CORSO DI MODELLI DI SISTEMI BIOLOGICI

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Transcript della presentazione:

CORSO DI MODELLI DI SISTEMI BIOLOGICI Laurea in Ingegneria Clinica e Biomedica

Modelli di sistemi neuromuscolari Lo studio della meccanica muscolare può essere condotto secondo due diversi approcci: un approccio classico in cui il muscolo viene rappresentato con un modello funzionale basato su un’analogia meccanica e un approccio più moderno in cui la contrazione muscolare viene rappresentata tenendo conto dei fenomeni biochimici che si sviluppano nella cellula muscolare durante la contrazione. Tuttavia il modello classico è tuttora diffusamente utilizzato per la sua semplicità soprattutto quando il modello del muscolo deve essere inserito in sistemi più complessi o quando l’interesse riguardi il comportamento globale del muscolo dal punto di vista dello sviluppo di forza o di una variazione di lunghezza.

Modelli di sistemi neuromuscolari Il muscolo scheletrico. Il muscolo scheletrico è formato da cellule lunghe e sottili, dette fibre muscolari. La loro lunghezza varia da 1 a 50 mm mentre il loro diametro è solo di 10-100 m. Queste fibre sono circondate da un rivestimento privo di struttura chiamato sarcolemma. Le fibre muscolari, al microscopio elettronico, presentano un’alternanza di bande chiare e scure da cui il nome di muscolo striato che anche viene dato al muscolo scheletrico. Le bande scure (che hanno una lunghezza media di 1.5 m) sono dette bande A e presentano al loro centro una banda chiara detta banda H. Le bande chiare (di lunghezza  1 m) sono dette bande I e presentano al loro centro una zona scura detta Z. Il tratto tra due bande Z rappresenta l’unità contrattile e si chiama sarcomero. Quando il muscolo si contrae la banda I si accorcia mentre la banda A rimane di lunghezza costante. Le bande Z si avvicinano durante la contrazione I A Z H sarcomero I

Modelli di sistemi neuromuscolari Il muscolo scheletrico. Il muscolo è composto dalle proteine actina (con la tropomiosina e troponina) e miosina. La miosina è limitata alla banda A mentre i filamenti di actina originano dalla linea Z e terminano nella zona H. I filamenti di miosina sono filamenti grossi, quelli di actina sottili. I filamenti sottili sono uniti tra loro a livello delle linee Z. L’accorciamento della fibra muscolare è dovuto all’azione di ponti trasversali che si formano tra siti preferenziali dei filamenti di actina e miosina. Questi ponti generano delle forze elastiche che provocano lo scorrimento relativo dei filamenti l’uno rispetto all’altro. Quando i siti si sono allineati il legame si rompe e un nuovo ponte si forma con un sito più a valle. Se il muscolo è a riposo la concentrazione di ioni calcio all’interno della cellula muscolare è bassa e la formazione dei legami è inibita dalla troponina attraverso la mediazione della tropomiosina. Quando la membrana della cellula muscolare viene depolarizzata dall’arrivo degli impulsi dal nervomotore ioni calcio penetrano dall’esterno all’interno della membrana e vengono rilasciati dalle riserve interne alla cellula contenute nel reticolo sarcoplasmatico. L’eccesso di ioni calcio si lega alla troponina rimuovendone l’effetto inibitorio. Così l’actina e la miosina si possono legare. H A L I/2 miosina actina

Modello classico del muscolo: equazione di Hill. L’approccio classico è basato, come già detto su un modello funzionale “a tre elementi” . Quando il muscolo non è stimolato, l’elemento contrattile si può estendere liberamente senza sviluppare forza e le caratteristiche del muscolo sono rappresentate dall’elemento elastico in parallelo; quando il muscolo è stimolato l’elemento contrattile si accorcia con una velocità che è funzione della lunghezza attuale del muscolo e del carico. L’elemento elastico serie è stato introdotto per tener conto del comportamento osservato quando intervengano brusche variazioni di carico o di lunghezza. L’equazione costitutiva di tale modello si ottiene considerando che la lunghezza totale del muscolo L è uguale alla somma delle lunghezze dell’elemento contrattile e dell’elemento serie. L=LCR -  +  dove LCR è la lunghezza dell’elemento contrattile a riposo,  è il suo accorciamento ed  è la lunghezza dell’elemento serie. Derivando rispetto al tempo si ottiene: dL/dt = - d/dt + d/dt Lcr - d h L ep es ec S P T

Modello classico del muscolo. Per quanto riguarda le forze, indicando con T la forza totale esercitata dal muscolo e con P e S le forze esercitate rispettivamente dall’elemento parallelo e dall’elemento serie, si potrà scrivere: T=P + S da cui: dT/dt = dP/dt + dS/dt Nell’ipotesi che l’elemento serie e l’elemento parallelo siano puramente elastici, le forze da essi esercitate dipendono solo dall’allungamento [P=P(L) e S=S(,)], per cui si ottiene: dT/dt = (dP/dL)(dL/dt) +dS/d· d/dt + dS/d·d/dt dT/dt = [(dP/dL)+ dS/d](dL/dt) +[dS/d+ dS/d]·d/dt che è l’equazione base della meccanica muscolare. Contrazione isometrica (il muscolo si contrae a lunghezza L costante) dT/dt =+[dS/d+ dS/d]·d/dt T(0)=Ti Contrazione isotonica (il muscolo si contrae sotto un carico T=cost ) (dL/dt) = - [dS/d+ dS/d]·d/dt/ [(dP/dL)+ dS/d] L(0)=Li La soluzione delle equazioni richiede la definizione delle caratteristiche dell’elemento parallelo, dell’elemento serie e dell’elemento contrattile, cioè l’espressione delle funzioni P(L), S(,) e d/dt(L,T). In un approccio più semplificato la S viene considerata funzione della sola . Inoltre si devono anche assegnare l’equazione del carico in dipendenza della situazione sperimentale considerata o del sistema in cui il muscolo è inserito come attuatore.

Modello classico del muscolo. Caratteristica dell’elemento parallelo La caratteristica elastica dell’elemento parallelo viene rilevata con prove di allungamento semplice a velocità costante. Al muscolo vengono imposti degli allungamenti e viene rilevata la forza elastica sviluppata in corrispondenza ad ogni allungamento. Naturalmente l’ipotesi di comportamento puramente elastico in assenza di stimolazione è valida solo in prima approssimazione, in quanto anche in condizioni passive sono stati evidenziati sperimentalmente effetti di isteresi e di viscoelasticità. La caratteristica P(L) viene normalmente rappresentata con l’equazione P(L) = ·[exp(·(L-Lr))-1] dove Lr è la lunghezza del muscolo in condizioni di riposo (P(L)=0 per L<Lr) e  e  sono parametri il cui valore può essere calcolato fittando i dati sperimentali. 2 4 5 10 L - Lr[mm] P [g]

Modello classico del muscolo. Caratteristica dell’elemento contrattile Il comportamento dinamico dell’elemento contrattile viene analizzato mediante prove di contrazione isotonica postcaricata. In queste prove, per consentire l’uniformità delle condizioni sperimentali, il muscolo viene stimolato in modo sovramassimale, in cui cioè tutte le fibre muscolari possono essere considerate attive. Al muscolo viene applicato un precarico Ti che serve a determinare la sua lunghezza iniziale Li; a tale valore di Li si inducono una serie di contrazioni isotoniche con valori crescenti del carico. La serie di prove è ripetuta partendo da differenti valori di lunghezza iniziale. L’andamento dell’accorciamento in funzione del tempo presenta un tratto a velocità costante che viene assunto come velocità di accorciamento del muscolo V alla lunghezza iniziale Li e in corrispondenza alla forza T pari al valore del carico a cui è stato sottratto il valore del precarico Ti. Si ottiene così, per ogni valore della lunghezza iniziale un insieme di coppie Vn, Tn che può essere approssimata con: 10 V = b T0 - T a + T dove T0 è la forza per cui la velocità risulta nulla, a e b sono parametri che possono essere valutati dal fitting dei dati sperimentali (b proporzionale alla lunghezza iniziale ed a proporzionale alla forza T0). Per diversi valori della lunghezza iniziale Li si ottiene una famiglia di curve T [g] 5 5 10 V[mm/s]

Modello classico del muscolo. Caratteristica dell’elemento contrattile T (g) CARATTERISTICA ATTIVA La forza T0 può a sua volta essere espressa in funzione di L, considerando che essa è la forza esercitata dal muscolo a lunghezza L in condizioni isometriche e attivazione sovramassimale. La T0(L) si può ottenere misurando la forza massima esercitata in successive contrazioni sovramassimali a lunghezze crescenti. Sottraendo alla T0(L) la P(L) si ottiene il contributo del solo elemento contrattile cioè la caratteristica attiva S0(L). Tale caratteristica può essere approssimata con una parabola o, per piccolo accorciamenti con una retta. Per contrazioni non sovramassimali si assume che la caratteristica attiva sia ancora pari alla S0(L) moltiplicata per una variabile di controllo  compresa tra 0 e 1. T0 S0 P(L) L / Lr 1. Poiché in una prova isotonica l’allungamento  rimane pressoché costante, la velocità V coincide praticamente con la velocità di accorciamento dell’elemento contrattile d/dt. Se poi si assume di effettuare le prove per valori di lunghezza iniziale infinitamente vicini (Li coincidente con L) si ottiene l’equazione caratteristica dell’elemento contrattile P(L) e S0(L) sono funzioni note e  si suppone sia una funzione assegnata del tempo, d/dt fornisce la velocità di accorciamento dell’elemento contrattile in funzione di L, T e del tempo. d dt  S0 –T + P = bL aS0 + T- P

Modello classico del muscolo. Caratteristica dell’elemento serie La caratteristica dell’elemento serie viene ricavata inducendo nel muscolo una contrazione isometrica seguita da una contrazione isotonica. Ciò può essere effettuato portando il muscolo ad una determinata lunghezza iniziale con un precarico (Lpr). Tale lunghezza viene fissata in modo da impedire al muscolo qualsiasi allungamento (utilizzando una vite micrometrica) ed il carico aumentato ad un valore Tp0. Si stimola quindi il muscolo in modo sovramassimale. Questo si contrarrà, in una prima fase in modo isometrico e, quando la forza attiva sviluppata eguaglierà il valore del carico in modo isotonico. Nell’istante di passaggio tra le due fasi la d/dt dovrà risultare la stessa. Per cui eguagliando i valori di d/dt ottenuti dall’equazione della contrazione isometrica e da quella della contrazione isotonica si ottiene la: I valori di dS/d per diversi valori di S* = Tp0 – P(Lpr) si dispongono secondo una retta. Ciò permette un’approssimazione lineare: dS/d=*(S + *) che integrata fornisce la seguente espressione per la caratteristica elastica dell’elemento serie: S() = *[exp(*·) -1] dT/dt Tp0 – dP/dL Lpr dS/dS* = dL/dt Lpr

Limiti del Modello classico del muscolo. La funzione di attivazione (t) è una funzione empirica con valori compresi tra 0 e 1. Tale funzione non ha alcuna corrispondenza con i meccanismi fisiologici che sottendono la contrazione e pertanto non è risultato possibile ricavare con prove sperimentali un andamento della (t) che, in esperimenti simili ma adottando metodi di misura diversi, fornisse lo stesso andamento temporale. Risulta quindi necessario adottare un modello più complesso per la rappresentazione dell’attivazione del muscolo. La caratteristica dell’elemento serie dipende dal livello di attivazione. Durante la contrazione possono evidenziarsi fenomeni di tipo inerziale che nel modello di Hill (essendo gli esperimenti di tipo isotonico) possono essere trascurati.

Modello strutturale della contrazione muscolare. Modello di Huxley. Il modello di Huxely è un modello dall’interno della contrazione muscolare in cui vengono considerati gli eventi elettrici a livello della membrana della cellula muscolare e il meccanismo contrattile relativo allo scorrimento dei filamenti di actina e miosina. Il modello si puo’ quindi considerare costituito da due parti: una prima parte in cui vengono rappresentati i fenomeni biochimici conseguenti alla depolarizzazione della membrana cellulare e la generazione della funzione di attivazione (t). La seconda parte del modello descrive l’accoppiamento eccitazione-contrazione cioè lo sviluppo della forza contrattile in seguito all’attivazione della cellula muscolare.

Modello strutturale della contrazione muscolare. Modello di Huxley. Meccanismo di attivazione. Il modello dei meccanismi di attivazione è un modello compartimentale costituito dai tre compartimenti riprodotti in Figura dove vengono rappresentati: Un deposito interno di ioni Ca++, a concentrazione Ni. Tale compartimento, durante la depolarizzazione rilascia ioni Ca++ in quantità dipendente dal valore del potenziale di membrana al di sopra di una soglia di polarizzazione. Durante la fase di ripolarizzazione, in cui il potenziale della membrana cellulare ritorna al valore di riposo, il compartimento assume calcio fino al livello di riposo Ni0. Superato tale livello il calcio in eccesso viene espulso attivamente dalla cellula. Il compartimento di attivazione, indicato con la variabile  che controlla la velocità di formazione dei ponti tra i filamenti di actina e miosina. Durante la depolarizzazione esso riceve ioni Ca++ dal compartimento Ni e dall’esterno della cellula attraverso un flusso ICa. Un compartimento Nr addetto alla rimozione del calcio dalla fibra muscolare e al suo trasferimento al deposito Ni. Durante la fase di depolarizzazione tale rimozione avviene a una velocità estremamente ridotta, per cui questo ingresso al compartimento Ni può in pratica essere trascurato. ep es ec Nr g Ni Membrana ICa J

Modello strutturale della contrazione muscolare. Modello di Huxley. Fase di depolarizzazione dNi/dt = -K(eE – 1) Ni dNr/dt = F F1 d/dt = - + K(eE – 1)Ni + Ca ICa E è il livello del potenziale di membrana sopra la soglia di depolarizzazione e ICa è generalmente rappresentato con una funzione empirica di E. Fase di ripolarizzazione dNi/dt = rNr – J dNr/dt = - rNr + d/dt = - J uguale a zero per NiNi0 e uguale a rNr per NiNi0. Le condizioni iniziale sono definite dai valori delle variabili compartimentali alla fine della fase precedente. Se si parte da uno stato di riposo Ni0(0)=Ni0 Nr(0)=0 e (0)=0. ep es ec Nr g Ni Membrana ICa J

Modello strutturale della contrazione muscolare. Modello di Huxley. Accoppiamento eccitazione-contrazione L’accoppiamento eccitazione-contrazione si realizza attraverso l’intervento di due proteine associate all’actina: la troponina e la tropomiosina. A basse concentrazioni dello ione Ca++ nel sarcoplasma la troponina inibisce la formazione di legami tra actina e miosina. Al crescere della concentrazione, oltre una data soglia, il Ca si lega alla troponina rimuovendo l’effetto inibitorio. Le molecole di actina possono così legarsi ai filamenti di miosina in siti preferenziali. Poichè questi legami hanno un verso preferenziale, che è quello dell’accorciamento della fibra, la contrazione si verificherà per un successivo formarsi e disconnettersi di questi legami. Con riferimento alla figura indichiamo con n(t,x) la percentuale di siti legati all’istante t a distanza x. La variazione di questa percentuale all’istante t si può scrivere come: n/ t=(1-n)f - ng dove f è la probabilità per unità di tempo della formazione di un legame mentre g è la probabilità per unità di tempo della rottura di un legame x o miosina actina

Modello strutturale della contrazione muscolare. Modello di Huxley. Nell’ipotesi che la dipendenza di n da t sia solo attraverso x si ha: -v·n/x=f-(f+g)·n dove v è la velocità di scorrimento dei filamenti di actina e miosina. Se s è la lunghezza del sarcomero e V’ è la velocità di accorciamento del muscolo normalizzata rispetto alla sua lunghezza, v sarà uguale V’·s/2. Dove f e g sono date dalle relazioni empiriche di figura. La soluzione dell’equazione fornisce la relazione tra n ed x durante contrazioni con velocità di accorciamento ed attivazioni costanti. Per 0 x h si ottiene : dn/dx= [(g f1 + g1)n – g f1] 2x/(hsV’) n(h)=0 Integrando si ha: n(x)= [1-exp((x2/h2-1)/V’)] dove =h·(f1+g1)/s. Per x<0 imponendo una condizione di continuità con la soluzione precedente si ottiene: n(x)= (1-exp(-/V’)) exp(2g2x/sV’) per x>h n=0. f x/h 1 g x/h<0 f=0 0≤x/h≤0 f=(t)f1 x/h x/h>0 f=0 g f1 g f1 + g1 g x/h 1 g f1 g f1 + g1 x/h<0 g=g2 x/h≥0 g=g1 x/h

Modello strutturale della contrazione muscolare. Modello di Huxley. Per determinare una relazione tra la velocità V’ e la forza S generata dal muscolo (a meno della componente passiva), si consideri che la forza totale è la somma delle forze generate dai legami attivi di metà sarcomero. Se c è una costante legata alla densità di questi legami e se K è la costante elastica la forza S è data da: S=cK  n(x) x dx L’integrale va ovviamente calcolato dove n(x)0 Utilizzando le espressioni ricavate per n(x) si ottiene l’espressione: S=cK g f1 /(g f1 + g1) [1-V’ (1-e-F/V’) )(1+0.5V’ (g f1 /(g f1 + g1) ] F F che ha significato e forma analoghe all’equazione di Hill.

Modello strutturale della contrazione muscolare. Modello di Huxley. g S t Le equazioni del modello di Huxley consentono il calcolo della forza attiva S sviluppata dal muscolo. Nel caso di una contrazione isometrica (L=cost) gli andamenti di g ed S in funzione del tempo per differenti valori della frequenza dei treni di impulsi di depolarizzazione della membrana sono rappresentati in figura.

Un parallelo tra i due modelli può essere ottenuto considerando la figura dove d =M-H=2C-I è l’area di sovrapposizione tra i filamenti di actina e miosina. La lunghezza L del sarcomero quando non è presente l’allungamento elastico è: L=M+I=M+2C-δ. Quando invece è presente l’allungamento elastico è: L=M+I+=M+2C-d+=Lcr-d+. Differenziando la lunghezza del sarcomero rispetto al tempo si ottiene: dL/dt=-dd/dt+d/dt ricordando che il termine M+2C rappresenta la somma delle lunghezze del filamento di miosina e dei due filamenti di actina ed è quindi un termine costante. Poichè nel modello di Hill la forza è la somma dei contributi dell’elemento serie e dell’elemento parallelo e la  è una funzione della lunghezza del sarcomero (s) che può essere espressa in funzione di d e  si può scrivere T= P(L)+S(,d). Derivando la forza totale rispetto al tempo si ottiene la: dT/dt = dP/dt + dS/dt Anche quest’equazione coincide con l’equazione ottenuta con il modello dall’esterno L M I/2 C d/2 H Miosina Actina