Limpegno sociale in chiave religiosa: dati e spunti di riflessione dal Rapporto sullassociazionismo sociale Roma – 28 novembre 2008 CEI - Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro
1 - Levoluzione della partecipazione sociale: londa lunga del terzo settore
2- Le associazioni del terzo settore: luoghi e organizzazioni dove si coltiva ancora limpegno sociale * intervistati che dichiarano di partecipare alle attività delle associazioni almeno una volta alla settimana Nei partiti, sindacati e associazioni di categoria la percentuale di attivisti è molto inferiore, pari a circa la metà
3 – Il crescente protagonismo delle donne Prosegue la lunga marcia delle donne allinterno del terzo settore: dal 1994 ad oggi si è passati da un tasso di presenza femminile pari al 35,8% ad uno del 45,9%, con dieci punti percentuali di scarto positivo; segno che il soffitto di vetro è una barriera meno opprimente nellassociazionismo sociale, rispetto ad altri settori della società.
4 - La base sociale dellassociazionismo: lempowerment dei cittadini non attivi La base dellassociazionismo sociale è assai composita: nellarco degli ultimi quindici anni, è diventata preponderante la presenza delle principali categorie sociali escluse dal mercato del lavoro 43,6% (pensionati, casalinghe, studenti e non occupati); un secondo strato sociale (in ordine di incidenza) è formato dalle persone che lavorano nel settore pubblico (24,8% dirigenti, quadri e impiegati); si assiste, infine, ad un livellamento della percentuale di operai, imprenditori e liberi professionisti e altri lavoratori autonomi (commercianti, artigiani e operatori agricoli), che si attestano tutti attorno al 10%. Dunque, è evidente che il terzo settore ha assunto una configurazione trasversale, visto che attrae cittadini con uno status occupazionale alquanto diversificato. Ciò non toglie che la peculiarità delle associazioni sociali sembra essere quella di includere gli italiani che, per diverse ragioni, vivono ai margini del mondo della produzione.
5 - Il volontariato: in unepoca di passioni tristi, laltruismo sociale si è radicato nella nostra società Tra il 2002 ed il 2006 resta quasi invariata lincidenza dei volontari sul totale della popolazione adulta: dal 15,1% al 14,3%. Il trend è quindi abbastanza stabile: ciò vuol dire che (almeno dal punto di vista quantitativo ) non vi è declino dellimpegno volontariato, come segnalano alcune diagnosi (forse troppo affrettate) sul fenomeno.
6 - Gli ambiti del volontariato: la nuova centralità delle parrocchie Le associazioni (nazionali e locali) del terzo settore, specie se iscritte ai registri previsti dalla legge n.266/91, sono lambito dove gli italiani prestano più di frequente lattività di volontariato (con una percentuale che oscilla attorno al 45% negli ultimi dieci anni). Seguono le parrocchie che, specie nellultimo periodo di riferimento, sono diventate sempre più ricettive nei confronti dei volontari: dal 28,4% del 2002 al 37,7% del Rimane comunque alta la quota di cittadini che fanno volontariato in modo informale (individualmente o in gruppi spontanei 19%); mentre i partiti e i sindacati raccolgono appena il 5,1% dei volontari.
7- La sensibilità sociale dei praticanti: donazioni e volontariato (2006)
8 - Il contesto: una fiducia ristretta che non aiuta a creare catene lunghe di solidarietà
9 – Il surplus di fiducia sociale dei cittadini credenti, soprattutto se praticanti
10 - Il clima dopinione: linsicurezza è diventato il tratto dominante della nostra società
11 - Il problema della sicurezza come si è visto, lassociazionismo di matrice cattolica può contare su un solido capitale sociale: i numerosissimi cittadini-praticanti che esprimono una forte sensibilità sociale, coltivando il loro civismo attraverso il volontariato e le donazioni; inoltre, si assiste ad un forte recupero della parrocchie come ambiti che accolgono nel loro alveo iniziative sociali fondate sulla gratuità dellatto solidale; infine, i cattolici praticanti sono muniti di una maggiore dose di fiducia sociale; malgrado ciò, non sfugge un dato critico di fondo: nella nostra società monta il pessimismo e la sfiducia. Questo clima dopinione non aiuta a creare legami di cooperazione tra i cittadini. Anzi, si assiste (nella maggior parte dei casi ) ad un ritiro dalla sfera pubblica: la maggioranza degli italiani si trincera dietro atteggiamenti difensivi (distacco passivo, arroccamento nel privato o, peggio, indifferenza). Nella nostra società imperversano peraltro messaggi allarmanti, proprio sul tema cruciale della sicurezza; una priorità per i cittadini, che rischia però di essere vanificata se non si lavora seriamente per lintegrazione sociale dei lavoratori stranieri che vengono in Italia per costruirsi un futuro migliore. Il problema della sicurezza - lasciato al tam tam dei media e a quella parte del mondo politico che fa leva sulle paure della gente comune - viene declinato prevalentemente in termini di ordine pubblico (il panico morale per la piccola criminalità, con la costruzione del capro espiatorio, attraverso la stigmatizzazione del gruppo etnico o della figura impalpabile del clandestino).
12 - La sfida: elaborare e promuovere una nuova visione culturale della sicurezza, lavorando nel cuore della polis (il territorio) In realtà, questansia securitaria riduce il tema della sicurezza ad un problema di incolumità personale o di certezze economiche: ci si sente minacciati nel proprio privato, per un benessere familiare messo a repentaglio da diverse fonti di rischio (la microcriminalità, la crisi della terza o quarta settimana, la paura di perdere il posto di lavoro, il degrado ambientale delle periferie, ecc.) Il punto è che - come ha sostenuto il sociologo Zygmunt Bauman - vi è almeno un altro tipo di insicurezza che domina la società contemporanea : lincertezza cognitiva, ovvero quella forma di confusione che non consente di distinguere tra realtà e costruzione della realtà, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, tra ciò che è degno di fede e ciò che è ingannevole. Accanto ad altri fattori oggettivi, questa forma di insicurezza cognitiva fomenta gli altri tipi di insicurezza (paura per lincolumità personale e insicurezza economica), creando sentimenti di chiusura e di intolleranza in ampi strati sociali della popolazione. E qui che si gioca la sfida per lassociazionismo di matrice religiosa (e non solo): i cattolici impegnati nel sociale possono agire nella polis promuovendo una nuova visione culturale della sicurezza: una visione fondata sul confronto costruttivo (anche tra posizioni diverse) sulle principali cause del malessere sociale dilagante. Lincertezza non verrà ridotta con le semplificazioni della politica di tolleranza zero. Ben altre sono le ragioni del disagio diffuso nelle nostre comunità. Gli associati religiosi (e non) possono imprimere una svolta: in definitiva essi hanno fiducia nel prossimo, a prescindere dalle diversità di cui ciascuna persona è portatrice. A ben vedere, questa loro risorsa intangibile è lanticorpo più efficace per sconfiggere la paura e il pessimismo, per costruire ponti (e non erigere muri) nella società civile.