Antonio nasce a Lisbona intorno al Discende dalla nobile famiglia dei Bulhoes y Taveira de Azevedo, noti anche per il valoroso Goffredo da Buglione, prode condottiero della prima crociata. La vita del chiostro e gli studi severi non riuscono però ad appagare le aspirazioni più intime del suo animo generoso. Il suo nome è Fernando. A 15 anni entra nella collegiata dei canonici regolari di Sant’Agostino. Possedendo un’intelligenza acuta e brillante, in poco tempo riesce a immagazzinare tanta cultura teologica, scientifica e soprattutto biblica, al punto da meritarsi il titolo di "Arca del Testamento".
Per Fernando, vedere, ammirare e decidere di seguirne le orme è un tutt’uno. Poco più tardi entra tra i francescani di Coimbra col nome di Frate Antonio. Come i martiri del Marocco, anche lui vuole coronare col martirio la sua vita, ma durante il viaggio verso quella terra una tempesta lo fa naufragare in Sicilia, nei pressi di Milazzo. Un giorno a Lisbona vengono portate le salme di 5 frati francescani martirizzati nel Marocco. Nel 1221 risale l’Italia alla volta di Assisi dove conosce Francesco che, ammirato dalla sua profonda dottrina lo chiama “mio Vescovo”.
Da Assisi Antonio è destinato al convento Romitorio di Montepaolo, vicino Forlì, che è abitato da fratelli laici bisognosi di un sacerdote per la Messa. Alternandosi tra preghiere, pentole e studi, a Montepaolo vive un paio d’anni. Così che Antonio decide, seduta stante, a lasciare Montepaolo per recarsi sulle strade polverose dell’Italia settentrionale e della Francia, come missionario itinerante, ad annunciare il messaggio evangelico e quello francescano, a mettere a tacere con la sua vasta cultura, le costruzioni intellettuali degli eretici, soprattutto degli albigesi. Venuto a mancare il predicatore ufficiale, Antonio improvvisA una predica seguita con attenzione da tutti per la profonda cultura, per la capacità oratoria e la ricchezza interiore del frate lavapiatti di Montepaolo. L’occasione che cambiò la sua vita fu data da un’Ordinazione Sacerdotale.
Un anonimo biografo della vita di Antonio racconta che, nella città di Rimini, dove nessuno vuole ascoltare il suo messaggio, egli si reca sulla spiaggia a predicare ai pesci. Essi lo accolgono formando un ammasso brulicante e squamoso. In un’altra città sfida altri eretici, inducendo una mula, tenuta a digiuno per più giorni, ad inginocchiarsi dinanzi all’Ostia consacrata, mentre le giunge il profumo di un mucchio di biada.
L’amico conte gli ha fatto costruire, tra i vecchi rami di un noce, una cella dove Antonio si ritira a pregare. Non appena la gente lo viene a sapere corre sul posto. Un giorno la folla invade un campo di grano, facendone scempio. Antonio con un cenno fa risollevare il grano. Tornato in Italia continua come predicatore e si stabilisce a Padova. Negli ultimi anni della sua vita, accettando l’invito dell’amico conte Tiso di Camposampiero, va a riposare proprio in quel paesino. Una sera il conte Tiso è testimone di un fatto prodigioso: Antonio estatico stringe tra le braccia, in una nube di luce, Gesù Bambino.
Un giorno, colto da malore, viene deposto su un carro trainato da buoi, diretto a Padova. Giunto però all’Arcella, piccolo borgo in periferia della città, muore. È il 13 giugno 1231.