Breve storia del pensiero politico (occidentale, europeo, italiano)

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Transcript della presentazione:

Breve storia del pensiero politico (occidentale, europeo, italiano) Linee essenziali francesca meneghetti 2006

Parole che ci fanno perdere la bussola… libertà leggi individuo democrazia potere Stato cittadinanza diritti autorità società giustizia doveri dittatura uguaglianza francesca meneghetti 2006

In origine, la polis… Mentre nelle antiche società orientali lo stato era di tipo teocratico (a capo un sovrano-divinità), nelle città-stato della Grecia nasce un modello moderno di organizzazione politica che prevede diritti (politici) e doveri dei cittadini, tra i quali quello di partecipare alla vita della città (polis): da qui il termine politica. francesca meneghetti 2006

Politica e filosofia presso i greci La politica è tenuta in massima considerazione dai filosofi greci Socrate: come esempio di obbedienza alle leggi, pur sapendosi innocente, beve la cicuta Platone: sostiene che lo stato ideale deve realizzare la giustizia, intesa come armonia tra le parti sociali che lo compongono: filosofi (classe dirigente), guerrieri ed artigiani. I filosofi dovranno però sopprimere ogni interesse particolare abolizione della proprietà privata e della famiglia) Aristotele: poiché l’uomo è “animale sociale”, la più alta realizzazione della natura umana si ha nello stato, che deve tendere alla felicità degli individui, assicurando loro famiglia e proprietà. Lo stato, che, per essere giusto deve rispettare le differenze, può essere monarchico, oligarchico, o democratico. La democrazia è la forma migliore. francesca meneghetti 2006

Politica e diritto e presso i romani Estranei ad interessi teorici, i romani, con il loro senso pratico, danno vita però al pensiero giuridico, ovvero al diritto (distinzione tra diritto privato – materie come: negozio, proprietà, possesso, successione, donazione, persona e famiglia – e pubblico, con concetti come autorità, legge, procedimento penale, ecc.) e forniscono modelli statali sia di tipo repubblicano (collegialità, virtù civili) che imperiale (autorità, universalità, strumentalizzazione della religione). francesca meneghetti 2006

Politica e teologia nel medioevo A partire da Costantino (cristianesimo= religione di stato) si instaura per tutto il M.E. un rapporto stretto tra stato e religione. Se qualcuno, come Dante, teorizza la divisione tra i due ambiti, la politica è comunque concepita al servizio della fede. Se in ambito ecclesiastico si sostiene la necessità che l’imperatore ubbidisca al papa, dall’altra parte nasce la teoria dell’origine divina del potere politico, che passa direttamente al sovrano, senza la mediazione della Chiesa. francesca meneghetti 2006

Politica e scienza con Machiavelli Il pensiero politico moderno nasce con Machiavelli, il quale considera gli stati come entità laiche, autonome cioè rispetto a teologia, religione ed etica. La politica è una tecnica del potere, che si può apprendere anche con lo studio della storia, e porta a creare buoni stati se assicura loro forza (quella delle armi e quella delle leggi) e consenso. francesca meneghetti 2006

Politica ed assolutismo Nel periodo degli stati assoluti il potere dello stato si incarna nella persona del re, che si ritiene: consacrato da Dio, al di sopra della legge e sciolto (absolutus) da qualsiasi controllo, libero di agire in ogni campo (legislativo, giudiziario, esecutivo). Inoltre egli confonde diritto pubblico e privato, avendo una concezione patrimoniale dello stato. Il re governa i propri sudditi, che sono sottoposti a doveri di obbedienza e venerazione, ma ignorano ogni diritto. La ribellione è considerata un peccato capitale. Tale prassi è teorizzata dal francese Jean Bodin (1530-1596). In Inghilterra però l’assolutismo sarà bloccato da una rivoluzione, che stabilirà la libertà religiosa e di parola, dei limiti precisi allo stato, l’indipendenza del medesimo dalla chiesa. francesca meneghetti 2006

L’idea di diritti naturali (libertà) In opposizione a queste tendenze, si pongono le idee dell’olandese Grozio che per primo sostiene l’idea che certi diritti abbiano un fondamento naturale. Su questa linea si colloca anche la teoria contrattualistica del potere (Hobbes, poi Locke, 1632-1704) secondo la quale gli uomini si associano e si sottopongono ad un’autorità per un bisogno naturale di sicurezza, che, nel caso di Loocke, padre del liberalismo, non deve far dimenticare i diritti naturali, come la libertà e la proprietà. francesca meneghetti 2006

Stato di natura: felicità, uguaglianza Secondo lo svizzero Rousseau gli uomini non hanno guadagnato nulla con il passaggio allo stato: mentre vivevano allo stato naturale erano liberi, uguali e felici; poi la divisione del lavoro subentrata con la tecnologia ha creato differenze, egoismi, abusi di potere e conflitti. Ritornare allo stato di natura è impossibile: si può tuttavia promuovere la democrazia diretta, là dove il cittadino è direttamente coinvolto nell’esercizio del potere legislativo mediante il suffragio universale. francesca meneghetti 2006

L’illuminismo e la dichiarazione dei diritti L’illuminismo rivisita criticamente il passato: respinge la teoria dello stato assoluto e sostiene la necessità di un passaggio da sudditi a cittadini, rifacendosi a Locke. Mentre Rousseau si delinea come padre della democrazia (suffragio universale), Montesquieu teorizza la divisione dei tre poteri fondamentali, e Voltaire critica gli abusi di uno stato clericale che considera reato il peccato, in nome della laicità. Tutto questo si traduce in “jus” con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. francesca meneghetti 2006

L’ottocento: grande laboratorio politico Benché la Restaurazione proponga un ritorno ad ideologie e pratiche politiche del passato (sovranità assoluta, alleanza trono-altare, sudditanza, negazione delle libertà civili), nel corso del secolo, prima clandestinamente (là dove necessario), poi apertamente, vengono messe a fuoco le tre grandi correnti ideologiche che hanno caratterizzato il XIX e, in buona parte, anche il XX secolo (se si esclude la fase dei totalitarismi). Si tratta del pensiero liberale, democratico e socialista. francesca meneghetti 2006

La dottrina liberale Alla base c’è Locke (diritti naturali). La parola-chiave del liberalismo è appunto la libertà, rivendicata sul piano delle opinioni personali, politiche, religiose, per cui il cittadino vuole ugualmente essere tutelato dallo strapotere dello stato e da quello delle masse. Il liberalismo è moderato: cioè rifiuta l’iniziativa popolare, e trova la propria base sociale tra i ceti possidenti. Coesiste tranquillamente con la monarchia costituzionale. Esso riconosce l’uguaglianza solo giuridica e il principio della laicità dello stato. Al liberalismo si accompagna spesso la dottrina del liberismo, che mira a tutelare la proprietà e la libera iniziativa in campo economico. (es. it.: Cavour) francesca meneghetti 2006

Il pensiero democratico Rifacendosi a Rousseau, i democratici mirano a realizzare un’uguaglianza non solo giuridica, ma anche politica, attraverso il diritto di voto: senza di questo, e senza il principio che decide la maggioranza, non sussiste vera libertà. I democratici credono nell’iniziativa popolare perché diffidano per esperienza del moderatismo dei governi e sono disposti a sollevarsi contro i sovrani-tiranni per garantire uno stato costituzionale. Tendenzialmente sono repubblicani. La base sociale è costituita dalla piccola borghesia e dagli intellettuali. (es. it.: Mazzini- Cattaneo) francesca meneghetti 2006

Il socialismo utopistico Prima di Marx esisteva comunque una corrente di pensiero socialista, detta poi utopistico: un movimento umanitario, diffuso tra gli operai ma anche tra gli imprenditori, per migliorare le condizioni morali e sociale dei proletari. Successivamente si precisano altri obiettivi: il raggiungimento della giustizia sociale passa attraverso il miglioramento economico (aumento salari) e una certa uguaglianza sociale. Se si deve lottare per il pane, è impensabile occuparsi di altri diritti politici. Es. it.: Ferrari. francesca meneghetti 2006

Il socialismo scientifico di Marx Quello di Marx si dice scientifico perché presuppone uno studio razionale del sistema capitalistico, di cui vengono colti i meccanismi più caratteristici (teoria della forza-lavoro e del profitto), e implica delle pratiche conseguenti: l’organizzazione dei lavoratori, la loro educazione (coscienza di classe), la lotta sociale e politica. L’obiettivo massimo è l’abbattimento del capitalismo per creare una società senza classi (massimalismo); gli obiettivi minimi sono i miglioramenti salariali o l’allargamento dei diritti civili e politici (riformismo). Fino alla rivoluzione russa del 1917, tutti i partiti che si rifanno a Marx si definiscono socialisti. La base sociale è costituita dagli operai (mentre i contadini si rivelano più esposti a tentazioni anarchiche). francesca meneghetti 2006

I partiti politici I primi partiti, ovvero associazioni organizzate che perseguono determinati fini, in rapporto a precisi interessi sociali, si registrano nell’Inghilterra del ‘600, e poi nella Francia di fine secolo, in entrambi i casi: in concomitanza con le rispettive rivoluzioni, in relazione ad un conflitto borghesia vs. aristocrazia, con caratteri di élites. La Restaurazione arresta il processo di formazione dei partiti politici, che poi riprende, quando si instaura la libertà di pensiero e di azione, all’insegna di un diversi conflitto: borghesia vs. proletariato industriale. In Italia non vi furono partiti nel primo trentennio dopo l’Unità. francesca meneghetti 2006

Fine ‘800: nascono i partiti di massa, anche in Italia Con l’estendersi del diritto di voto, si allarga la possibilità del popolo di accedere alla scena politica. Ciò dà impulso al sorgere di partiti di massa organizzati (tesseramento, struttura…), volti ad orientare l’elettorato, ma anche a raccogliere spinte e bisogni. Fondato il 12 aprile 1895, il Partito repubblicano italiano (PRI), di area democratica, è il più antico tra i partiti italiano ed è l'unico ad aver mantenuto immutati nome, simbolo ed ideali. Anche il Partito socialista ha origini lontane, ma più frammentarie: il primo nucleo si costituisce nel 1882 a Genova (ma come Partito dei lavoratori), poi nel ’93 si chiama Partito socialista, poi nel ’94 è sciolto da Crispi e si ricostituisce in seguito. francesca meneghetti 2006

Nuovi partiti in Italia nel primo ‘900 Di fronte al suffragio universale (1912), anche i cattolici italiani, fino ad allora vincolati alla bolla Non expedit, entrano in scena secondo la dottrina sociale della Chiesa (Rerum novarum, 1991). Il loro partito, fondato da don Luigi Sturzo, è il Partito popolare italiano che, dopo il fascismo, rinasce come DC (Democrazia cristiana). Nel 1921, invece, dal PSI si stacca un gruppo, che, ispirandosi alla rivoluzione russa, si definisce PCI, e critica le incertezze del PSI di fronte al nascente fascismo. Nel ’22 nasce anche il PLI, anche se la classe dirigente sino ad allora era stata di orientamento liberale. francesca meneghetti 2006

L’anomalia del fascismo Nel 1921 nasce anche il PNF (Partito nazionale fascista), da una trasformazione del movimento dei Fasci di combattimento, nato nella crisi del primo dopoguerra. Esso si caratterizza per una prassi basata sulla violenza e su programma che inizialmente appare rivoluzionario, poi si ridefinisce, a difesa degli interessi degli agrari e degli industriali contro lavoratori, sindacati, e socialismo. Il fascismo conquistò il potere nel 1922, con la marcia su Roma. Dopo il delitto Matteotti, tra il '25 e il '26 Benito Mussolini sciolse i partiti e i sindacati e soppresse le libertà democratiche (l’anomalia sta nel partito unico e nella scomparsa dello stato liberale). La dittatura fascista durò un ventennio, fino al luglio del '43. francesca meneghetti 2006

Fascismo, fascismi, totalitarismi Il fascismo italiano non è il solo sistema politico che ha eliminato libere elezioni: negli anni ’30, sulla scia del fascismo, nascono altri regimi simili. Il più noto è naturalmente il nazismo, che ha in comune il culto della forza e del capo, il nazionalismo spinto fino al mito della superiorità della propria razza l’avversione al comunismo. I fascismi, per altro, condividono con il comunismo dell’epoca di Stalin, la creazione di uno stato totalitario, là dove la dittatura di un partito unico (con un grande Capo) si regge non solo sulla forza (repressione del dissenso), ma anche sull’uso propagandistico dei mezzi di comunicazione di massa: stampa, cinema e radio. francesca meneghetti 2006

Cambiamenti politici nel dopoguerra italiano Gli scenari del dopoguerra sono delineati già durante la Resistenza, cui danno il loro apporto comunisti, socialisti, repubblicani, cattolici. Il ruolo organizzativo svolto dai rispettivi partiti (in clandestinità), farà sì che il loro ruolo di garanti della democrazia (pluralismo) sia espressamente riconosciuto nella Costituzione (art. 49), che vieta invece la ricostituzione del Partito fascista. Al primo appuntamento elettorale del 2 giugno ’46 (referendum istituzionale più elezioni politiche per la Costituente) troviamo: la DC, il PCI, PS (di Unità proletaria), PLI, PRI, Partito d’Azione (liberal-radicali) ed altre formazioni minori. Dal P.d’A. nasce nel ’55 il Partito Radicale, che cessa nel ’62 per risorgere nel ’70 e lottare per i diritti civili. francesca meneghetti 2006

Stabilità del sistema fino al 1989 Fino agli anni ’80 il panorama dei partiti rimase stabile. Poi la crisi del mondo sovietico e il conseguente crollo del muro di Berlino (’89) ebbero degli effetti sconvolgenti, con il venir meno della fiducia nelle grandi ideologie. In Italia si sgretolarono i partiti storici: DC, PSI, PCI , dalle cui ceneri nacquero altri gruppi: PPI, CCD, CDU, PDS, Rifondazione Comunista. Altre formazioni politiche sorsero ex novo come: la Lega Nord (poi unitasi alla Liga Veneta) che proponeva dapprima il federalismo, poi la secessione del nord, ricco, dal resto del Paese; Forza Italia, una novità in quanto partito-azienda, e come AN, che doveva “sdoganarsi”dalla pesante eredità del MSI. francesca meneghetti 2006