RHEGION E … LE OLIMPIADI Dott RHEGION E … LE OLIMPIADI Dott.ssa Piera Caltabiano Dirigente Scolastico “ Galileo Galilei “
Rhegion, antica colonia fondata dai calcidesi nell ’ estate del 730 a Rhegion, antica colonia fondata dai calcidesi nell ’ estate del 730 a. C., grazie alla sua posizione geografica ed al governo illuminato dei suoi capi divenne ben presto una della capitali del Mediterraneo , un centro di intensi traffici commerciali con una forte egemonia sullo Stretto, uno dei centri politici e culturali più fiorenti della Magna Grecia soprattutto durante il governo di Anassila
La cultura fu probabilmente il fiore all’occhiello della Magna Grecia: ogni città aveva la sua biblioteca e svariati centri di studio delle arti , della filosofia, della medicina,ecc
I Greci consideravano l’attività fisica una componente essenziale nella formazione e nella vita del cittadino ed il momento sportivo era parte importante dell'educazione. Tuttavia il termine sport, inteso come attività fisica praticata per gioco o competizione, non esisteva nel vocabolario greco. Il termine sport compare per la prima volta in Inghilterra verso la fine del XV° sec. e proviene dal termine francese disport, che a sua volta deriva dal termine antico desport che significa ricreazione, divertimento.
I Greci per designare tali attività usavano i seguenti termini gymnastique (da gymnos, nudo) perché gli atleti si confrontavano nudi, agon (concorso, lotta, emulazione) athlon (sforzo, lotta) athlos (combattimento, exploit) da cui gli aggettivi "agonistico" e "atletico".
Per i Greci il momento sportivo non era del tipo ludico, ma si associava alla formazione del carattere dei giovani, futuri cittadini cui spettava il dovere di condurre bene gli affari delle loro città e difenderle in caso di pericolo. L'ideale atletico era nell'emulazione e nello sforzo per essere riconosciuto il migliore di tutti. La semplice partecipazione non aveva alcun senso per gli atleti: contava solo la vittoria e di conseguenza nel podio non esisteva né il secondo né il terzo posto Anche lo spirito di squadra mancava e la partecipazione alla competizione era strettamente individuale.
Il desiderio di vedersi coronare ad Olimpia poteva condurre alcuni atleti a comportamenti scorretti. Pausania descrive statue erette grazie alle ammende inflitte agli atleti sleali. Queste statue avevano spesso delle iscrizioni che indicavano il nome con le sanzioni. Erano allineate sul monte Altis lungo il cammino che conduceva allo stadio e servivano di monito per i partecipanti lo attraversavano per recarsi sul posto di gara. Ricostruzione dell'Altis (Heinrich Gärtner, XIX secolo
I giochi dell‘Antica Grecia sono classificati dagli storici in due gruppi: i Giochi Panellenici ed i Giochi Panatenaici. I Giochi Panellenici , a loro volta, si distinguono in: 1) Giochi Olimpici che si sviluppavano ad Olimpia in onore di Zeus. Erano i giochi più antichi e più prestigiosi e la prima organizzazione risale al 776 a .C. Premio per la vittoria una corona di olivo selvatico. 2) Giochi Pitici che si svolgevano a Delfi, in onore di Apollo ed erano i più prestigiosi dopo quelli di Olimpia. Cominciavano sempre con un concorso musicale e la prima celebrazione risale al VII sec. a. C. Premio per la vittoria una corona di alloro.
3) Giochi istmici che venivano organizzati ogni due anni ad Istmo in onore di Poseidon e dell'eroe Mélicerte con prima organizzazione ufficiale nel 582 a .C. e con premio per la vittoria una corona di pino. 4) Giochi Nemei che si tenevano a Nemè in onore di Zeus ogni due anni con prima organizzazione ufficiale nel 573 a .C. e con premio per la vittoria una corona di foglie di sedano.
Giochi Panatenaici facevano invece parte delle grandi Panatenee, le feste ateniesi più importanti che venivano realizzate ogni quattro anni in onore di Atena. Non furono mai elevate al rango di giochi Panellenici ma non erano meno prestigiosi grazie al valore dei loro premi che consistevano in oggetti d'oro ed argento per i vincitori del concorso musicale, scudi ed olio di oliva per i vincitori dei concorsi ginnici ed ippici. Presero la loro forma organizzativa definitiva a partire dal 566 a .C.
Le olimpiadi nella Magna Grecia Le colonie della Magna Grecia inviavano sportivi di tutte le discipline ai giochi che si tenevano periodicamente ad Olimpia e Delfi in Grecia . I coloni della Magna Grecia tenevano molto ai giochi ellenici dove potevano dare prova ai greci della loro appartenenza allo stesso luogo d origine, della loro forza fisica e delle capacità nei giochi praticati anche dai loro padri decine di generazioni prima. Lo sport era dunque un canale di comunicazione con la penisola ellenica, un mezzo con il quale le colonie della Magna Grecia facevano sentire la propria voce. Spesso era un movimento gestito più dalla politica che dalla dedizione per la lotta, il lancio del disco e per tutte le altre attività che si praticavano durante quelle importanti prove agonistiche. Gli italioti ed i sicelioti ebbero grandi successi nelle competizione sportive in madrepatria. Basti pensare che gli atleti di Crotone vinsero 20 titoli in 26 Olimpiadi tra il 488 a.C. e il 588 a.C. tanto da essere secondi solo a Sparta ma davanti ad Atene .
Giochi olimpici Giochi Pitici Giochi Istmici Giochi Nemei Totale Polis Giochi olimpici Giochi Pitici Giochi Istmici Giochi Nemei Totale Nome Moderno KROTON 21 10 9 50 Crotone SIRACUSA 15 8 3 29 Siracusa HIMERA 7 2 13 Termini Imerese NAXOS 4 1 Giardini Naxos TARAS Taranto AKRAGAS 5 Agrigento LOCRES 6 Locri MESSANA Messina HYBLA Ragusa THURII Thurii KAMARINA Kamarina POSEIDONIA Paestum KAULONIA Caulonia GELA Gela SYBARIS Sibari RHEGION Reggio Calabria TAUROMENION Taormina NEAPOLIS Napoli TERINA Lamezia Terme METAPONTUM Metaponto
La partecipazione dei giovani atleti della Magna Grecia alle Olimpiadi o ad alte manifestazioni sportive, comportava grossi oneri finanziari e notevoli sacrifici personali: occorrevano in patria attrezzature e strutture, oltre ai mezzi necessari ad affrontare i costosi viaggi per raggiungere le diverse località della Grecia. Ne consegue che solo l’appartenenza alle più importanti famiglie cittadine, in grado di offrire un ingente sostegno economico, garantiva ai giovani atleti la possibilità di parteciparvi.
Infatti, sia i giovani greci che gli italioti appartenenti a famiglia abbiente, prima di diventare atleti, ricevevano tutta una formazione culturale che prevedeva in un primo tempo nell’infanzia l’insegnamento di un pedagogo, quindi di un grammatico dal quale il ragazzo apprendeva a leggere e a scrivere, di un citarista per addestrarlo a suonare e a cantare le opere poetiche; solo intorno ai dodici anni l’adolescente completava la sua educazione con gli esercizi fisici. Al termine dell’iter educativo, la somma di tutte le discipline apprese aveva creato il kalos kagathos, l’uomo ideale che aveva in sé la bellezza fisica e quella morale.
Una kylix attica a figure rosse con scena di palestra, attribuita al vasaio Panphaios ed al pittore Nikosthenes, risalente al 510-500 a.C., sottratta durante scavi clandestini, è stata oggi restituita all’Italia dal Paul Getty Museum di Malibu. In un elegante tondo è dipinto un giovane, che, terminato il suo allenamento, si accinge a rivestirsi e, seduto su di uno sgabello, sta allacciandosi un sandalo: appesa al muro, in primo piano è l’ampolla contenente l’olio per ungersi.
Finchè a partecipare alle grandi competizioni sono gli aristocratici, i premi si limitano a semplici corone di foglie, ma quando gli atleti provengono da ambienti meno ricchi, si fanno più sostanziosi, spesso di grande valore.
Ai giochi importanti come quelli di Atene, Olimpia, Delfi o Corinto, corrispondevano molti concorsi sportivi locali in altre città periferiche o al di là del mare. Tutte le comunità greche, comprese le più piccole, si davano da fare ad organizzarne, è quindi molto probabile che anche nelle colonie le poleis bandissero giochi che potessero servire a mantenere vivo l’entusiasmo sportivo dei loro concittadini e, soprattutto, spronassero i giovani ad allenarsi in vista delle grandi competizioni d’oltremare. A Crotone, nell’Antiquarium di Capo Lacinio si trova una corona d’oro che raffigura rami d’alloro intrecciati, simile a quelle che venivano conferite ai vincitori dei giochi Pitici di Delfi, omaggio forse delle autorità alla vittoria di un proprio concittadino
Meno prestigiose, le gare locali attiravano tuttavia una grande quantità di atleti per la ricchezza dei premi in palio: argenti, oggetti preziosi ed anche denaro. In quanto al valore proposto, le Grandi Panatenee offrivano come premi le anfore cosiddette “panatenaiche” contenevano dai trenta ai quaranta litri d’olio prodotto dagli olivi sacri d’Atena e che si vendeva ad alto prezzo in tutto il bacino del Mediterraneo. Il vincitore della corsa delle quadrighe riceveva centoquaranta anfore, quello dello stadio sessanta e gli altri tra le trenta e le cinquanta. A Parigi, nel Museo del Louvre, come in molti altri musei del mondo, si possono osservare parecchie anfore panatenaiche. Questo tipo di anfora era prodotto appositamente per le Grandi Panatenaiche. La forma allungata, le dimensioni, la tecnica pittorica a figure nere e la decorazione rispondevano a dei criteri precisi, sempre uguali per tutte.
Una, databile tra il 321 ed il 320 a. C Una, databile tra il 321 ed il 320 a.C., raffigura nel lato principale Atena tra due colonne, che brandisce una lancia: lungo la colonna di sinistra l’iscrizione ton atheneten athlon, ossia “Premio dei giochi d’Atene” attesta la funzione ufficiale dell’oggetto. Sull’altro lato del manufatto era illustrata la disciplina in cui l’atleta aveva riportato la vittoria: quindi l’unica parte che variava in queste anfore era la raffigurazione dello sportivo impegnato nella corsa, nella lotta, nel disco, nei carri e così via...
Statua bronzea dell’Atleta Vittorioso Lisippo Anche quando i premi consistevano soltanto in una corona e nell’argento, la ricompensa per l’atleta non si limitava a questo. Al ritorno in patria, poteva scegliere diverse alternative: il mantenimento a vita, oppure l’esenzione dalle imposte, od ancora, la fama perenne di una statua eretta in suo onore. Statua bronzea dell’Atleta Vittorioso Lisippo
In Occidente, intorno al V secolo a. C In Occidente, intorno al V secolo a.C., le grandi trasformazioni politico sociali si fanno sentire anche nel mondo dello sport: la crisi dell’aristocrazia trascina nei propri cambiamenti altri ambiti come quello dell’agonismo, alla cui partecipazione sono ammessi, sempre più numerosi, i giovani di diversa provenienza sociale. Per addestrarli occorrono nuove e più vaste strutture, si crea a questo scopo il ginnasio cittadino dove i paidotribi allenavano, a spese dello stato, gli allievi di diversa estrazione sociale. Muniti di una bacchetta forcuta, controllavano la buona esecuzione degli esercizi ed il rispetto delle regole Olimpia Gymnasium
Allorché nella madrepatria si allestiscono i ginnasi, anche le città della Magna Grecia, legate al mondo acheo, si affrettano a creare luoghi in cui i giovani possano prepararsi degnamente alle gare, specializzandosi nelle diverse discipline.
Le Olimpiadi Un insieme di manifestazioni sportive e religiose nate nel 776 a. C. , in onore di Zeus. Le leggi escludevano dai concorsi quelli che avevano commesso un delitto contro un altro greco e quelli che avevano perduto i diritti civili; in effetti, dato il carattere sacro dei giochi olimpici, la partecipazione di persone indegne era considerata un crimine contro Zeus. Si svolgevano ogni 4 anni in estate, tra la mietitura e la vendemmia.
In quell’occasione veniva istituita la “tregua sacra” , annunciata dai tedofori che percorrevano la Grecia con la fiamma olimpica. In questo periodo che precedeva e conteneva i Giochi e che era considerato sacro , venivano interrotte, con una tregua, tutte le guerre e tutte le ostilità comprese, le condanne capitali. Durante a tregua olimpica, detta in greco 'ekecheiria (ἐκεχειρία= le mani ferme), cessavano tutte le inimicizie pubbliche e private, e nessuno poteva essere molestato, specialmente atleti e spettatori che dovevano attraversare territori nemici per recarsi ad Olimpia
Lo storico più importante dei Giochi Olimpici , padre della storia ecclesiastica, Eusebio di Cesarea, ha redatto una sequenza esatta che viene inserita in un contesto universale da lui voluto e che parte dalla nascita di Abramo per arrivare ai ventennali di Costantino il Grande, cioè fino al 325 d.C. La ricerca di Eusebio ha evidenziato l'importanza storica che i Giochi avevano presso gli antichi, tanto da diventare la base della cronologia greca e come il termine olimpiade fosse utilizzato, non solo per distinguere il concorso, ma anche per designare (con accanto il nome del vincitore della corsa dello "stadio" e della sua città di origine) il periodo dei quattro anni del ciclo olimpico, con fatti ed avvenimenti salienti.
Programma olimpico Secondo Pausania , altro importante storico che ha scritto molto sull'argomento, tutte le prove del programma si svolgevano in una giornata fino alla 77^ Olimpiade; ma una giornata non poteva bastare per le 15 prove introdotte fino a quella data e secondo altri ricercatori i concorsi duravano qualche giorno. 1giorno : dedicato al culto ed ai sacrifici. Gli atleti giuravano fedeltà a Zeus 2 giorno : Gara di corsa nello stadio 3 giorno : lotta, pugilato, pancrazio 4 giorno :corse ippiche 5 giorno: pentathlon( corsa , salto, lotta, lancio del disco e del giavellotto)
Le competizioni in cui gli atleti si misuravano erano: Stadion (gara di corsa) Diaulos (corsa sulla distanza doppia dello Stadion) Dolicos (corsa di resistenza) Pugilato Lotta Pancrazio Pentathlon (Salto in lungo, Lancio del giavellotto, Lancio del disco, Corsa, Lotta) Hoplitodromos (Corsa con le armi) Gare equestri (Corse dei carri e dei cavalli)
Le prove, che hanno avuto una grande evoluzione nel tempo sono passate da una semplice corsa piana (sola ed unica prova per le prime 16 edizioni) a prove più numerose e complesse. Consistevano in: stadium pari a 192,24 metri cioè la lunghezza dello stadio di Olimpia, diaulos due volte lo stadium, dolichos , sette o ventiquattro volte lo stadium cioè 1.400 o 4.400 metri , corsa in armi
Lo stadion era la gara più prestigiosa; il vincitore veniva spesso considerato come il vincitore degli interi Giochi e per secoli l'olimpiade prendeva il nome del vincitore della corsa dello stadion, il quale doveva accendere il fuoco dei giochi successivi.
Lo stadion , inteso come campo , era abbastanza grande: la pista era larga circa 29 m e poteva contenere venti concorrenti. La gara consisteva essenzialmente in uno sprint su un rettilineo di 192.27 metri. La gara iniziava con uno squillo di tromba e c'erano dei giudici (agonothetes) ai blocchi di partenza per assicurarsi che non ci fossero false partenze. C'erano anche dei giudici sulla linea di arrivo per stabilire il vincitore ed accertarsi che nessuno avesse barato (se i giudici decidevano per un pari merito, la gara veniva ridisputata). Si correva su sabbia e sia la linea di partenza che quella di arrivo erano contrassegnate da soglie di pietra. I corridori partivano in posizione eretta, probabilmente con le braccia stese in avanti, invece che dalla posizione rannicchiata dei corridori di oggi
Nelle prove di pugilato , nelle Olimpiadi antiche, fino al 500 a. C Nelle prove di pugilato , nelle Olimpiadi antiche, fino al 500 a.C. circa, gli atleti indossavano unicamente fascette in cuoio (denominate himantes), avvolte attorno alle mani in modo tale da lasciare libere le dita. Ciascuna fascetta misurava dai tre ai tre metri e mezzo, e veniva avvolta numerose volte attorno a nocche, mani, polsi, parte dell'avambraccio ed attorno alla base di ciascun dito. A volte, anche il petto veniva fasciato con cuoio, mentre il resto del corpo era del tutto nudo, esclusi in alcuni casi un paio di sandali Attorno al 400 a.C. circa, vennero introdotti nella disciplina gli sphairai. Questi ultimi erano assai simili agli himantes, tuttavia la fascia di cuoio di cui erano costituiti era affumicata su un verso, che doveva essere rivolto verso l'esterno (in modo da rendere il cuoio più duro e causare maggiore danno) e ricoperta da uno strato di imbottitura sull'altro, che doveva andare a contatto con la pelle (in modo da non causare abrasioni od ustioni da sfregamento che avrebbero nuociuto al possessore stesso dei guanti. I pugilatori greci si preparavano agli incontri allenandosi con dei sacchi pieni di sabbia, farina o cereali, chiamati korykos, molto simili a quelli utilizzati dai pugili attuali
La leggenda vuole che Teseo inventò uno sport nel quale due uomini, seduti l'uno di fronte all'altro, dovevano colpirsi coi pugni fino a quando uno dei due rimaneva ucciso o comunque impossibilitato a combattere: in seguito, tale tecnica venne sviluppata in modo da contemplare prima la postura eretta dei due contendenti, ed in seguito l'uso di guantoni, a volte muniti di borchie, e protezioni per i gomiti, anche se non doveva essere raro assistere a combattimenti di uomini completamente nudi.
Affresco del palazzo di Cnosso, raffigurante due giovani durante un incontro di "pugilato". Da notare sono i guantoni, già in uso a quei tempi (1500 a.C.).
Un incontro di pugilato nell'antica Grecia (500 a. C Un incontro di pugilato nell'antica Grecia (500 a.C.), dipinto su un vaso: il pugile sulla destra segnala la resa alzando l'indice.
Particolare del pugilatore a riposo: notare le fascette di cuoio a protezione di mani ed avambracci, con ispessimenti sulle nocche e fascia di lana per il sudore.
Il pancrazio è uno sport di origine greca, un misto di lotta e pugilato. Il termine (dal greco παγκράτιον pankràtion, pan = tutto e kràtos = potere, forza) significa "intera forza (del corpo)". Appare come disciplina olimpica nel 648 a.C.; Lo scopo era vincere l'avversario utilizzando tutte le proprie forze, a mani nude, ed i contendenti avevano la possibilità di usare tutte le tecniche possibili: sgambetti, proiezioni, leve articolari, pugni, calci, ginocchiate, gomitate, unghiate, tecniche di rottura delle dita, morsi, possibilità di strozzare l'avversario. In genere, gli atleti approdavano al pancrazio dopo una certa esperienza nella Pale (lotta olimpica). Per la sua natura, il pancrazio è diventata una delle più complete discipline da combattimento, poiché comprende tecniche diverse tra loro, ed allena quindi ad un uso generale del proprio corpo (tra queste tecniche, che vanno dalla lotta a terra al pugilato, c'è anche l'acrocorismo, ossia la torsione e conseguente rottura delle dita delle mani).
Due pancratiasti che lottano. Statuetta in bronzo raffigurante due pancratiasti in lotta: la posizione dei lottatori rende piena l'idea di una scena cruenta durante un pancrazio.
Nell'antica Grecia, l'efferatezza di questo sport era tale che i due contendenti spesso arrivavano a lottare fino alla morte di uno di loro, mentre l'antagonista che vinceva era osannato e portato in trionfo dal pubblico. La storia ci racconta di come Milone di Crotone, uno degli atleti più famosi dell'antichità e specialista nella lotta e nel pancrazio, sfidò un toro, lo vinse e fece un giro dello stadio di corsa con lo stesso toro sulle spalle (e il mito prosegue raccontando di come, finito il giro, lo divorò).
Scena di un pancrazio: l'arbitro punisce con una frusta un atleta che tenta di accecare l'avversario.
Oltre ai veri e propri fatti storici, anche moltissime leggende gravitano intorno al pancrazio: la più famosa è quella di Arrachione. Mentre l'avversario lo stava strangolando, Arrachione con la bocca riuscì a spezzargli l'alluce, ma nel farlo soffocò proprio mentre l'avversario si arrendeva; i giudici furono costretti a decretarlo vincitore da morto. In seguito, il pancrazio rientrò nei limiti e divenne una disciplina sportiva come le altre, in cui i contendenti si allenavano per ottenere una grande potenza fisica, non con lo scopo di uccidere l'avversario, ma solo di vincerlo.
Furono poi disputate corse con cavalli montati e con bighe o quadrighe (vinti anche da donne, ma come proprietarie degli animali).
Lo spettacolo veniva aperto a tutti, schiavi compresi; solo le donne, pena la morte, venivano escluse dall'assistere ai concorsi. Soltanto una donna poteva assistervi: era la sacerdotessa, cui veniva riservato un posto d'onore
GLI ATLETI Tra gli atleti più famosi sono da ricordare Filippo II di Macedonia, il figlio Alessandro il Grande, Pitagora, filosofo e matematico (che vinse una Olimpiade nel pugilato e fu medico della squadra di Crotone), il lottatore Milone di Crotone (che dopo essersi affermato nella gara per giovani nel 540 a .C.) conquistò il titolo seniores per ben cinque volte tra il 532 ed il 516 a .C.
Astylos Astylos è un atleta famoso perché fu l'ultimo vincitore crotoniate ad Olimpia nel 480 a.C. e perché rinnegò la sua città di origine nelle due ultime olimpiadi. Vinse la prima volta nel 488 a.C. e nuovamente nel 484 ed infine nel 480 a.C., nelle specialità stadio (corsa di circa 190 m) e diaulos (corsa doppia). Inoltre in almeno una occasione vinse anche nell'oplite. Rinomato per lo stile di vita tenuto negli allenamenti, per le sue vittorie gli fu eretta una statua in bronzo, dell'artista di Pitagora di Samo , che svolse la sua attività a Reggio, dove si era trasferito. Nel corso delle due ultime vittorie Astylos si dichiarò siracusano, forse per compiacere Ierone (Pausania VI, 13, 1). A tale notizia i suoi concittadini confiscarono la sua casa e la trasformarono in un carcere ed distrussero la sua statua nel santuario di Hera Lacinia.
Eutimo Eutimo, figlio di Asticle, fu un valoroso atleta locrese vincitore di tre Olimpiadi nella categoria del pugilato. La sua fama era conosciuta in tutto il mondo ellenico e la sua città natia, Locri Epizefiri, gli fece erigere una sua statua presso Olimpia, venerandolo come fosse un eroe della mitologia antica. Pausania, infatti ci tramanda una leggenda secondo la quale i locresi credevano che Eutimo fosse figlio del fiume Cecino, che all'ora divideva il territorio della città di Locri Epizefiri con quello di Rhegion. Dunque Eutimo vinse tre Olimpiadi non consecutive, la prima fu la LXXIV Olimpiade del 484 a.C. , ma in quella successiva il pugile locrese venne sconfitto da Teagene di Taso, il quale secondo Pausania, nelle Olimpiadi del 472 e 476 a.C. si rifiutò di combattere contro Eutimo per volontà divina, concedendogli quindi la vittoria.
La leggenda più famosa del pugile Eutimo vuole che gli abitanti di Temesa, colonia fondata da Locri Epizefiri, chiesero aiuto ai locresi per liberarsi da un mostro che pretendeva ogni anno il tributo di una vergine tra le più belle della città. Pausonia ce la racconta in questi termini: "Dicono che Ulisse vagando dopo la presa di Troia approdasse per azione dei venti in diverse città d’Italia e di Sicilia, e giunse anche a Temesa con le navi; uno dei suoi marinai, ubriaco, violò una vergine, e per questo delitto venne lapidato dagli abitanti. Ulisse non tenendo in alcun conto la sua perdita ripartì, ma l'anima dell'uomo lapidato continuamente uccideva gli abitanti di Temesa e infuriava contro ogni età, finché la Pizia ordinò di placare l'eroe riservandogli un recinto sacro ed edificando un santuario, e consacrandogli ogni anno la più bella delle vergini di Temesa". Eutimo, venne chiamato a Temesa per salvare la vita di una bellissima vergine, della quale il pugile stesso si innamorò a prima vista. Egli partì dalla sua Locri Epizefiri e giunse a Temesa, qui scese giù dal mostro e vincendolo in duello lo costrinse a liberare la città dal tributo di sangue. Un'altra leggenda sulla vita di Eutimo, raccontata solo da Pusania, racconta che il pugile locrese sia vissuto addirittura sino all'epoca augustea, qualcosa come 400 anni.
Milone da Crotone Diretto discendente della stirpe di Eracle e pugile imbattuto per oltre venti anni, Milone da Crotone fu l'atleta più illustre di tutta la Grecia antica. Vinse 5 Olimpiadi, 10 gare Istmiche, 9 gare Nemee e 6 volte i giochi Pitici. Nato e vissuto nell'antica Kroton del VI secolo a.C. grazie alle sue gesta sportive e non, divenne tra gli uomini più influenti del gruppo aristocratico che governava la città di Miscello. Il suo dominio sportivo cominciò nel 540 a.C. quando vinse la sua prima olimpiade nella lotta categoria ragazzi, seguirono 5 vittorie olimpiche consecutive nella gara del pugilato, fino all'ultima del 516 a.C. nella quale il suo avversario rifiutò di combattere, per celebrare la gloria di un uomo a cui gli dei diedero in dono la forza e la disciplina. Milone vinse anche per 10 volte le gare Istmiche, 9 volte le Nemee e 6 volte i Giochi Pitici di Delfi che si tenevano in onore di Apollo. Tanta gloria rese Milone uno dei personaggi più illustri e famosi del mondo antico, conosciuto ovunque per la sua proverbiale forza e considerato eroe leggendario appartenente alla stirpe degli Eraclidi, discendente diretto di Eracle.
La sua forza proverbiale salvò l'intero gruppo aristocratico guidato da Pitagora che governava la potente città di Kroton. In occasione di un terremoto che colse il gruppo dirigente mentre era in riunione proprio in casa del filosofo samio, Milone si sostituì ad una colonna spezzata dal sisma reggendo sulle sue spalle il soffitto dell'abitazione per quei minuti necessari a sgomberarla completamente salvando i convenuti. Intorno alla sua morte la leggenda narra di un grosso albero di ulivo sezionato da un fulmine, posto nel bosco sacro di Hera sul promontorio lacinio. Milone, un po invecchiato, infilò le mani per divaricarne il tronco, ma abbandonato dalle forze l'Olimpionico rimase bloccato e finì dilaniato dalle belve feroci. Nel museo del Louvre una statua lo ritrae mentre viene divorato da un leone.
Anassila Anassila , il tiranno di reggio , nella 73esima olimpiade (480 a.C.), entrò in competizione con altri greci nella gara dei carri trainati dai muli. Anassila, benché tiranno di una delle più importanti città della Magna Grecia, si sottopose alla legge olimpionica della "Parità dei partecipanti" ed essendo abile vinse clamorosamente. Aristotele ci informa che dopo la vittoria egli organizzò un grande e sontuoso banchetto al quale invitò tutti i greci presenti ad Olimpia. Rientrato a Reggio per celebrare il suo trionfo coniò una moneta d'argento in cui egli è raffigurato seduto nella biga alla guida della baldanzosa coppia di mule. Infine ordinò al famoso poeta Simonide di Ceo di comporre un epinicio per la sua vittoria, del quale ci resta solo il primo verso tramandatoci da Aristotele:« Salve, o Figlie delle Cavalle dai piedi di procella... »