"invecchiamento normale e patologico" P.A. Bonati

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"invecchiamento normale e patologico" P.A. Bonati Dipartimento Cure Primarie Struttura Operativa Semplice Geriatria Territoriale Distretto di Parma " Psicobiologia della Cognizione” Parma 29/04/2011

Normalità massimo avvicinamento alla perfezione nel processo di adattamento senile all'ambiente, per cui normale è quel vecchio, che, uniformandosi nel modo migliore alle variazioni ambientali, modifica il suo organismo solo in funzione del fattore età e si presenta quindi con i caratteri propri della longevità. Norma semplice espressione statistica di determinati livelli funzionali riferibili ad una data classe di età, considerata nel proprio contesto storico, geografico e culturale. La norma corrisponde a quello che si trova nella maggioranza dei casi e cioè alla media. Per rimanere nel campo della senescenza cerebrale, ad esempio, il fatto che la maggioranza delle persone anziane soffra di ipomnesia è nella norma, non è certo nella normalità, in quanto ci sono anche dei vecchi che non ne sono affetti. Essere sofferenti di presbiopia senile, invece, è sia normale che nella norma in quanto interessa tutta la popolazione che invecchia. Normatività, la facoltà del vecchio normale di istituire nuove norme in situazioni nuove, vivendo la vecchiaia fisiologica che è normale e normativa al tempo stesso. Se riuscissimo a trovare un centenario senza riduzione delle "clearances" renali, non lo potremmo considerare di certo nella norma, ma ci direbbe quello che è normale a cento anni ed avrebbe un valore normativo.

In campo geragogico è di maggiore interesse una definizione clinicopratica dell'invecchiamento cerebrale primitivo: il complesso di modificazioni che si verificano in individui privi di malattie del sistema nervoso e consistente nel declino di specifiche funzioni quali la memoria, l'apprendimento e certe funzioni sensoriali. Nel processo d'invecchiamento cerebrale non è facile, comunque, distinguere la normalità dalla patologia per il fatto che, con il trascorrere degli anni, la norma si dissocia sempre più dalla normalità e finisce con il comprendere una serie di alterazioni patologiche che se passibili di compenso, permettono comunque un livello funzionale compatibile con un minimo di vita sociale in un determinato ambiente. Il concetto di normalità non è sempre facile da applicare agli studi sull'invecchiamento cerebrale e la frontiera tra normale e patologico (che spesso corrisponde alla norma) è imprecisa ed alquanto sfumata. È possibile affermare che la patologia cerebrale in geriatria non………. considerabile come una semplice alterazione della funzione, ma deve riguardarsi altresì come un'alterazione dei meccanismi di compenso che il cervello senile mette in atto per sopperire al proprio invecchiamento.

Aspetti genetici Fattori protettivi Fattori di rischio Aspetti genetici Fattori protettivi

Mecocci et al.,2002

Longitudinal modeling of age-related memory decline and the APOE epsilon4 effect. RJ, Dueck AC, et al. N Engl J Med. 2009;361:255-263. La presenza del genotipo APOE4 è associata al rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer; non è ancora chiara però l'età di insorgenza dei primi disturbi di memoria tra le persone sane portatrici dell'allele APOE4, rispetto alle non portatrici. In questo studio sono stati arruolati 815 soggetti sani (tra 21 e i 97anni): 317 portatori di APOE4 (79 omozigoti e 238 eterozigoti per l’allele) e 498 non portatori ed è stato utilizzato un modello statistico che paragona il declino delle prestazioni mnesiche legato all'età tra i portatori e i non portatori. I soggetti sono stati studiati per un periodo di circa 5 anni con valutazione neuropsicologica ogni anno. I risultati mostrano un’ insorgenza di disturbi di memoria intorno ai 50 anni tra i portatori omozigoti dell'allele APOE ɛ4, e un declino intorno ai 60 anni per gli eterozigoti, mentre i non portatori mostrano i primi disturbi di memoria intorno ai 70 anni. Pertanto la perdita di memoria nei portatori di APOE4 insorge prima, quando non sono ancora presenti manifestazioni cliniche di un declino cognitivo o di malattia di Alzheimer.

Mecocci et al., 2002

Mecocci et al., 2002

Mecocci et al, 2002

Il dilemma diagnostico….

While it seems logical to attribute the dementia to the neuropathological lesions found, it is worth recalling that even considerable lesions may not cause a clinical dementia syndrome (Ulriche J, J Neurol,1986)………………… esempio più eclatante dal Nun Study (Snowdon AD, 2005) il cervello di sister Matthia dopo la morte (ad oltre 80 anni) presentava il più alto stadio istopatologico degenerativo di demenza (stadio IV di Braak) ma è stata lucida ed autonoma sino alla fine…….

Can Language Skills Ward Off Alzheimer's? A Nuns' Study By Tiffany Sharples Thursday, Jul. 09, 2009 Dr. David Snowdon, first discovered a fascinating correlation between the sisters' language skills, based on essays they had written in their 20s when they first entered the convent (Snowdon discovered the essays in the convent's archives), and the likelihood that they would develop Alzheimer's later in life. The correlation was striking: the young women who had more sophisticated language skills — defined as the density of ideas per every 10 written words — were far less likely to suffer from Alzheimer's or dementia five, six or seven decades later. Essays: temi; likelihood: probabilità

Can Language Skills Ward Off Alzheimer's Can Language Skills Ward Off Alzheimer's? A Nuns' Study By Tiffany Sharples Thursday, Jul. 09, 2009 Dr. Diego Iacono (director of the Brain Bank at Sweden's Karolinska Institute) and his colleagues discovered that not only did nuns who avoided dementia later in life have 20% higher linguistic scores as young women, compared with peers who developed symptoms of cognitive decline, but that the relationship held up even in nuns whose brains showed all the physical signs of Alzheimer's. "There is a special group of people who have comparable amount of plaques and tangles — the typical marks of the disease — without the cognitive impairment," says Iacono. "[It appears that] people with higher linguistic scores were protected even in the face of higher pathology." Peers: coetanei

Diagnosi di M. di Alzheimer Percorso diagnostico secondo le indicazioni delle Linee guida

Livello di evidenza: non chiarito Forza delle raccomandazioni a) affermazioni completamente sostenute da evidenze scientifiche; b) affermazioni sostenute da evidenze scientifiche incomplete o contraddittorie; c) affermazioni non sostenute né contraddette da evidenze scientifiche su cui però i membri del Panel esprimono forte consenso; d) affermazioni non sostenute né contraddette da evidenze scientifiche su cui i membri del Panel esprimono un consenso più debole rispetto al livello 3. Conflitto di interesse e finanziamento: non esplicitato SIGN is part of NHS Quality Improvement Scotland. Declarations of interests were made by all members of the guideline development group.

Linee guida: limite o risorsa LIMITI Forniscono una sintesi alla luce della EBM e dell’analisi qualitativa degli studi dei dati disponibili. Non è oggi sufficiente il risultato di un singolo lavoro. Danno indicazioni di comportamento (best practice) anche dove i dati scientifici non sono chiari o sono controversi Rappresentano un quadro di garanzia per la pratica quotidiana Sono la base per la razionalizzazione dei costi. Non tutte le linee guida sono identiche in termini di qualità metodologica. E’ necessario imparare a valutarne la qualità. Un primo giudizio (come per gli studi clinici) deriva dalla origine (fonte di pubblicazione) Non sono esenti da influenze esterne ai dati scientifici ed in particolare dalle fonti di finanziamento. L’applicazione nella pratica clinica (singolo paziente) non è automatica Le linee guida non contengono tutte le risposte

a 85 anni il numero aumenta fino al 35%. Quasi il 15 % delle persone che vivranno fino all’età di 65 anni è destinato a sviluppare una forma di demenza; a 85 anni il numero aumenta fino al 35%. St.George-Hyslop P.H., Scientific American, 2000

Progression to dementia (Petersen et al, 2003)

MALATTIE ACUTE (complicate) MALATTIE CRONICHE COMPLESSE Insorgenza improvvisa Insorgenza graduale nel tempo Spesso tutte le cause possono essere identificate e misurate Cause multivariate, mutevoli nel tempo Diagnosi e prognosi sono spesso accurate La diagnosi e prognosi sono spesso incerte Spesso disponibile una specifica terapia o trattamento Terapia causale spesso non disponibile La struttura determina le relazioni Struttura e relazioni interagiscono Le tecnologie di intervento sono usualmente efficaci:  la cura comporta verosimilmente il ritorno nel tempo alla normale salute La restituito ad integrum è impossibile; per migliorare la salute sono necessari accurata gestione, assistenza personale e auto cura E. Grossi Geragogia.net

I 10 SINTOMI PREMONITORI

Perdita di memoria E’ normale dimenticarsi, una volta ogni tanto, gli appuntamenti, i nomi dei colleghi, i numeri di telefono di amici e ricordarseli più tardi. Una persona malata di Alzheimer potrebbe dimenticarsi queste cose molto spesso e soprattutto non ricordarsele neppure a distanza di tempo. La perdita della memoria riguarda soprattutto gli eventi successi di recente. Difficoltà nelle attività quotidiane A tutti può capitare di essere distratti e di lasciare per esempio l’insalata nel lavello e di servirla soltanto alla fine del pasto. Una persona malata di Alzheimer può invece essere totalmente incapace di cucinare, oppure dimenticarsi di mangiare. Problemi con il linguaggio A tutti può capitare di avere una parola “sulla punta della lingua”. I malati di Alzheimer però possono dimenticare parole semplici, di uso comune, oppure utilizzare una parola al posto dell’altra, rendendo così il proprio discorso di difficile comprensione. Disorientamento spazio temporale Per un breve momento può essere normale chiedersi: che giorno è oggi? Ma una persona con la malattia di Alzheimer, può perdere completamente la dimensione spazio temporale: si può perdere in luoghi abituali e non sapere più come tornare a casa.

5) Diminuzione della capacità di giudizio Le persone possono certe volte fare a meno di andare dal dottore se hanno qualche piccolo disturbo, ma alla fine si fanno curare. I malati di Alzheimer invece non riconoscono la presenza di un disturbo, né si fanno visitare. La mancanza della capacità di giudizio li spinge spesso ad avere comportamenti insoliti, come il vestirsi in modo inappropriato, per esempio con il cappotto in una giornata estiva. 6) Problemi con i concetti astratti I malati di Alzheimer possono dimenticare completamente i concetti astratti, come per esempio i numeri, i compleanni, il denaro. 7) La cosa giusta al posto sbagliato I malati di Alzheimer spesso ripongono gli oggetti nei posti più strani: il ferro da stiro nel freezer, l’orologio da polso nella zuccheriera e così via.

8) Cambiamenti nell’umore e nel comportamento Tutti quanti siamo soggetti a cambiamenti d’umore. Ma nei malati di Alzheimer questi cambiamenti sono particolarmente repentini: possono passare dalla calma più totale alla rabbia più esplosiva senza nessuna ragione apparente. 9) Cambiamenti di personalità La malattia di Alzheimer comporta spesso profondi cambiamenti di personalità: la persona può diventare estremamente confusa, sospettosa, apatica, timorosa. 10) Mancanza di iniziativa Una caratteristica tipica della malattia di Alzheimer è la mancanza di iniziativa: la persona malata può diventare molto passiva e richiedere molti stimoli esterni prima di agire.

Prevalenza e Incidenza per la malattia di Alzheimer e la Demenza Studio ILSA - Italian Longitudinal Study on Ageing Istituto di Neuroscienze del CNR, Università di Firenze, Istituto Superiore di Sanità

prevalenza di una malattia è …… prevalenza di una malattia è ……. la proporzione degli individui affetti in uno specifico momento in una popolazione definita è dunque funzione sia della…incidenza della malattia in esame…. il numero di individui che sviluppano la malattia in una popolazione definita durante un dato intervallo di tempo sia della sopravvivenza degli individui affetti

905,713 AD pari al 1,5% della popolazione italiana Eurodem 2008 80.000 AD I nuovi malati ogni anno

La malattia di Alzheimer: che cosa è…. La malattia di Alzheimer è una sindrome a decorso cronico e progressivo causata da un processo degenerativo che distrugge progressivamente le cellule del cervello Provoca un deterioramento irreversibile di tutte le funzioni cognitive superiori, fino a compromettere l'autonomia funzionale nelle attività della vita quotidiana Rappresenta la causa più comune di demenza nei paesi occidentali Il rischio di contrarre la malattia aumenta con l'età L'inizio è generalmente insidioso e graduale e il decorso lento, con una durata media di 8-10 anni dalla comparsa dei sintomi

Quadro clinico della demenza Aspetti neuropsicologici Amnesia Afasia Aprassia Agnosia Sintomi psichici e comportamentali Il quadro clinico della demenza è caratterizzato da deficit di multiple aree cognitive, sintomi psichici e comportamentali e compromissione dello stato funzionale. La valutazione del paziente e il trattamento deve tenere conto della complessità del quadro clinico e dell’interdipendenza fra i vari domini. Sintomi psicologici Alterazioni del comportamento Sintomi psicotici Stato funzionale Relazione con l’ambiente Relazione con la propria persona

Autonomia funzionale gravemente compromessa. Le fasi della malattia Fase 1 Demenza lieve (durata 2-4 anni): i sintomi cognitivi interferiscono con le attività della vita quotidiana. Lieve riduzione dell’autonomia funzionale. Fase 2 Demenza moderata (durata 2-10 anni): aggravamento dei sintomi cognitivi e comparsa di sintomi comportamentali. Autonomia funzionale gravemente compromessa. Fase 3 Demenza grave (durata media 3 anni): la persona malata è completamente dipendente e richiede assistenza continua e totale per mantenersi in vita. Totale compromissione del movimento, difficoltà di deglutizione.

Storia naturale della DA Pre-DA Lieve-Moderata Intermedia Grave 25 Sintomi cognitivi Sintomi comportamentali 17 MMSE 10 Compromissione funzionale AADL IADL ADL Nonostante una certa variabilità clinica e di decorso, la maggior parte dei pazienti con Malattia di Alzheimer, soprattutto quando la Malattia inizia nell’età più avanzata, tende a seguire un percorso abbastanza comune e caratterizzato da un fase iniziale in cui predominano i disturbi cognitivi e comportamentali. Questi utlimi tendono a peggiorare con l’avanzare della Malattia e rappresentano unitamente alla progressiva compromissione funzionale negli atti della vita quotidiana alla istituzionalizzazione del paziente. 5 istituzionalizzazione morte ? 2 4 6 8 10 Anni Modificata da Gauthier S. ed. Clinical Diagnosis and Management of Alzheimer’s Disease. 1996.

Multifattorialità patogenetica del deterioramento mentale cfr adulto vs anziano (Resnick e Marcantonio 1997)

Complessità dell’approccio clinico adulto vs anziano (Mecocci et al

L’approccio personalizzato all’anziano con demenza (Mecocci et al

Undiagnosed diseases in patients with dementia – a potential target group for intervention. Löppönen MK et al., Dement Geriatr Cog Disord, 2004 Percentuale dei soggetti con patologie non diagnosticate suddivisi in base alla severità della demenza In questo studio finlandese del 2004 [1] sono stati arruolati tutti gli abitanti ultrasessantacinquenni di Lieto, nel sudovest della Finlandia. Sulla base del confronto tra la documentazione sanitaria precedente ed i risultati di una valutazione multidimensionale condotta con una metodologia standard è stata messa in evidenza la mancata diagnosi delle patologie organiche nei soggetti con demenza, dimostrando che i pazienti con demenza, qualunque fosse la loro gravità, avevano un rischio maggiore di avere almeno una patologia non diagnosticata rispetto ai pazienti cognitivamente integri che rappresentavano il gruppo controllo (il 66% dei soggetti dementi avevano almeno una patologia non diagnosticata contro il 48% dei soggetti non dementi con p=0.041). La patologie maggiormente non diagnosticate nei soggetti dementi erano la ipercolesterolemia (p=0.039) e l’ipotiroidismo (p=0.032) rispetto ai soggetti controllo. Ad analoghi risultati era giunto un altro recente studio californiano [2]. Dalla revisione delle autopsie di soggetti dementi è emerso che molto spesso le patologie riscontrate non solo erano misconosciute ante-mortem, ma che alcune di esse potrebbero aver provocato dolore, trattabile con una specifica terapia. In alcuni casi sono state evidenziate anche infezioni occulte, potenzialmente reversibili con terapia antibiotica adeguata. [1] Löppönen MK, Isohao RE, Räihä IJ, Vahlberg TJ, Loikas SM, Takala TI, Puolijoki H, Irjala KM, Kivelä S-L: Undiagnosed diseases in patients with dementia – a potential target group for intervention. Dement Geriatr Cogn Disord 18: 321-329, 2004. [2] Fu C, Chute DJ, Farag ES, Garakian J, Cummings JL, Vinters HV: Comorbidity in dementia – An autopsy study. Arch Pathol Lab Med 128: 32-38, 2004.

Comorbidity profile of dementia patients in Primary Care: are they sicker? Comorbidity profile of 3033 older adults with and without dementia attending Primary Care Clinics Schubert CC et al., JAGS 2006 Scopo di questo recentissimo lavoro [1] era quello di confrontare la comorbilità medica in 3033 soggetti anziani con e senza demenza ricoverati in alcune cliniche di Indianapolis. La comorbilità è stata valutata mediante 10 malattie croniche (ipertensione, diabete mellito, patologia coronarica, stroke, scompenso cardiaco, BPCO, cancro, osteoartrite, insufficienza epatica, insufficienza renale) e con il Chronic Disease Score (CDS), una scala di comorbilità che accerta la severità delle patologie concomitanti sulla base della terapia prescritta ai soggetti nell’anno precedente l’indagine [2]. La CDS esclude i farmaci usati per il trattamento di problemi acuti ( per esempio gli antibiotici) o i sintomi comuni (come ad esempio i decongestionanti nasali). La CDS è stata validata come indicatore di comorbilità e il suo punteggio (da 0 a 24) correla bene con il futuro utilizzo di risorse sanitarie. I soggetti con demenza ricoverati acutamente hanno in media 2,4 condizioni croniche e ricevono 5,1 farmaci. Circa il 50% di questi soggetti assumono almeno un farmaco anticolinergico e al 20% è prescritto almeno un farmaco psicotropo. Dopo aggiustamento per età, razza e sesso, i soggetti con e senza demenza hanno un livello simile di comorbilità. [1] Schubert CC, Boutsani M, Callahan CM, Perkins AJ, Carney CP, Focx C, Unverzagt F, Hui S, Hendrie HC: Comorbidity profile of dementia patients in primary care: are they sicker? J Am Geriatr Soc54:104-109, 2006. [2] Von Korff M, Saunders KA: Chronic disease score from automated pharmacy data. J Clin Epidemiol 45:197-203, 1992.

Rilevanza della comorbilità nel paziente con demenza La demenza è un fattore di rischio per la comparsa di malattie somatiche Lesioni da decubito Incontinenza Cadute Fratture (Femore) Malnutrizione Polmoniti … Il rapporto fra malattie somatiche e demenza è bidirezionale e più complesso di quanto fino ad ora si fosse ritenuto. La demenza rappresenta un fattore di rischio per la comparsa di malattie somatiche e le malattie somatiche possono sia essere causali/concausali che elementi di aggravamento nella progressione della demenza. Finora non e’ ancora stata definita una metodologia clinica specifica per le patologie somatiche in corso di demenza, anche se e’ possibile mutuare gli aspetti della valutazione multidimensionale della comorbilità dell’anziano anche per il malato di demenza, con specifici accorgimenti. Il malato di demenza, quando affetto da una patologia somatica, giunge al medico con una presentazione “indiretta”, manifestando compromissione funzionale, alterazioni comportamentali o peggioramento delle prestazioni cognitive, con una tendenza a sottoriportare i sintomi somatici, il che determina difficoltà diagnostiche e di cura delle patologie organiche ([1], [2], [3]) [1] Kukull WA, Brenner DE, Speck CE, et al. Causes of death associated with Alzheimer disease: variation by level of cognitive impairment before death. J Am Geriatr Soc 1994;42:723-726. [2] Ueki A, et al. Factors associated with mortality in patients with early-onset AD: a five-year longitudinal study. Int J Geriatr Psychiatry 2001;16:810-15. [3] Mc Cormick WC, Kukull WA, et al. Symptom patterns and comorbidity in the early stage of Alzheimer’s disease. J Am Geriatr Soc 1994;42:510-521. Le malattie somatiche possono essere la causa o la concausa di demenza o aggravarne la progressione

Rilevanza della comorbilità nel paziente con demenza La comorbilità è un fattore che aumenta il rischio di mortalità nel soggetto demente Il trattamento intensivo delle patologie somatiche nel paziente demente ospedalizzato determina una riduzione della mortalità Il trattamento delle patologie concomitanti potrebbe inoltre influire sul decadimento cognitivo La demenza rappresenta un fattore di rischio per la comparsa di malattie somatiche e le malattie somatiche possono essere cause e/o concause di demenza o di aggravamento nella progressione della demenza stessa. Si è osservato che comorbilità ed istituzionalizzazione determinano un aumento della mortalità ad un anno in malati di demenza, paragonati con soggetti di pari età e comorbilità ([1]). La presenza di patologie somatiche determina un aumento della mortalità a due anni, in pazienti istituzionalizzati ed affetti da decadimento cognitivo ([2]) Sebbene esistano solo dati limitati, è opinione condivisa dagli esperti che il trattamento delle patologie concomitanti potrebbe inoltre avere una grande importanza anche ai fini del decadimento cognitivo ([3]), mentre una specifica valutazione multidimensionale ed il trattamento intensivo delle patologie somatiche acute, nel paziente ospedalizzato, determina una riduzione della mortalità anche in quelli affetti da demenza. Il trattamento delle patologie concomitanti potrebbe inoltre avere una grande importanza anche ai fini del decadimento cognitivo ([4]),[5];[6]). Esiste infine evidenza che il trattamento delle patologie somatiche in ospedalizzazione domiciliare non modifica la sopravvivenza a lungo termine rispetto all’ospedalizzazione in reparto ospedaliero per acuti ma determina un migliore controllo dei disturbi comportamentali e riduce lo stress dei caregiver ([7]). [1] Eaker ED, Vierkant RA, Mickel SF. Predictors of nursing home admission and/or death in incident Alzheimer's disease and other dementia cases compared to controls: a population-based study. J Clin Epidemiol, 55 (5): 462-8, 2002. [2] Lapane KL, Gambassi G, Landi F, Sgadari A, Mor V, Bernabei R. Gender differences in predictors of mortality in nursing home residents with AD. Neurology, 56(5):650-4, 2001. [3] Clarfield A. M.,. The Decreasing Prevalence Of Reversible Dementias. An Updated Meta-Analysis. Arch Intern Med, 2003;163:2219-2229. [4] Saltvedt I, Mo ES, Fayers P, et al. Reduced mortality in treating acutely sick, frail older patients in a geriatric evaluation and management unit. A prospective randiomized trial. J Am Geriatr Soc 2002;50:792-8. [5] Rozzini R, Sabatini T, Trabucchi M. Medical treatment of acute illness Arch It Med 2003;163:496-497. [6] Brauner DJ, Muir JC, Sachs GA. Treating Nondementia Illnesses in Patients With Dementia. JAMA. 2000;283:3230-3235. [7] Tibaldi V, Aimonino M, Ponzetto M, et al. A randomized controlled trial of a home hospital intervention for frail elderly demented patients: behavioral disturbances and caregiver’s stress. Arch Gerontol Geriatr Suppl 2004;9:431-6.

… “l’attenzione clinica è rivolta alla parte psichica, facendo correre il rischio di sottovalutare quello che accade nel soma. Nelle persone con demenza occorre un’attenzione specifica al riconoscimento e trattamento delle patologie associate E’ un’attenzione necessaria per impedire che la demenza divenga una condizione “che copre” tutto, per cui ogni sintomo viene attribuito alla patologia psichica, senza più attenzione alle situazioni trattabili che spesso la accompagnano (dalla stitichezza alla depressione, al dolore)”… Antonio Guaita Demenze, 2;2005: 37-43

The impact of somatic and cognitive disorders on the functional status of the elderly Aguero-Torres H et al., J Clin Epidemiol, 2002 OR for ADL and IADL disability for combined effect of somatic disorder and cognitive level (MMSE) ADL disability IADL disability No dementia with no somatic disorders 1 1 No dementia with somatic disorders 1.0 (0.6-1.7) 2.9 (1.6-5.1) 4.9 (2.7-8.8) Cognitive impairment with no somatic disorders 2.7 (1.3-5.5) 2,3 (1.1-4.9) In questo ormai classico articolo [1], Aguero-Torres e coll. hanno stimato gli effetti relativi della coesistenza di patologie oltre la demenza sulla probabilità di disabilità funzionale. Sono stati valutati i dati relativi a 668 soggetti ultrasettantacinquenni, partecipanti al Kungsholmen Project, di cui 345 non dementi, 98 con deterioramento cognitivo iniziale e 225 dementi. I soggetti dementi sono risultati più disabili nelle IADL e nelle ADl rispetto ai soggetti con iniziale deterioramento, che a loro volta sono risultati più compromessi rispetto ai soggetti controllo. La comorbilità somatica è risultata essere associata alla perdita di particolari capacità funzionali. Inoltre una riduzione del MMSE era fortemente associata alla probabilità di disabilità alle IADL e alle ADL, con un drammatico aumento in presenza di comorbilità somatica sia nei soggetti dementi che in quelli non dementi. [1] Aguero-Torres H, Thomas VS, Winblad B, Fratiglioni L: The impact of somatic and cognitive disorders on the functional status of the elderly. J Clinic Epidemiol 55: 1007-1012, 2002. Cognitive impairment with somatic disorders 9.8 (4.7-20.5) 32.7 (4.3-249.1) 26.5 (14-49.9) 14.2 (4.8-41.9) Dementia with no somatic disorders Dementia with somatic disorders 45.2 (10.7-191.0)

Morbidity and comorbidity in relation to functional status: a community-based study of the oldest old (90+ years) von Strauss E. et al., JAGS 2000 Si deve anche notare come nei grandi vecchi di oltre 90 anni la percentuale di disabili più alta (56%) si trovi tra coloro che sono affetti da demenza.

Criteri di definizione della gravità della demenza Criteri di gravità globale (GDS, CDR) Criteri di gravità specifici in relazione al livello di compromissione cognitiva Criteri di gravità specifici per il livello di compromissione funzionale I criteri per la definizione dei livelli di gravità sono molteplici: scale di gravità che tengono conto sia del deficit cognitivo che di quello funzionale (Gobal Deterioration Scale, Clinical Dementia Rating Scale), scale che si basano su per lo più sul deficit cognitivo (quali il MMSE e l’ADAS cog) e strumenti che utilizzano il livello di compromissione funzionale (attività strumentali delle vita quotidiana e attività di base)

Il paziente anziano con demenza nelle RSA Dolore nel paziente anziano con demenza nelle RSA frequente (20%-51%) spesso non riconosciuto Il dolore non secondario a neoplasia è un problema molto comune nelle persone anziane. Spesso non viene riconosciuto e spesso, pur riconosciuto, non viene trattato in modo adeguato. Questo dato è ancor più vero nei soggetti anziani dementi ricoverati in nursing home. Uno studio [1] condotto tra il 1992 e il 1995 su 49.971 soggetti residenti in nursing home americane, ricavati dall’analisi dei dati del database SAGE (Systematic Assessment of Geriatric drug use via Epidemiology); il dolore era riportato nel 26% dei soggetti. La prevalenza era più bassa tra I maschi, I soggetti più anziani (sopra gli 85 anni) e nelle minoranze etniche. Le persone che lamentavano la presenza di dolore quotidianamente presentavano anche una maggior disabilità nelle ADL (OR 2.47 95% CI, 2.34-2.60 ), maggiori segni e sintomi depressivi (OR 1.66 95% CI, 1.57-1.75), e meno frequentemente erano coinvolte in attività (OR 1.35 (95% CI, 1.29-1.40)). Circa il 25% dei pazienti che presentavano dolore non ricevevano analgesici. I sggetti con più di 85 anni (OR 1.15 (95% CI 1.02-1.28)), quelli cognitivamente compromessi (OR 1.44 95% CI, 1.29-1.61), i soggetti maschi (OR 1.17 (95% CI, 1.06-1.29)), o quelli di minoranze etniche (OR 1.69 (95% CI, 1.40-2.05) e OR 1.56 (95% CI, 0.70-1.04) rispettivamente per i neri e gli ispanici) presentavano un più alto rischio di non ricevere analgesici. Analoghe conclusioni sono presentate in uno studio canadese [2] condotto nel 2001 su 3195 residenti in nursing home. La valutazione dei soggetti comprendeva, nei soggetti che non erano in grado di comunicare, anche l’analisi di tutti gli eventuali segni e sintomi di disagio, come verbalizzazioni o altri disturbi del comportamento. La prevalenza complessiva del dolore fu del 49,7% e il 23,7% dei soggetti lamentava dolore quotidiano. I soggetti con e senza compromissione cognitiva non differivano nella prevalenza delle condizioni causanti dolore. Tuttavia nei soggetti con deterioramento spesso il dolore non veniva adeguatamente riconosciuto. [1] Won A, Lapane K, Gambassi G, Bernabei R, Mor V, Lipsitz LA: Correlates and management of nonmalignant pain in the nursing home. SAGE Study Group. Systematic Assessment of Geriatric drug use via Epidemiology. J Am Geriatr Soc. 1999 Aug;47(8):936-42. [2] Proctor WR, Hirdes JP: Pain and cognitive status among nursing home residents in Canada. Pain Res Manag. 2001 Fall;6(3):119-25. spesso non trattato in modo adeguato (Won A et al, 1999; Proctor WR et al, 2001; Nygaard HA et al, 2005; Williams CS et al., 2005)

Are nursing home patients with dementia diagnosis at increased risk for inadequate pain treatment? Nygaard HA, Jarland M, Int J Ger Psychiatry 2005 Questo studio [1] condotto in tre nursing home di Bergen, in Norvegia, ha arruolato 125 soggetti (età media 84 aa), residenti in modo permanente nelle nursing home. E’ stata fatta un’intervista al personale infermieristico e ai pazienti in grado di rispondere sulla presenza di dolore fisico nella settimana precedente . Il 17% dei soggetti era cognitivamente integro, il 30% presentava una compromissione cognitiva di cui il 54% aveva diagnosi di demenza. Il 47% dei soggetti in grado di rispondere lamentava la presenza di dolore; il personale infermieristico riportava la presenza di dolore nel 67% dei soggetti. Il 29% dei soggetti ha ricevuto analgesici segnati stabilmente in terapia durante la settimana precedente (38% degli integri, il 30% dei cognitivamente compromessi e solo il 25% dei dementi- p=0.53). Il 20% dei soggetti aveva avuto analgesici “al bisogno” (PRN): 33% integri, 27% cognitivamente compromessi, 12% dementi (p = 0.05). Il 44% dei pz che secondo le infermiere aveva dolore ed il 45% dei pz che riferivano dolore non ricevevano alcun antidolorifico. Un’analisi logistica di regressione ha rivelato che i soggetti con demenza ricevono meno analgesici PRN [Adjusted odds ratio (AOR) 0.22 95% confidence interval (CI) 0.06-0.76] .L’opinione delle infermiere si è dimostrato un fattore significativo per ricevere farmaci (segnati AOR 3.95 95% CI 1.48-10.5, PRN 3.80-95% CI 1.28-11.3). [1] Nygaard HA, Jarland M: Are nursing home patients with dementia diagnosis at increased risk for inadequate pain treatment? Int J Geriatr Psychiatry. 2005 Aug;20(8):730-7.

mantenimento delle funzioni …come si cura Non esistono, ad oggi, metodi certi di prevenzione La malattia è inguaribile e inarrestabile Esistono e sono prescrivibili cure sintomatiche per i sintomi cognitivi e per i sintomi comportamentali La cura della persona richiede terapie farmacologiche e terapie relazionali finalizzate a: contenimento dei sintomi mantenimento delle funzioni qualità della vita

Modelli di cura della demenza Mod. ass. tradizion. Cura dei sintomi Enfatizz. Efficienza Staff emotivamamente distaccato Strategie intensive Dualismo corpo/mente Valut. Quantitativa Amb.istituz.tecnol. Mod. ass. protesico Compren. Problemi Enfatizz. Valori umani Staff emotivamente coinvolto Strategie non invasive Unità corpo/mente Valut. Qualitativa Ambiente non tecnol.

Modelli di cura della demenza Mod. ass. tradizion. Enfasi eliminazione del sintomo Divisione dei ruoli: staff vs famiglia Divisione dei compiti Mod. ass. protesico Enfatizzazione abilità residue Staff e famiglia alleati Competenze accorpate

Il trattamento del demente: aspetti principali Stabilire e mantenere una alleanza con il paziente e con la famiglia Fornire interventi riabilitativi e psicosociali specifici Utilizzare farmaci attivi sul declino cognitivo Trattare i sintomi non cognitivi Valutare e trattare le patologie co-occorrenti Prevenire e trattare le complicanze Definire un piano complessivo di trattamento La gestione dei pazienti dementi e il sostegno ai loro familiari costituiscono una sfida aperta per i sistemi socio-sanitari di tutti i paesi. La domanda di salute in questo ambito richiede una risposta su più fronti, che tenga conto delle complesse esigenze cliniche dei malati. Questa risposta diversificata deve far sì che i benefici derivanti dai singoli interventi (farmacologici, riabilitativi, psico-educazionali, socio-ambientali) possano sommarsi, concorrendo così al miglioramento della qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie ([i]). [i] Cummings JL. Alzheimer’s Disease. N Engl J Med 2004;351:56-67. mod.da A Bianchetti, M Trabucchi: Alzheimer’s Disease. S Govoni, CL Bolis, M Trabucchi. Dementias. Springer Verlag Ed, 1999

Gli outcome del trattamento della demenza Demenza iniziale Riconoscimento dei sintomi iniziali o preclinici Diagnosi precoce Sostegno dell’impatto della consapevolezza di malattia del paziente Sostegno dell’autonomia decisionale Modifica della storia naturale della malattia (ad es. vitamina E nell’AD) Trattamento dei sintomi cognitivi (AchE-I nell’AD) Riabilitazione cognitiva (ad es. ROT, 3R) Stimolo all’attività fisica e mentale Trattamento delle patologie somatiche concomitanti Partecipazione alla ricerca Qualità delle relazioni sociali e familiari Educazione dei caregiver (accettazione della malattia, adeguamento dei comportamenti) Assistenza sociale e legale Demenza moderata Trattamento dei sintomi cognitivi Trattamento dei sintomi comportamentali Trattamento delle patologie somatiche concomitanti Riabilitazione comportamentale (ad es. validazione, reminiscenza) Stimolo della memoria procedurale e dell’autonomia funzionale residua Prevenzione dell’eccesso di disabilità (ad es. iatrogenesi, eccessiva pressione ambientale o deprivazione sensoriale) Educazione e sollievo dei caregiver (adattamenti ambientali e comportamentali, respite) Servizi sociali e assistenziali (prevalentemente territoriali), temporanei o definitivi Gli outcomes clinici della demenza variano in relazione alla gravità stessa della malattia.

Gli outcome del trattamento della demenza Demenza severa Trattamento dei disturbi comportamentali Miglioramento/rallentamento progressione deficit cognitivi Prevenzione delle complicanze (ad es. cadute, incontinenza, immobilità) Sostegno all’alimentazione Sostegno alla mobilità Stimolazione sensoriale e trattamenti non farmacologici Trattamento delle comorbilità somatiche Qualità globale della vita Educazione e sollievo dei caregiver Servizi sociali e assistenziali Nelle forme severe prevalgono gli obiettivi legati al controllo dei disturbi comportamentali, alla prevenzione delle complicanze, al sostegno delle funzioni vitali ed agli aspetti assistenziali e sociali. Nonostante ciò è possibile porre come obiettivo anche in queste fasi il rallentamento della progressione dei deficit cognitivi.

Determinanti dei costi Severità del deficit cognitivo Livello di disabilità funzionale Presenza di disturbi comportamentali Numerose variabili concorrono a determinare il costo dell’AD. Fra queste quelle legate allo stadio della malattia (la severità del deficit cognitivo, la disabilità, i disturbi comportamentali), ma anche variabili più generali quali la struttura familiare ed il suo livello economico, la rete dei servizi esistente, il livello di stress del caregiver. Ernst et al, 1997 Beeri et al, 2002 Bianchetti et al, 2002 Wolstenholme et al, 2002

Cost savings as a result of preventing cognitive decline Il rallentamento de declino cognitivo ha un impatto di tipo economico più marcato nelle fasi moderato-severe piuttosto che in quelle lievi della malattia di Alzheimer. Farlow, M. R. Neurology 2005;65:S1-4S

Trattamento non farmacologico Aspetti ambientali GL for the Treatment of AD IAP 2005 Managing of patients with dementia SIGN 2006 Scarso studi RCT ma dall’insieme dei dati disponibili indicazione a tener conto delle seguenti aspetti: Unità di piccole dimensioni Separare ospiti non cognitivamente compromessi da quelli con demenza Organizzare sollievo come complemento della cura domiciliare Mantenere i gruppi in caso di ricollocazione Realizzare ambiente domiciliari soprattutto nelle sale da pranzo Ridurre i livelli di stimolazione Nascondere uscite indesiderate Rendere più visibili i bagni Eliminare i fattori di stress durante il bagno Non citati. Forza Raccomandazione: Forza raccomandazione: opinione good practice del panel

Treatment options in Alzheimer’s Disease Bianchetti et al, 2006

nella gestione clinico -assistenziale Complessità nella gestione clinico -assistenziale Secondo il rapporto sanitario mondiale del 2000 [1], l’aspettativa alla nascita di anni di vita disabile nel 1999 in Italia era di 5 anni per i maschi e 6 anni per le femmine. [1]http://www.who.int/whr/2000/en/index.html

Progressivo abbassamento della soglia dello stress come modello concettuale dell’assistenza nella demenza Ogni persona ha una soglia di stress che è più o meno fissa in età adulta. La demenza può ridurre nel tempo la soglia dello stress. Un comportamento anomalo deriva dalle alterazioni ambiente-persona, si manifesta quando la richiesta ambientale, esterna (es. rumore) o interna (es. dolore) eccede la capacità dell’individuo di far fronte ad essa. I comportamenti di una persona con demenza sono riferiti allo stato normale, ad uno stato ansioso o ad anomali quando è superata la soglia dello stress. Comportamenti di tipo ansioso sono ad esempio la perdita di contatto degli occhi, l’allontanamento. Essi richiedono la riduzione degli stimoli stressogeni per evitare la comparsa di comportamenti anomali

Il caregiver è il fulcro Assistenza fisica Assistenza sanitaria Il caregiver è il fulcro dell'assistenza un lavoro di cura che resta invisibile e considerato scontato, dati i legami con il malato Sorveglianza Mansioni domestiche

Il processo di reazione dei famigliari alla diagnosi La comunicazione della diagnosi solitamente provoca in tutto il nucleo famigliare, oltre che nel paziente, una angoscia paralizzante L'accettazione avviene quando il nucleo famigliare assume su di sé la malattia, la riconosce come propria e, al tempo stesso, ne comprende l'ineluttabilità Dalla diagnosi all’accettazione di malattia L’instaurarsi di una relazione di aiuto non può avvenire in modo spontaneo ma necessita di un processo di adattamento. Di seguito vengono segnalate le reazioni più comuni sia in fase iniziale, al riscontro della malattia che nella fasi successive. A partire dall’accettazione della malattia uno o più membri assumono il ruolo di caregiver.

Fonte: indagine Censis, 1999 In una indagine condotta in Italia dal CENSIS in collaborazione con l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer (AIMA) su 802 caregiver di pazienti affetti da malattia di Alzheimer distribuiti su tutto il territorio nazionale è stato valutato l’impegno nell’assistenza al paziente fornito dai familiari in relazione alla gravità della malattia. Gravità della demenza Fonte: indagine Censis, 1999

Fonte: indagine Censis, 1999 Nella stessa indagine sono state anche valutate le ore dedicate alla sorveglianza del paziente. Complessivamente i familiari che dedicano “24 ore” al giorno per la gestione del paziente passano dal 32% nelle fasi più lieve della malattia, fino ad arrivare al 52% per i pazienti in fase più severa. Gravità della demenza Fonte: indagine Censis, 1999

La malattia di Alzheimer è legata ad un angosciante vissuto di perdita da parte dei famigliari del malato E’ importante che i curanti non si limitino all’hic et nunc con il paziente. Occorre sostenere i caregivers designati che, nonostante l’ambivalenza, lottano perchè il famigliare non perda la dignità e lo statuto di soggetto.

Il Consultorio per le Demenze di Mirandola Diagnosi e cura Sede di Mirandola Sede di S.Felice S.P. Sede di Finale Emilia Richiesta da parte del Medico di medicina generale I.P. del Consultorio/CUP Consulenza legale: casi selezionati Valutazione cognitiva II° livello Neuropsicologia Psicologo: sostegno al caregiver e famiglia   Assistenti Sociali Comuni Modenesi Area Nord -Day Service Ospedali Mirandola e Finale -U.O.Neurologia Carpi  (casi selezionati) -Nucleo Ospedaliero Demenze di Villa Igea Modena  Consulenze ambientali e assistenziali Volontariato ASDAM

I punti di forza del modello di rete per le persone affette da demenza Accompagnamento di malati e famiglia in tutte le fasi della malattia , individuando possibili soluzioni “personalizzate” e facilitando l’ accesso ai servizi disponibili Rispetto della specificità dei bisogni del malato e famiglia e loro “individualità” Individuazione e condivisione delle strategie di integrazione e coordinamento degli interventi Valorizzazione delle diversità professionali e delle unità di offerta ed utilizzo di tutte le risorse presenti

Perchè incentivare l’integrazione fra diversi operatori e diversi servizi Per il notevole carico assistenziale richiesto Per la varietà dei bisogni presenti Per la lunga durata della malattia Per i numerosi attori coinvolti Per la complessità del quadro clinico Lavorare in sintonia utilizzando al meglio competenze, professionalità , per trovare soluzioni e risorse ai bisogni a partire da ciò che è disponibile. Sono necessari professionalità, capacità di ascolto e “creatività”, orientate verso soluzioni possibili e adeguate al singolo caso.

Il concetto di salute nell’Alzheimer Equilibrio dinamico all'interno della persona tra soma, psiche e spirito e all'esterno della persona tra soggetto e ambiente L’obiettivo non è solo quello di mantenere il DA in buona salute, ma di ricercare sempre il miglior bilancio di salute possibile, adeguandolo all’evoluzione della malattia Centro distrettuale disturbi cognitivi di reggio emilia

L’inganno delle apparenze Nonostante non compaiano strumentazioni sofisticate, la tecnologia richiesta per la cura e la gestione dell’anziano affetto da demenza è assai complessa. Tale tecnologia concide con il sapere e l’abilità operativa dei professionisti. Risultati della Ricerca Ministeriale Alzheimer Regione Emilia-Romagna, 2000-2003

ALZHEIMER’S DISEASE THE WAYS OF PREVENTION M. KIVIPELTO et al ALZHEIMER’S DISEASE THE WAYS OF PREVENTION M. KIVIPELTO et al. The Journal of Nutrition, Health & Aging©Volume 12, Number 1, 2008 The risk score provides a quantitative estimation of the probability of becoming demented, but it cannot definitely state whether a person will develop dementia.

LAVORARE FINO A TARDI ALLONTANA IL RISCHIO DI ALZHEIMER Ogni anno di lavoro in più ritarda di sei settimane l’inizio della vecchiaia Mantenere il cervello attivo lavorando fino a tardi e' un modo efficace per tenere lontano e ritardare l'Alzheimer. A sostenerlo e' uno studio dell'istituto di psichiatrica del King's college di Londra, pubblicato sull'International Journal of Geriatric Psychiatry'. In particolare si stima che ogni anno in piu' di lavoro corrisponda a sei settimane di ritardo dell'inizio della vecchiaia. Alla conclusione i ricercatori vi sono giunti dopo aver analizzato i dati di 1.320 pazienti malati di demenza, di cui 382 uomini. Cosi' hanno scoperto che per gli uomini continuare a lavorare fino a tardi aiuta a mantenere il cervello abbastanza attivo e di ritardare la demenza, causata dalla perdita di cellule nel cervello. Secondo gli esperti un modo per accumulare il maggior numero possibile di connessioni cellulari e' quello di mantenersi mentalmente attivi nella vita. In questo senso una buona educazione intellettuale e scolastica puo' aiutare a mantenere la cosiddetta “riserva cognitiva” come anche la stimolazione intellettiva continuata in tarda eta'. Si e' visto infatti che le persone andate in pensione tardi hanno sviluppato l'Alzheimer successivamente rispetto a quelle che hanno lasciato il lavoro prima.