AGN: meccanismi di emissione e modello unificato

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AGN: meccanismi di emissione e modello unificato Lea Giordano AGN: meccanismi di emissione e modello unificato introduzione storica prima classificazione degli AGN spettri meccanismi di emissione IPOTESI DI LAVORO modello unificato riclassificazione alla luce del modello unificato extras bibliografia e referenze 20.01.03

INTRODUZIONE STORICA Carl Seyfert Markarian Khachikian e Dan Weedman scoperta dei QUASARs 3C 48 3C 273

Carl Seyfert Carl Seyfert scoprì che alcune galassie possedevano la peculiarità di avere nuclei straordinariamente brillanti e puntiformi. Nel 1943 selezionò dalla survey dell’osservatorio di Mt. Wilson sei galassie (NGC1068, NGC1275, NGC3516, NGC4051, NGC4151 e NGC7469) che avevano in comune righe di emissione allargate (broad line emission) e ne analizzò lo spettro. Cinque delle suddette galassie erano spirali, tranne NGC1275, un’irregolare peculiare. Da allora “galassia di tipo Seyfert” indica un’intera classe di galassie attive.

NGC 4151 NGC 1068 NGC 4051

NGC 7469 NGC 3565

B.E. Markarian Nel 1963 pubblica i risultati dello studio di 41 galassie peculiari di cui si ha evidenza di emissione non termica, ovvero non direttamente proveniente dalle fotosfere stellari. Sono incluse tutte le galassie analizzate da Seyfert. Markarian inizia una survey (con il telescopio Schmidt da 1m del Byurakan Observatory, in Armenia), selezionando una serie di oggetti che presentano un eccesso blu-UV nel loro continuo, che terminerà con la pubblicazione di un catalogo comprendente circa 1500 galassie che oggi sono note come Markarian galaxies. In realtà questa non è una classe vera e propria di AGN, ma piuttosto una selezione di oggetti, a basso redshift, che presentano una particolare caratteristica dell’attività galattica: l’eccesso blu-UV.

Markarian thumbnails

Markarian 421 – broad band spectrum

Khachikian e Dan Weedman Nel 1974, grazie ai progressi delle tecniche spettrografiche, riclassificano le galassie di tipo Seyfert in due classi: Seyfert type I righe permesse: H (in massima parte), HeI, HeII e FeII; con [FWHM] corrispondenti a velocità comprese tra 1 e 104km/s righe proibite: OIII hanno [FWHM] corrispondenti a soli ~103km/s Seyfert type II righe permesse e proibite hanno circa le stesse [FWHM] pari a ~103km/s

SCOPERTA DEI QUASARs I quasar furono identificati per la prima volta (negli anni 50 del secolo scorso) come intense sorgenti radio piuttosto estese. Poiché le controparti ottiche erano puntiformi furono identificati con l’acronimo di QSRSs (Quasi-Stellar Radio Sources), da cui QUASARs. L’emissione di queste sorgenti presenta una variabilità su tempi scala di decine di mesi (molto meno in alcuni casi) il che porta a pensare che deve esserci qualcosa di veramente peculiare nella geometria della regione emettitrice: le dimensioni della regione da cui proviene la luce non possono essere superiori al tempo che la luce stessa impiega per attraversare la regione. Da questo possiamo ricavare un limite superiore per le dimensioni lineari della regione di variazione che per i quasar in genere è al massimo di 1 anno luce.

3C 48 e 3C 273 3C 48 La posizione di questa sorgente fu trovata (con un’accuratezza di ~5 arcsec) nel 1960 dagli astronomi del Caltech e la controparte ottica fu identificata su una lastra presa da Alan Sandage al 5m di Mt. Palomar, dove appariva come una stella blu di 16^ magnitudine associata ad una debole nebulosità con una bassissima brillanza superficiale di circa 12 x 5 arcosecondi, con la sorgente radio non perfettamente al centro. Dallo spettro emergevano delle righe di emissione allargate. Si apre una lunga e dibattuta controversia sulla natura galattica o extragalattica di questa sorgente, che si risolverà con l’attribuzione di un redshift pari a 0.37. 3C 273 I radioastronomi del Jodrell Bank utilizzarono il metodo dell’occultazione lunare per misurare la posizione di questa sorgente che sostenevano essere di natura extragalattica. Anche per questa individuazione della controparte ottica furono utilizzate lastre prese a Palomar (da Rudolph Minkowski) e si trovò che la sorgente sembrava essere una stella di 13^ magnitudine anch’essa associata ad una debole nebulosità allungata. Dallo spettro di 3C 273 emersero righe dell’idrogeno corrispondenti ad un redshift di 0.16 (che corrisponde ad una velocità di allontanamento di ~16% di c). Questa sorgente si trova quindi ad una distanza di ~950 Mpc (per H0=50; ~685 per H0=70). La magnitudine apparente è 13, con la formula del modulo di distanza è possibile trovarne la magnitudine assoluta: Il Sole ha una magnitudine assoluta MV=4.8 da cui possiamo ricavare la luminosità visibile di 3C 273 in termini di luminosità solare L☼: ovvero pari a 4.8·1012L☼. Si ricava che MV=-26.9, che paragonata con una galassia luminosa (MV~-23, ~1011L☼) fa capire quanto peculiari siano gli oggetti a cui ci troviamo di fronte.

3C 48

3C 273

a cosa siamo di fronte? Abbiamo presentato diverse tipologie di oggetti e abbiamo sottinteso che siano tutti parte della classe di sorgenti astronomiche denominata AGN (Active Galactic Nuclei). Ovvero oggetti: GALACTIC: che vivono in galassie quindi extragalattici; NUCLEI: che vivono nel cuore di queste galassie, vicine e lontane (lontanissime); ACTIVE: che presentano una qualche sorta di attività, ovvero la luce che vediamo non è direttamente attribuibile a processi di origine stellare.

Metodi d’indagine di una sorgente in astrofisica Per analizzare le sorgenti con cui si ha a che fare in astrofisica gli strumenti d’indagine sono prevalentemente due: FOTOMETRIA SPETTROGRAFIA Entrambe si estendono su quasi tutto lo spettro elettromagnetico, con minori risoluzioni per le lunghezze d’onda maggiori (dovute alla difficoltà tecnica di collimare un raggio di fotoni ad altissima energia). Dalla spettrografia in particolare si ricavano indicazioni preziosissime riguardo allo spettro di emissione delle sorgenti (righe atomiche), strumento insostituibile per stimare le distanze di questi oggetti.

DISTANZA Il redshift attribuibile agli AGN è quasi unanimemente interpretato come effetto cosmologico. Nel modello cosmologico “standard” il redshift z di una riga spettrale emessa ad una lunghezza d’onda λe e rivelata a λ0 è legato alla distanza della sorgente emettitrice dalla seguente relazione: dove H0 è la costante di Hubble, q0 il parametro di decelerazione e z è definito come: Il primo termine della serie si può interpretare come velocità di recessione z=v/c, i termini successivi sono le correzioni relativistiche che diventano non trascurabili per ~ z>0.3

circa 102 volte maggiore di una galassia gigante e proveniente La distanza calcolata in questo modo dà la diminuzione del flusso totale per una sorgente di luminosità L che irraggia isotropicamente: Es.: per il quasar 3C 273: circa 102 volte maggiore di una galassia gigante e proveniente da un volume probabilmente circa 106 volte inferiore. Nel corso della storia questo ha spesso fatto sì che fosse messa in dubbio l’interpretazione cosmologica del redshift di questi oggetti. In realtà: sono stati trovati quasar in cluster con galassie allo stesso redshift il range di luminosità che va dalle Seyfert 1s ai quasar è continuo (una Seyfert estremamente brillante ad alto redshift non sarebbe distinguibile da un quasar debole) le righe di assorbimento a zabs inferiore al redshift zem delle righe di emissione è probabilmente dovuto al cammino ottico percorso dal raggio luminoso lungo la l.o.s., a cui può capitare di attraversare delle nubi di gas, la cui distanza è addirittura stimabile da un rapporto tra le intensità delle righe di emissione e quelle di assorbimento. distanza - continua

DIMENSIONI Da osservazioni dirette è possibile stimare i limiti superiori delle dimensioni dei nuclei attivi: struttura in ottico (NGC4151) struttura in radio variabilità osservazioni da pallone: il continuo ottico proviene da una regione del diametro di ~7 pc solo in alcuni casi i radio core delle galassie attive sono risolti (da misure VLBI), in altri casi abbiamo limiti superiori in generale un sistema di dimensioni scala l non può avere variazioni in tempi minori di l/c variabilità delle righe: il continuo ottico proviene da una regione del diametro di ~0.1-1 pc fino a redshift dell’ordine ~0.5 le correzioni relativistiche sono trascurabili  l=qcz/H0 osservazioni di variabilità su tempi scala tvar forniscono un limite superiore sulle dimensioni della regione emettitrice  l ≤ ctvar NLR ~50 pc la più piccola struttura angolare risolta è pari a qualche milliarcsec, corrispondente ad una dimensione lineare di 1 pc alla distanza di 100 Mpc o ad un redshift ~0.03 il record di variabilità è un BL Lac: ~11 min  l <2·1013cm. In media ~1015(M/108M☼)  ~10-3 pc BLR ~1-10 pc se la sorgente è relativistica (moti superluminali apparenti per effetto di beaming) i tempi di variabilità sono maggiori di quanto viene misurato

SPETTRI Gli AGN in genere hanno spettri BROAD BAND, ovvero che si estendono lungo tutto lo spettro elettro- magnetico.

MECCANISMI DI EMISSIONE Come si può spiegare lo spettro broad band che emerge da una galassia attiva? È necessario fare ricorso a processi fisici di emissione della radiazione che possiamo raggruppare in due classi fondamentali: EMISSIONE TERMICA PROCESSI AD ALTA ENERGIA (emissione non termica) Un strumento di indagine fondamentale nell’analisi degli spettri degli AGN sono le RIGHE DI EMISSIONE, fondamentali per determinare il redshift e quindi la distanza degli oggetti astronomici.

EMISSIONE TERMICA L’emissione termica è una proprietà di tutti i corpi che irraggiano e per analizzarne le proprietà dobbiamo fare ricorso ad un’idealizzazione fondamentale in tutta quanta la fisica: il CORPO NERO. Un corpo nero è un oggetto in equilibrio termico con l’ambiente che lo circonda che è in grado di comportarsi sia come perfetto assorbitore che come perfetto emettitore. Costruire un corpo nero ideale (ovvero che si comporti da tale a tutte le frequenze) non è possibile, ma, ad esempio, una stella può essere presa come un’ottima approssimazione di corpo nero e quindi è possibile calcolarne la temperatura conoscendo la lunghezza d’onda alla quale emette. inserire lo spettro del sole – chiedere a daniele

Un corpo nero è univocamente identificato mediante la TEMPERATURA Un corpo nero è univocamente identificato mediante la TEMPERATURA. Poiché il corpo nero, per definizione, assorbe tutta la radiazione che incide su di esso, quella che vediamo emergere è quindi il risultato della sola emissione. Il profilo della curva è dato dalla legge di Planck: legge di Planck

corpo nero – continua (1) La luminosità irraggiata da un corpo nero sferico è data da: la luminosità dipende dall’area della superficie che irraggia e da T4. i corpi molto luminosi devono essere molto grandi, avere alte temperature o entrambe le cose. All’aumentare della temperatura del corpo, la lunghezza d’onda del picco di emissione cambia secondo la legge (di Wien): corpo nero – continua (1)

tabella comparativa T – lmax - picco esempio temperatura T(K) lmax (cm) lunghezza d’onda del picco di emissione gas coronale 1000000 3·10-8 Soft X-ray plasma caldo 300000 1·10-7 EUV stella O 30000 1·10-6 UV stella G (Sole) 6000 5·10-6 visibile stella M 3000 1·10-5 NIR polvere calda 1500 2·10-5 Terra 300 1·10-4 MIR polvere fredda 100 3·10-4 submillimetrico CBR 2.7 ~1·10-1 millimetrico tabella comparativa T – lmax - picco

free-free emission (bremsstrahlung termica) L’emissione free-free è tipica di un gas caldo ed è prodotta ovunque ci sia un’adeguata densità di elettroni liberi, ad esempio: atmosfere stellari plasmi caldi e densi regioni HII toro di gas ionizzato attorno ad Io La regione HII attorno ad una stella calda è formata dalla fotoionizzazione dell’idrogeno da parte di fotoni UV provenienti dalla stella. Il continuo proveniente da una regione del genere è dovuto all’emissione free-free prodotta dagli elettroni liberi del gas. Lo spettro si può estendere dal radio all’ottico ed è piatto in regime di mezzo otticamente sottile.

free-free emission – continua (1) I fotoni possono interagire con gli elettroni legati di un atomo e dare origine a ionizzazione (interazione bound-free) oppure l’inverso e dare origine a ricombinazione (interazione free-bound). Nel caso di elettroni liberi e gas ionizzato siamo nel caso dell’interazione free-free. In ciascuno di questi casi lo spettro è continuo. Qui considererò esclusivamente l’emissione free-free più comune in astrofisica, ovvero quella di una regione di idrogeno ionizzato riscaldato da una sorgente calda. In genere l’emissione free-free è tipica di un mezzo otticamente sottile, anche se ad alcune particolari lunghezze d’onda il mezzo si comporta come otticamente spesso e quindi la radiazione viene autoassorbita. free-free emission – continua (1)

free-free emission – continua (2) Lo spettro si estende dal radio al visibile e dipende dalla densità del gas. Il grafico ha un flesso in corrispondenza della lunghezza d’onda a cui il mezzo inizia a comportarsi come otticamente spesso: a lunghezze d’onda maggiori la radiazione è riassorbita. Esiste quindi, in dipendenza dalla densità del gas, una particolare frequenza, detta di cut-off, oltre la quale il mezzo emette come corpo nero. La parte dello spettro dove il mezzo è otticamente spesso è dato da: dove In è l’intensità emessa in funzione della frequenza. Nella regione a legge di potenza l’indice spettrale a è pari a 2. Nella parte dello spettro otticamente sottile l’intensità è debolmente dipendente dalla frequenza, con indice spettrale pari a –0.1. free-free emission – continua (2)

EMISSIONE NON TERMICA RADIAZIONE DI SINCROTRONE L’emissione non termica è dovuta a processi di alta energia che coinvolgono sia fotoni che particelle e si dice non termica proprio perché la distribuzione, sia dei fotoni che delle particelle, non è Maxwelliana. I processi fisici che danno luogo ad emissione di alta energia sono: RADIAZIONE DI SINCROTRONE EFFETTO COMPTON (diretto e inverso) PRODUZIONE DI COPPIE

RADIAZIONE DI SINCROTRONE Alfvén e Herlofson (1950) e Shklovsky (1953) proposero che per spiegare alcuni spettri di sorgenti radio a legge di potenza del tipo con indice spettrale a >> 2 fosse necessario ricorrere ad emissione di tipo non termico ed in particolare emissione di sincrotrone.

sincrotrone – continua (1) L’emissione di sincrotrone denota la presenza di un campo magnetico: gli elettroni relativistici che attraversano una zona di spazio permeata da questo vengono deflessi e quindi irraggiano. A differenza della trattazione classica (per basse energie) dove gli elettroni irraggiano come un dipolo, nell’emissione di sincrotrone l’elettrone emette in un cono di luce di apertura (a) inversamente proporzionale al fattore di Lorentz degli elettroni (g). Elettroni di una data energia irraggiano ad una frequenza specifica, dato il campo magnetico: Irraggiando gli elettroni perdono un’ energia pari a: dove Umag è la densità di energia nel campo magnetico: B2/(8p·10-7) Da cui si può ricavare una vita media per irraggiamento: dove th è il tempo (in secondi) in cui l’elettrone perde metà della sue energia. La vita media di elettroni relativistici dipende quindi dall’inverso del quadrato del campo magnetico e dall’energia. sincrotrone – continua (1)

sincrotrone – continua (2) Esiste una semplice relazione tra l’indice della distribuzione di energia degli elettroni (s) e l’indice spettrale (α) dello spettro di emissione per sincrotrone: Questa relazione è estremamente utile in quanto da una semplice misura dell’indice spettrale si possono ricavare informazione sulla distribuzione di energia degli elettroni emettitori. Per gli AGN l’emissione di sincrotrone riguarda solamente il getto relativistico. Sappiamo che in regioni simili il campo magnetico è di ~10-4 T  emissione X di 10 KeV da Blazars è dovuta ad elettroni di ~1012 eV sincrotrone – continua (2)

EFFETTO COMPTON (diretto e inverso) Quando un fotone di alta energia interagisce con un elettrone a bassa energia si ha scattering Compton. L’elettrone acquista energia a spese del fotone. La relazione tra la lunghezza d’onda del fotone incidente, λi, e quella dopo lo scattering, λs è: [1] dove m0 è la massa a riposo dell’elettrone e  l’angolo di scattering. Possiamo riscrivere [1] in termini della lunghezza d’onda Compton λC: dove λC è definita come:

effetto compton – continua (1) Un caso particolare è rappresentato dallo scattering di Thompson, la coda a più bassa energia, il più comune in astrofisica. L’effetto Compton è statisticamente rilevante in quelle regioni in cui vi sono degli elettroni immersi in un campo di fotoni ad alta energia. In astrofisica è possibile anche trovare situazioni in cui avviene il processo inverso (IC), ovvero quando elettroni di alta energia interagiscono con dei fotoni cedendo parte della loro energia e accelerandoli. L’effetto Compton inverso è l’analogo elettrico del sincrotrone. La perdita di energia di un elettrone relativistico che interagisce con il campo generato da fotoni (con densità di energia Urad) è dato da: dove σT è la sezione d’urto Thompson. effetto compton – continua (1)

effetto compton – continua (2) N.B.: Il numero di fotoni è conservato e questi vengono accelerati ad energie superiori di un fattore γ dato da: L’effetto Compton è quindi una sorgente di fotoni ad alta energia (X e gamma) a partire da una popolazione di elettroni relativistici. Il profilo dello spettro dipenderà quindi dalla distribuzione energetica degli elettroni.

PRODUZIONE DI COPPIE La produzione di coppie è un fenomeno statisticamente incidente in astrofisica solo in quelle regioni con una densità di fotoni gamma veramente elevata. Quando un fotone di grande energia interagisce con il campo di un altro fotone o di un nucleo da origine alla formazione di una coppia elettrone-positrone:

produzione di coppie – continua (1) Dalla conservazione dell’energia si ha che: [1] Per la coppia e+e- il momento è: [2] Per il fotone il momento è, da [1]: [3] Uguagliando [2] e [3] si vede che, poiché ν non può essere uguale a c, momento ed energia non possono essere conservati simultaneamente nello spazio libero: è necessaria la presenza di un terzo oggetto (il campo di un nucleo o di un altro fotone) che assorba parte del momento di rinculo. La massa a riposo di e+ ed e- è 0.511MeV  il regime di questa interazione sarà nella regione che va dagli X estremi ai gamma di bassa energia. Questa interazione può avvenire anche sottoforma di annichilazione di una coppia e+e- con la produzione di un fotone di energia 0.511 MeV (ad esempio, ne sono stati osservati dalla regione del Centro Galattico). produzione di coppie – continua (1)

RIGHE DI EMISSIONE Dall’analisi delle righe di emissione possiamo fare ipotesi sullo stato fisico del gas che le ha emesse. Per semplicità (e visto che è la situazione più comune in astrofisica) considereremo come regione emettitrice una nube di gas d’idrogeno ionizzato (HII region). Si assume un regime di LTE (Local Thermodynamic Equilibrium) per poter derivare l’equazione di stato per il materiale emettitore, legata alle condizioni di pressione (densità di energia) in funzione della temperatura e della densità di massa. Per una riga di emissione jmn [Wm-3] è coefficiente di emissione per una transizione da uno stato quant. m ad un’altro stato n. La luminosità della riga m  n sarà quindi: L=jmnV, con V volume della nube di gas emettitore. Per gli AGN il volume delle regioni emettitrici è stimato da misure dirette.

righe di emissione – continua (1) Il coefficiente di emissione è legato ai parametri fisici dell’atomo emettitore: dove Amn è la probabilità di transizione spontanea dallo stato m a n, Emn(=hνmn) è l’energia del fotone emesso e Nm è il numero di atomi per unità di volume che si trovano nello stato m. Amn e Emn sono noti dalla fisica atomica e Nm, detto anche numero di popolazione, si ottiene, in funzione della temperatura, dall’equazione di Boltzmann: che riscriviamo nella forma: dove gm e gn sono i pesi statistici degli stati m e n.

righe di emissione – continua (2) Per quanto riguarda l’emissione da HII region si fa spesso ricorso alla cosiddetta “case B approximation”, ovvero il numero di ricombinazioni per unità di volume per secondo è uguale al numero di fotoni La prodotti per unità di volume per secondo. Questa approssimazione è applicabile in condizioni di profondità ottiche grandi per le righe dello spettro di Lyman: ciascun fotone Lyman è scatterato più volte nel gas fino ad essere convertito in un fotone La, Balmer o altro. Applicando la cBa non è possibile ricavare direttamente Nm o Nn, tuttavia, utilizzando il rapporto tra due righe spettrali, è possibile ricostruire il numero di atomi nei due livelli e la temperatura. Per temperature tra i 20000K e i 5000K il rapporto Ha/Hb previsto di 2.75-3.0 combacia perfettamente con le osservazioni. Per gli AGN bisogna considerare la presenza di polveri che assorbono preferibilmente fotoni Hb  il rapporto Ha/Hb sarà superiore.

righe di emissione – continua (3) Nella trattazione seguente faremo in ogni caso ricorso alla cBa, riconducendoci ad una sorgente di radiazione non circondata da polveri. Da ciò deriva che da una misura delle righe di Balmer si può determinare l’intensità del continuo. L’approssimazione fatta è in ogni caso valida in quanto la regione ionizzata è detta “radiation bounded” ovvero tutta la radiazione ionizzante proveniente dal motore centrale è assorbita dagli atomi del gas circostante (otticamente spessi alla radiazione)  per l’osservatore esterno il continuo di ionizzazione sarà quindi invisibile. I rapporti tra righe spettrali possono essere utilizzati per determinare: la struttura della regione ionizzante la massa di gas le dimensioni della regione emettitrice

righe di emissione – continua (4) Dallo studio delle righe proibite (e per “proibito” s’intende che non sono osservabili in analisi di laboratorio) si possono ottenere informazioni sulla densità di elettroni e sulla temperatura della regione ionizzata emettitrice (ad es.: il rapporto 500.7436.3 del [OIII]). Nelle regioni in cui la presenza di polveri è dominante, si utilizzano i rapporti tra righe in infrarosso. Recentemente, con l’avvento della spettroscopia X e gamma da satellite, è possibile indagare anche le regioni più centrali degli AGN, andando a verificare gli eventuali rapporti tra righe anche a queste lunghezze d’onda estreme.

ampiezza delle righe  velocità di dispersione L’ampiezza delle righe atomiche può dare informazioni riguardo all’origine delle righe stesse, almeno in termini di velocità di dispersione del gas che ha emesso la riga: una riga atomica risulta allargata quando è prodotta da atomi che non hanno la stessa velocità lungo la linea di vista. Per questo, ad esempio, si può ipotizzare che nelle galassie Seyfert II le righe permesse e proibite sono originate nella stessa regione in quanto hanno [FWHM] molto simili mentre - nelle galassie Seyfert I la regione di origine delle righe di emissione è differente: le righe permesse e proibite hanno [FWHM] molto diverse.

un primo tentativo di classificazione Seyfert galaxies QUASARs Blazars LINERs e ULIRGs

Seyferts galaxies Seyferts 1s Seyferts 2s continuo non stellare righe di emissione di alta ionizzazione Seyferts 1s Seyferts 2s broad-lines emission --- variabilità su tempi scala di decine di giorni (componente broad-line e continuo UV) narrow-line emission intensità [OIII]/Hb particolarmente elevata radiosorgente emissione X: nella banda 2-10 KeV (eccesso di X soft per ~50%) solo le più brillanti variabilità (fattore 2) su tempi scala di giorni (componente X)

Keel - Astronomical Journal (vol. 111, p. 696, 1996). Seyferts gallery Queste immagini sono prese in banda V usando un CCD Texas Instruments CCD al telescopio Hall (1.1 m) del Lowell Observatory. Keel - Astronomical Journal (vol. 111, p. 696, 1996).

QUASARs Radio-quiet Radio-loud A basse luminosità sono indistinguibili dalle Seyferts 1s: questo è dovuto al fatto che in realtà si tratta probabilmente di una classe di oggetti simili divisa in due da limiti osservativi (impossibilità di risolvere galassie con bassa brillanza superficiale attorno a quasar molto brillanti). Radio-quiet Radio-loud ~90% ~10% variabilità su tempi scala di anni (dove si è osservata) --- sorgenti: compatte struttura a doppio lobo Il plasma che emette in radio mostra moti superluminali apparenti ospite: galassie a spirale ospite: galassie ellittiche

radio galaxies gallery The Fornax A data were presented by E. Fomalont, K. Ebneter, W. van Bregel, & R. Ekers in ApJL 346, L17 (1989), and the data for 3C 285, 219, and 315 are from a study by P. Alexander and J.P. Leahy in MNRAS 225, 1 (1987). The data for 3C 449 span a 0.15-degree field and are from the NRAO VLA Sky Survey (NVSS) via WWW retrieval. Leahy has pointed out that the extreme north and south extensions on 3C 449 are artifacts of the FIRST survey data collection.

QSO 1229+204

Blazars Sono la classe degli oggetti più “violenti”: hanno emissioni che si spingono fino al gamma estremo e presentano variabilità su tempi scala brevissimi. BL Lac OVVs righe di emissione quasi assenti righe di emissione da BLR e NLR emissione X (2-10 KeV) senza l’eccesso EUV – soft X (< 0.5 keV) emissione ottica e radio fortemente polarizzata emissione ottica e radio polarizzata moti superluminali apparenti (es: gamma-ray blazar 3C 279) --- variabilità a tutte le frequenze su tempi scala ~ 10 min

3C 279 – superluminal motion One of the greatest surprises provided by very-long baseline interferometry (VLBI) observations was the fact that some quasars, radio galaxies, and BL Lacertae objects exhibit motion along their jets which works out to several times faster than light. Motion of material at such velocities is forbidden by relativity (which otherwise checks out perfectly, to the chagrin of some diehard science-fiction fans), but relativity also provides a way in which we can see such blobs appear to move faster than light (that is, superluminally). If we see a train of objects moving close to the speed of light and moving almost exactly toward us, tracking the apparent position in our time frame will make them appear to move sideways mush faster than they actually do. And the sources with superluminal motion are typically just those most likely to be pointed toward us - they are bright because of Doppler boosting, and there also seems to be a connection between strong gamma-ray emission and superluminal radio structure. This series of VLBI images, with pseudocolor intensity coding to make the structures easier to see, follows the quasar or blazar 3C 279 over a three-year period. The prominent outer knots are moving with an apparent speed of 4c, typical for superluminal sources. Just what we are seeing here remains unclear. Some objects show twisted paths for the emerging knots, fitting with theoretical expectations that material may move along helical twists (driven by instabilities in the jets and their imbedded magnetic fields). This montage may show some support for this idea, with complex structure changing rapidly between the brightest knots. It is also unclear whether the knots that we see are physical objects, clumps of gas moving together along the jet, or bunchings of material in which the constituent matter constantly changes, as we see in waterfalls and waves. These images were provided by Ann Wehrle and Steve Unwin, described in a paper in press in the ApJ by Wehrle et al. They have been rotated by 30 degrees to make the jet horizontal, and vertically displaced according to the date of observation. The observations here were taken from 1991- 1994; more recent regular monitoring has been done with the VLBA. The resolution is about 0.2 milliarcsecond, corresponding to about 2 light-years at this distance. These data were obtained at a frequency of 22 GHz (wavelength 1.3 cm).

LINERs e ULIRGs LINERs ULIRGs narrow-low excitation lines --- Sono una classe di AGN piuttosto dibattuta in quanto si ritiene che le loro caratteristiche possano essere dovute a eventi di starbust (shocks e venti) e di SN (da cui l’emissione radio). I primi abitano quasi esclusivamente in galassie a spirale, mentre i secondi in ellittiche o spirali dominate da bulge (si pensa possano essere il prodotto di merging o interazione). LINERs (Low Ionization Nuclear Emission Region) ULIRGs (Ultra-Luminous Infra-Red GalaxieS) narrow-low excitation lines --- debole continuo di emissione non termica sorgenti non risolte in UV (alcuni) sorgenti radio (alcuni) rapporto IR/ottico estremamente alto

sombrero galaxy

Table 1.2: The AGN Bestiary da KROLIK Beast Point like Broad-band Broad lines Narrow lines Radio Variable Polarized Radio-loud quasars YES SOME Radio-quiet quasars WEAK Broad line radio galaxies (FR2 only) Narrow line radio galaxies (FR1 and FR2) NO OVV quasars BL Lac objects Seyferts type 1 Seyferts type 2 LINERs

cosa hanno in comune questi oggetti?

cosa hanno in comune questi oggetti?

Table 1.1: The Menu da KROLIK Property Popularity Comments and Exceptions Very small angular size Many Wavelength dependent Galactic (or greater) luminosity Lower luminosity is hard to find; obscuration and beaming may mislead Broad-band continuum Most Often dL/dlogn ≈ const. from IR to X-rays; sometimes to g-rays Strong emission lines Sometimes very broad, sometimes not Variable Modest amplitude; short wavelengths stronger, faster than long Weakly polarized ~1% linear; a minority much stronger Radio emission Minority Sometimes, but not always, extended on enormous scales Strongly variable and polarized Small minority Correlated with bright radio and high-energy g-rays; in some cases emission lines absent

inserire uno spettro broad-band con le componenti sintesi spettro inserire uno spettro broad-band con le componenti

IPOTESI DI LAVORO Nei nuclei galattici attivi l’energia proviene da regioni compatte attorno ad uno o più oggetti massivi. Alla luce di questa asserzione sono stati proposti vari candidati inquilini del core delle galassie attive: Cluster stellari compatti Stelle supermassive Buchi neri In questa trattazione utilizzerò come ipotesi di lavoro il fatto che il core delle galassie attive ospiti un BUCO NERO, circondato da un disco di accrescimento alimentato da un toro di polveri.

VARIABILITÀ come argomento per la compattezza Per postulare la presenza di un oggetto estremamente compatto all’interno delle galassie attive utilizziamo l’argomento della variabilità degli spettri di queste sorgenti. Variazioni in luminosità non possono accadere in tempi minori del tempo di attraversamento della regione dalla quale provengono: per tempi di variabilità dell’ordine della decina di giorni (105s) si ottiene che la regione emettitrice avrà un diametro non superiore ai ~10-3 pc. Da notare che questo limite si riferisce alle regioni responsabili della variabilità. Il record di variabilità è da attribuirsi ad un BL Lac (Dt~11min) per cui la regione emettitrice causa della variabilità risulta essere < 2·1013 cm.

VARIABILITÀ come argomento per la compattezza (2) Non basta avere un limite superiore alle dimensioni della regione emettitrice per postularne la compattezza: occorre stimarne anche la massa. Se una sorgente, a cui è associata un’efficienza di conversione materia-energia h, di luminosità L ha emette su tempi scala pari a Dt, la sua massa M si può calcolare da: Per gli AGN, conoscendo Dt e stimando come limite un h pari al 10%, ricaviamo la massa della regione emettitrice, in media pari a 108-10M☼. Stimato grossolanamente le dimensioni della regione emettitrice dell’ordine di ~1015cm e utilizzando una massa di 108M☼, si ottiene: e si può quindi ipotizzare la presenza di un BH.

BLACK HOLES (1) Già nel 1795 Laplace si rese conto che dalla teoria gravitazionale di Newton e dalla sua ipotesi di corpuscolarità della luce derivava che in presenza di oggetti sufficientemente massivi ed estremamente densi nemmeno la luce riuscisse a sfuggire al campo gravitazionale. Fu nel 1916 che Karl Schwarzschild (a pochissima distanza dalla pubblicazione di Einstein) derivò la soluzione in relatività generale del campo gravitazionale attorno ad una massa sferica, ovvero la descrizione completa del campo esterno ad un buco nero sferico elettricamente neutro non-ruotante ovvero quello che oggi definiamo buco nero di Schwarzschild

BLACK HOLES (2) Nel 1939 Oppenheimer e Snyder derivano, in regime relativistico, la soluzione per il collasso di una sfera omogenea di gas a pressione nulla. Questa fu la prima dimostrazione rigorosa della formazione di un buco nero. Il problema dell’esistenza di oggetti super compatti fu però trascurato fino al 1960 circa, quando J.A. Wheeler e coll. iniziarono uno studio approfondito del collasso stellare: fu proprio Wheeler (1968) a coniare il termine “black hole”. Nel 1963 R. Kerr scoprì una famiglia di soluzioni esatte (neutre) alle equazioni di campo di Einstein. Nel 1965 Newman le generalizzò al caso di carica ≠ 0. Oggi sappiamo che la geometria di Kerr-Newman fornisce una descrizione unica e completa del campo gravitazionale esterno ad un BH stazionario.

BLACK HOLES (soluzione di Schwarzschild) In relatività generale tutte le forme di energia contribuiscono alla massa gravitazionale di un sistema, inclusa l’energia potenziale gravitazionale. Per intensi campi gravitazionali l’approssimazione Newtoniana non è più sufficiente, e per intenso intendiamo un campo in cui GM/rc2~1 ovvero quando per un corpo la massa a riposo è dell’ordine della sua energia potenziale gravitazionale: GMm/r~mc2. In circostanze di questo tipo bisogna tenere conto delle correzioni relativistiche e quindi nell’equazione di Newton: va sostituito il tempo (assoluto) t con il tempo proprio (t), dando la relazione che lega queste due coordinate. In particolare, per una massa sferica nel vuoto si ha (soluzione di Schwarzschild): dove:

BLACK HOLES (soluzione di Schwarzschild) (2) Da cui si ricava che il potenziale efficace è dato da: dove h è il momento angolare relativistico per unità di massa di un corpo orbitante. Per r  2GM/c2 si ottiene il raggio di Schwarzschild RSchw per cui V  0 e dt/dt  . Il RSchw demarca quella regione chiamata orizzonte degli eventi oltre la quale nulla può sfuggire al campo gravitazionale del BH. Un altro modo per ricavare il raggio di Schwarzschild è il seguente: vesc=(2GM/RSchw)1/2=c. La differenza cruciale tra le orbite newtoniane e quelle relativistiche sta nel fatto che: V(r) ha, in funzione di r, sia un massimo che un minimo per h≥2·31/2GM/c2 il “turning point” non c’è affatto se h<2·31/2GM/c2, non solo – come in mec. newtoniana – se h=0. L’èffetto del campo gravitazionale è quindi: particelle con sufficiente energia attraversano la barriera del potenziale centrifugo e, indipendentemente dal loro momento angolare, cadono sulla massa gravitante particelle con piccolo momento angolare (non esclusivamente zero) vengono catturate dalla buca di potenziale. Sono possibili orbite circolari dove dr/dt=0, con un raggio tale che ∂V/∂r=0 (massimi e minimi inclusi). I massimi rappresentano orbite circolari instabili. Orbite circolari stabili sono possibili per r=(GM/2c2)[H2+(H4-12H2)1/2], con H=c2h/GM, se h≥2·31/2GM/c2 e la più interna è ad un raggio minimo pari a rmin=6GM/c2. BLACK HOLES (soluzione di Schwarzschild) (2)

BLACK HOLES (soluzione di Schwarzschild) (3) rmin=6GM/c2 corrisponde quindi alla minima “superficie” da cui è possibile estrarre energia dalle particelle che cadono dentro al BH; oltre questa distanza dalla singolarità, ovvero per orbite instabili, le particelle portano con sé la loro energia nella buca di potenziale (vita media radiativa << tempo di caduta). Possiamo fare una stima bruta dell’efficienza di produzione di energia: Un calcolo relativistico da come risultato un’efficienza massima del 6%. BLACK HOLES (soluzione di Schwarzschild) (3) inserire 190 il potenziale effettivo

BLACK HOLES (soluzione di Kerr) (4) Se il BH possiede a sua volta un momento angolare (soluzione di Kerr) possiamo fare una stima dell’efficienza massima. Un BH ruotante è caratterizzato dal momento angolare per unità di massa H, in genere espresso in termini parametrici: Per un BH di Kerr l’orizzonte si trova a r=m+(m2-a2)1/2. Il potenziale effettivo per il moto sul piano equatoriale può essere definito come il minimo valore dell’energia per unità di massa Emin per cui è possibile il moto a ciascun raggio: Questa è una famiglia di curve in funzione di h per ciascun a/m. Per a=0 si ottiene la soluzione di Schwarzschild. Per a≠0, l’orbita circolare stabile più interna si trova a: con: BLACK HOLES (soluzione di Kerr) (4) inserire 190 il potenziale effettivo

BLACK HOLES (soluzione di Kerr) (5) Abbiamo detto che l’ultima orbita circolare stabile si trova a: dove il segno meno è per particelle che orbitano nello stesso verso di rotazione del BH e il segno più per quelle che orbitano in verso opposto. Anche in questo caso possiamo fare una stima della massima efficienza di produzione di energia per particelle che cadono oltre l’ultima orbita stabile: che per una particella corotante con il BH e avente il massimo momento angolare consentito (a=m) è pari al 40%. Non è detto che la geometria del buco nero sia descrivibile con una delle due soluzione cha abbiamo presentato, tuttavia, per piccole deviazioni dalla geometria sferica (caso plausibile in astrofisica), il teorema di Prince mostra che gli ordini superiori del campo gravitazionale (quadrupolo, ecc…) sono irraggiati sottoforma di onde gravitazionali che lasciano i termini di monopolo (massa) e di dipolo (momento angolare) coerenti con la soluzione di Kerr. inserire 190 il potenziale effettivo

due parole sull’accrescimento Il limite di Eddington Eddington ricavò un’importantissima relazione tra la luminosità e la massa di un oggetto in accrescimento sferico da una nube di idrogeno ionizzato. Sotto queste condizioni la radiazione esercita una forza sugli elettroni liberi del plasma proporzionale alla σT: Nel caso in cui non si tratti di idrogeno la sezione d’urto effettiva eccede considerevolmente sT. Questa relazione impone un limite al tasso di accrescimento dato da: Per un BH, dove non c’è una superficie fisica dove le particelle impattano e disperdono energia, si introduce l’efficienza h per parametrizzare la luminosità per accrescimento:

energia per nucleone (MeV) ACCRESCIMENTO Il processo attraverso cui oggetti compatti catturano gravitazionalmente materia dall’ambiente circostante è detto ACCRESCIMENTO. Nella tabella seguente mettiamo a confronto l’efficienza dei processi più comuni in astrofisica: processo energia per nucleone (MeV) efficienza reazioni termonucleari 7 0.7 % accrescimento su WD (M=M☼ , R=109 cm) 0.1 0.01 % accrescimento su NS (M=M☼, R=106 cm) 100 10 % accrescimento su BH 60 – 400 6 – 40 %

BUCHI NERI: EVIDENZE OSSERVATIVE Ci sono prove dell’esistenza di BUCHI NERI? BH galattici: sono stati osservati seguendo le orbite delle stelle compagne e analizzando i tempi di variabilità di alcune sorgenti X BH extragalattici: è quasi unanimemente accettata l’ipotesi che sia un BH in accrescimento ad accendere gli AGN, permettendogli di emettere ad ampio spettro. - Osservazioni radio permettono studi della variabilità di oggetti tipo BL Lac che forniscono limiti superiori per le regioni emettitrici molto ridotti - HST ha risolto regioni molto prossime al BH: toro di polveri

IL MODELLO UNIFICATO Alla luce di quanto detto fin’ora possiamo quindi dire che i nuclei galattici attivi nascondono al loro interno buchi neri supermassivi (M>108-9M☼) in accrescimento. Nell’animazione qui sotto si parte da una distanza di centinaia di megaparsec dalla galassia attiva. Avvicinandosi si possono vedere le diverse popolazioni stellari che formano la galassia: le stelle giovani, blu, nelle braccia a spirale e le stelle vecchie, rosse, che formano il bulge. In questo modellino sono state disegnate solo 20000 stelle, mentre in una galassia di questa taglia (una spirale gigante) ce ne sono in media 100 miliardi. Qui il quasar è stato ‘spento’ in quanto in realtà la sua luminosità sopravanza di gran lunga quella dell’intera emissione stellare della galassia. Nel centro del bulge si vedono delle nubi di gas blu (NLR): è la regione esterna al quasar, appena fuori dal toro di polveri; più vicino al nucleo un sistema di nubi verdi e giallo-viola, in rapido movimento (BLR). Oltre ciò il disco di accrescimento che alimenta il BH da cui si diparte il getto relativistico. Dall’inizio alla fine dell’animazione si percorrono 10 ordini di grandezza: il primo frame dell’animazione è infatti grande 10 miliardi di volte l’ultimo.

BLACK HOLE e DISCO DI ACCRESCIMENTO Il nucleo di una galassia attiva è costituito da un buco neno supermassivo (M>108-9M☼) circondato da un disco di accrescimento. Il gas che forma il disco di accrescimento spiraleggia verso il centro fino ad essere inghittito dal buco nero, liberando in energia radiativa fino a quasi metà della sua massa a riposo. Questo è il meccanismo di conversione massa-energia più efficiente mai osservato nell’Universo.

BLR (broad-line region) Le righe larghe (BROAD) hanno ampiezza dell’ordine di migliaia di km/s e provengono da quella che è stata, per questa ragione, chiamata BLR emission zone. Attualmente si pensa che queste regioni siano causate dalla fotoionizzazione dovuta al disco di accrescimento, molto caldo, attorno al BH supermassivo. Si pensa che si trovino a solo ~1 pc dal BH.

toro di polveri A ~100 anni luce dalla singolarità si trova questa “ciambella” di polveri e gas, meglio nota come “molecular torus”. Qualcosa di molto simile è stato visto dall’Hubble Space Telescope nella Seyfert galaxy NGC4261. Il toro è otticamente spesso: se intercetta la linea di vista oscura le componenti più interne e nello spettro emerge solo la sua emissione (prevalentemente in infrarosso) e quella delle regioni esterne.

NLR (narrow-line region) Le righe strette (NARROW) hanno ampiezze che non superano 1000 km/s e provengono dalla NLR emission zone. Queste regioni, si pensa, si trovano in uno spazio compreso tra i 10 e 1000 pc dal BH.

modello unificato, schema riassuntivo emissione X e gamma / emissione radio – getti relativistici emissione ottica – NLR e BLR emissione UV-ottico - disco di accrescimento emissione IR – toro di polveri

nucleo galattico attivo - animazione

dipendenza dall’angolo di vista MODELLO UNIFICATO (Antonucci 1993, Urry e Padovani 1995) Blazars: BL Lac Objects OVVs modello unificato: dipendenza dall’angolo di vista Type 2 objects: Seyfert 2s Narrow Line Radio Galaxies Type 2 Quasars Type 1 objects: Seyfert 1s Broad Line Radio Galaxies Type 1 Quasars

Type 2 objects Seyfert 2s Narrow Line Radio Galaxies Type 2 Quasars Guardando il sistema edge-on (ie. lungo il piano del disco), la regione centrale, compresi black hole, disco di accrescimento e broad line region, sono OSCURATI. Tutto ciò che si può vedere è il toro di polveri (che emette prevalentemente nell’infrarosso) e le righe di emissione dalla NLR. Dallo spettro emergerà solo la componente narrow-lines. La luce dal nucleo può essere riflessa nella direzione di vista dal gas caldo che giace sopra e sotto il toro, che si comporta come una sorta di specchio. Seyfert 2s Narrow Line Radio Galaxies Type 2 Quasars

seyfert’s sextet

Type 1 objects Quando il nucleo è parzialmente oscurato e in parte intercetta la linea di vista, siamo in grado di vedere direttamente la regione centrale. Dallo spettro emergono sia le componenti broad-lines che narrow-lines e l’emissione dal disco di accrescimento. Seyfert 1s Broad Line Radio Galaxies - Type 1 Quasars

[RIGHT] HST Image of the Core of NGC 4261 [LEFT] Ground-based Composite Optical/radio View of Elliptical Galaxy NGC 4261 The giant elliptical galaxy NGC 4261 is one of the 12 brightest galaxies in the Virgo Cluster, located 45 million light-years away. Photographed in visible light [white] the galaxy appears as a fuzzy disk of hundreds of billions of stars. A radio image [orange] shows a pair of opposed jets emanating from the nucleus and spanning a distance of 88,000 light-years. [RIGHT] HST Image of the Core of NGC 4261 A Hubble Space Telescope image of a giant disk of cold gas and dust fueling a possible black hole at the core of the galaxy. Estimated to be 300 light years across, the disk is tipped enough (about 60 degrees) to provide astronomers with a clear view of its bright hub, which presumably harbors the black hole. The dark, dusty disk represents a cold outer region which extends inwards to an ultra hot accretion disk within a few hundred million miles of the suspected black hole. This disk feeds matter into the black hole, where gravity compresses and heats the material. Some hot gas squirts out from the blackhole's near- vicinity to create the radio jets. The jets are aligned perpendicular to the disk, like an axle through a wheel. This provides strong circumstantial evidence for the existence of a black hole "central" engine in NGC 4261. The image was taken at visible wavelengths with the Wide Field/Planetary Camera in PC mode. Credit: National Radio Astronomy Observatory, California Institute of Technology Credit: Walter Jaffe/Leiden Observatory, Holland Ford/JHU/STScI, and NASA core of galaxy NGC4261

Blazars BL Lac Objects OVVs Sono gli oggetti che ci appaiono face-on, in cui il getto punta lungo la linea di vista. La materia nel jet si muove a velocità relativistica, quindi la radiazione emessa è fortemente collimata (beamed) e può variare con periodi molto brevi (ore o giorni). Quando l’emissione del jet è così intensa da “oscurare” completamente ogni riga spettrale, è il caso degli oggetti BL Lac. Le Optically-Violent Variables sono molto simili ai BL Lac, ma dal loro spettro emergono le componenti di emissione broad e narrow. BL Lac Objects OVVs

0735+178 BL Lac is the origin of its name: it was disovered as a `variable star' in 1929 by Cuno Hoffmeister, who found it to vary by more than a factor of two in one week

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The Green (V band) image (left) shows the field around the quasar 3c 273 (courtesy Matthew Colless, David Schade and the CFHT). The optical jet can be seen SW of the quasar. The blue (B band) image (right) shows the optical jet as seen by the Faint Object Camera (FOC) on board the Hubble Space Telescope. For comparasion, the 11X11 arcesec FOC field of view is marked on the ground based CFHT image. The insert (right) is a Maximum Entropy reconstructionof the FOC image. This FOC image is derived from three linearly polarized images which show that the brightest knots are highly polarized (20%-50%). a letter which describes these data appears in the 9 September 1993 issue of Nature. Credit: R.C. Thomson, IoA, Cambridge, UK; C.D. Mackay, IoA, Cambridge, UK; A.E. Wright, ATNF, Parkes, Australia STScI-PRC1993-30

This is a ten thousand light-year long jet of plasma observed by the European Space Agency's Faint Object Camera, aboard NASA'S Hubble Space Telescope. The image, which is much sharper than previous pictures taken with ground based telescopes. reveals unprecedented detail in the jet. The most remarkable feature is a distinctive twisted ladder structure produced by two spiral filaments of plasma. The pair of strands are separated by about 500 light-years. Other details reveal unusual knots and kinks in the outflowing material. The jet is produced by energetic activity at the core of the galaxy perhaps due to gravitational accretion of material onto a super massive black hole. In this ultraviolet light picture the image of the host galaxy, 3C 668, has been subtracted to allow details in the jet to be traced all the way in to the galaxy's nucleus (center). Image reconstruction techniques have been applied to minimize the effects of spherical aberration produced by the HST's 2.4 meter primary mirror. 3C 668

The image was taken with the Wide Field Planetary Camera-2. PKS 2349 This NASA Hubble Space Telescope image shows evidence fo r a merger between a quasar and a companion galaxy. This surprising result might require theorists to rethink their explanations for the nature of quasars, the most energetic objects in the universe. The bright central object is the quasar itself, located several billion light-years away. The two wisps of material on the (left) of the bright central object are remnants of a bright galaxy that have been disrupted by the mutual gravitational attraction between the quasar and the companion galaxy. This provides clear evidence for a merger between the two objects. Since their discovery in 1963, quasars (quasi-stellar objects) have been enigmatic because they emit prodigious amounts of energy from a very compact source. The most widely accepted model is that a quasar is powered by a supermassive black hole in the core of a galaxy. These new observations proved a challenge for theorists as no current models predict the complex quasar interactions unveiled by Hubble. The image was taken with the Wide Field Planetary Camera-2. Credit: John Bahcall, Institute for Advanced Study, NASA.

These are composite images of the galaxy 0313-192, the first spiral galaxy known to be producing a giant radio-emitting jet. The image at left represents two views of the galaxy that astronomers have combined into one photograph. The view of the galaxy and its surrounding environment was taken by the Hubble Space Telescope's Advanced Camera for Surveys. The red material in the image represents the radio-emitting jet, which was taken by the Very Large Array. The galaxy is seen edge-on. At right is a close-up of the Hubble telescope image. Another red overlay from a higher-resolution Very Large Array picture shows the inner portion of the jet. Radio Galaxy 0313-192

M87 [top left] - This radio image of the galaxy M87, taken with the Very Large Array (VLA) radio telescope in February 1989, shows giant bubble-like structures where radio emission is thought to be powered by the jets of subatomic particles coming from the the galaxy's central black hole. The false color corresponds to the intensity of the radio energy being emitted by the jet. M87 is located 50 million light-years away in the constellation Virgo. [top right] - A visible light image of the giant elliptical galaxy M87, taken with NASA Hubble Space Telescope's Wide Field Planetary Camera 2 in February 1998, reveals a brilliant jet of high-speed electrons emitted from the nucleus (diagonal line across image). The jet is produced by a 3-billion-solar-mass black hole. [bottom] - A Very Long Baseline Array (VLBA) radio image of the region close to the black hole, where an extragalactic jet is formed into a narrow beam by magnetic fields. The false color corresponds to the intensity of the radio energy being emitted by the jet. The red region is about 1/10 light-year across. The image was taken in March 1999.

The observations were made with HST's Faint Object Spectrograph. gas disk in M87 A schematic diagram of velocity measurements of a rotating disk of hot gas in the core of active galaxy M87. The measurement was made by studying how the light from the disk is redshifted and blueshifted — as part of the swirling disk spins in earth's direction and the other side spins away from earth. The gas on one side of the disk is speeding away from Earth, at a speed of about 1.2 million miles per hour (550 kilometers per second). The gas on the other side of the disk is orbiting around at the same speed, but in the opposite direction, as it approaches viewers on Earth. This high velocity is the signature of the tremendous gravitational field at the center of M87. This is clear evidence that the region harbors a massive black hole, since it contains only a fraction of the number of stars that would be necessary to create such a powerful attraction. A black hole is an object that is so massive yet compact nothing can escape its gravitational pull, not even light. The object at the center of M87 fits that description. It weights as much as three billion suns, but is concentrated into a space no larger than our solar system. The observations were made with HST's Faint Object Spectrograph. Credit: Holland Ford, Space Telescope Science Institute/Johns Hopkins University; Richard Harms, Applied Research Corp.; Zlatan Tsvetanov, Arthur Davidsen, and Gerard Kriss at Johns Hopkins; Ralph Bohlin and George Hartig at Space Telescope Science Institute; Linda Dressel and Ajay K. Kochhar at Applied Research Corp. in Landover, Md.; and Bruce Margon from the University of Washington in Seattle.; NASA

disk around NGC 7052 Resembling a gigantic hubcap in space, a 3,700 light-year-diameter dust disk encircles a 300 million solar-mass black hole in the center of the elliptical galaxy NGC 7052. The disk, possibly a remnant of an ancient galaxy collision, will be swallowed up by the black hole in several billion years. Because the front end of the disk eclipses more stars than the back, it appears darker. Also, because dust absorbs blue light more effectively than red light, the disk is redder than the rest of the galaxy (this same phenomenon causes the Sun to appear red when it sets in a smoggy afternoon). This NASA Hubble Space Telescope image was taken with the Wide Field and Planetary Camera 2, in visible light. Details as small as 50 light-years across can be seen. Hubble's Faint Object Spectrograph (replaced by the STIS spectrograph in 1997) was used to observe hydrogen and nitrogen emission lines from gas in the disk. Hubble measurements show that the disk rotates like an enormous carousel, 341,000 miles per hour (155 kilometers per second) at 186 light-years from the center. The rotation velocity provides a direct measure of the gravitational force acting on the gas by the black hole. Though 300 million times the mass of our Sun, the black hole is still only 0.05 per cent of the total mass of the NGC 7052 galaxy. Despite its size, the disk is 100 times less massive than the black hole. Still, it contains enough raw material to make three million sun-like stars. The bright spot in the center of the disk is the combined light of stars that have crowded around the black hole due to its strong gravitational pull. This stellar concentration matches theoretical models linking stellar density to a central black hole's mass. NGC 7052 is a strong source of radio emission and has two oppositely directed `jets' emanating from the nucleus. (The jets are streams of energetic electrons moving in a strong magnetic field and unleashing radio energy). Because the jets in NGC 7052 are not perpendicular to the disk, it may indicate that the black hole and the dust disk in NGC 7052 do not have a common origin. One possibility is that the dust was acquired from a collision with a small neighboring galaxy, after the black hole had already formed. NGC 7052 is located in the constellation of Vulpecula, 191 million light-years from Earth. Credit: Roeland P. van der Marel (STScI), Frank C. van den Bosch (Univ. of Washington), and NASA.

1115+080 gravitational lensing Left: The light from the single quasar PG 1115+080 is split and distorted in this infrared image. PG 1115+080 is at a distance of about 8 billion light years in the constellation Leo, and it is viewed through an elliptical galaxy lens at a distance of 3 billion light years. The NICMOS frame is taken at a wavelength of 1.6 microns and it shows the four images of the quasar (the two on the left are nearly merging) surrounding the galaxy that causes the light to be lensed. The quasar is a variable light source and the light in each image travels a different path to reach the Earth. The time delay of the variations allows the distance scale to be measured directly. The linear streaks on the image are diffraction artifacts in the NICMOS instrument (NASA/Space Telescope Science Institute). Right: In this NICMOS image, the four quasar images and the lens galaxy have been subtracted, revealing a nearly complete ring of infrared light. This ring is the stretched and amplified starlight of the galaxy that contains the quasar, some 8 billion light years away. (NASA/Space Telescope Science Institute). Credit: Christopher D. Impey (University of Arizona)

NGC 4438

NGC 1068

Credit: M. Longair (Cambridge University, England), NASA, and NRAO radio galaxies These Hubble Space Telescope images, combined with radio maps produced by the Very Large Array Radio Interferometer (blue contour lines), show surprisingly varied and intricate structures of gas and stars that suggest the mechanisms powering radio galaxies are more complex than thought previously. The bizarre, never before seen detail may be a combination of light from massive star forming regions, small satellite dwarf galaxies, and bow shocks caused by jets of hot gas blasted out of the galaxies' cores by suspected black holes. [LEFT] - 3C265. Hubble resolves numerous bright star clusters or dwarf "satellite" galaxies surrounding a bright central compact structure. The line corresponds to the axis of the galaxy's radio emissions, which unlike other radio galaxies, is in a different direction from the optical region. The star forming regions might result from a collision between galaxies. The jet that produces the radio emissions might have further intensified star formation. [CENTER] - 3C324. A number of small interacting components are distributed roughly along the radio axis in this source. Comparison of the Hubble image with that from the United Kingdom Infrared Telescope suggests that the central regions of this galaxy are obscured by a large dust lane. [RIGHT] - 3C368. One of the best studied radio galaxies, this image is composed of a very smooth cigar-shaped emission region closely aligned with the radio axis, upon which is superimposed a string of bright knots that might be stars or dust. This suggests that a jet of high speed gas, presumably ejected from a black hole at the core of the galaxy, might be triggering star formation along its path. Credit: M. Longair (Cambridge University, England), NASA, and NRAO

THREE DISTANT QUASARS FOUND AT EDGE OF THE UNIVERSE z=6.4 THREE DISTANT QUASARS FOUND AT EDGE OF THE UNIVERSE SEATTLE - Astronomy's knowledge moved closer to the Big Bang with the Sloan Digital Sky Survey's discovery of three, new high-redshift quasars. Xiaohui Fan of the University of Arizona's Steward Observatory in Tucson, Ariz., will present the results today (9 Jan. 2003) at the American Astronomical Society's meeting in Seattle. Fan, leader of the team that discovered the objects, explained that these distant quasars -- compact but luminous objects thought to be powered by super-massive black holes -- reach back to a time when the universe was just 800 million years old. Fan said it took roughly 13 billion years for light to reach us from the highest redshift quasar discovered earlier this year in the constellation Ursa Major. "The Sloan Digital Sky Survey discoveries of quasars at high redshift are coming at a time that astronomers are discovering normal galaxies at similarly high redshift," said astronomer Michael Strauss of Princeton University. "These discoveries are giving us the first glimpse of the universe when it was only 5 percent of its present age." The discovery of the quasars required the efforts of a number of scientists working with different telescopes. The key observation was made by the Sloan Digital Sky Survey's 2.5-meter telescope at Apache Point Observatory in New Mexico, which first identified the objects as possible distant quasars. "Finding the rare, high-redshift quasars is a needle in a haystack operation made worse by the fact that a lot of the straw looks like needles at first glance," explained Fan. "That means that there are a lot of stars which look like high-redshift quasar candidates." Fan and Strauss obtained infrared images of the most likely candidates with Apache Point's 3.5-meter telescope and obtained spectroscopic measurements to properly identify these objects and determine their redshift measurements. "These objects are quite faint and, although the initial spectra suggested we'd found three distant quasars, we needed observations on larger telescopes to be certain of our interpretations," Strauss added. "Verification with larger telescopes is crucial," explained Eva Grebel, a Sloan Digital Sky Survey collaborator and staff astronomer at the Max-Planck Institute for Astronomy in Heidelberg, Germany. "They allow us to obtain targeted spectroscopic follow-up of the faint objects that are identified as candidates photometrically by the Sloan Digital Sky Survey. With spectra, we can distinguish distant quasar candidates powered by black holes with a billion times the Sun's mass from tiny nearby stars with only a fraction of the mass of the Sun." During the past year, members of the Sloan Digital Sky Survey team obtained further spectra of the quasars with the 10-meter (400 inch) Keck Observatory in Hawaii, the 9.2-meter (368 inch) Hobby-Eberly telescope in western Texas and the 3.5-meter Calar Alto Observatory telescope in Southern Spain. "The spectra show unambiguously that the three quasars have redshifts of 6.4, 6.2 and 6.1," said Don Schneider, a collaborating Sky Digital Sky Survey astronomer at Pennsylvania State University. "Only one quasar had been previously known to have a redshift larger than six." The previous record-holder, at redshift of 6.28, was discovered in 2001 by the Sloan Digital Sky Survey consortium. The red dot in this picture is the most distant known quasar ever discovered. The redshift 6.4 quasar -- compact but luminous objects thought to be powered by super-massive black holes -- is seen at a time when the universe was just 800 million years old. The light-travel time from this object to us is about 13 billion years. CREDIT: Sloan Digital Sky Survey at Apache Point Observatory Cosmologist Robert Becker of the University of California, Davis and the Lawrence Livermore National Laboratory, noted that "the Sloan Survey has now discovered the seven most distant known quasars." "The Sloan Survey has generated a sample of quasars which stretches through all of cosmic time, from 800 million years after the Big Bang to the present," explained James Gunn of Princeton University and Project Scientist of the Sloan Digital Sky Survey. "These data will be invaluable for the next major effort of the Sloan Survey quasar team, namely to characterize the evolution of quasars from their formation to the present." Collaborators on the discoveries are: Xiaohui Fan, Steward Observatory, University of Arizona, Tucson, Arizona; Michael A. Strauss, Princeton University Observatory, Princeton, N.J.; Donald P. Schneider, Pennsylvania State University, University Park, Penn.; Robert H. Becker, University of California, Davis, Calif; Richard L. White, Space Telescope Science Institute, Baltimore; Zoltan Haiman, Princeton University; Michael Gregg, University of California, Davis; Laura Pentericci, Max Planck Institute for Astronomy, Heidelberg, Germany; Eva K. Grebel, Max Planck Institute for Astronomy; Vijay K. Narayanan, Princeton University; Yeong-Shang Loh, Princeton University; Gordon T. Richards, Princeton University; James E. Gunn, Princeton University; Robert H. Lupton, Princeton University; Gillian R. Knapp, Princeton University; Zeljko Ivezic, Princeton University; W.N. Brandt, Pennsylvania State University; Matthew Collinge, Princeton University; Lei Hao, Princeton University; Daniel Harbeck, Max Planck Institute for Astronomy; Francisco Prada, Max Planck Institute for Astronomy and Instituto de Astrofísica de Canarias, Tenerife, Spain; Joop Schaye, Institute for Advanced Studies, Princeton, N.J.; Iskra Strateva, Princeton University; Nadia Zakamska, Princeton University; Scott Anderson, Instituto de Astrofísica de Canarias; Jon Brinkmann, Apache Point Observatory, Sunspot, NM; Neta A. Bahcall, Princeton University; Don Q. Lamb, University of Chicago, Chicago; Sadanori Okamura, University of Tokyo; Alex Szalay, The Johns Hopkins University, Baltimore; Donald G. York, University of Chicago.

M31

le galassie non attive ospitano BH quiescenti? Si pensa che anche nel centro galassie non attive più grandi si possano nascondere buchi neri supermassivi. Sarebbe il caso della nostra Via Lattea. Per provare una simile asserzione non è possibile fare riferimento a misure fotometriche o spettrografiche in quanto il presunto BH è quiescente, quindi non funge da motore “accendendo” la galassia. Un metodo per indagare le regioni più interne può essere quello di effettuare misure dinamiche risolvendo il moto orbitale di stelle nei pressi del centro galattico che è proprio ciò che stanno facendo gli astronomi del Max-Planck-Institut für extraterrestrische Physik: The team consists of Rainer Schödel, Thomas Ott, Reinhard Genzel, Reiner Hofmann and Matt Lehnert (Max-Planck-Institut für extraterrestrische Physik, Garching, Germany), Andreas Eckart and Nelly Mouawad (Physikalisches Institut, Universität zu Köln, Cologne, Germany), Tal Alexander (The Weizmann Institute of Science, Rehovot, Israel), Mark J. Reid (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, Cambridge, Mass., USA), Rainer Lenzen and Markus Hartung (Max-Planck-Institut für Astronomie, Heidelberg, Germany), François Lacombe, Daniel Rouan, Eric Gendron and Gérard Rousset (Observatoire de Paris - Section de Meudon, France), Anne-Marie Lagrange (Laboratoire d'Astrophysique, Observatoire de Grenoble, France), Wolfgang Brandner, Nancy Ageorges, Chris Lidman, Alan F.M. Moorwood, Jason Spyromilio and Norbert Hubin (ESO) and Karl M. Menten (Max-Planck-Institut für Radioastronomie, Bonn, Germany).

S2 orbit around SgrA* http://www.vialattea.net/cosmo/cosmo_02.htm

BIBLIOGRAFIA E REFERENZE BINNEY, MERRIFIELD, Galactic Astronomy, 1998, Princeton Series in Astrophysics FRANK, KING, RAINE, Accretion Power In Astrophysics, 1992, Cambridge Astrophysics Series KROLIK, Active Galactic Nuclei, 1999, Princeton Series in Astrophysics ROBSON, Active Galactic Nuclei, 1996, John Wiley & Sons RYBICKI, LIGHTMAN, Radiative Processes In Astrophysics, 1979, Cambridge University Press SHAPIRO, TEUKOLSKY, Black Holes, White Dwarfs and Neutron Stars, 1983, John Wiley & Sons J. W. Sulentic, P. Marziani, and D. Dultzin-Hacyan  PHENOMENOLOGY OF BROAD EMISSION LINES IN ACTIVE GALACTIC NUCLEI Annu. Rev. Astron. Astophys. 2000, Vol. 38: 521-571 Marie-Helene Ulrich, Laura Maraschi, and C. Megan Urry VARIABILITY OF ACTIVE GALACTIC NUCLEI Annu. Rev. Astron. Astophys. 1997, Vol. 35: 445-502 J. Anton Zensus PARSEC-SCALE JETS IN EXTRAGALACTIC RADIO SOURCES Annu. Rev. Astron. Astophys. 1997, Vol. 35: 607-636