra teoria elettrodebole di bosoni massivi è destinata a fallire, in quanto oltre ai bosoni massivi si generano campi scalari a massa nulla che non si osservano in natura: non esistono particelle scalari a m=0! Tuttavia, vedremo che succede qualcosa di diverso quando si applica il meccanismo di Goldstone alla lagrangiana SU(2)xU(1) del modello elettrodebole.

Il meccanismo di Higgs Il modello di Goldstone ora visto si può dotare dell’interazione elettromagnetica tenendo presente il principio di gauge e passando a una simmetria U(1) locale: Prendendo lo stato di vuoto in (v,0) e scegliendo l’espansione la lagrangiana diventa C’è una difficoltà rispetto a prima: il campo scalare h ha ora massa (2lv2)1/2 , x è rimasto a massa nulla, e il campo di gauge Am ha massa qv: questo corrisponde a un grado di libertà in più rispetto alla lagrangiana di partenza! Il grado di libertà in più è però fittizio. Il campo x è in effetti irrilevante per la fisica, e possiamo scegliere un particolare forma per la trasformazione di gauge che lo elimini.

Il che significa che dobbiamo avere Scriviamo allora il campo nella forma modulo*exp(fase): Se ora applichiamo al campo una gauge locale U(1) abbiamo Da ciò segue che le fluttuazioni H’ e q’ trasformano come: E’ quindi chiaro che scegliendo la fase (chiamata gauge unitaria) abbiamo q’(x)=0. I bosoni di Goldstone corrispondono ai quanti del campo q(x): attraverso la scelta della gauge, li abbiamo eliminati dallo spettro della teoria! Il che significa che dobbiamo avere NB: nel caso del campo scalare complesso con L invariante per U(1) globale eia, nessuna scelta della fase costante a può cancellare Il campo x(x), qui invece la simmetria per fasi L(x) dipendenti da x ce lo permette!

E’ chiaro che i bosoni di Goldstone sono oscillazioni nel parametro che distingue diversi stati di vuoto: la fase qL(x). Scegliendo la gauge unitaria abbiamo rimosso il grado di libertà non voluto. Usando le regole di trasformazione del campo scalare e del campo di gauge per U(1) locale, con la scelta della fase vista sopra: possiamo allora riscrivere la lagrangiana: Come promesso, L non contiene traccia della fase q(x). La trasformazione di L in una forma che esplicita il trasferimento di gradi di libertà associati a bosoni di Goldstone a componenti longitudinali di bosoni vettori è noto come meccanismo di Higgs. Quello visto sopra è il caso U(1).

Il meccanismo di Higgs in SU(2) Prendiamo ora in considerazione la rottura spontanea della simmetria locale di gauge del gruppo SU(2)L. Questo gruppo non è scelto a caso, ma è il punto di arrivo dell’indagine di Glashow, Salam e Weinberg per inserire in una teoria di gauge i bosoni vettori massivi W. Il fotone arriverà includendo U(1)... Si parte da una lagrangiana che descrive un doppietto di campi scalari: 4 gradi di libertà. Ci servono 3 di essi per dotare i bosoni vettori della teoria GSW di massa… Scriviamo i campi come segue: Sotto una trasformazione SU(2) globale dei campi f, L è chiaramente invariante. Per renderla localmente invariante introduciamo un parametro di gauge L(x) e rimpiazziamo la derivata con una covariante: W è un tripletto di campi di gauge e per rotazioni infinitesime di SU(2) trasforma come

Con l’introduzione della derivata covariante, la lagrangiana diventa L’ultimo termine rappresenta l’energia cinetica dei campi di gauge, prodotto dei tre tensori Wmn: Se ora poniamo come al solito l>0, m2<0, il potenziale ha un minimo in Scegliamo ora f32=v2, “nascondendo” la simmetria SU(2) nello stato di vuoto. Possiamo allora espandere il campo nell’intorno del vuoto scelto, scegliendo una fase tale che Il meccanismo è lo stesso di quello visto nel caso U(1): possiamo scegliere la direzione degli assi di isospin in ogni punto x dello spazio-tempo per allineare f(x) lungo la direzione scelta, effettuando una rotazione SU(2) diversa a seconda di x. Il campo, scritto nella forma esponenziale * fase, può essere ridotto scegliendo la gauge, come visto prima. Inserendo nella lagragiana l’espansione di f intorno al vuoto, troviamo E’ ora chiaro che L descrive un campo massivo con mH=(2lv2)½ e tra campi di gauge massivi con mW= ½ gv.

La lagrangiana del Modello Standard Il passo finale per scrivere una lagrangiana delle interazioni elettrodeboli con tre bosoni vettori massivi e un fotone a massa nulla consiste nel considerare il gruppo SU(2)LxU(1)Y e richiedere la gauge invarianza locale indipendentemente ai due sottogruppi. Per campi fermionici L si scrive allora In questa formulazione tutti i campi hanno ancora massa nulla. Termini di massa per i fermioni rompono anch’essi l’invarianza di gauge di SU(2)L. Aggiungendo a L i termini relativi a un doppietto di scalari complessi in forma di doppietto di isospin debole con ipercarica Y=+1, con la derivata covariante e scegliendo il vuoto e la sua espansione come al solito, troviamo che la lagrangiana dei campi bosonici contiene ora i termini

I campi W3 e B sono mescolati dalla scelta della gauge unitaria I campi W3 e B sono mescolati dalla scelta della gauge unitaria. Possiamo disaccoppiarli con la combinazione lineare dove abbiamo anche definito tan(qW)=g’/g. Con questa sostituzione si trova (sempre trascurando i termini di interazione): La rottura di SU(2)xU(1) ha dato vita precisamente allo spettro che volevamo: un bosone scalare massivo, due W e una Z massivi, e un fotone a massa nulla. All’inizio avevamo 8 gradi di libertà dai bosoni vettori e 4 dal doppietto scalare di higgs. Ora abbiamo tre bosoni massivi (3x3=9 gradi di libertà), uno massless (2 g.l.) e un bosone scalare di Higgs.I conti tornano! Con la scelta Y=1 per il doppietto scalare, esso ha due componenti, una carica (Q=1) a I3= ½ e una neutra (Q=0) a I3=- ½ perché Q=I3+Y/2. E’ chiaro che solo la componente neutra può assumere un v.e.v. non nullo – le fluttuazioni del vuoto non generano carica!

Considerazioni aggiuntive Possiamo trovare una simmetria residua del vuoto, descritta da un sottogruppo del gruppo SU(2) LxU(1)Y ? In tal caso il bosone di gauge associato rimane a m=0, come sempre. In effetti se applichiamo Q allo stato di vuoto troviamo Qf0=(I3+Y/2) f0=0 per cui il vuoto che abbiamo scelto è effettivamente invariante per una U(1) locale generata da Q: Dei quattro generatori, I e Y, solo la combinazione Q lascia il vuoto invariante. Il fatto che il fotone rimanga a massa nulla non è una previsione del modello, ma è implicita nella scelta di uno stato di vuoto a carica nulla. Usando la massa MW= ½ gv, e il valore misurato della costante di Fermi e della costante di struttura fine, troviamo: La massa del bosone di Higgs dipende dal parametro lambda, e non è prevista dal modello. Vedremo che v è curiosamente vicino a 2½ Mtop più avanti…

La massa dei fermioni La lagrangiana dei campi di Dirac non ammette termini di massa se si vuole mantenere l’invarianza di gauge. Per campi di Dirac i termini di massa sono scrivibili come Se ricordiamo le assegnazioni di isospin e ipercarica debole: vediamo che il doppietto scalare scelto per descrivere il campo di Higgs ha proprio i valori “giusti” per accoppiare fermioni left e right: Possiamo allora aggiungere alla lagrangiana il termine gauge-invariante H(I= ½,Y=1) eL(I= ½,Y=-1) eR(I=0,Y=-2)

Scegliendo il vuoto e le sue fluttuazioni come al solito, la lagrangiana viene a contenere termini del tipo ove è facile identificare con la massa dell’elettrone il termine In L notiamo anche il termine di accoppiamento di H al campo fermionico: esso è proporzionale alla massa del fermione. Questo fatto è importante per capire la fenomenologia del bosone di Higgs (lo vedremo più avanti). Va notato che il meccanismo di Higgs, che ci è servito a dotare di massa i bosoni vettori W e Z – ottenendo una teoria rinormalizzabile e coerente – ci “regala” automaticamente termini di massa anche per i fermioni. Assieme a questi abbiamo dovuto comprare anche i termini di accoppiamento, che infatti sono proporzionali a m. Tuttavia, i valori delle masse sono arbitrari, e rimangono parametri della teoria.

Masse e accoppiamenti Quanto visto sopra per i leptoni carichi si può estendere ai quarks e le masse di questi dipendono anch’esse dal valore di v e da costanti incognite g. In termini del v.e.v. del campo di Higgs, sviluppando il termine quadratico negli spinori le masse dei fermioni si scrivono mf = 2-½ gfv. I valori degli “accoppiamenti di Yukawa” gf dell’Higgs ai fermioni coprono un vasto range di valori: Il Modello Standard non solo non predice il valore dei parametri g, ma non ne spiega l’ampio range. Inoltre, la quasi esatta coincidenza di gt con 1 è un’osservazione di grande interesse…

Esercizio per casa n°2 Partendo dalla parte di interazione nel termine cinetico del campo scalare espresso per mezzo della derivata covariante SU(2)xU(1): sostituire il campo scalare nell’intorno del vuoto , arrivando ad esprimere i termini di massa e di interazione per mezzo degli stati ruotati relativi ai bosoni fisici W+,W-,Z, e ottenere i termini di massa e accoppiamenti del W,Z, e fotone. Commentare sulle intensità relative e la presenza o assenza di termini relativi agli accoppiamenti fra queste particelle, e le implicazioni. Ricordando che le larghezze sono proporzionali al quadrato degli accoppiamenti al vertice, usare i valori ottenuti per prevedere il rapporto fra le larghezze di decadimento (Hint: il termine da sviluppare è usando anche: e le relazioni fra A,Z e B,W3)

QCD nel Modello Standard Finora abbiamo ignorato le interazioni forti. Esse possono essere introdotte in modo diretto secondo lo schema della QED, con alcune importanti differenze. La QCD è basata su una simmetria esatta, SU(3) di colore, che governa le traformazioni della fase dei campi di colore dei quarks: I generatori di SU(3) non commutano tra loro, e questo porta a un’autointerazione dei gluoni, come per i bosoni vettori deboli: Come per la QED, se si parte da una lagrangiana per quarks colorati e liberi e si impone invarianza SU(3) locale, si è forzati a introdurre una covarianza della derivata, con otto campi vettoriali G (corrispondenti agli N2-1=8 generatori) che trasformano in modo covariante, e i relativi termini cinetici:

La lagrangiana ora vista descrive quarks colorati e gluoni La lagrangiana ora vista descrive quarks colorati e gluoni. Otto gluoni sono necessari a compensare le variazioni arbitrarie nelle fasi La(x)dei tre campi di colore dei quarks in ogni punto dello spaziotempo La SU(3) di colore è una simmetria esatta della natura: i gluoni hanno massa nulla come il fotone I gluoni hanno autointerazioni, a causa della natura non abeliana di SU(3) che ha introdotto nella lagrangiana di QCD i termini misti attraverso le espressioni La costante gs determina l’intensità delle interazioni forti e copre il ruolo di “carica” del campo di colore. Si noti però come essa è sempre associata alle costanti di struttura di SU(3): questo implica diversa intensità per i diversi accoppiamenti qg e gg. Infine, la natura non abeliana del gruppo SU(3) ha un effetto sulla dipendenza dal quadrimomento trasferito della costante di accoppiamento forte as=gs2/4p. Studieremo questo effetto nel seguito.

“Running coupling constant”: aS(Q2) La costante di accoppiamento aS e’ dipendente dal momento trasferito nel processo: aS= aS(Q2). Tale dipendenza e’ dovuta alle correzioni perturbative di “ordine superiore” (nella costante di accoppiamento) al propagatore del mediatore dell’ interazione (il gluone, per la QCD): L’ effetto e’ analogo alla “rinormalizzazione” della carica elettrica in QED, ma con alcune importanti differenze che vedremo.

Rinormalizzazione della carica elettrica in QED: aQED(Q2) In QED, l ‘ ampiezza di scattering, ad esempio, e-e-  e-e- , completa a tutti gli ordini perturbativi e’ data dai diagrammi: km ega egm q p egn egb kn ~ e2a ~ e4a2 ~ e6a3 Il propagatore nell’ elemento di matrice di transizione viene modificato; limitandoci al 2o termine in a2: dove il “loop fermionico” nel propagatore e’ calcolabile integrando su tutti i possibili 4-impulsi p del fermione

L’integrale è e si ottiene con: (a0=e2/4p) L’integrale diverge per |p| (“divergenza ultravioletta”) e viene controllato da un parametro di cut-off L, che verrà riassorbito, come vedremo, nella ridefinizione (“rinormalizzazione”) della carica elettrica. In definitiva, si ha la seguente modifica nel propagatore introdotta dal 2o termine perturbativo: e l’ ampiezza di transizione e’ esprimibile in termini dell’ ampiezza A0(q2) calcolata dal diagramma ‘lowest order’ (anche detto “tree-level”) dove per comodità si e’ introdotto:

Inserendo i contributi negli ordini successivi (diagrammi a più loops), si ottiene la serie geometrica: L’ ampiezza completa a tutti gli ordini perturbativi è esprimibile tramite l’ ampiezza al primo ordine in a , moltiplicata per la costante di accoppiamento “rinormalizzata”: (1) ossia:

Rinormalizzazione in QED: aQED(Q2) Va notato inoltre che a priori la ridefinizione della carica elettrica è affetta anche dai contributi “esterni” al propagatore fotonico: Tuttavia si dimostra, come conseguenza della invarianza di gauge della teoria, che i contributi (b) + (c) si cancellano col contributo (a) (identità di Ward in QED; estesa alle teorie di gruppo non abeliane (e.g. la QCD) da Slavnov-Taylor) L’ invarianza di gauge di una teoria di campo è essenziale per garantirne la rinormalizzabilità, ossia la possibilità di riassorbire le divergenze ultraviolette in un’unica ridefinizione della costante di accoppiamento.

Rinormalizzazione in QED: aQED(Q2) Negli esperimenti, ciò che si misura è a(Q2) ad una certa scala di momento trasferito (ad esempio, nello scattering Thomson e-e-  e-e- o nell’ esperimento che misura il Lamb-shift nella struttura iperfina dell’atomo di idrogeno : a(Q2 =m2 1eV)=1/137 ). Queste misure vanno correlate con le misure a scale diverse (ad esempio Q2 = MZ2 = (91 GeV)2 ); dalla (1) si ottiene (2) La relazione tra i due valori è dunque esattamente predetta dalla teoria ed è indipendente dalla divergenza ultravioletta (il valore di cut-off L nell’ integrale dei loop fermionici interni al propagatore del fotone) che è riassorbita nella costante di accoppiamento rinormalizzata. Invertendo la precedente si ha

Rinormalizzazione in QED: aQED(Q2) La “costante” di accoppiamento e’quindi una “running coupling constant”; In QED, essa cresce logaritmicamente con l’ impulso trasferito. [ Qualitativamente, la cosa può essere spiegata dalla “polarizzazione del vuoto”: le coppie virtuali e+e- che si formano agiscono come i dipoli di un dielettrico, schermando la carica elettrica “nuda” . Quanto più ci si avvicina ad essa, aumentando il momento trasferito nello scattering, tanto maggiore e’ la carica elettrica ‘vista’ nell’ interazione.] A Q2=MZ2104 GeV2 : e- e+ e- e-

QCD: as(Q2) In QCD il meccanismo e’ analogo, ma con l’ importante differenza che i gluoni sono portatori di carica di colore: non esiste il corrispettivo in QED Risulta che il loop gluonico contribuisce per un fattore (11/4p)ln(Q2/L2) e per ognuno degli nf quarks che alla scala di Q2 considerata possono essere creati (mf2< Q2/2) vi e’ un fattore –(1/6p)ln(Q2/L2). In definitiva per la costante di accoppiamento forte si ha: (3) dove si e’ posto nf=5 (ci sono 5 flavours di quark: q = u,d,s,c,b , se si considerano le scale m2,Q2>mb225 GeV2)

QCD: as(Q2) La “costante” aS decresce col momento trasferito (libertà asintotica”), e varia molto più rapidamente di aQED. Dallo studio dello spettro degli stati legati del charmonio (stati legati ): aS(mc2  (3GeV)2)  0.25 Allora: [ in realtà si dovrebbe calcolare una doppia propagazione: a(mc2)a(mb2) con b0(nf=4)=0.66, e a(mb2) a(mZ2) con b0=0.61; la differenza e’ piccola ] Tale predizione è verificata molto bene sperimentalmente (dalle misure di aS(MZ2) ottenute, ad esempio, dalla forma degli eventi di decadimento adronico della Z: Z  qq ; tale forma dipende dal numero di gluoni irradiati dai quarks nello stato finale, che dipende da aS).

as(Q2) e LQCD La dipendenza (3) di aS(Q2) può essere riformulata introducendo il parametro dimensionale LQCD : (4) dove: ovvero Con tale definizione, si trova e in definitiva relazione che permette di calcolare aS senza alcun riferimento ad una scala prefissata m2 (ovviamente LQCD viene determinata dalla misura di a(m2) ad una certa scala; il ‘best fit’ ai dati dà LQCD= (20515) MeV)