Immigrazione, sistema economico e mercato del lavoro -II parte- Enrico Marelli, Professore ordinario di Politica economica, Università di Brescia Seminario di studio: “Immigrazione, Integrarsi, convivere, crescere insieme? La scuola bresciana e la sfida dell’immigrazione” Ufficio Scolastico Provinciale di Brescia 19 ottobre 2007
Provincia di Brescia: caratteristiche economiche Aspetti strutturali: forte specializzazione nell’industria; sugli occupati: agricoltura (3,9%), industria (45,1%), servizi (50,9%) sul valore aggiunto (2005): agricoltura (2,2%), industria (34,1%). servizi (63,8%) ma evidente terziarizzazione nel tempo: quote del 1995: 3,8%, 41,3% e 55% nei tre settori in dieci anni: -7,2% il peso dell’industria (-4,4% in Lombardia) e +8,8% quello dei servizi (+5% in Lombardia) Notevole rilevanza della provincia nella economia italiana: 2% della popolazione italiana 2,43% del pil italiano 3,1%% del valore aggiunto industriale italiano 3,1% dell’interscambio con l’estero Elevata internazionalizzazione: commercio estero 3,7% delle esportazioni italiane (tra il 2,8% ed il 3,4% nell’ultimo decennio) IDE (e delocalizzazioni produttive) immigrazione BS una delle province più aperte in Italia!
Il mercato del lavoro Piena occupazione: tasso di disoccupazione: 3,7% (come in Lombardia) contro il 6,8% italiano (2006) Sostenuta dinamica occupazionale: +1,5% medio annuo nel 1995-2004 (0,5% rispetto a Lombardia e Italia); ca. 1% nel 2004-06 Tasso di attività: 67% nel 2006 (62% in Italia ma 69% in Lombardia) basso quello femminile: 54,4% (contro 59,4% lombardo) Tasso di occupazione: 64,6% nel 2006 (76,7% maschile e 51,8% femminile) stesse differenze rispetto alle altre aree Carenze di lavoratori colmate con: nei servizi, occupazione femminile nell’industria, immigrazione
Flessibilità e forme contrattuali (Fonte: Excelsior, previsioni 2006)
Problema: il livello di capitale umano (Fonte: Excelsior, previsioni 2006) Brescia all’89° posto tra le città per laureati/abitanti (classifica de Il Sole-24 Ore)
Gli immigrati in provincia di Brescia (Fonte: Istat)
Le comunità più rappresentate (Fonte: Istat)
La crescita nell’ultimo quinquennio (Fonte: Quaderno CIRMIB, 2006)
Immigrazione di lunga data (Fonte: Rapporto della Fondazione ISMU, 2007)
La condizione lavorativa degli stranieri (Fonte: Quaderno CIRMIB, 2006)
Incidenza degli extracomunitari sulle assunzioni (per settore) (Fonte: Excelsior, previsioni 2006)
Titoli di studio della popolazione straniera (Fonte: Rapporto della Fondazione ISMU, 2007)
I titoli di studio riconosciuti (Fonte: Quaderno CIRMIB, 2006)
Il tipo di lavoro degli immigrati (Fonte: Rapporto della Fondazione ISMU, 2007)
L’inserimento nel mondo produttivo Indagine campionaria presso le imprese manifatturiere (con AIB, 2002) circa 200 imprese manifatturiere della provincia rappresentanti un terzo dell’occupazione locale nel manifatturiero Elevata presenza di immigrati anche nelle imprese medio-piccole quote sull’occupazione decrescenti al dimensioni d’impresa Presenze significative in diversi tipi di settori: metallurgico/siderurgico chimica/gomma/plastica caseario calzaturiero Tasso di disoccupazione: 6,3% (contro 3,9% medio provinciale) Lavoratori subordinati: 90% del totale (ca. 85% a tempo indeterminato) Diverse incidenze nei vari comparti: 30% in agricoltura, 70% nella zootecnia 40% nell’edilizia 35% nella siderurgia
Quote di immigrati sull’occupazione totale Settori Classe dimensionale 20-49 addetti 50-99 addetti 100-199 addetti 200-499 addetti più di 499 addetti Totale Abbigliamento 0,0 Alimentare 1,1 0,1 Calzaturiero 13,9 5,9 Carta e stampa 0,5 0,4 Caseario 18,8 0,7 12,6 Chimico/gomma/plastica 23,5 5,5 4,7 5,1 7,2 Legno e mobilio Maglie e calze 12,0 7,1 4,8 Materiali da costruz./estrattive 12,8 4,2 2,9 Meccanico 9,5 7,0 2,5 2,6 1,2 3,1 Metallurgico/siderurgico 21,6 17,7 19,6 8,9 4,1 10,3 Tessile 2,0 6,2 1,9 2,8 9,7 8,5 6,3 4,4 5,0
Motivi del ricorso ai lavoratori immigrati I principali motivi (indicati in una risposta specifica del questionario) sono: la non disponibilità di manodopera nazionale, indicato in media dall’84% delle imprese (con punte del 100% nell’alimentare, calzaturiero, maglie e calze, carta e stampa, materiali da costruzione) la disponibilità degli extracomunitari ad accettare orari di lavoro normalmente rifiutati dai lavoratori locali viene al 2° posto (più rilevante nel metallurgico-siderurgico, nel meccanico, nel tessile) la maggiore flessibilità nella prestazione professionale e nell’adeguarsi alle esigenze organizzative viene al 3° posto meno rilevanti sono motivazioni quali la disponibilità ad accettare condizioni dell’ambiente di lavoro normalmente rifiutate dalla manodopera locale
Immigrati e tipologie di imprese Alta quota di immi-grati: sia nelle imprese dinamiche (ossia ad elevata crescita occupazionale), forse perché è difficile trovare lavoratori sia nelle imprese a crescita lenta, qui la quota di immigrati è alta forse per strategie cost-saving Imprese Quota di immigrati Crescita occ. Imm. dinamiche 7,7% 33,6% medie 3,7% 35,8% statiche 5,0% 20,6%
Immigrati e livello di capitale umano La quota di lavoratori immigrati: diminuisce tendenzial-mente al crescere del livello di capitale umano Livello d’istruzione medio nelle imprese Incidenza lavoratori stranieri medio-alto 3,6% medio 5,1% medio-basso 4,6% basso 7,5%
% su totale imprenditori La micro-imprenditorialità degli extracomunitari (Fonte: Camera di Commercio di Brescia) Imprenditori iscritti al registro imprese (2005) numero extracomun. % su totale imprenditori commercio 956 9,0 commercio all’ingrosso 314 6,2 attività manifatturiere 341 6,1 attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca 357 2,9 altri servizi 75 3,8 Comune di Brescia 3512 7,6
Proiezioni demografiche future (Fonte: Comune di Brescia, Unità di Staff Statistica, 2006) solo popolazione italiana! Provincia: popolazione decrescente nel prossimo trentennio 1971: 980 mila 2001: 1.060 mila 2011: 1.043 mila 2031: 951 mila Comune: continua il trend già decrescente 1971: 220 mila 2001: 177 mila 2031: 140 mila
Struttura della popolazione (provincia) Nel 1971, ancora “a piramide” (con base molto ampia) Nel 2001, conformazione “a botte”: più numerose le età centrali (30-40 anni) Nel 2031, struttura “a punta di lancia”: classi più numerose 60-70 anni; in particolare: 70% in più gli ultra 80enni 30% in più i 60-65enni 40% in meno i 25-45enni 10% in meno i nuovi nati (meno numerose le coorti delle madri ma tasso di fecondità da 1,35 a 1,81) Implicazioni per il mercato del lavoro: popolazione in età lavorativa (15-64 anni): da 69% a 60% indice di dipendenza (pop. in età non lavorativa su pop. in età lavorativa): da 45% a 67% indice di ricambio (15-19enni rispetto a 60-64enni): da 75% a 53% indice di ricambio della popolazione universitaria (15-19enni rispetto a 25-29enni): da 65 a 95
Scenari per il mercato del lavoro (prossimo decennio) Offerta di lavoro (autoctona): popolazione in età lavorativa: contrazione di circa 4mila unità l’anno partecipazione al lavoro: probabile incremento di quella femminile (tasso di attività attuale 54,4%, obiettivo di Lisbona 60% al 2010) 1% in più l’anno (stesso ritmo del decennio precedente) ≈ 4mila unità Domanda di lavoro: crescita occupazionale nulla (compensazioni tra ↑terziario e ↓industria) crescita occupazionale: 1% l’anno ca. 5.000 nuovi occupati in più l’anno Equilibrio domanda/offerta: sistema in equilibrio, anche senza nuovi flussi di immigrati, ma l’occupazione non cresce (e cresce poco anche il pil) l’occupazione può crescere solo grazie a flussi di immigrati (ca. 5.000 unità l’anno)
Conclusioni Immigrati attratti dal livello di benessere (reddito pro-capite) e dalle condizioni del mercato del lavoro l’impatto quantitativo sul mercato del lavoro è positivo (l’immigrazione è una risorsa) limitati effetti quantitativi su unskilled (rispetto ad es. alle delocalizzazioni) flussi di immigrati essenziali anche per gli equilibri futuri del mercato del lavoro è però necessario: elevare il sistema produttivo (funzioni superiori: supervisione, marketing, design, R&S), cambiare il modello di specializzazione (come nei paesi avanzati: più industrie high-tech e meno tradizionali), aumentare il livello del capitale umano (valorizzando al meglio la stessa “risorsa immigrati”)