1 LA TENZONE DEL DUOL D’AMORE FRA DANTE DA MAIANO E DANTE ALIGHIERI (Ed. De Robertis) Fonte: Giuntina di Rime antiche. 1 Dante da Maiano a Dante Alighieri Per pruova di saper com vale o quanto lo mastro l’oro, adducelo a lo foco; e, ciò faccendo, chiara e sa se poco, amico, di pecunia vale o tanto. 4 Ed eo, per levar prova del meo canto, l’adduco a voi, cui paragone voco di ciascun c’have in canoscenza loco, o che di pregio porti loda o vanto. 8 E chero a voi col meo canto più saggio che mi deggiate il dol maggio d’Amore qual è, per vostra scienza, nominare: 11 e ciò non movo per quistioneggiare (ché già inver’ voi so non avria valore), ma per saver ciò ch’eo vaglio e varraggio. 14 Per prova di sapere come e quanto vale l’oro, il maestro lo porta al fuoco; e, così facendo chiarisce e sa, amico, se vale poco o molto denaro. E io, per fare prova del mio canto, lo presento a voi, che chiamo a pietra di paragone di chiunque abbia un posto fra coloro che sanno, o che abbia lode o vanto di pregio. E chiedo a voi con le migliori parole di cui sono capace che mi diciate, in base al vostro sapere, qual è il più grande dolore d’amore; e ciò non propongo per il gusto di disquisire su questioni sottili, perché so che nei vostri confronti sarebbe inutile, ma per sapere quanto valgo e potrò valere.
2 Dante Alighieri a Dante da Maiano Qual che voi siate, amico, vostro manto di scienza parmi tal, che non è gioco; sì che, per non saver, d’ira mi coco, non che laudarvi, sodisfarvi tanto. 4 Sacciate ben (ch’io mi conosco alquanto) che di saver ver voi ho men d’un moco, né per via saggia come voi non voco, [C. Giunta: non v’ò co] così parete saggio in ciascun canto. 8 Poi piacevi saver lo meo coraggio, ed io ·l vi mostro di menzogna fore, sì come quei ch’a saggio è ’l suo parlare: 11 certanamente a mia coscienza pare, chi non è amato, s’elli è amadore, che ’n cor porti dolor senza paraggio. 14 Chiunque voi siate, amico, il vostro ornamento di sapere mi pare tale che non è gioco, sicché brucio di rammarico per non essere in grado, non che lodarvi, di darvi almeno soddisfazione. Sappiate bene, perché io mi conosco abbastanza, che di scienza nei vostri confronti io ho meno di un granello, né per via saggia come voi non vogo / non vo / non ho capo, tanto voi vi mostrate sapiente su ogni argomento. Dal momento che volete conoscere il mio parere, io ve lo espongo in tutta verità, come colui che rivolge le sue parole a uomo sapiente: sicuramente a me in tutta coscienza sembra che chi ama senza essere amato soffra nel cuore un dolore senza paragone.
3 Dante da Maiano a Dante Alighieri Lo vostro fermo dir fino ed orrato approva ben ciò bon ch’om di voi parla, ed ancor più, ch’ogni uom fora gravato di vostra loda intera nominarla; 4 ché ’l vostro pregio in tal loco è poggiato che propiamente om no ·l poria contar là: però qual vera loda al vostro stato crede parlando dar, dico disparla. 8 Dite ch’amare e non essere amato ène lo dol che più d’Amore dole, e manti dicon che più v’ha dol maggio: 11 onde umil prego non vi sia disgrato vostro saver che chiari ancor, se vole, [ … vole: se ’l vero, o no, di ciò mi mostra saggio. 14 s’è il vero o no, di ciò …] Le vostre sicure parole, eleganti e degne di onore, dimostrano bene quanto di buono si dice di voi e anche di più, così che per chiunque sarebbe gravoso tessere per intero le vostre lodi, perché il vostro valore è così alto che nessuno potrebbe adeguatamente esprimerlo a quell’altezza: perciò chi crede di potere adeguatamente lodarvi a parole, non parla ma sparla. Voi dite che amare senza essere amato sia il dolor d’amore che più fa male, ma molti dicono che esiste un dolore ancora maggiore; per cui vi prego umilmente che non vi sia sgradito che il vostro sapere chiarisca ulteriormente, se vuole, se la realtà dà o no prova di ciò (oppure: se è vero o no, di ciò dammi prova).
4 Dante Alighieri a Dante da Maiano Non canoscendo, amico, vostro nomo, donde che mova chi con meco parla, conosco ben che scienz’à di gran nomo, sì che di quanti saccio nessun par l’à; 4 che si pò ben conoscere d’un omo, ragionando, se ha senno, che ben par là. Conven poi voi laudar, sarà for nomo e forte a lingua mia di ciò com parla. 8 Amico (certo sonde, a ciò ch’amato per amore aggio), sacci ben, chi ama, se non è amato, lo maggior dol porta; 11 ché tal dolor ten sotto suo camato tutti altri, e capo di ciascun si chiama: da ciò vèn quanta pena Amore porta. 14 Non conoscendo, amico, il vostro nome, da qualunque parte venga chi parla con me, mi rendo ben conto che ha scienza di gran fama, sì che di quanti ne conosco nessuno l’ha pari; che si può ben conoscere di un uomo, ragionando, se ha senno, che ben si mostra là [i.e.: nel ragionamento]; dal momento che debbo lodare voi, sarà (lodare uno) senza nome, e duro alla mia lingua parlare di questo. Amico, (ne sono certo, perché ho amato di vero amore), sappi bene, chi ama e non è amato porta il dolore maggiore, perché tale dolore tiene sotto il suo bastone tutti gli altri, ed è il primo di tutti. Da qui viene quanta sofferenza l’Amore porta con sé. Barbi, Contini: sanza far nomo De Robertis: sarà for nomo Barbi, Contini: è forte a Santangelo: e fort’è a
5 Dante da Maiano a Dante Alaghieri Lasso, lo dol che più mi dole e serra è ringraziar, ben non sapendo como; per me più saggio converriasi, como vostro saver, ched ogne quistion serra. 4 Del dol che manta gente dite serra è tal voler qual voi lor non ha como; el propio sì disio saver dol, como di ciò sovente dico, essend’a serra. 8 Però pregh’eo ch’argomentiate, saggio, d’autorità mostrando ciò che porta di voi la ’mpresa, a ciò che sia più chiara; 11 Dal [sic G] dol che manta gente dice serra e poi parrà, parlando di ciò, chiara, e qual più chiarirem dol pena porta e ’l proprio sì disio saver dol com’ò: d’ello assegnando, amico, prov’e saggio. 14 di ciò sovente, dico, essend’a serra. Ahimè, il dolore che più mi fa male e stringe è ringraziare non sapendo bene come; al mio posto sarebbe conveniente che vi fosse persona più sapiente, adeguata alla vostra scienza, che chiude ogni questione. Del dolore che molta gente dite stringe, (esso) è una «tale disposizione quale a voi, non a loro, ha un suo ‘come’ [De Robertis]», come ripeto essendo alle strette. [Dal dolore che molta gente dice dare angoscia ha origine un desiderio tale (cioè, così forte) che loro non hanno come voi, e dunque voglio avere cognizione del mio proprio dolore così come l’ho: da questo, dico, essendo spesso attanagliato]. Perciò vi prego, o saggio, che argomentiate con citazioni autorevoli mostrando cosa comporta il vostro assunto, in modo che risulti più chiaro; e poi, parlando di ciò, risulterà chiaro e chiariremo quale dolore adduce una sofferenza maggior, fornendo di esso, o amico, prova ed esperimento (cioè, prova sperimentale).
DANTE DA MAIANO, 35 (ed. Bettarini) Null'omo pò saver che sia doglienza, se non provando lo dolor d'amore; né pò sentire ancor che sia dolzore fin che non prende de la sua plagenza. Ed eo amando voi, dolce mia intenza, in cui donat'ho l'arma e 'l corpo e 'l core, provando di ciascun lo suo sentore aggio di ciò verace canoscenza. La fina gioi, ch'eo di voi presi amando, mi fu lo ben gradito e savoroso più di nesun ch'ancora aggia provato; or che m'avete da tal gio' privato, sento dolor più forte e doloroso che nullo che già mai gisse penando.
2 Dante Alighieri a Dante da Maiano Qual che voi siate, amico, vostro manto di scienza parmi tal, che non è gioco; sì che, per non saver, d’ira mi coco, non che laudarvi, sodisfarvi tanto. 4 Sacciate ben (ch’io mi conosco alquanto) che di saver ver voi ho men d’un moco, né per via saggia come voi non voco, così parete saggio in ciascun canto. 8 Poi piacevi saver lo meo coraggio, ed io ·l vi mostro di menzogna fore, sì come quei ch’a saggio è ’l suo parlare: 11 certanamente a mia coscienza pare, chi non è amato, s’elli è amadore, che ’n cor porti dolor senza paraggio. 14 Qual che voi siate (v. 1) G. Cavalcanti, Rime, 50.13 (ed. De Robertis) qual che voi siate, egli è d'un'altra gente amico (v. 1) Vocativo, comunissimo. Ricorrente soprattutto in Monte. C’è anche nella risposta di Guido Orlandi a Di vil matera di Cavalcanti. vostro manto / di scienza (vv. 1-2) Ch. Davanzati (ed. Menichetti) son. 89, v. 7 - pag. 311, riga 2 manto / di gioia Tomaso da Faenza (ed. Zaccagnini) 8, v. 13 - pag. 236, riga 8 manto di vergogna Fiore, XIII (ed. Contini) 80, v. 7 : manto di papalardia 120, v. 12 : manto di papalardia Lapo Gianni (ed. Marti) 8, v. 24 : manto d' umiltate 2, v. 20 : manto di soavitate non è gioco (v. 2) Brunetto Latini, Tesoretto, v. 2872 (ed. Contini) Vedi che non è gioco / di cadere in peccato per non saver (v. 3) Ch. Davanzati, Canz. 28, v.21 ed e' così tenuto/ serei in ogne parte/ per non saver lo certo ch’io mi conosco alquanto (v. 5) Cino da Pistoia, Poesie 45, v. 23 (ed. Marti) e soviemmi di me, quand'io fo pianto, ch'io mi conosco a tanto - rio destino che di saver ver voi (v. 6) Ch. Davanzati, Rime, son. 13, 9-11 come voi bella siete d'adornezze e di valor compiuta e di savere, ver' voi ogn'altra par ch'ag<g>ia bassezze poi piacevi saver lo meo coraggio / ed io ·l vi mostro di menzogna fore / (vv.9-12) Ch. Davanzati, Rime, son. 10, 8 ed io vi mostro com'è dolze cosa Dante da Maiano, Rime, 53, 6 (ed. Bettarini) ma per un cento di menzogna fore, senza paraggio (v. 14) Guittone, Rime, canz. 14.74 (ed. Egidi) ché picciol è per mia morte dannaggio, / ma per la vostra, amor, senza paraggio. Dante da Maiano, Rime, 17.4 e la bieltà ch' è 'n voi senza paraggio
Rime equivoche, equivoche contraffatte, identiche (stessa tecnica del Detto) 1 Amor sì vuole, e par-li, 2 Ch'i' 'n ogni guisa parli 3 E ched i' faccia un detto, 4 Che sia per tutto detto, ………………………………………. 236 E quando parla a gente, 237 Sì umilmente parla 238 Che boce d'agnol par là. a ciò ch’amato / per amore aggio (vv. 9-10) Brunetto Latini, Tesoretto, 1458 Ma chi di suo bon core / amasse per amore / una donna valente Guittone (ed. Leonardi) 69, v. 2 : over omo che ami per amore 81, v. 6 : non t'ameria un giorno per amore Ch. Davanzati son. D. 13, v. 2 : Non credo al mondo più [gran] gioia sia che fermamente per amore amare Jacopone (ed. Ageno) 85, v. 37 : Non m'ami per amore, ca 'l prezo te sta en core Amico di Dante (ed. Maffia Scariati) Son. 6, v. 2 : Chi vuole aver gioiosa vita intera, fermisi bene inn amar per amore 4 Dante Alighieri a Dante da Maiano Non canoscendo, amico, vostro nomo, donde che mova chi con meco parla, conosco ben che scienz’à di gran nomo, sì che di quanti saccio nessun par l’à; 4 che si pò ben conoscere d’un omo, ragionando, se ha senno, che ben par là. Conven poi voi laudar, sarà for nomo e forte a lingua mia di ciò com parla. 8 Amico (certo sonde, a ciò ch’amato per amore aggio), sacci ben, chi ama, se non è amato, lo maggior dol porta; 11 ché tal dolor ten sotto suo camato tutti altri, e capo di ciascun si chiama: da ciò vèn quanta pena Amore porta. 14
4 Dante Alighieri a Dante da Maiano Non canoscendo, amico, vostro nomo, donde che mova chi con meco parla, conosco ben che scienz’à di gran nomo, sì che di quanti saccio nessun par l’à; 4 che si pò ben conoscere d’un omo, ragionando, se ha senno, che ben par là. Conven poi voi laudar, sarà for nomo e forte a lingua mia di ciò com parla. 8 Amico (certo sonde, a ciò ch’amato per amore aggio), sacci ben, chi ama, se non è amato, lo maggior dol porta; 11 ché tal dolor ten sotto suo camato tutti altri, e capo di ciascun si chiama: da ciò vèn quanta pena Amore porta. 14 Non conoscendo, amico, il vostro nome, da qualunque parte venga chi parla con me, mi rendo ben conto che ha scienza di gran fama, sì che di quanti ne conosco nessuno l’ha pari; che si può ben conoscere di un uomo, ragionando, se ha senno, che ben si mostra là [i.e.: nel ragionamento]; dal momento che debbo lodare voi, sarà (lodare uno) senza nome, e duro alla mia lingua parlare di questo. Amico, (ne sono certo, perché ho amato di vero amore), sappi bene, chi ama e non è amato porta il dolore maggiore, perché tale dolore tiene sotto il suo bastone tutti gli altri, ed è il primo di tutti. Da qui viene quanta sofferenza l’Amore porta con sé. Barbi-Maggini, Contini: sanza far nomo Barbi, Contini: è forte a Santangelo: e fort’è a
FIORE son. 38 (ed. Contini) L’Amante 1 “Ragion, tu sì mi vuo’ trar[e] d’amare 2 E di’ che questo mi’ signor è reo, 3 E ch’e’ non fu d’amor unquanche deo, 4 Ma di dolor, secondo il tu’ parlare. 5 Da·llui partir non credo ma’ pensare, 6 Né tal consiglio non vo’ creder eo, 7 Chéd egli è mi’ segnor ed i’ son seo 8 Fedel, sì è follia di ciò parlare. 9 Per ch’e’ mi par che ’l tu’ consiglio sia 10 Fuor di tu’ nome troppo oltre misura, 11 Ché sanza amor nonn-è altro che nuìa. 12 Se Fortuna m’à tolto or mia ventura, 13 Ella torna la rota tuttavia, 14 E quell’è quel che molto m’asicura”.