Fonti energetiche non rinnovabili Il carbone
Il carbone Caratteristiche chimico-fisiche Minerale originato dalla carbonificazione (distillazione in assenza di aria) di materiale vegetale, soprattutto legno, che si è accumulato in ambiente anaerobico e che è stato sepolto da una coltre sedimentaria. E’ composto principalmente da carbonio, tracce di idrocarburi, oltre a vari altri minerali accessori assortiti, compresi alcuni a base di zolfo Il carbone ha la proprietà di bruciare con reazione fortemente esotermica. Nell’analisi dei diversi tipi di carbone vengono determinati l’umidità, le materie volatili, il tenore delle ceneri, il carbonio fisso e lo zolfo. Secondo la classificazione geologica, il carbone può essere suddiviso in: torba, lignite, litantrace, antracite.
Il carbone Caratteristiche chimico-fisiche
Il carbone Torba E' la prima fase del processo di carbonizzazione delle biomasse sepolte in ambiente anaerobico. Quando viene seccata la torba brucia facilmente, il suo contenuto di carbonio è del 50% circa.
Il carbone Lignite Col passare del tempo e l'aumentare della copertura, la torba è disidratata e pressata. Reazioni chimiche del materiale vegetale provocano un aumento del tenore di carbonio e la torba si trasforma in lignite, un morbido materiale color bruno-nero, simile al carbone, con un tenore di carbonio del 70 % circa.
Il carbone Litantrace A temperature elevate, come quelle che si registrano a grandi profondità, attraverso la "carbonizzazione" la lignite diventa lignite nera e quindi litantrace bituminoso, con un tenore di carbonio dell' 80/90%
Il carbone Antracite Man mano che aumenta il grado di carbonizzazione, il carbone diventa più duro e più brillante e il tenore di carbonio e il potere calorifico aumentano. L'antracite ha un contenuto di carbonio fino al 98%
Formazione dei giacimenti carboniferi Il carbone è composto per più del 50% del suo peso, e più del 70% del suo volume da materiali carboniosi (compresi alcuni composti). Il carbone è il risultato della trasformazione diagenetica di resti vegetali che sono stati compressi, induriti, alterati chimicamente e trasformati, da calore e pressione, nel corso dei tempi geologici. Dalle osservazioni paleontologiche, stratigrafiche e sedimentarie si è concluso che il carbone si sia formato prevalentemente a partire da piante cresciute in ecosistemi paludosi. Quando queste piante morirono, la loro biomassa si depositò in ambienti subacquei anaerobici, nei quali il basso livello di ossigeno presente prevenne il loro decadimento, impedì l' ossidazione, la decomposizione e rilascio di biossido di carbonio.
Formazione dei giacimenti carboniferi La nascita e la morte di generazioni successive di piante formarono spessi depositi di materia organica lignea non ossidata, in seguito ricoperti da sedimenti e compattati in depositi carbonacei come torba, bitume o antracite. Indizi sul tipo di piante che hanno originato un deposito possono essere rintracciati nelle rocce scistose o nell'arenaria che lo ricopre o, con tecniche particolari, nel carbone stesso. L'era geologica durante la quale si formò la maggior parte dei depositi di carbone, attualmente conosciuti nel mondo, è il Carbonifero (fra i 280 e i 345 milioni di anni fa), l'era che vide l'esplosione della vita vegetale sulla terraferma e che ha preso il nome proprio per l'abbondanza di questi giacimenti originatisi rinvenibili entro formazioni geologiche appartenenti a questo periodo.
Il carbone Metodi di estrazione Per estrarre il carbone da giacimenti che si trovano a una profondità superiore ai 30 metri si possono realizzare tre tipi di miniere: pozzi, costituiti da una coppia di condotti verticali che raggiungono i giacimenti più profondi; a rampa, gallerie inclinate che conducono a depositi di carbone disposti di traverso; a mezza costa, che raggiungono vene di carbone situate nel fianco di una montagna attraverso un unico tunnel. Le miniere a cielo aperto o cave si realizzano quando la vena del carbone si porta alla luce asportando gli strati superficiali di roccia mediante escavatori.
Il carbone Metodi di estrazione
Il carbone Distribuzione dei giacimenti Giacimenti di carbone accertati, tra parentesi sono indicate le quantità di antracite e litantrace bituminoso In miliardi di tonnellate
I primi 10 paesi produttori di carbone nel 2002 Dati 2002 IEA Coal Information
I giacimenti carboniferi italiani L’Italia è molto povera di carbone e nessun giacimento ha vera importanza economica. I più significativi sono comunque quello di antracite di La Thuile (Aosta), del carbonifero; il piccolo bacino permiano di antracite di Seui (Nuoro). Triassici sono i depositi di litantrace della Carnia, di Courmayeur, di Brentonico (Trento) e di Lagonegro (Basilicata). La complicata struttura dei bacini, rende elevato il costo di produzione del carbone, adatto solo come combustibile soprattutto per centrali termoelettriche . Le torbiere si trovano presso alcuni valichi alpini, come quelli del Moncenisio, del Sempione, dell’Aprica, del Tonale, presso litorali paludosi e deltizi, come presso la foce dell’ Arno e del Tevere e lungo il litorale adriatico dall’Isonzo al Po. Una zona importante dal punto di vista delle risorse carbonifere è il bacino del Sulcis, dove però il minerale è di scarsa qualità; per questo motivo, oltre che per ragioni di economicità, il carbone viene quasi interamente importato.
I primi 10 paesi consumatori di carbone nel 2002 I primi 10 paesi consumatori di carbone sono (in milioni di tep - tonnellate equivalenti di petrolio l'anno): Cina 1.311,4 Stati Uniti 573,7 India 208 Giappone 125,4 Sudafrica 97,7 Russia 94,5 Germania 86 Corea del Sud 59,7 Polonia 57,1 Australia 53,1 (l'Italia consuma 17,4 tep/annui).
Il cammino del carbone Essendo generalmente i giacimenti a una certa distanza dalla costa e dai porti, vanno risolti i problemi inerenti al trasporto interno, quelli relativi allo stoccaggio e alle operazioni di imbarco-sbarco, sia nel paese produttore sia in quello consumatore, e infine quelli del trasporto marittimo. Il tipo di trasporto via terra più comunemente usato è quello ferroviario, effettuato di solito con treni (da 10.000 T in su) adibiti al solo trasporto carbone. Il trasporto via mare è il più comune non solo per la sua economicità (per distanze superiori ai 500 km e quantitativi annui superiori a 105 t), ma anche perché risulta il più pratico, soprattutto su certe rotte.
Il cammino del carbone
Il cammino del carbone Il trasporto del carbone, miscelato con acqua, in slurry pipelines, di sviluppo relativamente recente, offre un'alternativa valida (e anche competitiva su lunghe distanze e per grandi quantità) a quello ferroviario. Tuttavia l'introduzione di questi carbonodotti ha creato nuovi problemi, quali il trattamento e il recupero del carbone trasportato, e lo smaltimento delle acque reflue, ancora oggi in fase di studio.
Lavorazione del carbone solido Una volta estratto, il minerale viene passato alla vagliatura: i pezzi più grossi passano alla macinazione che è effettuata mediante una cilindraia. Il carbone passa ad una successiva classificazione fatta mediante un vibrovaglio che lo separa secondo la grossezza, ottenendo le pezzature poste in commercio (ciottolo, arancio, noce, pisello, minuto). L'acqua, il limo residuo e la pezzatura minuta vengono di solito ancora macinati in un apposito mulino, quindi sottoposti a flottazione nelle celle apposite: così si ottiene il carbone flottato; altresì il carbone in pezzi può essere sottoposto a bricchettazione, consistente nella macinazione in un mulino per ottenere un prodotto pulverulento che, miscelato con pece e successivamente pressato, serve per la produzione di ovuli e mattonelle utilizzati nel riscaldamento domestico, dalle locomotive e dall'industria.
Lavorazioni per ottenere i derivati Per ottenere prodotti derivati si usa quasi esclusivamente il litantrace (talvolta l'antracite): mediante fluidificazione, idrogenazione e successiva distillazione si ottengono benzine sintetiche; per distillazione diretta si ottengono coke, gas combustibile, acque ammoniacali e catrame; da quest'ultimo, per distillazione frazionata: oli leggeri (benzolo, toluolo, xilolo, nafta solvente, ecc.), oli medi (fenolo, cresolo, naftalina), oli pesanti e impregnanti, oli antracenici (antracene, carbazolo, carbolinoleum) e dai residui la pece.
Derivati del carbone Coke Il coke è un residuo solido carbonioso di litantrace bituminoso con bassi livelli di cenere e di solfuri, dal quale le componenti volatili siano state estratte attraverso la cottura in forno alla temperatura di 1000 °C e in assenza di ossigeno. Questo procedimento permette di fondere il carbonio fisso con le ceneri. Il coke è utilizzato come combustibile e come agente riducente nei forni fusori dei minerali metalliferi. È grigio, duro e poroso, e ha potere calorifico pari a 29.6 MJ/kg. I sottoprodotti della conversione del carbone in coke sono catrame o pece, ammoniaca, oli leggeri e "carbone gassificato" o "gas di cokeria". Il coke ottenuto come residuo dei processi di raffinazione del petrolio può assomigliare a quello proveniente dal carbone, ma contiene troppe impurità per essere utilizzato in applicazioni metallurgiche.
Derivati del carbone Jet e Storta Il Jet è una forma compatta di lignite che perlopiù viene lucidata ed utilizzata come pietra ornamentale sin dall'età del ferro. Carbone di storta: E' un carbone artificiale ricavato come prodotto secondario dell'industria del gas; durante il procedimento per ottenere quest'ultimo si stratifica sulle pareti delle storte un materiale duro, compatto, di aspetto metallico e con struttura simile a quella della grafite; tagliato in blocchetti viene utilizzato nelle apparecchiature elettriche poiché è un buon conduttore d'elettricità; se ne fanno poli per pile, spazzole per dinamo, elettrodi, ecc.
Sottoprodotti della combustione del carbone Le ceneri Il contenuto di ceneri del carbone a seconda della sua qualità può andare dal 3÷5% al 15÷18%. Le ceneri prodotte dalla combustione del carbone sono di tre tipi: ceneri volanti, costituite da particelle finissime trascinate dai fumi e raccolte nelle tramogge prima dell'immissione dei fumi nell'atmosfera; ceneri pesanti, raccolte nella tramoggia della camera di combustione di caldaie alimentate con carbone polverizzato; ceneri fuse, prodotte nelle caldaie del tipo a ceneri fuse. Sono costituite essenzialmente da silice, alluminio, ferro, polvere e varie sostanze basiche: sono inerti, ma se il loro punto di fusione non è troppo alto (al di sotto dei 1300 ºC) diventano scorie fluide che possono saldarsi sulle griglie delle fornaci e bloccare il carbone ostruendole oppure danneggiare i refrattari. Le ceneri trovano attualmente due impieghi di una certa rilevanza: nei cementifici e nei lavori stradali.
La centrale elettrica a carbone
La macchina a vapore Definizione Un motore a vapore è un'apparecchiatura atta a produrre energia meccanica utilizzando, in vari modi, vapore d'acqua. In particolare trasforma tramite il vapore energia termica in energia meccanica. La macchina a vapore, che ha dato un contributo essenziale alla rivoluzione industriale, ha visto un largo l’impiego del carbone come combustibile per il riscaldamento e la vaporizzazione dell’acqua. Prima dell’avvento dell’energia elettrica la macchina a vapore ha trovato largo impiego nell’industria, per la movimentazione delle macchine utensili e nella trazione ferroviaria (locomotive a vapore).
La macchina a vapore Funzionamento Poiché il vapore d'acqua si ottiene invariabilmente somministrando all'acqua liquida energia in forma termica, una parte essenziale del sistema che comprende il motore a vapore è il generatore di vapore, o caldaia. Il vapore viene poi inviato al motore, che può essere di due tipi fondamentali: alternativo o rotativo. Si usa di solito (e impropriamente) la locuzione motore a vapore per i soli motori alternativi, mentre quelli di tipo rotativo vengono definiti turbine.
La macchina a vapore Funzionamento In quello alternativo (immagine) in genere la ruota azionata muove le valvole che consentono di sfruttare i due lati di ogni pistone, così in ogni tempo avviene un'espansione bilaterale, (mentre i motori a combustione interna hanno in genere un'espansione ogni 4 tempi). A partire dalla seconda metà del 1800 la quasi totalità dei motori a vapore ha utilizzato due, tre e anche quattro cilindri in serie (motori a doppia espansione e tripla espansione, vedi immagine); i diversi stadi lavorano con pressioni di vapore decrescenti in modo da sfruttare meglio la pressione degli scarichi degli stadi precedenti, che contengono ancora una certa potenza. In particolare, la soluzione a tripla espansione fu quella universalmente adottata da tutte le navi della seconda metà dell'800 e dei primi anni del '900.
La macchina a vapore Successive evoluzioni Il transatlantico Titanic era equipaggiato con due motori a vapore a tripla espansione (uno per ciascuna delle due eliche laterali) a quattro cilindri, uno ad alta pressione, uno a pressione intermedia e due a bassa pressione. Invece l'elica centrale era collegata ad una turbina a vapore mossa dal vapore a bassissima pressione scaricata dai due motori alternativi. Proprio la soluzione a turbina (adottata a cominciare dalle navi militari a partire dal 1905) avrebbe soppiantato completamente in campo marino i motori alternativi prima di essere a sua volta soppiantata dai motori a combustione interna e dalle turbine a gas. Le turbine a vapore rimangono in uso soprattutto nelle centrali elettriche come forza motrice per azionare gli alternatori trifase.
La macchina a vapore Impiego di uno o più cilindri
La macchina a vapore Caldaia
La locomotiva a vapore