ß-bloccanti. Sindrome da brusca interruzione (withdrawal): si manifestano sintomi di iperattività simpatica, con aumento della frequenza cardiaca e ipertensione di ‘rimbalzo’ (rebound) fino a livelli superiori a quelli precedenti l’inizio della terapia diminuzione graduale del dosaggio.
Questo fenomeno è dovuto alla up-regulation dei recettori ß Questo fenomeno è dovuto alla up-regulation dei recettori ß. Il blocco della trasmissione adrenergica causa un aumento compensatorio del numero di recettori. Il fenomeno si osserva anche in tessuti denervati (es. up-regulation dei recettori nicotinici in muscoli privati dell’innervazione motoria)
Beta-bloccanti con ISA (Intrinsic Simpaticomimethic Activity) Beta-bloccanti con ISA (Intrinsic Simpaticomimethic Activity). Alcuni ß-bloccanti antagonizzano gli agonisti ß ma, da soli, stimolano i recettori ß provocano una risposta cellulare e tissutale ma l’intensità massima della risposta (Emax) è minore di quella ottenibile con gli agonisti ‘pieni’. Questo tipo di composti sono definiti agonisti parziali
Curve dose-risposta ad agonisti pieni (full agonists) e ad agonisti parziali. Con gli agonisti parziali Emax è inferiore.
Emax Curve dose-risposta ad agonisti pieni (NE: nor-adrenalina; PE: fenilefrina) Emax Curve dose-risposta ad agonisti parziali
N.B. Un agonista parziale (A) è meno efficace di un agonista pieno (B,C,D) (Emax inferiore) ma può essere più potente (EC50 minore). Emax agonista puro Emax agonista pariziale EC50 agonista parziale EC50 agonista puro
Curva di occupazione recettoriale (verde) e corrispondente curva dose-risposta (viola) di un agonista parziale L’agonista parziale occupa i recettori, impedendo parzialmente (A) o totalmente (B) (in funzione della dose di agonista parziale) il legame al recettore (e quindi la risposta) di un agonista pieno
Gli agonisti parziali si comportano da antagonisti nei confronti di un agonista puro. Curve dose-risposta ad un agonista puro in presenza di concentrazioni crescenti di agonista parziale
Nuove teorie sul funzionamento dei recettori Teoria dell’attività (efficacia) intrinseca. Per spiegare l’esistenza di agonisti parziale, è stato introdotto il concetto di attività intrinseca: la risposta ad un composto che si lega al recettore è proporzionale alla frazione di recettori occupati (F) e all’attività intrinseca del composto (): Risposta = k x F x Per gli agonisti pieni, = 1, per gli antagonisti, =0, per gli agonisti parziali 0< <1.
Teoria a due stati. Nasce dalle seguenti osservazioni: Alcuni recettori sono costituzionalmente attivati, cioè evocano un segnale intracellulare anche in assenza di agonisti. Esistono composti che si legano al recettore e diminuiscono l’attività basale dei recettori costituzionalmente attivati, evocando una risposta opposta a quella degli agonisti; ad es., un composto che si lega ai recettori ß provoca una diminuzione dei livelli basali di cAMP. Composti con questa attività sono definiti agonisti inversi.
Secondo la teoria a due stati, un recettore esiste in due stati, uno inattivo (R) ed uno attivato (R*), in equilibrio tra loro. Lo stato attivato evoca la risposta cellulare. Anche in assenza di agonista una certa frazione di recettori è nello stato R*; si ha quindi un’attività cellulare ‘basale’ R R* Un agonista pieno si lega preferenzialmente (esclusivamente) a R*, spostando l’equilibrio verso questo stato. Un antagonista si lega con la stessa affinità sia a R che a R*, lasciando inalterato l’equilibrio; non evoca quindi una risposta ma occupa il recettore impedendo l’interazione con un agonista.
Un agonista parziale si lega anch’esso preferenzialmente a R Un agonista parziale si lega anch’esso preferenzialmente a R* ma si lega anche a R; rispetto ad un agonista pieno, l’equilibrio è meno spostato verso R*. Un agonista inverso si lega preferenzialmente a R (inattivo), inibendo così l’attività basale. Y + R R* +X Y-R R*-X
Simpaticomimetici indiretti Alcune ammine simpaticomimetiche (amfetamina, efedrina, tiramina) hanno una bassa affinità per i recettori adrenergici ma agiscono indirettamente, provocando il rilascio di nor-adrenalina dalle terminazioni nervose. Queste ammine entrano nei neuroni utilizzando l’uptake 1; si accumulano quindi nelle vescicole citoplasmatiche ‘spiazzando’ la NA, che in parte fuoriesce dalla terminazione nervosa. Nel corso di somministrazioni ripetute il loro effetto si esaurisce rapidamente (tachifilassi) per esaurimento dei depositi di NA.
Gli effetti periferici dei simpaticomimetici indiretti riproducono gli effetti di una stimolazione simpatica. A livello del SNC hanno un’azione stimolante utilizzati nella narcolessia. Riducono l’appetito (anoressizanti) utilizzati nel trattamento dell’obesità. Sono droghe d’abuso.
Aspetti di farmacologia del Sistema Nervoso Centrale I farmaci attivi sul Sistema Nervoso Centrale sono tra i farmaci più utilizzati nel mondo (analgesici, ansiolitici, antidepressivi). Il loro impatto individuale, sociale, economico è enorme. Possono in genere essere soggetti ad abuso.
Dal punto di vista tossicologico, il SNC è il principale organo bersaglio delle sostanze tossiche I farmaci attivi sul SNC sono una causa importante di tossicità, sia per il loro profilo tossicologico intrinseco, sia per intossicazioni accidentali o volontarie.
Farmaci e patologie del SNC Patologie ‘funzionali’ Ansiolitici, ipnotici Antidepressivi, stabilizzanti dell’umore Antipsicotici Psicostimolanti Antiepilettici Patologie degenerative Anti-parkinson Farmaci per l’Alzheimer
Altri farmaci che agiscono sul SNC: Analgesici Anestetici generali La terapia farmacologica delle patologie funzionali è abbastanza efficace. Quella delle patologie degenerative è del tutto insoddisfacente, con l’eccezione (parziale) dei farmaci per il morbo di Parkinson Altri farmaci che agiscono sul SNC: Analgesici Anestetici generali Farmaci d’abuso
La complessità anatomico-funzionale del SNC ha reso sinora difficile correlare una patologia ad una alterazione funzionale (o a più alterazioni collegate). Diverse ipotesi su alcune patologie del SNC sono nate dalla conoscenza dei meccanismi molecolari dei farmaci usati per quelle patologie. Tuttavia, la correlazione tra gli effetti in vitro e gli effetti terapeutici in vivo dei farmaci si è dimostrata spesso incerta.
Esempio di incerta correlazione tra meccanismi molecolari ed effetti clinici: depressione ed antidepressivi L’osservazione che farmaci antidepressivi erano in grado di aumentare la trasmissione mediata da nor-adrenalina e/o serotonina ha portato alla teoria aminergica della depressione. Secondo questa teoria, la depressione sarebbe dovuta ad un deficit funzionale di trasmissione aminergica. Diverse ulteriori evidenze farmacologiche sono in accordo con questa teoria. In particolare, i farmaci che diminuiscono la trasmissione aminergica hanno effetti calmanti/depressivi.
Altre osservazioni sembrano invece contraddire la teoria: L’effetto clinico si manifesta solo dopo un certo lasso di tempo (alcune settimane) L’effetto clinico è molto variabile Sostanze come la cocaina e l’amfetamina, che aumentano la trasmissione amminergica, non hanno effetti antidepressivi Esistono farmaci antidepressivi che non hanno apparentemente alcun effetto potenziante sulla trasmissione amminergica.
Appare probabile che nell’effetto clinico degli antidepressivi siano coinvolti meccanismi adattativi (es., up e down regulation) ed interazioni tra i sistemi nor-adrenergico e serotoninergico ed altri sistemi modulatori (colinergico, peptidergico, ormonale ecc.). Più in generale, nelle patologie funzionali e nell’effetto dei farmaci sono coinvolti i fenomeni di plasticità neuronale.
Plasticità neuronale. E’ alla base delle modificazioni del SNC in conseguenza delle interazioni con l’ambiente (es. memoria). Consiste in: produzione o eliminazione di sinapsi (collegamenti perduranti); variazioni della sintesi e rilascio di neurotrasmettitori, del numero dei recettori, dei sistemi di fine segnale, della trasduzione del segnale (eventi reversibili ?); Questi processi sono controllati sia direttamente dai neurotrasmettitori (es. regolazione del numero dei recettori da parte degli agonisti) sia da neuromodulatori e da fattori di crescita neuronali (fattori neurotrofici), la cui azione è a sua volta condizionata anche dall’attivazione dei sistemi di trasmissione.
La plasticità neuronale fa sì che ‘eventi’ cerebrali, in risposta a stimoli esterni, possano determinare modificazioni importanti e persistenti dei circuiti cerebrali, soprattutto se questi eventi avvengono in età giovanile, quando è maggiore la plasticità. La plasticità neuronale è alla base dello sviluppo funzionale del SNC, della memoria, dell’apprendimento. I recettori per il glutammato svolgono un ruolo importante in questi fenomeni.
Densità dei recettori per il glutammato AMPA (in rosso) in ratti esposti in ambiente ‘stimolante’ (a sinistra) e in ratti tenuti in gabbie isolate e spoglie (a destra)
I recettori del glutammato mediano un fenomeno di plasticità neuronale definito Long Term Potentiation (LTP), che consiste nel potenziamento, notevole e duraturo, della trasmissione sinaptica in seguito ad una prima stimolazione ‘condizionante’, di breve durata ed alta intensità. Appare probabile che questo fenomeno svolga un ruolo nell’apprendimento e nella memoria.
Classico esperimento di condizionamento Classico esperimento di condizionamento. Il condizionamento è legato alla LTP (aumento del potenziale post-sinaptico eccitatorio, EPSP).
La LTP consiste di meccanismi veloci (attivazione di PKC e NOS) e meccanismi lenti (modulazione della sintesi di proteine sinaptiche e recettori), che provocano modificazioni persistenti
L’influenza genetica a patologie funzionali psichiatriche appare essere limitata ad una maggiore o minore predisposizione. Le terapie non farmacologiche appaiono essere le più efficaci per alcune patologie funzionali, in determinate popolazioni di malati. La plasticità neuronale appare svolgere un ruolo fondamentale nell’abuso di sostanze e nella tossicodipendenza.