CREDERE È SOLO UN FATTO PRIVATO

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 La preghiera è l’elevazione dell’anima a Dio o la domanda a Dio di beni conformi alla sua volontà. Essa è sempre un dono di Dio che viene ad incontrare.
Transcript della presentazione:

CREDERE È SOLO UN FATTO PRIVATO CREDERE È SOLO UN FATTO PRIVATO? LA DIMENSIONE ECCLESIALE E PUBBLICA DELLA FEDE DIOCESI DI CASTELLANETA Convegno Ecclesiale Diocesano 2012 don Filippo Morlacchi

Preghiamo O Dio, che crei e rinnovi l’universo, donaci di trarre dal nostro tesoro, che è il Vangelo del tuo Figlio, cose antiche e nuove, per essere sempre fedeli alla tua verità e camminare in novità di vita nel tuo Spirito. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Tesi fondamentale: La Chiesa è chiamata a parlare al mondo non per imporre se stessa, ma per proporre il suo Signore, che è il suo unico, inesauribile tesoro. Ritornare alla centralità di Cristo è il modo migliore per rinnovare una Chiesa missionaria, aperta, libera, a servizio del mondo.

L’attuale dibattito sul ruolo della fede e della religione nella sfera pubblica sembra oscillare tra due poli estremi: “la forzata e assoluta separazione” e “la nostalgia della cristianità passata”. I sostenitori della “laicità”, in particolare secondo il modello più intransigente (“laïcité alla francese”), vorrebbero cancellare ogni presenza della religione nella sfera pubblica; i difensori della Chiesa come “baluardo etico”, difendono (a volte aggressivamente) il ruolo pubblico del cattolicesimo, talora più per riaffermare la propria identità che per adesione di fede.

Presenza o ingerenza? «Non sono pochi [27,4%] gli italiani che pensano a una chiesa che si limiti a coltivare i valori dello spirito, che si occupi soltanto – per richiamare le immagini colorite di alcuni esponenti politici – delle «cose di sagrestia»… Poco meno della metà degli italiani ritiene invece che la chiesa abbia il diritto-dovere di manifestare pubblicamente la propria visione della realtà, prendendo posizione…» (Franco Garelli, Religione all’italiana. L’anima del paese messa a nudo, il Mulino, Bologna 2011, p. 175).

Il “dilemma” di Böckenförde Anche i non credenti riconoscono il ruolo sociale della religione, come “riserva di valori etici” necessari, o almeno utili, per convivenza democratica. «Lo stato liberale, secolarizzato, vive di presupposti che esso di per sé non può garantire» (Ernst Wolfgang Böckenförde, Diritto e secolarizzazione, Laterza, Roma-Bari 2007, p. 53 [or. 1967])

«Rendere Dio presente in questo mondo» (Benedetto XVI) Qui si inserisce una delle priorità del pontificato di Benedetto XVI: contestare l’idea serpeggiante che la fede non abbia più niente da dire all’uomo moderno secolarizzato. «La fede non è una cosa del passato, ma un incontro con il Dio che vive ed agisce adesso» (Benedetto XVI, Discorso alla curia romana, 20.12.2010)

Ripartire da DIO Cardinale Ruini, lei esordisce raccontando che gli editori le chiedevano un libro di memorie sugli anni in cui ha guidato la Chiesa italiana. Perché invece un libro su Dio? – «Perché mi sembra enormemente più utile, e anche più interessante». (Corriere della Sera, 05/09/2012)

In cerca del senso ultimo La fede parla all’uomo di oggi forse più che mai, perché aiuta l’uomo della «società dell’incertezza» (Z. Bauman) ad affrontare la vita costruttivamente, dandole un significato. «Il cristiano è l’avversario dell’assurdo, il profeta del significato» (P. Ricoeur)

Una Chiesa “decentrata” Avviare la nuova evangelizzazione non significa “restituire alla Chiesa un posto di prestigio tra i poteri del mondo”, ma al contrario riconoscerle il suo ruolo di madre e di serva, come la vergine Maria: una Chiesa “estroversa” (S. Dianich) e “umile” (R. Repole), disponibile a servire il mondo redento da Cristo, suo sposo e Signore. I padri della Chiesa non hanno sviluppato una vera e propria “teoria ecclesiologica”, perché al centro dei loro pensieri c’era Cristo; la Chiesa non era “un capitolo” della loro teologia, ma la condizione, l’ambiente vitale e il fine di tutta la vita cristiana.

Il papa e la Chiesa in ginocchio davanti a Cristo «Noi sembriamo quasi rappresentare la parte del nostro Predecessore Onorio III che adora Cristo, come è raffigurato con splendido mosaico nell’abside della Basilica di San Paolo fuori le Mura. Quel Pontefice, di proporzioni minuscole e con il corpo quasi annichilito prostrato a terra, bacia i piedi di Cristo, che, dominando con la mole gigantesca, ammantato di maestà come un regale maestro, presiede e benedice la moltitudine radunata nella Basilica, che è la Chiesa». (Paolo VI, Discorso di apertura del 2° periodo del Concilio, 29 settembre 1963)

S. Paolo fuori le Mura, Mosaico absidale con papa Onorio III ai piedi di Cristo (XIII sec.)

Una Chiesa “decentrata” [Attraverso il papa Paolo VI, che ha scelto di andare come umile pellegrino in Terrasanta] la Chiesa proclama di essere la Chiesa di Gesù Cristo, e di non voler essere nient’altro. Lungi dal farsi centro, essa si riferisce tutta a Cristo. Si “annienta” in certo senso, baciando i piedi a Cristo. […] In questo decentramento spirituale si manifesta la sua più profonda essenza… No, la Chiesa non cerca la sua gloria, ma solo la gloria del suo Signore (Henri De Lubac, Paradoxe et Mystére de l’Eglise, Aubier-Montaigne, Mayenne 1967, p. 178).

Una Chiesa “decentrata” «Io sogno soprattutto un cristianesimo che – come peraltro fa dall’origine – non si interessi a se stesso. Sono i non cristiani che si interessano al cristianesimo. E che questo sia per difenderne il ruolo civilizzatore o al contrario per vedervi la sorgente di tutti i mali (e del loro contrario) non fa alcuna differenza. I cristiani, loro, si interessano a Cristo. La persona di Gesù Cristo: ciò che ha detto, certamente, ma prima di tutto ciò che ha fatto, nella misura in cui questo mostra ciò che lui era». (Rémi Brague)

L’anno della fede L’anno della fede è l’occasione per rimettere la questione di Dio al centro dell’attenzione dei credenti, e di conseguenza riproporla al mondo (nuova evangelizzazione). La Chiesa è chiamata a parlare al mondo non per imporre se stessa o la sua fede, ma per proporre il Signore, che è il suo unico, inesauribile tesoro. Il nostro compito è in primo luogo quello di accogliere la verità del Vangelo nella nostra vita, e rendere Dio presente nel mondo attraverso la nostra personale adesione di fede a Lui ( testimonianza).

Rendere Dio presente nel mondo «Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini». (card. Josef Ratzinger, L’Europa nella crisi della culture – Subiaco, 1 aprile 2005)

Riscoprire il Catechismo della Chiesa cattolica La formazione (il discepolato, l’ascolto del Vangelo) è quindi il primo tassello dell’apertura alla missione. Il Papa propone per questo impegno di (auto-)formazione lo strumento del Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), o almeno il suo Compendio.

Riscoprire il Catechismo della Chiesa cattolica La sua struttura quadripartita rispecchia tutta la vita della Chiesa: La confessione, la celebrazione, la testimonianza – che sono aspetti pubblici della fede – non devono mancare dell’interiorizzazione che si realizza nella preghiera personale.

Le quattro parti del CCC Il CREDO: occorre conoscere i contenuti oggettivi della rivelazione, la “fides quae creditur”, il deposito della fede [CATECHESI] I SACRAMENTI: occorre accogliere la grazia che trasforma il cuore dell’uomo [LITURGIA] La MORALE: dal cuore rinnovato scaturisce la vita dei figli di Dio [CARITÀ] Non basta conoscere la fede, celebrarla pubblicamente e testimoniarla nella carità: occorre il dialogo personale con il Signore che unifica la personalità credente [PREGHIERA]

(A) Sezione fondamentale (B) Articolazione dogmatica Struttura del CCC CATECHESI LITURGIA CARITÀ PREGHIERA (A) Sezione fondamentale Teologia fondamentale Liturgia fondamentale Morale fondamentale La preghiera in generale (B) Articolazione dogmatica I dodici articoli del Simbolo apostolico I sette sacramenti I dieci comanda-menti Le sette richieste del Padre nostro FEDE: confessata celebrata vissuta pregata

Un linguaggio capace di «trafiggere il cuore» (At 2,37) «Un giovane, che percepisce la Chiesa come un’istituzione che detiene valori e che sovente finisce con i suoi divieti e i suoi precetti per sembrare un vigile urbano, a diciotto anni, o anche prima, a sedici o a quattordici, se ne andrà, lascerà la Chiesa, perché non ha per nulla conosciuto Cristo. Il giovane crede e dice di aver lasciato la Chiesa, ma in verità ha lasciato la vita parrocchiale, la frequentazione dei preti, del parroco. Lui nemmeno si sogna di aver lasciato Cristo, perché questo Cristo non lo ha mai conosciuto. Nessuno gli ha mai richiesto l’esperienza di fede, di amore e di conoscenza effettiva di Cristo. Nessuno gliel’ha mai insegnata…

Un linguaggio capace di «trafiggere il cuore» (At 2,37) …Questo è uno dei nodi fondamentali della crisi attuale del cristianesimo. Mi ha sempre impressionato un detto di un padre della Chiesa del IV secolo, che parlando ai preti li interrogava: “Voi vi chiedete come mai i giovani crescendo si allontanino dalla Chiesa? Ma è naturale: è come nella caccia alla volpe, dove i cani che non l’hanno vista, prima o poi si stancano, rinunciano, e tornano a casa; mentre quei pochi che hanno visto la volpe proseguiranno la caccia fino in fondo”. Ecco, il problema è far vedere la volpe ai giovani, far loro conoscere Gesù Cristo. Poi il resto, compreso l’agire etico, viene da sé». (E. BIANCHI, Ricomin-ciare nell’anima, nella chiesa, nel mondo, Marietti 1991, pag. 53).

Una parola per gli Insegnanti di Religione Cattolica La spiritualità fa parte della professionalità (CEI 1991): catechisti a scuola no, ma testimoni sì, sempre! Il compito dell’IdR è quello di offrire un esempio (exemplum che suscita una risposta personale, non exemplar da ripetere meccanicamente) che educhi, stimolando la libertà e la responsabilità degli alunni. Solo così la scuola si riaggancia alla vita ( scuola delle competenze). Il futuro dell’IRC non è nelle tutele sindacali, ma in un insegnamento avvincente, di qualità, che coinvolga mente e cuore, per essere professionisti dell’educazione, ma anche ministri del Vangelo ed espressione della Chiesa.

Buon «anno della fede» a tutti! «Benedetto XVI ha chiesto di riflettere sul Credo in ogni diocesi. Non basta recitarlo, bisogna conoscerlo e comprenderlo nella sua profondità. …mi sembra importante il fatto che la semplice confessione di fede non esprima una pretesa di possesso concettuale della verità. Il Credo lo cantiamo spesso durante la messa domenicale. Un sistema dogmatico-concettuale non si può cantare. Invece noi cantiamo il Credo, e lo cantiamo come preghiera» (card. W. Kasper).