CENNI DI RADIOASTRONOMIA

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Transcript della presentazione:

CENNI DI RADIOASTRONOMIA Davide Elia Dipartimento di Fisica Università del Salento

Vantaggi della radioastronomia Le onde radio sono direttamente rivelabili da terra Esse permettono di osservare oggetti o fenomeni che sarebbe difficoltoso (o impossibile) rivelare in altre regioni dello spettro L’emissione radio può essere utilizzata per un’analisi quantitativa dei parametri fisici di un oggetto L’idrogeno neutro traccia le interazioni tra le galassie nel gruppo di M81

Centaurus A, galassia peculiare con lobi radio Il sole osservato nelle radioonde

LUNGHEZZE D’ONDA CARATTERISTICHE La regione in cui sono possibili le osservazioni radio si estende da 15 MHz (λ  20 m) fino a 600 GHz (λ  0.5 mm). Il limite inferiore non è ben definito e varia con il sito. Infatti, a frequenze tra 20-30 GHz e 600 GHz l’atmosfera comincia a diventare opaca a causa della presenza di righe e bande d’assorbimento corrispondenti alle righe rotazionali delle molecole H2O e O2 presenti nella troposfera. Bande d’assorbimento principali: H2O: 22.2 GHz (λ = 1.35 cm) 183 GHz (λ = 1.63 mm) O2: 60 GHz (λ = 5 mm), 119 GHz (λ = 2.52 mm) Effetto dovuto alla ionosfera

UN PO’ DI STORIA Karl Jansky (Bell Laboratories) costruisce un rudimentale radiotelescopio, dotato di un'antenna orientabile, per ricevere la frequenza di 20.5 MHz con l'obiettivo di individuare la natura delle interferenze sulle comunicazioni radio transoceaniche. Rilevamento di un segnale in direzione della costellazione del Sagittario (1933). Grote Reber (1911-2002), astrofilo, prosegue nel solco tracciato da Jansky e realizza, con mezzi propri, la prima mappatura radio della nostra Galassia a 160 MHz (primi anni ‘40). Scopre inoltre le prime sorgenti radio extragalattiche.

UN PO’ DI STORIA 1951: Edward M. Purcell e Harold I. Ewen rivelano l’emissione a 21 cm dell’HI prevista teoricamente da Van De Hulst (1944) 1960: prima osservazione di un quasar (Allen Sandage e Thomas Matthews) 1965: Arno Penzias e Robert Wilson scoprono la radiazione cosmica di fondo, corrispondente a quella di un corpo nero a 2.73 K. 1968: scoperta delle pulsar (Jocelyn Bell)

Meccanismi di emissione radio: TRANSIZIONI ATOMICHE Per na = 110 e nb = 109, λab  6 cm (riga H109α) Questo meccanismo può avere luogo nelle regioni HII, in cui l’idrogeno è ionizzato da una stella calda vicina. I fotoni UV ionizzano gli atomi, e la ricombinazione degli elettroni avviene con cascate di transizioni. La transizione n = 110→109 viene dunque rivelata come debole riga radio. Allo stesso modo, è possibile osservare le righe H40α (λ  3 mm) e H600α (λ  10 m) Le righe di ricombinazione delle regioni HII consentono di risalire a Temperatura (da larghezza di riga, rapporti di intensità di righe) Densità (da intensità di riga, rapporti di intensità di righe) Composizione (da analoghe righe di He e C) Velocità (dallo shift doppler)

Meccanismi di emissione radio: TRANSIZIONI ATOMICHE Stato fondamentale dell’idrogeno Eccitazione collisionale (probabilità di 1 urto ogni 400 anni). Livelli ugualmente popolati Transizione di dipolo tra i due livelli fortemente proibita dalle regole di selezione (probabilità di 1 evento ogni 107 anni) Riga dell’idrogeno a 21 cm: La grande disponibilità di idrogeno lungo la linea di vista rende tuttavia l’emissione a 21 cm comunemente rivelabile, consentendo l’osservazione diretta del principale componente dell’universo. Essa fu predetta da Van De Hulst nel 1944 ed osservata nel 1951.

Meccanismi di emissione radio: TRANSIZIONI ATOMICHE Riga dell’idrogeno a 21 cm Consente di ricavare informazioni su: Quantità di gas nel mezzo interstellare (dall’intensità della riga) Velocità delle nubi di idrogeno neutro (dallo shift doppler) Rotazione della nostra e delle altre galassie (dallo shift doppler) Distribuzione dell’idrogeno nella nostra e nelle altre galassie (dall’intensità della riga) Interazioni tra le galassie (dall’intensità della riga e dallo shift doppler)

Meccanismi di emissione radio: TRANSIZIONI MOLECOLARI Sono tipiche della regione radio le transizioni rotazionali delle molecole Caso biatomico: Le molecole biatomiche omonucleari sono spettroscopicamente inattive Si devono pertanto osservare traccianti meno abbondanti dell’H2, come CO, CS, ecc. CO(J=1→0): l ≈ 2.6 mm n ≈ 115 GHz CO(J=2→1): l ≈ 1.3 mm n ≈ 230 GHz

Meccanismi di emissione radio: EMISSIONE DA PARTICELLE LIBERE Si tratta tipicamente di processi dovuti ad elettroni liberi, quindi in presenza di plasmi in ambienti ad alta energia, come nelle stelle o nelle loro atmosfere: Emissione Cerenkov: si produce quando un elettrone viaggia a velocità superiore a quella della luce nel mezzo in questione; effetto analogo al bang supersonico. Bremsstrahlung: perdita di energia da parte di elettroni in seguito a collisioni “a distanza” con ioni. Magneto-bremsstrahlung, o Giroemissione: emissione da parte di elettroni accelerati dal campo magnetico interno al plasma. Tra le tipologie di questa modalità rientrano l’emissione di ciclotrone (caso non relativistico, nb=2.8x106 B (gauss) Hz) e di sincrotrone (caso relativistico).

Meccanismi di emissione radio: EMISSIONE TERMICA DA POLVERI Traccia la distribuzione della polvere fredda nelle regioni più dense delle nubi molecolari Nel millimetrico, l’emissione di un grano di polvere è regolata dalla legge di Kirchhoff

ANTENNE Sono dispositivi che traducono in correnti elettriche il segnale trasportato dalle onde elettromagnetiche Dipolo, o antenna lineare: due spezzoni di conduttore di lunghezza pari a λ/4 Antenna power pattern P(θ , φ): risposta in potenza di un’antenna nelle varie direzioni Feed horn: antenna a corno, a sezione quadrata o circolare, con superficie interna liscia o corrugata, collegato ad una guida d’onda e ad un cavo coassiale Un feed horn possiede una maggior direttività rispetto ad un’antenna lineare

RIFLETTORI Il principio di funzionamento di un radiotelescopio ricalca quello di un telescopio riflettore per il visibile: una grande area di raccolta in grado di concentrare la radiazione nel piano focale. Essa può essere una grande parabola metallica, continua o costituita da una maglia più fitta di λ/4. Per il potere risolutivo di un telescopio dotato di un riflettore parabolico di diametro D, vale sempre la E’ evidente che i radiotelescopi devono essere di grandi dimensioni per ottenere risoluzioni angolari appena confrontabili con quelle ottenibili nel visibile! Il pattern di un radiotelescopio di questo tipo è simile a quello visto per un feed horn, con un lobo principale e svariati lobi secondari.

POTENZA RACCOLTA DALL’ANTENNA Angolo solido dell’antenna: Angolo solido del beam principale Sia P(θ,φ) la potenza raccolta dall’antenna ad un angolo (θ,φ) dall'asse ottico. Si definisce la risposta in potenza dell’antenna (antenna power pattern) come la distribuzione normalizzata Per un’antenna ideale, Pn=1 per tutti i θ,φ nell’angolo ΩA, e 0 altrove. In un’antenna reale la risposta è elevata per θ,φ all’interno del lobo principale. La qualità di un’antenna dipende da quanta radiazione si concentra nel lobo principale. Efficienza dell'antenna:

Se il radiotelescopio osserva una radiosorgente la cui distribuzione d’intensità è I(,) [W m-2 Hz-1 sr-1], la potenza P raccolta dall’antenna è A = area effettiva dell’antenna (rapporto tra la potenza intercettata e quella rivelata) Pn(,) d = elemento di angolo solido efficace Il fattore ½ è dovuto al fatto che l’antenna raccoglie solo una delle due direzioni di polarizzazione. Se nell’integrale precedente I non dipende dall’angolo, si ottiene: Sfruttando il teorema dell’antenna,

CLASSIFICAZIONE DEI RIVELATORI a) Rivelatori quantici: ogni singolo fotone, arrivando sul rivelatore, produce un effetto misurabile (ad esempio emissione di un fotoelettrone). Nel caso più comune dei rivelatori a semiconduttore, l’elettrone di conduzione generato dal fotone può avere tre effetti: 1) produrre un cambiamento chimico; 2) variare la corrente elettrica nel cristallo; 3) essere introdotto direttamente nell’amplificatore di uscita. Esempi di rivelatori quantici sono i contatori proporzionali, i fotomoltiplicatori, i fotoconduttori, i fotodiodi, le CCD, le lastre fotografiche. b) Rivelatori termici: assorbono i fotoni e termalizzano la loro energia. Quindi non reagiscono al singolo fotone, ma piuttosto all’effetto integrato di un certo numero di fotoni. Si usano quando l’energia dei fotoni non è sufficiente a strappare elettroni da un metallo e nemmeno a produrre elettroni o lacune di conduzione in un semiconduttore: questo succede a lunghezze d’onda maggiori di 200 mm. L’energia termica così ottenuta produce un cambiamento delle proprietà del rivelatore (elettriche, o più in generale fisiche) che induce un segnale elettrico misurabile. c) Rivelatori coerenti: Rivelano l’ampiezza del campo elettrico dell’onda elettromagnetica associata alla radiazione osservata, misurando la differenza di potenziale prodotta da questa in un’antenna. Conservano quindi l’informazione di fase associata all’onda elettromagnetica. Vengono usati principalmente nelle bande radio e submillimetrica.

Cenni sui rivelatori radio: RIVELATORI TERMICI Oltre 200 m  Rivelatori termici I fotoni a bassa energia producono una variazione di temperatura nel rivelatore stesso, e conseguentemente una variazione di resistenza elettrica. Si tratta quindi di rivelatori sensibili solo all’intensità della radiazione e si perde qualsiasi informazione sulla distribuzione spettrale. Bolometri: sensibili tra 3 e 3000 m. SCUBA: array di 37 bolometri attivi tra 350 m e 1 mm (JCMT)

Schema di funzionamento del bolometro: Vengono realizzati usando delle resistenze fortemente dipendenti dalla temperatura, in genere semiconduttori opportunamente drogati. L’elemento sensibile è in contatto termico con un riferimento di temperatura T0 (ad esempio un bagno di liquido criogenico) che funziona da termostato. In assenza di radiazione, nel bolometro scorre una corrente i ed esso è mantenuto a temperatura T > T0 a causa della potenza Joule i2R dissipata dalla resistenza del semiconduttore. L’energia associata al segnale da rivelare produce una variazione di temperatura e quindi una variazione di resistenza (e di tensione), che viene poi amplificata e misurata.

Cenni sui rivelatori radio: RADIORICEVITORI Rivelatori coerenti: Radioricevitori (  10 GHz, radioonde) Ricevitori eterodina (microonde). I radioricevitori consistono in un’antenna (che converte il campo elettromagnetico in una differenza di potenziale alternata), un amplificatore a basso rumore che amplifica questa differenza di potenziale alla stessa frequenza della radiazione da misurare ed un circuito raddrizzatore e integratore che permette di avere in uscita un segnale continuo proporzionale all’ampiezza del campo elettromagnetico in ingresso. Si può poi connettere la tensione amplificata ad un banco di filtri o ad un altro sistema di analisi spettrale in modo da estrarre l'informazione spettrale insita nel segnale. Se invece di un rivelatore lineare si utilizza un rivelatore quadratico, si avrà in uscita un segnale proporzionale al valore quadratico medio del campo elettromagnetico, ovvero proporzionale all'intensità della radiazione.

Cenni sui rivelatori radio: RADIORICEVITORI A bassissime frequenze (  1 GHz) l'antenna può essere un semplice dipolo, e la differenza di potenziale si sviluppa tra i due bracci del dipolo. A frequenze più alte l'antenna può essere un feed horn. Sia l’antenna a dipolo che il feed horn possono essere montate nel piano focale di un telescopio, realizzando così un radiotelescopio. Radiotelescopio di Effelsberg, Germania. D = 100 m l / 2 < A < l

Cenni sui rivelatori radio: RICEVITORI ETERODINA Nei ricevitori eterodina il campo elettromagnetico proveniente dal cielo E(1) e quello generato da un oscillatore locale E(2) vengono sovrapposti; il campo somma è raccolto da un’antenna e successivamente convertito in tensione alternata. Questa viene processata da un rivelatore non lineare (quadratico), che genera un segnale con una componente proporzionale alla differenza fra le due frequenze (molto vicine tra loro).

Questa componente, essendo a frequenza molto più bassa della frequenza d’ingresso può essere amplificata con tecniche convenzionali (tipo quelle utilizzate nei radioricevitori). Pannello superiore: segnali di ingresso in funzione del tempo (del cielo e dell’oscillatore locale). Pannello inferiore: quadrato della somma dei due segnali ed il suo valor medio su tempi lunghi rispetto a 1/1 e 1/2. La sua frequenza è data da 1- 2.

RICEVITORI ACUSTO-OTTICI Il principio di funzionamento di un AOS è il seguente: Il segnale in radiofrequenza (RF) è accoppiato per mezzo di un trasduttore piezoelettrico ad un cristallo (ad es. di LiNbO3) - la cella di Bragg - e produce variazioni periodiche dell’indice di rifrazione di quest’ultimo. Un fascio laser opportunamente collimato viene diffratto e inviato su un rivelatore CCD lineare. Infine, il calcolatore ricostruisce, a partire da quest’informazione, lo spettro osservato.

RICEVITORI ACUSTO-OTTICI

SEST (Swedish-ESO Submillimetric Telescope) θHPBW = estensione lobo principale ηB = efficienza del telescopio ηA = Aeff / Atot efficienza di apertura Ricevitori eterodina

ARECIBO OBSERVATORY D = 305 m Area di raccolta: ~73 000 m² Lunghezza focale: 132.5 m Range di frequenze: 300 MHz < n<10 GHz

RADIOTELESCOPIO “CROCE DEL NORD” MEDICINA (BO)

TEMPERATURA D’ANTENNA In generale si pone, allora, Se la sorgente è un corpo nero a temperatura T, I = BB(T) Nella regione delle radiofrequenze, h / kT << 1, quindi è possibile adottare l’approssimazione di Rayleigh-Jeans: Sostituendo le espressioni trovate in quella di P si ottiene quindi:   In generale si pone, allora, dove TA è la temperatura d’antenna. TA è la quantità che viene direttamente osservata in radioastronomia. Essa può essere interpretata come la temperatura di un corpo nero la cui potenza è pari a quella raccolta dall’antenna.

Iν = 2 ν2/c2 k TB(ν) = 3.08 10-28 ν2 (MHz) Tb(ν) La temperatura d’antenna può anche essere vista come la temperatura di una resistenza che trasferisce al ricevitore la stessa potenza fornitagli dall'antenna. Infatti, da un punto di vista pratico, il ricevitore vede l’antenna come una resistenza che gli trasferisce potenza. In ogni caso, TA è un modo per rappresentare con una scala diversa l’intensità di radiazione. Esprimendo, in approssimazione di Rayleigh-Jeans, l’intensità in temperatura di brillanza TB(), si ha Iν = 2 ν2/c2 k TB(ν) = 3.08 10-28 ν2 (MHz) Tb(ν) [W m-2 Hz-1 sr-1] In generale, però, Iν  Bν  Tb(ν) NON rappresenta la temperatura effettiva del mezzo emittente, e varia con ν.

In definitiva, Ricordando che A / λ2 = 1 / ΩA, si ottiene: ossia TA è una convoluzione della temperatura di brillanza della sorgente con la risposta del telescopio. Possiamo perciò ricavare teoricamente TB da TA solo se la funzione Pn(θ,φ) è nota. Se TMB è la temperatura di brillanza mediata sul lobo principale (Main Beam Brightness Temperature), si ha:

TEMPERATURA D’ANTENNA E FLUSSO Nel lontano infrarosso e nel radio, l’unità di misura comunemente usata per la densità di flusso è il Jansky (Jy) 1 Jy = 10-26 W m-2 Hz-1 Combinando le relazioni scritte in precedenza, si ricava che in cui si è introdotto un fattore di efficienza ηR < 1 per tenere conto delle perdite di segnale che avvengono tra l’antenna e il ricevitore QUELLO FINORA CONSIDERATO E’ IL CASO IDEALE, IN ASSENZA DI FONTI DI RUMORE

FONTI DI RUMORE Nel millimetrico, l’atmosfera terrestre non solo attenua il segnale proveniente dalla sorgente, ma emette a sua volta. Considerando inoltre gli effetti del rumore strumentale, la componente dovuta al rumore è data da Dove t è lo spessore ottico dell’atmosfera (t = t0 / sin h) alla frequenza osservata. Per calibrare correttamente la strumentazione, si registrano in modo alterno i due segnali misurati ponendo 1) un oggetto a temperatura ambiente Tamb davanti al ricevitore e 2) puntando una zona di cielo priva di emissione. Posti Si definisce la temperatura di sistema

FONTI DI RUMORE La temperatura di sistema è un parametro strumentale che fornisce una stima del segnale spurio prodotto dall’ambiente e che contamina la radiazione proveniente dalla sorgente. Se si assume Tamb ~ Tatm , A questo punto, la stima della temperatura d’antenna viene effettuata nel seguente modo: Si misurano sul rivelatore i valori della ddp puntando la sorgente… …ed una regione con il solo background (per eliminare l’effetto delle fluttuazioni di g) Si calcola infine la temperatura d’antenna g è il guadagno del ricevitore

FONTI DI RUMORE Il rumore associato alla temperatura d’antenna TA (in K) è dato da: dove k = fattore di degradazione dello spettrometro; t = tempo totale di integrazione (in s); dν = risoluzione in frequenza di ogni canale dello spettrometro; Tsys = temperatura di sistema (in K).

TECNICHE DI ACQUISIZIONE DEGLI SPETTRI La radiazione corrispondente alla riga spettrale osservata è solo una piccola frazione della potenza totale raccolta dal telescopio, a cui contribuiscono i segnali che variano su larga banda come il rumore del sistema e il rumore di fondo. Per eliminare questi contributi è necessario adottare delle specifiche tecniche osservative: Position switching: consiste nell’osservare alternativamente la sorgente e una posizione di riferimento vicina (non contenente la riga). Il software del ricevitore sottrae automaticamente le coppie di spettri fornendo uno spettro finale in cui gli effetti strumentali e atmosferici sono eliminati. Si applica a sorgenti compatte, in modo da trovare una posizione di riferimento vicina. Beam switching: si basa sull’oscillazione dello specchio secondario (chopping) in modo da osservare alternativamente (ν1Hz) due campi distinti. Contemporaneamente, a frequenza minore, il telescopio viene spostato di una quantità pari a quella coperta da un’oscillazione del secondario, in modo da osservare la sorgente nel campo in cui prima si trovava il riferimento. In questo modo si ottiene una riga negativa quando la sorgente è nel campo di riferimento e una positiva quando si trova nel campo del segnale. Questa tecnica si applica per sorgenti di piccole dimensioni angolari (più piccole del beam throw) quando il rumore del cielo è alto.

Frequency switching: consiste nell’acquisire coppie di spettri di cui uno alla frequenza della riga che si vuole osservare e uno di riferimento variando la frequenza dell’oscillatore locale (frequenza di tuning) di pochi MHz. Poiché la radiazione della riga si concentra su un piccolo intervallo di frequenze, mentre tutti gli altri segnali variano molto poco all’interno di una larga banda di frequenze, il segnale di riferimento acquisito contiene la riga traslata (rispetto alla posizione che aveva nel primo spettro), mentre il contributo degli altri segnali sarà pressoché invariato. La sottrazione produce un spettro finale in cui è presente sia la riga che il suo negativo, traslato di pochi MHz, mentre il segnale di fondo viene eliminato. Questa tecnica si usa per osservare righe spettrali di larghezza piccola (pochi MHz) e di regioni spazialmente estese per cui è difficile trovare una posizione di riferimento.

FREQUENZE E VELOCITA’ RADIALI L’effetto Doppler pone in correlazione le frequenze dell’emissione con le velocità radiali degli emettitori. In genere queste velocità vengono calcolate rispetto al Local Standard of Rest (LSR), un punto ideale in rotazione intorno al centro Galattico, ad una distanza pari alla distanza galattocentrica del Sole. L’equivalenza tra velocità e frequenza è data da: Al fine di stimare correttamente l’attribuzione di una riga (e/o di stimare, quindi, la VLSR), è necessario considerare i moti giornaliero ed annuo della Terra, ed il moto del Sistema Solare rispetto al LSR.

RIDUZIONE DEGLI SPETTRI RADIO Le immagini che si ricevono dallo spettrometro sono già unidimensionali (TA vs. ν). Questi spettri vengono solitamente visualizzati sostituendo la velocità alla frequenza, per cui v = 0 corrisponde a ν = ν0 .

Sottrazione della baseline, eliminata per mezzo di fit polinomiali. Il frequency switching viene corretto capovolgendo e traslando l’immagine spettrale negativa mediandola con quella positiva per ottenere uno spettro in cui sia presente una sola riga. Per calibrare lo spettro (TA→TMB) si divide per l’efficienza del telescopio (nel caso di sorgenti estese).

MAPPE D’INTENSITA’ Per ottenere una mappa d’intensità occorre calcolare l’intensità di ogni riga punto per punto integrando la TA sull’intervallo di velocità Δv sotteso dalla riga.

MAPPE DI CANALI Sono mappe ottenute utilizzando intensità integrate su intervalli limitati e consecutivi, al fine di evidenziare l’emissione da parte delle diverse componenti di velocità.

DIAGRAMMI VELOCITA’-POSIZIONE Sono diagrammi in cui si rappresenta, mediante una scala di colori, l’intensità degli spettri osservati lungo una “striscia” di puntamenti nel cielo. Anche questo strumento è utile per evidenziate il contributo dato dalle varie componenti di velocità all’emissione totale.

DERIVAZIONE DI PARAMETRI FISICI DELLE NUBI La radiazione di intensità Iν emessa in seguito ad una transizione molecolare, propagandosi attraverso il mezzo interstellare, può subire fenomeni di assorbimento e di emissione. In generale si avrà (equazione del trasporto radiativo): Con jν coefficiente di emissione e kν coefficiente di assorbimento del mezzo. Nel caso di solo assorbimento ( jν = 0) la soluzione è: profondità ottica

Scritta in funzione della profondità ottica l’equazione del trasporto radiativo diventa: Per risolvere questa equazione si deve conoscere la funzione sorgente Sν = jν / kν . In condizioni di equilibrio termodinamico locale (LTE) la funzione sorgente è data dalla funzione di corpo nero, ed in questo caso la soluzione è: In radioastronomia la soluzione di LTE può essere scritta in funzione della temperatura di brillanza TB e della temperatura di eccitazione Tex definita come la temperatura di un corpo nero la cui emissione è pari alla funzione sorgente della nube, cioè Sν = Bν (Tex). Si trova:

Se si trascura la radiazione di fondo, cioè TB(0)=0, e ci si trova a frequenze tali che sia valida l’approssimazione di Rayleigh-Jeans, allora la soluzione LTE è: LTE, Rayleigh-Jeans Quindi l’intensità della riga dipende in modo critico da τν : se τν << 1 se τν >> 1

Si consideri ora l’equazione per il calcolo di TB considerando anche il contributo del fondo cosmico: Prendiamo, come esempio, il caso in cui si dispone di due righe, una otticamente spessa e l’altra sottile 12CO(J = 1-0) 13CO(J = 1-0) Si calcola la Tex relativa alla prima, notando che: Con n = 115 GHz, Tbg = 2.73 K Jn(Tbg) = 5.53 K

Allora, Se si assume, ora, che la Tex sia la stessa anche per la seconda riga, è possibile calcolare la profondità ottica di quest’ultima:

Infine, è possibile determinare la densità di colonna del 13CO: La densità di colonna dell’H2 può essere calcolata assumendo una certa abbondanza relativa (es., 7 x 105, Dickman 1978). Essa può essere utilizzata per stimare la massa della nube: D = distanza della nube W = angolo solido sotteso dall’elemento di risoluzione angolare mH = massa atomica dell’idrogeno m = peso molecolare medio (2.8 se si considera un’abbondanza relativa dell’elio al 25%)

Nel caso si disponga di due righe otticamente sottili, è possibile ricavare la temperatura cinetica del gas emittente direttamente dal rapporto delle due righe. Ricordando infatti che la popolazione dei livelli segue la statistica di Maxwell-Boltzmann, e che nel caso otticamente sottile l’intensità di una riga è direttamente legata alla popolazione del livello superiore,

INTERFEROMETRIA s b Antenna X multiply average Si consideri una data frequenza di osservazione e si supponga l’apparato osservativo fermo. Si consideri la radiazione proveniente da un ristretto angolo solido dΩ, lungo la direzione s. s b Antenna X multiply average

UNA RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA Quest’operazione può essere vista come l’applicazione, da parte deI correlatore cosinusoidale, di un pattern a frange sinusoidali di scala angolare l/b radianti sul piano del cielo. Il correlatore moltiplica la brillanza della sorgente per questo pattern e integra il risultato sul cielo. L’orientazione dipende dalla geometria della baseline. l/B rad. Source brightness - + - + - + - Fringe Sign

UN CORRELATORE PER LA PARTE DISPARI b Antenna X 90o multiply average

VISIBILITA’ COMPLESSA La funzione complessa V è definita come la somma dei segnali in uscita dai due correlatori: dove Questo mette in diretta relazione la brillanza della sorgente e la risposta dell’interferometro:

VISIBILITA’ COMPLESSA

CASO BIDIMENSIONALE Si supponga che le misure di Vν(b) avvengano esclusivamente in un piano. Questo ci consente di ottenere una configurazione particolarmente favorevole per i calcoli. Siano (u,v,w) le coordinate di un sistema di riferimento avente l’asse w normale al piano. Le distanze vengono misurate in lunghezze d’onda. Le componenti del vettore unitario s saranno: e inoltre

COSENI DIRETTORI n m l b w Il vettore unitario s è Definito dalle sue proiezioni sugli assi (u,v,w). Queste componenti sono dette coseni direttori. s n g b a v m l b u Il vettore baseline è specificato dalle sue coordinate (u,v,w) (misurate lunghezze d’onda).

INVERSIONE DELLA TRASFORMATA DI FOURIER Quindi, b·s n/c = ul + vm + wn = ul + vm, da cui si trova Che è la trasformata di Fourier bidimensionale tra la brillanza proiettata Iν cos(γ) e la visibilità Vν(u,v). L’inversione di questa relazione viene effettuata come segue: Con un numero opportuno di misure di V, dunque, è possibile ottenere I. Il caso trattato qui è tipico di interferometri E-O.

IRAM, Plateau de Bure, Francia. 6 antenne da 15 m

VLA, Socorro, New Mexico. 27 antenne da 25 m

2010 – Progetto ALMA, San Pedro de Atacama, Cile, 5000 m: > 64 antenne da 12 m, intervallo spettrale 70-900 GHz

VLBI

VLBI - HALCA