ECF ElectroChemical Fluorination Corso di Tecnologie del Fluoro e dei materiali organici fluorurati Prof. Walter Navarrini Andrea Zanzi, matr. 720793 Milano, 18 giugno 2008
Bibliografia G. G. Furin, G.P. Gambaretto: “Direct fluorination of organic compounds” cap. 4, pagg. 136 – 192 R. E. Banks, B. E. Smart, J. C. Tatlow: “Organofluorine chemistry – Principles and commercial applications” cap. 5, pagg. 121 - 140
Panoramica I composti organici perfluorurati hanno trovato in questi ultimi anni interessanti applicazioni in molti campi tra cui, in particolare, quello biomedico; alcuni di questi composti, infatti, sono componenti importanti per il sangue artificiale. Godono di diverse proprietà che li rendono particolarmente adatti anche a questi usi: Sono chimicamente e termicamente stabili Non sono tossici Non hanno odore Sono inerti alla combustione e all’esplosione Non reagiscono con i metalli Sono più volatili degli analoghi composti idrogenati Possiedono ottime proprietà dielettriche
ECF: perché? La ECF presenta notevoli vantaggi: Si può usare HF commerciale come agente diretto di fluorurazione La reazione di fluorurazione avviene in un solo passaggio Si riescono a preparare facilmente anche composti funzionalizzati e composti ciclici completamente fluorurati Le apparecchiature necessarie al processo sono semplici È un processo particolarmente adatto a sostanze contenenti azoto, zolfo o fosforo, che sono più facilmente solubili in HF e sono più stabili grazie alla maggiore energia dei legami C-N e C-S rispetto ai legami C-C o C=C
Il rovescio della medaglia La ECF presenta però alcuni notevoli problemi: La bassa resa, a causa principalmente della reazione di scarica dell’acqua che, peraltro, è difficile da eliminare del tutto dall’ambiente di reazione, dato che HF è altamente igroscopico La scarsa solubilità degli idrocarburi in HF, cosa che li rende poco suscettibili alla ECF, a meno di aggiungere additivi adeguati Grandi quantità di scarti, classificabili in: composti con PM inferiore al previsto (10-15%), con, di conseguenza, punto di ebollizione e viscosità più bassi; composti idrogenati o insaturi (11-18%), instabili e reattivi; tar (1-3%) che aumentano la viscosità e peggiorano le proprietà dielettriche; composti contenenti legami tra F e elementi diversi da C (<3%), che sono dei forti ossidanti e possono ridurre la vita del prodotto finale.
Metodo Simons - 1 La ECF nasce ad opera del chimico americano Joseph Simons, della Pennsylvania State University; L’industria 3M ottiene la licenza della ECF nel 1946 e entro il 1952 i prodotti perfluorurati ottenuti tramite questa via cominciano a essere redditizi. Nel processo Simons le molecole organiche sono sciolte in HF anidro e fluorurate all’anodo, di solito fatto di Nichel, di una cella elettrochimica. Tutti gli atomi di idrogeno sono sostituiti da atomi di fluoro. La cella è costruita in materiale resistente a HF, e gli elettrodi sono immersi in un bagno di HF; le sostanze organiche solubili in quest’ultimo vengono protonate e fungono da elettroliti. I prodotti di fluorurazione generalmente non sono solubili in HF e si depositano sul fondo della cella, a causa della loro maggiore densità.
Anodo: CmHn + nHF → CmFn + 2nH+ + 2ne- Metodo Simons - 2 La frazione di prodotti volatili esce dalla parte superiore della cella e attraverso un condensatore vengono recuperati i prodotti perfluorurati, mentre l’idrogeno prodotto al catodo e gli altri incondensabili lasciano il condensatore e attraversano un letto di NaF (in alternativa subiscono un lavaggio con NaOH o KOH) per rimuovere il HF ancora presente. Infine un lavaggio con una soluzione acquosa di KI o Na2SO3 serve a rimuovere impurezze; ad esempio sostanze ossidanti come OF2. La cella può lavorare sia in continuo che in batch e le variabili di processo più importanti sono la temperatura, la pressione, la concentrazione del substrato, il voltaggio della cella e la densità di corrente. Anodo: CmHn + nHF → CmFn + 2nH+ + 2ne- Catodo: 2nH+ + 2ne- → nH2
Metodo Simons - 3
Metodo Simons - 4 Solitamente si opera a una temperatura inferiore alla temperatura di ebollizione di HF, voltaggio compreso tra 4.5 e 7.0 V, con densità di corrente intorno ai 2 A/dm2 e concentrazione del substrato organico inferiore al 16 % in peso. Altre configurazioni di impianto prevedono reattori con elettrodi cavi, porosi, a cilindro o a disco. In alternativa al Nichel si usa occasionalmente Platino per gli anodi e acciaio per i catodi
Film anodico All’inizio della reazione sull’anodo si forma un film passivante di fluoruro di Nichel di spessore variabile, responsabile del trasferimento di elettroni tra l’elettrodo e la soluzione elettrolitica; l’addizione della sostanza organica produce significativi, ancorché poco noti, cambiamenti nel film. Dopodiché inizia la fluorurazione del substrato, spesso preceduto da un periodo di induzione: la sostanza organica diffonde attraverso il film, si adsorbe e viene fluorurata; quindi desorbe e controdiffonde per tornare nel bulk di elettrolita. Infine la ECF finisce con un significativo calo nella corrente, associato all’esaurimento di substrato o alla presenza di tar sull’anodo, causato, si pensa, dall’associazione di radicali presenti.
Meccanismi - 1 Sono stati ipotizzati numerosi meccanismi per spiegare la ECF, e gli studi in questo senso sono resi problematici a causa della difficoltà nel maneggiare HF anidro. Simons ha proposto un meccanismo radicalico, secondo cui il primo atto di reazione è l’ossidazione di F- dare radicali F. all’anodo; l’ossidazione è poi seguita dalla sostituzione omolitica degli atomi di idrogeno a formare il composto perfluorurato. Secondo un altro meccanismo gli agenti di fluorurazione sarebbero i fluoruri di Nichel (NiF3 e NiF4) formatisi all’anodo; o ancora si è ipotizzato che la fluorurazione possa procedere attraverso dei complessi formati dai composti organici di partenza a causa dell’elettrolisi in HF sull’anodo di Nichel, del tipo (RH)2NiF6 o (RH)3NiF6 , dove R è il substrato idrocarburico da fluorurare
Meccanismi - 2 Secondo un’altra teoria ancora la ECF procederebbe attraverso l’indebolimento del legame C-H a causa di ponti idrogeno fra l’idrogeno legato al carbonio e HF, seguita dalla formazione del legame C-F attraverso l’introduzione di uno ione F- presente sull’elettrodo. L’uscita dell’idrogeno è favorita dall’ingresso dello ione fluoruro altamente elettronegativo e successiva formazione del legame C-F In seguito la molecola perfluorurata desorbe dall’elettrodo.
Meccanismi - 3 In generale il meccanismo appena introdotto è in accordo con il meccanismo ECbECN in 4 stadi, proposto da alcuni studiosi, secondo il quale un’ipotesi di ossidazione dello ione F- a radicale F. e l’origine non ionica del legame C-F sarebbero da escludere; i 4 stadi sono: 1. La molecola adsorbita sull’anodo è sottoposta a ossidazione fino a ottenere il corrispondente catione radicale (E) 2. Il catione radicale elimina un protone (Cb) 3. Il radicale così formato si ossida a catione (E) 4. Il catione lega uno ione fluoruro (CN)
Meccanismi - 4 Lo studioso I. Rozhkov ha invece proposto un altro meccanismo secondo il quale il catione radicale, formato in seguito all’ossidazione della molecola organica adsorbita sull’anodo, reagirebbe direttamente con uno ione fluoruro, diventando così un radicale. Il radicale quindi subirebbe un ossidazione a catione prima di eliminare un protone.
Processo CAVE – Phillips per la ECF - 1 Questo processo è stato inizialmente sviluppato alla Phillips Petroleum Company; per la 3M invece è noto come CAVE (Carbon Anode Vapor phase Electrochemical fluorination). L’elettrolita in questo caso è il KF.2HF, prodotto aggiungendo con cautela HF anidro al KF.HF solido (la reazione è vigorosa!), finché la miscela non contiene da 20.7 a 20.9 meq di HF per grammo. La cella elettrolitica è costituita di acciaio, che in quest’ambiente è poco soggetto a corrosione; la cella stessa è il catodo, mentre l’anodo è immerso nella cella e costituito da carbone poroso. Tutta la cella è incamiciata, con un fluido di raffreddamento nella camicia per tenere sotto controllo la temperatura.
Processo CAVE – Phillips per la ECF - 2
Processo CAVE – Phillips per la ECF - 3 La soluzione elettrolitica di KF.2HF solitamente bagna il carbone poroso, a meno che questo non costituisca l’anodo di una cella elettrolitica; durante lo startup del sistema il carbone poroso è bagnato dall’elettrolita e l’alimentazione bypassa l’anodo. Infatti ciò costituisce un percorso a minore energia piuttosto che andare a riempire i pori dell’anodo; quando invece il voltaggio aumenta la soluzione elettrolitica non bagna più l’anodo e il fenomeno di bypass cessa, poiché a questo punto il percorso a energia più bassa accessibile al substrato consiste nel sostituire il KF.2HF, penetrare nell’anodo e attraversare il network poroso di quest’ultimo, dove avviene la fluorurazione. Durante la fase di startup avviene probabilmente la formazione di un film di CFx, a seguito della quale il voltaggio della cella aumenta perché l’energia richiesta a una molecola per giungere sull’anodo in presenza di questo film è maggiore rispetto alla situazione in assenza del film.
ECF di composti organici contenenti eteroatomi È possibile effettuare anche la ECF di composti organici contenenti atomi diversi da Carbonio e Idrogeno, in particolare di composti azotati, ossigenati e solforati, che possiedono dei doppietti elettronici di non legame e che, proprio per questo motivo, presentano una migliore solubilità in HF. A seguito del processo gli eteroatomi di questi composti cambiano molto spesso la loro valenza.
Fluorurazione elettrolitica in solventi organici L’utilizzo di solventi organici è un metodo per rendere la ECF più economica ed efficiente, soprattutto nel caso di molecole organiche contenenti eteroatomi (azoto, ossigeno e zolfo). Si osserva una certa stereoselettività nella fluorurazione.
Meccanismo Il meccanismo ipotizzato per la monofluorurazione di questi composti prevede l’ossidazione del substrato a formare un catione radicale, che poi può alternativamente eliminare un protone oppure reagire con un nucleofilo.
Monofluorurazione anodica di composti organici contenenti Selenio
Un esempio Nella fluorurazione dei polimetil benzeni, effettuata usando acetonitrile (CH3CN) come solvente e Et4NF.3HF come elettrolita il primo stadio della reazione è, al solito, l’ossidazione del substrato a formare un catione radicale che quindi reagisce con un nucleofilo (lo ione H3F4-). La resa della reazione dipende dalla concentrazione di ioni fluoruro in soluzione e dalla stabilità del catione intermedio: passando da toluene a esametilen benzene la stabilità cresce e la resa in prodotti fluorurati sale da circa zero fino a 88 %. Interessante è anche la fluorurazione di composti come la tiourea che, in KF.2HF a 120° C su anodi di Carbonio porta alla distruzione della molecola di partenza, liberando una gran quantità di prodotti, tra cui soprattutto CF4, NF3, CO2, COF2, SF6, N2O, SO2F2 e zolfo elementare.
Ammine - 1 Le ammine terziarie contenenti fluoro sono di interesse commerciale come fluidi refrigeranti e dielettrici, oltre che in campo biomedico come potenziali anestetici e soprattutto agenti di trasporto di ossigeno o CO2 per il sangue artificiale. Queste ammine fluorurate sono infatti chimicamente inerti, poco tossiche e sciolgono grandi quantità di gas (in particolare ossigeno, fino a oltre il 40%, a 37° e 1 atm), comportandosi quindi come i globuli rossi. Emulsioni di queste ammine agiscono quindi come il sangue. Il metodo convenzionale di preparazione di queste ammine è la ECF delle corrispondenti ammine idrogenate che, grazie alla ricchezza di elettroni sono ben solubili in HF; con questa via non è tuttavia possibile sintetizzare derivati insaturi. La resa è però accettabile solo partendo da ammine terziarie tipo N(CH3)3; altri problemi sono la grande quantità di prodotti parzialmente fluorurati e il carattere instabile del legame N-F (potenzialmente esplosivo).
Esempio Sperimentalmente è stato osservato che la resa migliora aumentando la concentrazione iniziale dell’ammina e aumentando la temperatura. L’effetto dell’aumento della densità di corrente è minore sull’incremento di resa, ma diminuisce sensibilmente i tempi di reazione ed è, di conseguenza, un importante parametro per ottimizzare l’efficienza del processo.
Ammine - 2 Nella ECF di composti del tipo (CH3)2NR, con R = gruppo alchilico, la resa del prodotto perfluorurato diminuisce all’aumentare della lunghezza della catena idrocarburica, per rottura del legame C-N; se R è un radicale ciclico può avvenire apertura del ciclo e isomerizzazione.
Ammine - 3 Nella ECF di composti del tipo (CH3)NR1R2, con R1 e R2 = catena alifatica, si verifica anche una β frammentazione del gruppo alchilico, tanto maggiore quanto maggiore è la lunghezza di R.
Ammine sostituite - 1 La presenza di un gruppo carbossilico come sostituente in una trialchil-ammina non cambia il carattere del prodotto; ad esempio eteri di acidi carbossilici contenenti il gruppo amminico in β (esempio R2NCH2COR) si convertono ai corrispondenti composti perfluorurati mantenendo inalterata la struttura. Tuttavia se il gruppo amminico si trova in posizione α si osserva una scissione della catena idrocarburica con possibile formazione di cicli contenenti ossigeno. È possibile anche usare i corrispondenti acidi carbossilici che, in HF, si convertono ad acil fluoruri
Ammine sostituite - 2 Gli acidi perfluoro carbossilici contenenti azoto sono usati per produrre composti idro/olio repellenti, e in generale hanno le stesse applicazioni degli acidi perfluorocarbossilici. Tuttavia l’introduzione dell’azoto labilizza il legame C-F in α al gruppo perfluoro alchilico, rendendo il materiale più facilmente degradabile e diminuendo quindi il suo impatto ambientale. Inoltre questi acidi, o meglio i loro sali, sono la base per la sintesi delle perfluoro vinilammine:
Meccanismo
Ammine sostituite - 3 Le ammine insature possono poi essere a loro volta sottoposte a ECF; si ottengono principalmente perfluoro ammine sature e, come sottoprodotto, ammine cicliche perfluorurate.
Composti ciclici contenenti azoto - 1 Tramite ECF è possibile anche ottenere composti perfluorurati eterociclici, con, cioè, atomi diversi (l’azoto in questo caso) all’interno del ciclo. Durante la fluorurazione avvengono anche fenomeni di riarrangiamento dei gruppi alchilici, con conseguenti frammentazioni e isomerizzazioni. Ciò fa pensare a degli intermedi di reazione di tipo radicalico. La ECF dei derivati di morfolina, piperidina porta ai corrispondenti perfluorurati, con molti sottoprodotti derivanti soprattutto da reazioni di frammentazione e apertura o contrazione dell’anello; tuttavia è stato osservato che l’apertura dell’anello interessa solo i cicloalcani, mentre la contrazione dell’anello avviene solo nei cicli a 6.
Composti ciclici contenenti azoto – 2
Composti ciclici contenenti azoto - 3
Composti ciclici contenenti azoto - 4 La ECF può essere effettuata anche su composti biciclici contenenti azoto, anche se si osserva una resa piuttosto scarsa; le cose migliorano se si parte da composti già parzialmente fluorurati.
Composti contenenti ossigeno 1 Gli eteri perfluorurati trovano largo impiego in vari settori, come fluidi per pompe da vuoto, o come componenti del sangue artificiale, ad esempio. Gli eteri perfluorurati si preparano con buone rese per fluorurazione dei corrispondenti eteri idrogenati; in particolare la resa peggiora all’aumentare del numero di atomi di carbonio nei gruppi alchilici. Inoltre si ha formazione di composti a basso peso molecolare per ricombinazione e isomerizzazione dei composti ad alto peso molecolare
Composti contenenti ossigeno 2 Nella ECF di eteri contenenti cloro si è notato che il cloro non viene eliminato, se si trova legato al carbonio in posizione β; tuttavia la resa globale del processo è comunque bassa (15 – 25%), dal momento che il substrato è sottoposto a pesante frammentazione. Anche in questo caso l’introduzione di fluoro nel substrato di partenza stabilizza la molecola. L’effetto stabilizzante del fluoro è maggiore di quello indotto dal cloro, che però stabilizza più del semplice idrogeno (F > Cl > H). Nel caso di eteri insaturi si osserva inizialmente la reazione di addizione e quindi la fluorurazione. Si può assumere che i processi avvengano per via radicalica, con l’idrogeno e il cloro gradualmente sostituiti dal fluoro.
Composti contenenti ossigeno 3 Gli eteri ciclici sottoposti a ECF danno origine ai corrispondenti derivati perfluorurati, con una resa migliore rispetto alla ECF degli eteri dialchilici.
Composti contenenti ossigeno 4
Composti contenenti ossigeno 5 La ECF di alcool e aldeidi porta anch’essa a prodotti ciclici; dagli alcool si ottengono anche acil fluoruri come principali sottoprodotti
Composti contenenti ossigeno 6 Dalla ECF di acidi carbossilici a catena lineare, contenenti 4 o più atomi di carbonio, si ottengono anche esteri ciclici perfluorurati; inizialmente ciò era considerato solo come una fastidiosa reazione, in quanto portava a una diminuzione della resa. Tuttavia in seguito gli esteri ciclici hanno trovato largo mercato come fluidi refrigeranti.
Composti contenenti ossigeno 7 È possibile anche effettuare la ECF di acidi dicarbossilici oppure di esteri, ottenendo anche in questo caso prodotti eterociclici, con anello a 5 o 6 membri, e eteri biciclici perfluorurati.
Composti contenenti ossigeno 8 I composti biciclici perfluorurati sono ottenibili anche dalla ECF di eteri cicloalchil-sostituiti; sono impiegati come refrigeranti e sono di grande interesse nello sviluppo del sangue artificiale e come fluidi per conservare gli organi in attesa di un trapianto. La ECF è il metodo più efficiente per sintetizzarli, dal momento che la fluorurazione diretta dell’analogo composto idrogenato è resa complicata dalla scarsa disponibilità di tali composti.
Composti contenenti zolfo - 1 La ECF di tioli è interessante, dato che i prodotti della fluorurazione, perfluoro alchil derivati di SF6, sono composti promettenti nel campo dei dielettrici. Le rese sono accettabili soltanto con composti a catena lineare.
Composti contenenti zolfo - 2 Nel caso di ECF sia di tioli che di tiofenoli uno dei prodotti principale è SF6; specialmente nella ECF di tiofenoli sostituiti si nota la rottura del legame C-S, a causa della minore forza di questo legame rispetto al C-C, che conduce alla formazione di perfluoro idrocarburi e zolfo esafluoruro.
Composti contenenti zolfo - 3 Uno dei punti forti della ECF di composti solforati è la possibilità di sintetizzare fluoruri perfluoroalcan solfonici e acidi perfluoroalcan solfonici, usati come superacidi nelle sintesi organiche e come intermedi per la produzione di tensioattivi particolarmente efficaci, tanto da poter essere utilizzati in basse concentrazioni, e quindi con poco impatto ambientale. Queste sostanze, inoltre, conferiscono alle materie plastiche ottime proprietà anti-adesive e anti-frizione.
Composti contenenti fosforo La ECF è stata effettuata anche su composti del fosforo, come trialchil fosfine, ottenendo composti intermedi che, idrolizzati, portano agli ossidi perfluorurati dei composti di partenza
Conclusioni La ECF è un importante metodo per la sintesi di composti organici perfluorurati, e le sue possibilità crescono in continuazione; la ricerca in questo campo continua e la mole di lavoro è notevole, dal momento che, per poter ottenere buoni risultati, è necessario ottimizzare ogni processo e trovare le condizioni operative migliori per ogni composto da trattare. Un altro importante campo di ricerca è sui substrati da fluorurare, così da ottenere rese migliori e facilitare il processo (un esempio sono i composti parzialmente fluorurati). Infine lo studio continua per migliorare il design della cella, le caratteristiche degli elettrodi, la possibilità di aggiungere additivi e in generale rendere più efficiente il processo.