Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?

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Transcript della presentazione:

Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Cittadinanzattiva: capire il presente, disegnare il futuro Seminario interregionale di riflessione Firenze, 5/6 settembre 2009 Introduzione di Adriano Amadei

Il titolo Il titolo di questa relazione (rispettosamente preso in prestito dal più famoso dipinto di Paul Gauguin) non allude agli interrogativi esistenziali degli umani ma a quelli – pur sempre vitali – di un soggetto collettivo, come Cittadinanzattiva.

La tripartizione del titolo La tripartizione, corrispondente all’espressione dei tre interrogativi Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? tende a far emergere vari profili.

Parte prima: da dove veniamo?

Le origini e le radici Fra questi: Le origini “contingenti” di un soggetto che, oggi, pensiamo in termini di associazione e che, oggi, chiamiamo “Cittadinanzattiva” Le radici I tratti che hanno caratterizzato i suoi tempi aurorali

Il nome del soggetto Quanto all’origine, la storia la colloca a metà gennaio 1978, con la costituzione del comitato promotore, presso la Domus Pacis di Roma, e la scelta del nome “Movimento federativo democratico”. La denominazione, che doveva essere provvisoria, sarà mantenuta fino al congresso nazionale di Chianciano Terme del 2000.

Alle radici dell’erba L’iniziativa era nata da una trentina di gruppi di giovani cattolici, “desiderosi di sperimentare nuove forme di azione politica per il cittadino, alle radici dell’erba della società italiana, in polemica ma non in alternativa rispetto alle forme tradizionali della politica” (dal documento per il trentennale di Cittadinanzattiva).

Perché Movimento? Il documento di preparazione dell’Assemblea costitutiva così rispondeva: Abbiamo scelto questa parola, non solo per indicare genericamente un’aggregazione, ma soprattutto per sottolineare la volontà politica di unirsi per cambiare la realtà sociale e culturale italiana. Un movimento, se vorrà essere nella concretezza, dovrà sperimentare un modo di fare politica che sia arricchimento, piacere, gusto per la vita, ripresa della volontà popolare di costruire democraticamente il Paese, oltre l’emergenza della crisi economica e istituzionale.

Perché federativo? Lo stesso documento proseguiva, affermando: Questa parola ci è sembrata la più carica di significati politici e simbolici. In un’ottica federativa, infatti, la democrazia diretta diventa non più il problema di alcuni uomini di buona volontà, ma il motivo dominate della presenza di gruppi di base nella società civile. È in questo ambito che ci sembra possa darsi una soluzione concreta ai problemi che sono nati recentemente in conseguenza del riflusso della partecipazione.

Perché democratico? E ancora: Il senso complessivo del nome e degli altri due termini che lo compongono è dato dal termine democratico che chiarisce la connotazione politica del Movimento, a patto che a tale termine venga dato un significato non solo formale, ma sostanziale. Democratico può significare il rifiuto di tutte le forme di dominio e di egemonia che non accettano il pluralismo come parte integrante dello stesso essere democratici.

La novità dei lineamenti Sono evidenti i tratti di questo soggetto: nuovo, per il profilo politico, poggiante sul pilastro – non alternativo – della democrazia diretta; nuovo, per lo scopo di cambiare la realtà sociale e culturale italiana; nuovo, come aggregazione, ma non nella composizione, in quanto i gruppi erano preesistenti.

I primi coordinamenti tematici I primi coordinamenti nazionali del Movimento federativo democratico (gennaio-giugno 1979) riguardano: Giovani Salute Donne Classe operaia Si tratta quindi di un repertorio tematico, in parte, tipico di un soggetto politico di sinistra.

Alcune radici teoriche Giancarlo Quaranta: nel 1978, pubblica L’uomo negato, che porta come sottotitolo l’organizzazione sociale della malattia e la subordinazione politica, che costituisce il fondamentale testo teorico per il Tribunale per i diritti del malato; e, nel 1979, Governabilità e democrazia diretta, in cui, come recita il sottotitolo, si svolge una ricerca sulle possibili risposte alla crisi italiana.

Nascita del Tribunale per i diritti del malato Nel 1979, in tutta Italia, si organizzano decine di gruppi che danno vita ad esperienze locali del Tribunale per i diritti del malato.

… perché non accada ad altri Umanamente, eticamente e politicamente significativo l’intendimento espresso nella lettera inviata al Tribunale per i diritti del malato dalla signora Maria Grazia C. – “perché non accada ad altri” – che è stata interprete di un sentire universale, come dimostra l’impiego di questa formulazione in migliaia di segnalazioni successive. Un proposito che, da allora, anima e accomuna i cittadini che chiedono tutela ed i cittadini organizzati che cercano di corrispondere alle loro domande di riparazione e di senso (sotto il profilo dell’utilità) di sofferenze altrimenti inutili.

Tre parole chiave Se dovessi identificare in tre parole i primi tempi dell’Associazione, sceglierei: Diritti; Partecipazione; federatività.

Diritti concreti Di come sono stati intesi i diritti, molto ci dicono le circa cento carte dei diritti del (cittadino) malato. Una concezione “concreta”, tesa ad evidenziare – pur senza contrapporsi - la distanza fra le enunciazioni alte (ad esempio, l’articolo 32 della Costituzione) ed i vuoti e le contraddizioni nelle situazioni e nella prassi e, allo stesso tempo, a colmarne le lacune.

Una legiferazione di base Da rimarcare: L’invenzione della formazione (da parte dei cittadini organizzati) delle Carte e della loro promulgazione, attraverso il più ampio coinvolgimento dei soggetti istituzionali, politici e sociali, in un processo codificato; L’inedita iniziativa di … legiferare, da parte dei cittadini; Il richiamo ad una normazione pratica, ma anche al riconoscimento ad ogni persona delle prerogative e della dignità di cittadinanza.

Carte dei diritti: gli estremi del processo Questo processo, ufficialmente iniziato il 14 giugno 1980 a Roma – con la proclamazione della Carte dei 33 diritti in Campo dei Fiori – è proseguito per più di un decennio. Il 19 maggio 1995, il D.P.C.M. che ha dettato le direttive sulle carte dei servizi sanitari, enucleava dalle 100 carte dei diritti del malato altrettanti diritti ivi enunciati.

Esigibilità e tutele dei diritti La promozione del riconoscimento dell’esigenza dei diritti che non arrivavano alla soglia dell’apprezzabilità (allora) pretorile (de minimis non curat praetor) ha richiamato l’attenzione sulla loro esigibilità e sulle loro tutele.

Nuovi luoghi e forme di tutela Ne sono discese le sollecitazioni alla costituzione di uffici per le relazioni con il pubblico, delle commissioni miste conciliative e la ricerca – tutt’altro che conclusa anche oggi – di una tutela integrata fra i vari punti di vista e di forme integrative, come le camere di conciliazione.

Salute e giustizia Queste semplici note attestano come - pur focalizzato sui servizi per la salute - l’impegno del tribunale per i diritti del malato trascendeva i propri ambiti, investendo almeno l’amministrazione della giustizia, non solo nelle sue istituzioni e forme canoniche.

Integrazione delle tutele L’integrazione delle tutele risponde al bisogno di assicurare il massimo della pertinenza nelle scelte dei mezzi di tutela e nel far emergere le valenze significative, per migliorare i servizi e le relazioni. Un’esigenza – quella della tutela integrata -che sussiste, senza che gli sforzi di formalizzazione e pratici abbiano ancora prodotto risultati del tutto soddisfacenti.

I primi passi Nel 1981, il Movimento costituisce la rete dei difensori civici dell’Irpinia e della Basilicata, devastate dal terremoto. Nel marzo 1984, a Roma, comincia l’esposizione dei fiocchi gialli sulle case sfitte e occultate della grande proprietà immobiliare. Nel 1987, d’intesa con il Ministero della Protezione civile, si effettua il censimento dei movimenti franosi in tutta Italia che, a dicembre, a Sondrio, permette di proclamare la Dichiarazione sui rischi civili.

Federatività e soggettività politica Il libro di Giancarlo Quaranta “Federatività. Una prospettiva democratica per la soggettività politica delle masse” – la cui prima edizione risale al 1984 – già in questa enunciazione, connota un problema e segnala la strada da percorrere.

Federatività e soggettività politica Il problema è individuabile nel fatto che – fra le prime volte, se non per la prima volta – si riconosce e, quindi, si legittima la “soggettività politica” delle “masse”. Soggettività politica e masse rappresentano categorie storicamente complesse e controverse, tali che non possiamo certo affrontare, né, tantomeno, sviluppare, in questa occasione.

Federatività: a cosa può servire? È comunque il caso di sottolineare che la federatività (e cioè un legame pattizio su contenuti condivisi, fra soggetti sociali, politici e istituzionali) è lo strumento e il percorso: Non solo per prospettare esiti positivi - e cioè democratici – alla soggettività politica delle masse; Ma anche per scongiurare il ripetersi di quelle strumentalizzazioni delle masse, di cui il ‘900 è stato il secolo che ha fornito i più numerosi e catastrofici esempi.

Due libri … esplorativi Sorvolando su altri contributi e sui contributi di altri, non si può fare a meno di ricordare i volumi di: Giuseppe Cotturri “Militanza senza appartenenza” (1987), con il quale venivano studiate 15 esperienze di politicità “atipica”, fra cui il Movimento Federativo democratico Giancarlo Quaranta, “Sesto Potere”, con cui – per la prima volta - si teorizzava la “esistenza di un’area sociale estremamente diffusa, ma ad alta qualità umana, che non può più essere rappresentata attraverso le forme politiche tradizionali”

Un periodico, un programma Democrazia diretta è stato il periodico che, in questi anni, ha affiancato la vita del Movimento, con qualificati contributi di dirigenti (Quaranta e Moro) e di illustri studiosi, come Rodotà e Cotturri, richiamando nel nome il versante e le modalità operative di questo soggetto.

Le prime tutele consumeristiche Nel 1988, a Terni, presso l’ottava circoscrizione, anche dietro sollecitazioni delle istituzioni, veniva aperto un primo sportello, con il compito di affrontare problemi di ordine consumeristico.

Due carte fondamentali Il 30 gennaio 1990, l’Assemblea nazionale (vale a dire l’assemblea costituente del Movimento) approvava due documenti, che entreranno a far parte del nuovo statuto: I Principi d’identità E la Dichiarazione sulla tutela dei diritti

Dai principi d’identità … Il Movimento promuove e sostiene azioni individuali o collettive dirette a prevenire, limitare o rimuovere posizioni di soggezione e di sudditanza, situazioni di sofferenza, di disagio e di discriminazione, pericoli per le libertà personali e collettive, attentati all’integrità fisica e psichica e alla dignità delle persone che si producono, in particolare, negli ambiti dei servizi pubblici e sociali, dell’informazione, dei consumi privati, dei rischi civili e del territorio, nelle aree urbane, nell’ambiente, nel mondo del lavoro e nelle regioni meridionali del paese …..

Principi: il sentire e l’applicazione Questi principi sono stati profondamente sentiti a tutti i livelli del Movimento, ma, soprattutto, a livello di base e in ambito sanitario, perché gli attivisti erano e sono direttamente a contatto e chiamati in causa, rispetto a tali previsioni. Non possiamo fare a meno di chiederci: se, come e quanto tali principi siano stati applicati per le altre posizioni e situazioni enunciate negli altri ambiti e quali risultati siano stati ottenuti

Dalla dichiarazione sulla tutela dei diritti … E dalla Dichiarazione sulla tutela dei diritti: Dovunque un essere umano, nell’ambito del territorio italiano, si trovi in situazioni di soggezione, sofferenza e alienazione e queste situazioni siano imputabili a responsabilità individuali, sociali, organizzative, istituzionali o culturali, il Movimento intende intervenire in sua difesa senza distinzioni di nazionalità, condizione sociale, sesso, età, religione, appartenenza politica e statuto giuridico, nei confronti di qualsiasi soggetto, sia di diritto pubblico che di diritto privato, attraverso un’azione di tutela diretta o con l’affermazione di nuovo diritto.

Dal SAIG a Giustizia per i diritti Nel 1991, viene costituito il SAIG (Servizio di Assistenza e Informazione Giuridica), come supporto legale alle tutele, ma anche quale luogo in cui cominciamo ad occuparci del servizio Giustizia. L’evoluzione – che avverrà attraverso l’esperimento di trenta cause pilota ed altre iniziative, come un convegno sulle forme di giustizia alternativa e la ricerca sulle commissioni miste conciliative (peraltro, mai pubblicata) - porterà alla trasformazione del SAIG nella rete di Giustizia per i diritti.

Il Rapporto sul Servizio sanitario A cavallo fra il 1990 ed il 1991, su incarico del Ministero della Sanità ed in collaborazione con l’istituto CERFE, si realizza il Rapporto sullo stato dei diritti dei cittadini nel servizio sanitario nazionale. Un’opera che ha visto impegnati circa 10.000 cittadini, nel monitoraggio di 300 strutture sanitarie e nell’effettuazione diretta di quasi 20.000 interviste a cittadini-utenti, operatori, dirigenti e amministratori della Sanità.

I Procuratori dei cittadini Nel 1991, si introducevano i Procuratori dei cittadini – figure monocratiche di rappresentanza dei segretari regionali a livello locale, con il compito di occuparsi del funzionamento delle pubbliche amministrazioni e dei servizi di interesse generale, ad esclusione di quelli sanitari e sociali. Con il successivo passaggio alla pluralità delle figure, i Procuratori dei cittadini, si costituiranno in collegi e verranno a formare l’omonima rete, allargando le competenze in ambito consumeristico.

La rappresentanza Nel 1992 – dopo che l’Assemblea nazionale aveva individuato come dare rappresentanza al Movimento federativo democratico – si tennero quelle che furono chiamate elezioni primarie. Ai banchetti, allestiti in tutta Italia, espressero il loro voto ben 348.315 cittadini/e, senza iscrizione: a quel tempo, non era contemplata iscrizione, considerata potenzialmente discriminatoria. Tale consultazione è stata la prima del genere nel nostro Paese.

Il terzo Congresso nazionale Nel 1993, il terzo Congresso nazionale – celebrato all’insegna dello slogan “Non più ospiti, ma padroni di casa della Repubblica” – eleggeva Giovanni Moro segretario nazionale e Giuseppe Cotturri Presidente.

“Parte civile” Con l’obiettivo di sviluppare una cultura di garanzie e contrappesi, in un sistema di democrazia maggioritaria – insieme a FUCI e a Legambiente – nel 1994, veniva costituita “Parte civile”. Un’iniziativa non senza rapporti con l’approvazione del IV comma dell’art. 118 della Costituzione riformata.

Alcuni fatti di un anno Nel 1997: Nel carcere di Rebibbia, si teneva un convegno sulla salute in carcere. Veniva presentato, alla presenza del Presidente della Repubblica, il primo rapporto PIT Salute. Giuseppe Cotturri pubblicava il libro “La transizione lunga”.

Un manuale e il nostro nome Nel 1998, a vent’anni dalla nascita del Movimento federativo democratico, Giovanni Moro dava alle stampe il “Manuale di cittadinanza attiva”, con cui cercava di interpretare il fenomeno associazionistico, nel contesto della crisi della rappresentanza politica.

La cittadinanza d’impresa Nel 1999, insieme ad un gruppo di aziende interessate ad una nuova politica imprenditoriale, ispirata alla responsabilizzazione sociale delle imprese, era stilato il “Manifesto della cittadinanza d’impresa”.

Da Mfd a Cittadinanzattiva Il Congresso di Chianciano del 2000 sanciva il cambio del nome, in Cittadinanzattiva, e l’adozione del nuovo simbolo, con la figura stilizzata, che attraversa la città. Nello stesso anno, iniziava il programma informativo sull’euro (“L’euro? Un gioco da ragazzi”) e la Scuola di Cittadinanza attiva redigeva un testo di educazione civica per le scuole medie superiori. Usciva anche il libro “L’Italia dei diritti” di V. Ferla.

Il comma della sussidiarietà Con la legge 3/2001, il Parlamento approvava il IV comma dell’art. 118, sulla base di un emendamento formulato da Cittadinanzattiva (G. Cotturri): frutto (tardivo?) di quella progettualità che si era voluto coltivare con Parte civile?

Accadeva anche Nel 2001: Veniva costituita Active Citizenship Network. Prendeva il via l’Audit civico. Si svolgeva la campagna nazionale “Contro i dolori forzati”, ai quali – dal 2003 - sarebbero seguiti quattro convegni nazionali, realizzati a Pisa da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato della Toscana, e due libri di, e a cura, di Domenico Gioffré. Si pubblicavano i volumi di V. Ferla, di G. Cotturi (sulla sussidiarietà), di G. Trincia (sull’euro).

La Carta europea dei diritti del malato Nel 2002, Active Citizenship Network – insieme ad altre organizzazioni civiche europee – presentava a Bruxelles la Carta europea dei diritti del malato. Nello stesso anno: nasceva la Fondazione per la cittadinanza attiva; T. Petrangolini pubblicava: La salute e i diritti dei cittadini

Sussidiarietà e abbattimento delle barriere Nell’anno europeo delle persone con disabilità (2003), in applicazione dell’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione, erano abbattute in contemporanea 118 barriere.

Il consumatore-utente, come cittadino attivo Nel 2003, usciva il volume “Il consumatore attivo” - che sarà ripubblicato nel 2008 - con cui Giustino Trincia si proponeva di offrire strumenti di conoscenza e di difesa consumeristica e, allo stesso tempo, di innestare il germe della cittadinanza attiva anche nell’ambito e nei rapporti che attengono alla fruizione di servizi pubblici.

La Conferenza permanente delle regioni Nel Congresso nazionale di Riva del Garda (2004), dopo un biennio sperimentale, lo Statuto sanciva il riconoscimento della Conferenza permanente delle regioni: nelle intenzioni, un organo di raccordo fra i tre livelli – nazionale, regionale e territoriale – dell’Associazione.

La lotta contro le mafie e per la legalità Con il Congresso nazionale di metà mandato (2006), svoltosi a Locri, con il titolo “Casa nostra! Il ruolo dei cittadini nella lotta per la legalità”, Cittadinanzattiva intendeva lanciare un messaggio di impegno civico: contro le mafie, la corruzione e le illegalità; per l’affermazione della legalità.

Il presente di Cittadinanzattiva Il presente di Cittadinanzattiva è il frutto del Congresso nazionale di Roma, dei suoi esiti, della composizione della Direzione nazionale, dei documenti prodotti (mozioni e documento politico) e di quelli mancanti, ma, soprattuto, dello spirito che impronta decisioni e rapporti.

Parte seconda: Chi siamo?

Movimento e/o associazione? Se – come si afferma in sociologia - nel contesto dei comportamenti collettivi, per movimento si intende un gruppo: dove i ruoli sono ancora formalmente indefiniti e nel quale le relazioni sociali sono per lo più a carattere cooperativo e dotate di forte carica emotiva, si pongono gli interrogativi: Se, come e fino a quando il soggetto di cui siamo parte abbia continuato ad essere movimento Quando e come siamo diventati associazione Quali guadagni e quali perdite abbia comportato il passaggio

Un punto di demarcazione Per rendere più facile la risposta al primo quesito potremmo tentare di rispondere in maniera indiretta: e cioè fissare il tempo in cui il Movimento federativo democratico è diventato associazione. Per quanto mi riguarda, anche facendo appello ai ricordi personali, l’approvazione dello statuto (Chianciano, 1989) con le sue definizioni e la configurazione di ruoli e funzioni può essere preso a riferimento nella demarcazione di questo passaggio.

Movimento e associazione: un continuum? In realtà, il passaggio deve essere avvertito come un continuum, dato che, fino dalla nascita del Movimento federativo democratico, non potevano non esserci compiti e relative responsabilità (pena l’impossibilità di esistere e di sopravvivere) e, quindi, la presenza di figure che, degli stessi, fossero interpreti. Specularmente, se sentiamo tutt’oggi la permanenza di una forte carica emotiva e di una spinta cooperativa, non possiamo non riconoscere che – almeno per questi tratti - il movimento permane anche nell’associazione.

Ancora movimento? Purtroppo, nell’associazione, sembra permanere il movimento – anche nell’accezione meno positiva – come attestato online in una tesi di laurea (Maria Bonaccorso – Messina - 1999), che riferiva che l’ufficio della sede centrale “non appare ben organizzato”, almeno dal punto di vista della conservazione e dell’ordine della documentazione.

Una sospensione nella risposta Più difficile rispondere all’ultima domanda, se, prima – della nostra Associazione - non abbiamo considerato: La configurazione “verticale”, come rete di reti; La configurazione “orizzontale”, nei livelli locale, regionale, nazionale e, ora, anche internazionale; Il grado di rispondenza di questa strutturazione ai principi informatori e alle finalità.

Tdm: uno status particolare Relativamente all’architettura verticale (reti), il fatto che una rete (il Tribunale per i diritti del malato): sia consonante con le più profonde istanze umane e sociali, sia stata costituita quasi insieme al Movimento federativo democratico, abbia goduto, per diversi anni, di uno status particolare e, di fatto, abbia rappresentato – e, in qualche misura, tuttora sia – il biglietto da visita di Cittadinanzattiva, fino a “sentire” e praticare una sorta di coincidenza con essa, non ha certo agevolato lo sviluppo armonico ed equilibrato delle reti.

Le altre reti A queste considerazioni, si aggiungano; l’eterogeneità delle reti, per competenze, formazione, interventi e loro modalità, relazioni, ecc.; le differenti origini – diciamo così - per circostanze e tempi; le assai diversificate coperture territoriali, ai livelli regionale e locale.

Procuratori dei cittadini e Giustizia per i diritti Oltre al Tribunale per i diritti del malato, su cui ci siamo soffermati: i Procuratori dei cittadini nascono in riferimento alla questione degli statuti comunali ed agli istituti di partecipazione e tutela; Giustizia per i diritti ha origine dalla trasformazione di un supporto (il Servizio di Assistenza e Informazione Giuridica) in una rete che si occupi della Giustizia, come servizio ai cittadini.

CnAmc e Scuola di Cittadinanza attiva E ancora: il Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici, appunto per rispondere alle istanze di coordinamento, anche agli effetti di una maggiore pertinenza ed incisività delle azioni, a vantaggio dei cittadini rappresentati dalle singole associazioni; La Scuola di cittadinanza attiva, nata con un compito formativo, ma, di fatto - dopo la tragedia di San Giuliano di Puglia – impegnata nella più grande campagna annuale dell’Associazione sulla sicurezza nelle scuole.

Le reti e le coperture dei diritti Una vasta gamma di reti nazionali (ben cinque), con le quali si potrebbe presumere di … coprire la totalità delle domande dei diritti. In realtà, non credo che Cittadinanzattiva abbia mai ipotizzato di soddisfare l’incolmabile campo dei diritti, né virtualmente, né – tantomeno - fattualmente.

Le reti e le coperture dei diritti Si sarebbe trattato infatti, in tal caso, di presunzione - nel significato di imperdonabile supponenza - e perfino di una concezione totalizzante: due ipotesi che, peraltro, non trovano alcun avallo.

La rete che non c’è Da un altro punto di vista, appare legittimo sostenere che l’architettura delle reti è carente di una rete: una rete che si occupi: dei diritti deboli, debolissimi, inesistenti di quei soggetti deboli, debolissimi (come le persone con handicap fisici, psichici, sensoriali), “politico-culturali” (come i gay, gli zingari …), inesistenti, come i clandestini, o – per dir meglio - la cui semplice domanda esistenziale è riconosciuta – non già come diritto - ma come reato degno di espulsione.

Un’assenza incoerente e contraddittoria L’assenza di una rete che si interessi specificamente dei diritti di cittadinanza costituisce, non solo: una grave lacuna ma anche una contraddizione ed un’incoerenza di fondo, per un’associazione che trova la sua ragion d’essere nei diritti.

Diritti o privilegi? In altre parole, non incardinare i diritti “più bisognosi di tutela” e, soprattutto, di promozione, in una rete dedicata configura gli altri diritti alla stregua di “diritti privilegiati” o, se si vuole, di privilegi assunti quali diritti. Come dire: una contraddizione in termini.

Universalità dei diritti e un impegno solenne Questo contraddice: con il principio di universalità, significativamente proclamato dall’ONU, nel 1948, poco tempo dopo la fine del più tragico conflitto di tutti i tempi, e – nel nostro foro interno – con la Dichiarazione sulla tutela dei diritti (“Dovunque un essere umano, nell’ambito del territorio italiano, si trovi in situazioni di soggezione, sofferenza e alienazione e queste situazioni siano imputabili a responsabilità individuali, sociali, organizzative, istituzionali o culturali, il Movimento intende intervenire in sua difesa …”)

I diritti che non ci sono L’affermazione di tale “categoria” di diritti misconosciuti e disconosciuti è, ad un tempo: un doveroso sostegno a diritti fondamentali, un contributo ad una convivenza pacifica e sostenibile e un apporto teso a fondare nuovi diritti e, perfino, la promozione di un diritto … nuovo.

Una … pezza soltanto regionale Cittadinanzattiva della Toscana ha cercato di farsi carico di questo problema - non secondario - istituendo fino dal 2000 la rete regionale “Patto per la promozione della cittadinanza”, che si è particolarmente occupata di diritti di cittadinanza, inerenti persone con problemi di salute mentale, immigrate, rom e sinti …

Un’assenza colma di conseguenze Sotto un altro profilo, l’assenza di una rete che promuova l’universalità dei diritti non può non riverberarsi negativamente sull’Associazione: limitandone la tensione ideale e condizionando – in senso riduttivo - le politiche degli approcci alle problematiche inerenti il misconoscimento o la lesione delle prerogative umane e civili essenziali.

L’integrazione delle tutele Con il PIT (Progetto Integrato di tutela) - prima, nell’ambito della salute, e, poi, nell’ambito dei servizi - si è cercato di dotare le reti del Tribunale per i diritti del malato e dei Procuratori dei cittadini di un tessuto connettivo. Purtroppo, in molti casi, si sono registrati appiattimenti delle espressioni locali delle reti su forme di tutela individualistica e tecnicistica: deprivate, cioè, di quelle valenze “politiche”, atte a produrre miglioramenti nei servizi e nei rapporti.

I tre livelli del profilo orizzontale Considerando il profilo orizzontale, Cittadinanzattiva presenta tre livelli: Locale Regionale Nazionale A questi, deve essere aggiunta Active Citizenship Network (ACN), che peraltro non è un livello, ma una rete di carattere europeo.

Il livello locale Il livello locale - composto dall’assemblea degli aderenti e articolato in una o più reti – costituisce l’elemento fondamentale, in quanto dimensione di base (democraticamente, fondante e di partenza per la formazione degli altri livelli) e più capillarmente e quotidianamente operativa. Ma anche una dimensione associativa che, tramite i propri dirigenti, interviene ed interloquisce, criticamente e propositivamente, sulle questioni che riguardano i cittadini ed il territorio di competenza.

Il livello regionale Il livello regionale – in quanto intermedio – con i suoi organi (congresso regionale, segreteria, segretario, presidente … ) fa da cerniera fra i livelli locale e nazionale. Dovrebbe anche elaborare e fare sintesi di tutte le problematiche ed iniziative emergenti dalle realtà sub-regionali, sviluppando politiche e interlocuzioni aderenti alle istanze degne di attenzione.

Le regioni e il policentrismo Le regioni – in un’ottica, non di semplice decentramento, ma policentrica - potrebbero essere riconosciute e valorizzate come momenti di responsabilità nazionale su singole politiche.

Il policentrismo che non c’è Non hanno fatto difetto enunciazioni di volontà policentrica – nelle formulazioni statuarie e nei pronunciamenti dei dirigenti nazionali - né sarebbero mancati, né mancherebbero, i presupposti per dare seguito in tal senso su importanti questioni, quali: la salute mentale, la lotta al dolore inutile, la partecipazione, le tutele … Purtroppo, le formulazioni sono rimaste sulla carta ed i pronunciamenti sono rimasti tali.

Il livello nazionale Il livello nazionale, con i propri organi – che, in parte, corrispondono a quelli regionali e, in parte, no – è la dimensione che organicamente rappresenta l’Associazione sotto i profili: culturale (presidenza) politico (congresso, direzione, segretario) organizzativo-funzionale-formativo di raccordo con regioni e realtà territoriali etico-disciplinare (collegio di garanzia)

Parte terza: Dove andiamo?

La filigrana di un’associazione Abbiamo ripercorso, a grandi linee, le vicende di Cittadinanzattiva Ho cercato di tratteggiare i profili - verticale e orizzontale - dell’Associazione Ho evidenziato criticità … Spero che la positività (e, forse, l’insostituibilità di questo soggetto) traspaia, anche nel detto e nel non detto, come la filigrana nella valuta autentica

Quale rispondenza? È doveroso chiederci: se e quanto questa strutturazione/organizzazione - livelli, reti ed organi che la compongono – risponda alle esigenze di Cittadinanzattiva se attraverso questa configurazione, la nostra Associazione soddisfi ad obiettivi di tutela e promozione dei diritti e alle politiche che devono interpretare e supportare tali istanze se ed, eventualmente, quanto le deliberazioni formali e le prassi riconoscano le potenzialità peculiari di questo soggetto, cercando di dar loro attuazione

Programmi per le politiche o politiche per i programmi? Purtroppo, è difficile sfuggire all’impressione (ma è poi solo impressione?) che – a livello nazionale - spesso, i programmi siano presentati e sviluppati (anche) per sostenere una struttura sovradimensionata i programmi siano in funzione dell’assetto tecnico, e non (anche) questo in funzione delle scelte politiche

Programmi per le politiche o politiche per i programmi? E ancora: che i programmi determinino le scelte politiche che le relazioni politiche discendano da ragioni, non illegittime, ma semplicemente utilitaristiche che, per tali motivi, si prescinda da politiche istituzionali che contraddicono l’affermazione dei diritti, attraverso tagli a servizi essenziali – scuola, sanità, giustizia … - e ai fondamenti della democrazia, come la libertà di stampa, o, con i respingimenti, negano addirittura l’umanità.

Programmi per le politiche o politiche per i programmi? Ne costituiscono riprova: la mancata definizione di obiettivi collegati ai programmi L’assenza di riscontri sui risultati prodotti l’insistenza sulla valutazione, prescindendo dalle azioni e dagli aspetti relazionali per il miglioramento delle situazioni e dei profili critici

Alcuni preoccupanti abbandoni Quali ulteriori elementi di preoccupazione, aggiungo: L’assenza di idee nuove – anche per la mancata ricerca e il mancato recepimento di idee nuove - com’era invece nelle tradizioni di questo soggetto; E, nonostante ciò, l’abbandono di idee-forza, come – ad esempio - la sussidiarietà dell’art. 118, IV comma, della Costituzione, la lotta per la legalità …; la dismissione della tradizionale elaborazione delle esperienze civiche, di democrazia diretta … e del passaggio dal profilo teorico a quello pratico e, reciprocamente, da quello pratico alla sua elaborazione.

Un bivio, davanti a noi Premesso che le ipotesi che affaccio sul dove andiamo sono strettamente soggettive, mi sembra che le vie che si profilano siano due: Proseguire sull’abbrivio attuale, con la prospettiva di sempre minore rilevanza e sempre maggiore conformità ai soggetti che si limitano a fare tutela, soprattutto in ambito consumeristico, ma non solo, forse perfino meglio di noi Recuperare lo spirito e lo slancio originari, per dar loro nuovo sviluppo, innovando anche profondamente, in relazione agli estesi e radicali cambiamenti in atto.

La seconda via La seconda ipotesi – a mio parere – corrisponde: al “genio” e alla migliore storia di Cittadinanzattiva alle esigenze dei tempi Se così fosse, questo binomio risulterebbe estremamente positivo.

Le crisi e i diritti Partendo dalle esigenze dei tempi, dobbiamo affrontare alcuni interrogativi ineludibili. Fra questi: In che rapporto sono i diritti, rispetto alle crisi che stiamo attraversando e che ci stanno attraversando? In quale rapporto sono le crisi, rispetto ai diritti?

I diritti, le soggettività e i contesti In altri termini, e più concreti: Cosa hanno a che fare i diritti – ed eventualmente, quali diritti - con coloro che, da un momento all’altro, si sono trovati senza lavoro e senza reddito, con famiglie a carico, mutui da pagare, ecc.? Cosa c’entrano i diritti con le concorrenze “sleali” internazionali (dei paesi con pochissimi diritti o nessuno), le crisi economiche, finanziarie, ecologiche, le chiusure e le “delocalizzazioni” delle fabbriche …?

I diritti, le soggettività e i contesti E ancora: Si può parlare di diritti, nelle situazioni che determinano le migrazioni e nelle stesse migrazioni intra-continentali ed inter-continentali di milioni di persone, ed ha senso parlare di diritti di ognuna di queste persone? Sono diritti effettivi quelli delle persone e di quei cittadini deboli che hanno poche o nessuna legge a favore e, comunque, non sono in grado di esigerli direttamente? Si può parlare di diritti, negli ordinari, sistematici, indiscriminati respingimenti dei più diseredati della terra, nel più totale dispregio della Convenzione di Ginevra del 1951, sul diritto di asilo?

Quali diritti prioritari? Il lavoro? Il reddito minimo e la previdenza? I servizi sociali, assistenziali e sanitari? La scuola e la formazione? La giustizia? L’ambiente? E quali delimitazioni, contemperanze ed equilibri reciproci e in relazione ai corrispettivi doveri?

Diritti, nelle crisi, o luce per uscirne? I diritti sono una componente delle crisi o potrebbero essere la luce che illumina possibili vie d’uscita?

Qualche riprova A mio modestissimo parere, i diritti possono essere – anzi, sono – non solo il faro per uscire, ma anche il mezzo per superare le crisi. Se così non fosse, avremmo sempre più marcati: disuguaglianze umane e sociali squilibri economici ed ecologici conflitti locali e internazionali insicurezza ed estesa invivibilità

Sostanza e funzioni dei diritti I diritti costituiscono allora: La codificazione e l’affermazione di principi di umanità, nelle convivenze locali, nazionali e internazionali Il mezzo, per promuovere un salto di civiltà planetario Il bandolo, per produrre – in democrazia – ordine nei rapporti che toccano i profili economici, ecologici e della sicurezza sociale

Democrazia: cosa è? Ho evocato la democrazia, ma, poiché non si tratta di un concetto scontato, né univocamente inteso, né privo di contraddizioni, mi sembrano indispensabili alcune puntualizzazioni.

Due concezioni della democrazia Non la democrazia di Joseph Schumpeter, come un qualsiasi metodo politico, fra gli altri Né la democrazia di Giovanni Sartori, dove il popolo sceglie chi governa, ma non incide sui programmi di governo, né tantomeno contribuisce a governare Due concezioni non accattivanti, per il mediocre valore intrinseco, la prima, e per l’aleatorietà e scarsa controllabilità degli effetti, la seconda.

Democrazia: qualcosa di più? Ma perché e come la democrazia potrebbe/dovrebbe essere qualcosa di diverso e di più, rispetto alle concezioni di Schumpeter e di Sartori?

La partecipazione nella democrazia Se democrazia è potere del popolo (dove il popolo, per noi, è costituito dai cittadini) la partecipazione - per l’estensione, gli ambiti su cui si esercita e la qualità (competenze e contributi espressi) – non può non caratterizzare e qualificare la democrazia, in quanto tale.

Definizione e implicazioni della democrazia partecipata Pertanto, si potrebbe dire che la partecipazione in democrazia è quel tratto necessario, che: conferisce valore universale alla democrazia fa sentire ai cittadini questa forma di governo, come la propria e, al di là delle sue funzioni, un valore in sé offre più ampie possibilità di buon governo e di controllo e, quindi, di emendabilità delle scelte e di ricambio dei governanti

Quali i titoli di Cittadinanzattiva? Quali particolari titoli può avere Cittadinanzattiva per contribuire a far avanzare la democrazia, nella partecipazione, e con la partecipazione? Storicamente, si potrebbero rivendicare: l’aggiunta del IV comma all’art. 118 della Costituzione riformata con la legge 3/2001 gli statuti comunali e gli istituti partecipativi … il comma 461 dell’art. 2 della legge 244/2007 le pratiche interne all’Associazione, quando fanno coerentemente seguito ai nostri principi

La cura dei diritti, principale titolo Ma, indipendentemente, dai suddetti requisiti, credo che conti l’attenzione e la cura effettive per i diritti, e cioè per l’umana convivenza. Una referenza – quest’ultima - che rappresenta la stella polare, per far sì che la partecipazione democratica non si smarrisca nelle rischiose tenebre degli egoismi individualistici e gruppali, prestandosi a spinte populiste e a strumentalizzazioni demagogiche.

Conferma di due principi Abbiamo recuperato e cercato di dar vita e fruibilità nuove a due (partecipazione e diritti) dei tre principi da me ritenuti caratterizzanti la nostra Associazione – allora, Movimento federativo democratico – nei suoi albori. Segno della lungimiranza di quel tempo ma anche della necessità di mantenere i capisaldi, in una continua ri-attualizzazione, dal punto di vista pratico e teorico.

Il terzo principio: la federatività Resta da vedere se pure il terzo principio – la federatività – sia ancora valido e spendibile. Per quanto mi riguarda, non ho dubbi a rispondere affermativamente.

La federatività, dentro e fuori Infatti, se la partecipazione è la dimensione politica del nostro agire e rapportarsi, la federatività è il versante delle relazioni pattizie nel perseguimento di fini comuni: sotto il profilo interno, fra centro, regioni e territorio e fra le varie reti; sotto il profilo esterno, con altri soggetti, più o meno simili, privati – non profit e/o profit – ed istituzionali. A quest’ultimo proposito, la “sussidiarietà circolare” (G. Cotturri) potrebbe essere intesa anche in termini di federatività: cittadinanza attiva  istituzioni  cittadinanza attiva  istituzioni …..

Percezione della federatività La federatività è sempre più un’esigenza avvertita da diverse associazioni di tutela e promozione dei diritti, nonché dagli interlocutori istituzionali, a cominciare dalle Regioni. Ne sono esempi: le collaborazioni in Lombardia, l’Istituto pugliese per il Consumo ed il Centro tecnico per il Consumo della Toscana.

Federatività e identità La federatività, in questo modo, permette di conciliare la salvaguardia dell’identità dei vari soggetti, configurando una sorta di polifonica collaborazione, ai fini dell’ottimizzazione delle risorse investite e del raggiungimento del massimo fra i risultati possibili, nell’interesse dei cittadini.

Quando la federatività non è opzione Esistono ambiti – quali l’applicazione del comma 461 – che prescrivono la pratica della federatività interna e fra associazioni, pena il fallimento o, nella migliore delle ipotesi, l’irrilevanza, per il mancato raggiungimento della necessaria massa critica.

Per tirare le fila …

Da dove eravamo partiti L’idea di un seminario era partita dal documento politico del Congresso nazionale di Cittadinanzattiva del dicembre 2008, che non aveva potuto non dare atto: di una molteplicità di crisi - non solo finanziarie ed economiche – all’origine di fame, guerre, immigrazioni, squilibri ambientali, dissesti ecologici, cambiamenti climatici, che mettono sempre più a rischio la stessa convivenza planetaria;  della condizionante zavorra di un pesantissimo debito pubblico; della distruzione del tessuto produttivo tradizionale; del degrado delle condizioni di vita, per gli anziani, e della perdita di speranza nel futuro, per i giovani;  di un decadimento dei diritti, divenuti sempre più fragili, precari e difficilmente esigibili.

Le premesse e un doveroso seguito Lo stesso Congresso aveva convenuto sulla necessità di un ruolo più attivo e forte da parte di Cittadinanzattiva: nell’intervenire nelle crisi; nel rafforzare la democrazia italiana e la dimensione civica; nel promuovere i diritti e nell’esercitare, nelle forme consone, responsabilità generali. Nell’organizzare questo seminario – nelle forme più aperte e coinvolgenti – ai promotori, è sembrato per ciò di corrispondere ad estesi e profondi bisogni e all’allarme lanciato dalla nostra massima assise.

Due congressi, un documento politico Poiché il documento politico del Congresso nazionale del dicembre 2008 ha recepito integralmente quello del Congresso regionale di Cittadinanzattiva toscana, questa regione si sentiva particolarmente chiamata causa. Avrebbe potuto esserci anche una certa legittima soddisfazione, per questa coincidenza, se – allo stesso tempo – non si fosse dovuto riconoscere che il Congresso nazionale non aveva saputo o voluto fare sintesi di tutti i deliberati congressuali regionali e nazionale.

D’altra parte – forse, perché si è ritenuto che la Toscana, con il documento politico, avesse già dato abbastanza? – questa regione è stata tenuta fuori da qualsiasi incombenza relativa all’attuazione dei contenuti dello stesso. Un’estraneità che le urgenze richiamate e le nostre responsabilità non ci permettono di accettare con acquiescenza.

Vorremmo, e vorrei, che questa relazione e, soprattutto, l’intero seminario – nella migliore tradizione della cittadinanza attiva - lasciassero un segno positivo, nella nostra Associazione, e, se non è presumere troppo, nella società in cui viviamo. GRAZIE E BUON LAVORO