GLI ERRORI DEI COPISTI L’amanuense del ms. Laurenziano Redi 129

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GLI ERRORI DEI COPISTI L’amanuense del ms. Laurenziano Redi 129 Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze Errori e varianti da lui introdotte nel corso del processo di copia della Mandragola di Niccolò Machiavelli, riscontrati al confronto con il testo della prima edizione a stampa della commedia, la cosiddetta “Edizione del Centauro”.

Il ms. Laurenziano Redi 129 Il Laurenziano Redi 129 (= R) è un manoscritto fiorentino compilato nello scorcio del secondo decennio del XVI secolo. Il testo della Mandragola occupa le carte dalla 110r alla 131r. La prima riga è occupata dal monogramma yħs (Yesus), seguito dalla data 1519; quindi l’intestazione: Commedia facta per niccolo machiavegli. Alla fine del testo la parola Finis. La scrittura, non calligrafica, è sufficientemente ordinata, ma non mancano cancellature e aggiunte interlineari. Tutti coloro che hanno studiato il testo della commedia nel Rediano hanno notato un certo scrupolo dell’amanuense («fiorentino di mezza cultura» lo ha definito Pasquini, «uomo colto» è invece per De Robertis) nel rispettare l’esemplare di copia. Così egli dopo aver scritto per errore debbano invece di debbono, dando luogo a una forma popolare fiorentina, si premura di correggere soprascrivendo o ad a; quando invece le sue abitudini lo portano a scrivere vorremo, si ferma dopo m e vi ricalca sopra n prima di concludere la parola con o e dar luogo alla forma vorreno. Altrove sbarra dopo averle scritte parole come castello, tiene, uno, quello, per riscriverle in forma tronca: castel, tien, un, quel. Questo scrupolo nel riprodurre con fedeltà l’antecedente ha fatto ritenere che le lezioni palesemente scorrette, i salti e le altre mende che pure il manoscritto presenta dovessero essere ascritte, piuttosto che a esso, ai passaggi di copia che l’avevano preceduto. Senonché l’accuratezza e la precisione pertengono più alle intenzioni che non alle capacità reali del copista. La copia del Rediano non è affatto impeccabile. Si contano almeno nove luoghi in cui chi scrive, forse perché nel copiare memorizza una pericope troppo lunga, legge una parola e ne mette sulla carta un’altra: si accorge dell’errore, traccia un frego su quanto ha scritto e riscrive o di seguito o nell’interlinea la parola corretta. Il quiproquò può essere determinato da affinità di corpo e di suono: vecchissimi per richissimi (I 27), vivere per vincere (IV 1); da sinonimia o analogia: non mi ricordi invece di non mi risenta (III 28), fiorini per ducati (III 87), sto io per sono io (IV 1: sto si leggeva due parole più avanti), restette per restò (IV 24); da un’interferenza logica: una sola parente invece di una sua parente (I 15); metterlo ad letto per metterlo ad lato; da semplice assonanza: di qui sempre invece di qui depende; da semplificazione sintattica o di costrutto: e’ mi consigliano per e’ mi consigliassino, l’ànno facta invece di l’habbino facta. In altri due casi comincia a riscrivere un tratto di testo che aveva già trascritto: parte alli studi parte a’ piaceri et parte alli studi, il secondo alli studi poi corretto in alle faccende (I 11); insulla sala doue era in sulla sala (V 16), con il secondo insulla sala poi sbarrato. Per non dire di altre incertezze, come quella di pericolo scritto due volte e due volte sbarrato (II 52), prima che fosse scritta definitivamente proprio la stessa parola. Ci sono parole saltate in prima stesura e poi aggiunte nell’interlinea. Insomma il copista del Rediano si lascia cogliere troppe volte distratto.

L’edizione del Centauro Stampa adespota senza indicazione di data, di luogo e di tipografo che raffigura nella xilografia del frontespizio un centauro che suona una lira da braccio (= C). L’edizione, ritenuta tradizionalmente la princeps della commedia, si presenta come un prodotto di bassa qualità: carta scadente, assenza di titoli correnti, caratteri logori di disegno simile a quello dei tipi in uso alla fine del XV secolo. Dunque un libro di fattura dozzinale, che per caratteristiche materiali è più prossimo alle fattezze di un incunabolo che non agli standard tipografici degli anni intorno al 1520. Questi i dati dell’edizione: 8° in quarti. Registro: A-K4 [$ 2 segnati]. Tipo romano.

R = Rediano C = Ed. del Centauro

2. Atto I , 7- Salto per quasi-omeoteleuto 2. Atto I , 7- Salto per quasi-omeoteleuto. C: sendo miopadre e mia madre morti.

3. Atto I , 11- Cattiva lettura. C: quietissimamente. La messa a testo della lezione di C è richiesta sia dalla maggiore pertinenza col contesto sia dall’uso di Machiavelli. Infatti, delle 19 occorrenze di “quietamente” riscontrate negli scritti machiavelliani ben 7 sono riferite a “vivere”, contro nessuna di “giustamente + vivere. La lezione di R potrebbe avere avuto origine, come altre volte in casi come questo, da travisamento del copista.

4. Atto I , 23- Dittologia. C: alcuna.

5. Atto I , 27- Salto. C: el più semplice e ‘l più sciocco.

6. Atto I , 27- Due errori di lettura corretti.

7. Atto I , 57- Errore polare (?). C: fortuna.

8. Atto I , 69 - Salto . C: più certo piu corto.

9. Atto II , 5- Errore di lettura. C: lingua.

10. Atto II , 25- Forse cattivo scioglimento di abbreviazioni 10. Atto II , 25- Forse cattivo scioglimento di abbreviazioni. C: torniamo ad rem nostram. All’origine della sostanziale divergenza doveva esserci una lezione con abbreviature, sciolta male e adattata alla meno peggio in R. La lezione di C è infatti indiscutibilmente superiore per pertinenza (Nicia ha già accennato il suo problema a Callimaco, quindi si tratta di tornare all’argomento, non di cominciare a parlarne), qualità (a dire è lettura evidentemente banalizzata di ad rem) e rispondenza all’uso di Machiavelli. Nei Discorsi: «Ma tornando al ragionamento nostro» (II proe., 18); «Ma tornando al discorso nostro» (III 22, 15); nell’Arte della guerra: «tornando alla materia principale nostra» (II 318); «Ma torniamo al ragionamento nostro» (IV 48 e VII 77); «torniamo alla materia nostra» (V 135); ecc. Nella Mandragola, Prologo 79: «Torniamo al caso nostro». Ma è soprattutto probante il seguente luogo: «Sì che, per tornare ad rem nostram, quando...» (LC, p. 547).

11. Atto II , 28- Cattiva lettura. C: potrebbe.

12. Atto II , 86 - Cattiva lettura forse per attrazione di un termine successivo. C: cercando.

13. Atto II , 108 - Cattiva lettura. C: morto. Cattiva lettura del ms. «Io son morto!» traduce i vari interii, perii, occidi delle commedie plautine e terenziane, esclamazioni stereotipe del personaggio di commedia quando si vede perduto. Machiavelli aveva impiegato la stessa espressione quattro volte nella traduzione dell’Andria e la impiegherà due volte ancora nella Clizia.

16. Atto III , 94 - Salto di parole (incerto). C: e disegni .

17. Atto V , 1 - Errore di ripetizione. C: sabato. Le lodi alla Madonna sono una pratica liturgica del sabato. Il ms. ripete ogni sera, che cade esattamente sopra nella riga precedente.