La maschera comica: 1. La Commedia Antica Attori della commedia antica Figurine di terracotta da Atene, fine del V secolo a. C. New York, Metropolitan Museum of Art, 13. 225. 13, 18, 20 Queste statuette che rappresentano attori comici sono una preziosa testimonianza, poiché provengono da Atene e sono di epoca contemporanea alla maturità di Aristofane. Le maschere evidenziano caratteri grotteschi: accenno di calvizie, fronte schiacciata, naso camuso e larga bocca deformata. La maschera sembra voler rendere l’idea di una bruttezza ridicola, quella che trova corrispondenza anche in altri tratti fisici, come le imbottiture della pancia e del deretano. L’aspetto dell’attore comico corrisponde bene a quanto ci dice Aristotele nella Poetica 1449 a35:”Il ridicolo è un errore e una bruttezza ridicola che non causa danno, proprio come la maschera comica è qualcosa di brutto e stravolto senza sofferenza”.
Attore comico che recita la parte di una vecchia. Statuetta di Terracotta, ca. 375-350 a. C. Provenienza: Grecia New York, Metropolitan Museum of Arts Questa maschera, corrispondente all’epoca della commedia di mezzo, pochi anni dopo la morte di Aristofane, mantiene ancora abbastanza i tratti di deformazione del viso che abbiamo osservato nelle statuette di Atene. La figurina è ancora caratterizzata anche dalla prominenza del ventre che sporge sotto la veste.
Cratere a campana apulo, trovato a Ruvo nel 1880, 400-380 a. C. Milano, Museo Civico Archeologico, AO. 9. 284 Scena di commedia antica, detta dei “Mangiatori di Dolci”. Si notino i tratti delle due maschere maschili del vecchio e del servo, che coincidono bene con quelle delle statuette dell’immagine precedente. Anche la maschera femminile ha deglie videnti tratti di imbruttimento grottesco, e trova buona corrispondenza nella figura di vecchia dell’immagine precedente.
Cratere a campana campano, 350-325 a. C. Melbourne, national gallery of Victoria, D14/1973 Scena di commedia antica, detta della “Flautista di Melbourne”. Anche in questo caso le due maschere del vecchio e dello schiavo mostrano tratti accentuati: naso e mascelle sporgentim fronte bassa, accdenno di calvizie.
Würzburg, Martin von Wagner Museum der Universität Würzburg, H 5697 Cratere a campana apulo, 370 a. C. circa In questo vaso è notevole il fatto che la naschera del personaggio di destra, che è il parente di Euripide travestito da donna e rifugiato presso l’altare in parodia del Telefo di Euripide, ha dei segni sulla guancia che devono rendere l’idea della rasatura approssimativa che il Parente ha subito da parte di Euripide in una scena precedente della commedia, quando si travestiva da donna
Il cratere di Malibu. Aristofane Uccelli o Nuvole? Cratere a campana apulo, 420-410 a. C. ca. Malibu, Paul Getty Museum, 82.AE.83
Princeton, Art Museum 51-1 (ex coll. Stroganoff) La maschera comica: 2. La commedia nuova In corrispondenza del processo di tipizzazione che sostituisce i personaggi comici individualizzati di Aristofane con rappresentanti di “tipi” umani (vecchio, giovane, cortigiana, ecc.) dalle precise caratteristiche psicologiche, anche le maschere della commedia nuova vanno incontro a un processo di standardizzazione che definisce una serie di tipi, dei quali Polluce ci ha conservato una dettagliata classificazione. Il catalogo di Polluce corrisponde piuttosto bene ai tipi che ci sono testimoniati da una ricca produzione iconografica che copre tutta l’età ellenistica Rilievo in marmo che mostra Menandro mentre tiene in mano la maschera di un giovane, con accanto un tavolo su cui si vedono la maschera di uno dei tipi di ragazza giovane e quella di un vecchio Princeton, Art Museum 51-1 (ex coll. Stroganoff)
Mosaici dalla Casa delle Maschere a Delo, A sinistra la maschera di uno dei tipi di vecchio, forse il cosiddetto Lykomedeios, a destra maschera di giovane, forse il cosidetto Primo episesistos (“con la chioma mossa”).
I tratti grotteschi che caratterizzavano le maschere della commedia antica si attenuano molto, lasciando il posto a tratti più specifici, come la foggia della pettinatura, l’inarcamento o distensione delle sopracciglia, la presenza o meno di rughe sulla fronte, ecc. Particolarmente preziose per la conoscenza delle maschere della commedia nuova si rivelano le piccole maschere di terracotta ritrovate in gran quantità in tombe dell’isola di Lipari, studiate da L. Bernabò Brea. Circa 500 di esse, risalenti alla prima metà del III secolo a. C. riproducono maschere del teatro di Menandro, sostanzialmente corrispondenti ai tipi elencati da Polluce. Maschera di giovane n. 190 Lipari, Museo Archeologico Questa maschera trova buona corrispondenza con il tipo del cosiddetto “giovane scuro” di Polluce, descritto nell’immagine seguente.
Alcuni esempi dei tipi di maschera della commedia nuova: i giovani Polluce: “il Giovane scuro è più giovane d’età (rispetto al Giovane perfetto), e le sopracciglia non sono aggrottate: ha aspetto piuttosto studioso che atletico.” Terracotta da Tebe, 325-250 a. C. Copenhagen NM 5390 Polluce:“Il Giovane Perfetto è rossiccio, atletico, abbronzato. Ha poche rughe sulla fronte e una corona di capelli; le sopracciglia sono inarcate” Terracotta di incerta provenienza Brussels A 302 Polluce: “Il Giovane riccioluto è ancora più giovane, di colorito rossastro, con la capigliatura corrispondente al suo nome. Ha sopracciglia aggrottate, e una ruga sulla fronte”. La maschera ha le sopracciglia piane. Oxford 1966. 673 Polluce: “Il Campagnolo è di pelle scura, e ha labbra spesse, naso schiacciato e capelli a corona” Terracotta dalla Beozia Paris, Louvre MNB 506
Maschere della commedia nuova: le donne giovani Polluce: “L’etera adulta ha un aspetto più rossiccio della Falsa Vergine, ed ha trecce ricciolute attorno alle orecchie” Maschera dall’agorà di Atene Atene, Museo nazionale 1751 Polluce: “La prima falsa vergine ha pelle chiara, e la chioma legata sulla parte frontale della testa, ha l’aspetto di una giovane sposa”. Leipzig, Museum des Kunsthandwerks, 19.123
Le maschere della commedia nuova: i vecchi Tre maschere di vecchi. A sinistra, il Vecchio dalla barba lunga e dai capelli mossi (“ha una corona di capelli sulla fronte, una folta barba e un aspetto torpido” Lipari, inv. 3072); al centro il Vecchio Licomedio (“ha chioma ricciola, barba lunga; ha il sopracciglio sollevato e suggerisce l’idea di un intrigante” Atene, Agorà T 213); a destra il vecchio Padrone di un Bordello (“per il resto somiglia al licomedio, ma ha le labbra atteggiate a sorriso e solleva entrambe le sopracciglia, è stempiato o calvo” Cairo 26771).
Le maschere di schiavi continuano a mantenere i tratti sforzati che erano propri della commedia antica, ed in particolare la grandezza e deformità della bocca, che ritroviamo in numerosi esempi di maschere dell’età ellenistica, come queste due (una si trova al Museo Archeologico di Atene, l’altra a Vienna, Kunsthistorisches Museum) che rappresentano lo stesso tipo di personaggio, probabilmente il tipo dello Schiavo principale di Polluce: “Lo schiavo principale ha un rotolo di capelli rossi, le sopracciglia inarcate e corruga la fronte”
Maschere della commedia nuova, mosaico conservato a Roma, Museo Capitolino. Epoca incerta, forse copia di età imperiale di un originale ellenistico. A sinistra la maschera femminile corrisponde al tipo della kore, la giovane vergine, rappresentata con viso pallido, sguardo serio, sopracciglia lievemente curve, e lunga chioma ricciola legata da un nastro (kekruphalos). A destra, maschera di schiavo corrispondente al tipo dello schiavo principale dalla chioma mossa (episeistos heghemòn).
Statuetta in terractta raffigurante un attore comico nella parte di uno schiavo London, British Museum Si osservi la somiglianza della maschera con il disegno di un’altra maschera di schiavo conservata nello stesso Museo.
Mosaico da una casa della città di Zeugma sull’Eufrate, in Turchia, raffigurante una scena della commedia perduta di Menandro Synaristosai “Le donne che pranzano assieme”. Il mosaico è firmato in basso dall’autore Zosimo.
L’Edipo di Capodarso Calice-cratere siciliano, ca. 350-325 a. C. Siracusa, Museo Archeologico Regionale “P. Orsi”, 66557 In questo importante frammento di vaso siciliano si è potuta identificare con sicurezza una scena di tragedia. Si tratta della scnea dell’Edipo re in cui un Vecchio Messaggero comunica ad Edipo la morte del presunto padre, Polibo, ma poi gli rivela anche che Polibo e Merope non erano i suoi veri genitori. Giocasta, presente al racconto, capisce tutto ed esce in silenzio per uccidersi. Nel vaso si vede un personaggio barbato in veste regale, con accanto due bambine, che ascolta un vecchio in abiti da viandante. A destra un personaggio femminile si porta la mano al viso con un gesto di disperazione. L’abbigliamento dei personaggi è evidentemente ispirato al costume degli attori tragici. Il Messaggero indossa il chitone, e un tipo di stivale in pelle del tutto simili a quelli dell’attore di Taranto. Sopra il chitone il personaggio porta una clamide, ed ha nelle mani il bastone. Il personaggio regale indossa invece la veste lunga fino alle caviglie, e un himation o mantello.
(Cratere a volute, Napoli 3240 - immagine sviluppata in piano) Il vaso di Pronomos: una compagnia di attori pronta per mettere in scena un dramma satiresco (fine V - inizio IV secolo a. C.) (Cratere a volute, Napoli 3240 - immagine sviluppata in piano) Questo celebre vaso raffigura un folto gruppo di personaggi in ambiente teatrale, disposti attorno alle figure divine di Dioniso e Arianna, sdraiati su un divano. La figura centrale in basso è il flautista Pronomos, che certamente il pittore vuol porre in evidenza. Si distinguono poi due figure, una seduta (il poeta Demetrio) e una in piedi con la cetra in mano (il citarista Carino). Dieci personaggi maschili sono vestiti da Satiri, con mutande ricoperte di pelo, coda e fallo. Essi portano in mano ciascuno la propria maschera, che solo uno ha già indossato (quello che accenna un passo di danza). In basso a destra si distingue un personaggio vestito, anch’esso con maschera in mano: si ritiene sia il Corifeo. Nella fila superiore un attore dal viso barbuto, vestito con un costume irto di ciuffi di pelo bianco, con pelle di leopardo, tiene in mano una maschera di Satiro vecchio: è il Papposileno, capo dei satiri. Alla sua sinistra si distingue Eracle, con pelle di leone e clava, e alla sinistra di Eracle un attore che ha in mano una maschera femminile. A sinistra di Dioniso, un altro attore con elaborato costume tiene in mano una maschera dai capelli ricciolie ispidi. Il contesto è quello di un dramma satiresco.
Malibu, J. Paul Getty Museum 84. Ae. 996 Anfora apula, ca. 325 a. C. Malibu, J. Paul Getty Museum 84. Ae. 996 Il vaso rappresenta Andromeda legata ad una roccia di fronte al mare perché sia divorata da un mostro marino. Il mito era stato trattato da Euripide nella perduta Andromeda, e la raffigurazione si ispira forse a una scena euripidea. Si noti il costume molto ricco di decorazioni, comoposto da una veste lunga fino ai piedi sopra la quale la donna indossa una mantella semitrasparente
Boston, Museum of Fine Arts, 69. 695 Cratere a campana apulo, ca Boston, Museum of Fine Arts, 69. 695 Cratere a campana apulo, ca. 370, cosiddetta “commedia dell’oca”
New York, Metropolitan Museum of Arts, 24. 97 New York, Metropolitan Museum of Arts, 24.97.104 Calice cratere apulo, forse da Taranto, ca. 400 a.C. (cosiddetta “commedia dell’oca”)
Askos a figure rosse, Italia Meridionale, 360 - 350 B.C. Getty Museum, Malibu, 96.AE.114 Askos a figure rosse, Italia Meridionale, 360 - 350 B.C. Raffigurazione di attore comico (fliace?) caratterizzato dal costume con imbottitura, fallo in evidenza e gambe coperte dalla tunica che rappresenta la nudità scenica. Il personaggio è un vecchio che agita il bastone inseguendo qualcuno, probabilmente lo schiavo che è raffigurato sul lato opposto del vaso. Si tratta di una situazione comica di lunghissima tradizione, della quale già Aristofane nelle Rane parla come di un trito motivo di repertorio dei comici.
London, British Museum F 151. Cratere a campana apulo, 380 a.C. circa
New York. Metropolitan Museum of Arts, coll New York. Metropolitan Museum of Arts, coll. Fleischmann F93 cratere a campana apulo, 400-380 a.C. circa Scena certamente teatrale, probabilmente di commedia. Un personaggio in costume tragico che porta il nome di Egisto sembra appena uscito da una porta e incontra sul palco dei personaggi comici. Quello al centro porta un nome da schiavo, Pirria, e sta sopra un canestro rovesciato in atteggiamento oratorio. Gli altri due, un vecchio e un giovane, sono denominati choregoi. Si tratta verosimilmente di una commedia basata sul contrasto fra genere tragico e comico, non identificabile.
Cratere a campana apulo, ca. 370 a. C. Würzburg, Martin von Wagner Museum der Universität Würzburg, H 5697
Berlin F 3044 Calice cratere di Assteas, probabilmente proveniente da Nola Disegno ricavato dal lato A del vaso. Scena di commedia. Un povero vecchio, di nome Carino, è aggredito da due ladri che vogliono portare via il forziere su cui Carino si è sdraiato. Il ladro a destra, di nome Cosilo, afferra e strattona il mantello su cui è steso il vecchio, l’altro, di nome Gymnilos, afferra Carino per i piedi. Sulla destra uno schiavo imbelle di nome Carione osserva terrorizzato senza intervenire a favore del padrone. La scena è decorata con evidenti elementi teatrali, come le maschere femminili visibili al centro, e il palco sorretto da colonnine, con una porta sullo sfondo che rappresenta l’abitazione del vecchio Carino. Le commedie di Plauto presuppongono un palco e uno sfondo sostanzialmente simile a questo.
Nel caso dei costumi di Menandro risultano di grande interesse alcuni mosaici che raffigurano scene delle sue commedie, identificate con precisione con i nomi dei personaggi e il numero dell’atto. Quello raffigurato (Arbitrato, atto secondo) viene da una ricca casa di Mitilene sull’isola di Lesbo, detta la casa di Menandro, e risale al III secolo d. C. La casa presenta raffigurazioni da altre sei commedie. Nonostante l’epoca tarda possiamo ritenere con buona sicurezza che l’immagine che viene presentata della scena di Menandro risalga assai più addietro, giacchè esistono altre copie di questi mosaici, di epoca diversa: ad esempio, a Pompei ci sono mosaici del I secolo d. C. che raffigurano le Synaristosai, presenti anche a Mitilene, che vedremo nell’immagine seguente. Probabilmente tutti i mosaici discendono da un originale famoso del III secolo a. C., dunque piuttosto vicino a Menandro. Dall’immagine si vede come i costumi fossero piuttosto vicini all’abbigliamento quotidiano degli Ateniesi. Il personaggio di sinistra porta l’abbigliamento dell’uomo di campagna (bisaccia, bastone, pelle di capra).