Lo stress lavoro-correlato

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Lo stress lavoro-correlato Una disamina della Normativa, delle Applicazioni, della Metodologia e delle Esperienze Lineamenti e Problematiche della Valutazione

La Normativa I I Decreti Legislativi 81 del 2008 e 106 del 2009 recepiscono la Normativa europea del 2004. Come anche nel caso del famoso Decreto Legislativo 626 del 1994, la cultura giuridica italiana tende addirittura a rafforzare le linee guida provenienti dall’Europa.

La Normativa II In particolare ricordiamo gli artt. 15 “Misure generali di tutela” e 28 del D:LGS. 81/2008 “Oggetto della valutazione dei rischi”, e comma 1. Diamo anche uno sguardo art. 2 del D.Lgs. 81, lett. “o” che definisce “salute” quello “stato di benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”.

Un commento Si potrebbe commentare che la definizione del legislatore è strutturata concettualmente “in negativo”, cioè dice che il benessere si configura come un’assenza di un qualcosa di negativo, quasi la agostiniana “defectio boni”, vale a dire “assenza di bene”, che rappresenta filosoficamente il male stesso. Forse si potrebbe migliorare la definizione e declinarla in positivo.

L’art. 28 del D.Lgs 81/2008 … statuisce che “la valutazione dei rischi deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004.”

Un commento Il tema pone dunque l’obbligo in capo al datore di lavoro di adottare strumenti di indagine e analisi di carattere personalizzato, quali colloqui, test, etc., con il coinvolgimento del medico competente e di professionisti ad hoc preparati (psicologi, sociologi, filosofi, etc.). I saperi presupposti per queste ricerche appartengono dunque all’ambito etico- antropologico.

Le prime Esperienze 2008 - 2009 Nel corso del 2008 e del 2009 si sono svolte alcune esperienze che hanno fornito delle prime indicazioni metodologiche e tematiche. Attualmente è al lavoro una commissione consultiva a livello di Governo per fornire linee guida ufficiali, la quale sta acquisendo informazioni per delineare un quadro di riferimento più completo.

L’idea degli esperti Nel volume curato da M. Tiraboschi e L. Fantini “Il rischio da stress lavoro correlato”, Ed. Giuffrè, Milano 2009, pp. 585 – 588, A. Antonucci afferma che “sarebbe auspicabile che la Commissione specificasse una volta per tutte che - sotto un profilo strettamente giuridico - l’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato (…) riguarda gruppi di lavoratori esposti, in maniera omogenea, e non il singolo lavoratore, il quale potrebbe avere una sua peculiare percezione delle condizioni di lavoro”.

Un commento Personalmente dissento da tale impostazione, poiché l’analisi individuale dello stress, mediante colloqui e questionari, oltre a fornire le opportune informazioni previste dalla legge, dà indicazioni interessantissime all’azienda, in vista di un miglioramento della gestione, sia dei singoli, sia dei gruppi di lavoro: uffici, reparti, aree, etc..

Alcuni dati L’Agenzia europea per la Sicurezza e Salute sul lavoro ha fornito nel 2009 alcuni dati che confermano come circa il 25% DEI LAVORATORI SOFFRA DI UNA QUALCHE FORMA DI STRESS (1 su 4). Tale stress costituirebbe una delle principali cause di ulteriori disturbi e patologie di carattere psico- somatico.

La definizione dello stress lavoro-correlato I L’Accordo interconfederale del 9 giugno 2008, recependo le direttive europee, dà la seguente definizione: “Lo stress è una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale, ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di rispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro”.

La definizione dello stress lavoro-correlato II “…L’individuo è assolutamente in grado di sostenere una esposizione di breve durata alla tensione, che può essere considerata positiva, ma ha maggiori difficoltà a sostenere una esposizione prolungata ad una pressione intensa. Inoltre, individui diversi possono reagire differentemente a situazioni simili e lo stesso individuo può reagire diversamente di fronte a situazioni simili in momenti diversi della propria vita”.

La definizione dello stress lavoro-correlato III “…Lo stress non è una malattia, ma una situazione di prolungata tensione, può ridurre l’efficienza sul lavoro e può determinare un cattivo stato di salute”.

La definizione dello stress lavoro-correlato IV “…Lo stress che ha origine fuori dall’ambito di lavoro può condurre a cambiamenti nel comportamento e a una ridotta efficienza sul lavoro. Non tutte le manifestazioni di stress sul lavoro possono essere considerate come stress lavoro-correlato. Lo stress lavoro-correlato può essere causato da fattori diversi come il contenuto del lavoro, l’eventuale inadeguatezza nella gestione dell’organizzazione del lavoro e dell’ambiente di lavoro, da carenze nella comunicazione, etc.”.

Nota storica I Il termine “stress”, ampiamente usato nel linguaggio corrente, con significati plurimi, è stato utilizzato per la prima volta in biologia da W.B. Cannon nei suoi studi sull’omeostasi (1914 - 1934). Successivamente fu il fisiologo austriaco-americano H. Selye ad adottare il termine in un articolo pubblicato su Nature nel 1936 (A sindrome produced by diverse nocuous agent)

Nota storica II Qualche anno dopo, nel 1956, Selye pubblico “The stress of life” (Mc Graw - Hill, New Jork), nel quale sviluppò le distinzioni fra eu-stress (stress buono) e di-stress (stress nocivo). Il termine “stress” deriva dal latino strictus, cioè serrato, compresso. Nei secoli scorsi poteva significare “difficoltà”, “afflizione”.

Nota storica III Il Selye definiva lo stress come “una risposta non specifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata ad esso” (cfr. articolo su Nature e testo, citato, del ’56). Egli aveva scoperto come gli animali, sottoposti a condizioni di stress, fossero più soggetti ad ammalarsi (a causa degli stressor ambientali).

Il Di-stress Lo stress negativo o distress si ha quando stimoli stressanti, ossia capaci di aumentare le secrezioni ormonali, instaurano un logorio progressivo fino alla rottura delle difese psicofisiche. Si evidenziano cioè situazioni in cui “le condizioni di stress, e quindi di attivazione dell’organismo, permangono anche in assenza di eventi stressanti oppure che l’organismo reagisca a stimoli di lieve entità in maniera sproporzionata”. (P.G. Gabassi, Psicologia del lavoro nelle organizzazioni, F. Angeli, Milano 2003)

L’Eu-stress Lo stress positivo o eustress si ha, invece, quando uno o più stimoli, anche di natura diversa, allenano la capacità di adattamento psicofisica individuale. L’eustress è una forma di energia utilizzata per poter più agevolmente raggiungere un obiettivo e l’individuo ha bisogno di questi stimoli ambientali che lo spingono ad adattarsi (tratto da Definire lo stress, in www.equilibridinamici.it).

Le fasi dello stress Secondo Selye lo stress si sviluppa con un processo in tre fasi: 1. Allarme, caratterizzata da difficoltà nell’adempimento di compiti, 2. Resistenza, caratterizzata da una adattamento faticoso e forzoso alle necessità, 3. Esaurimento, caratterizzata dalla caduta delle difese e dall’insorgenza di sintomi come la spossatezza, l’ansia, il senso di impotenza e sfiducia.

Lo stress come “opportunità” I Il Selye tende a qualificare lo stress non come patologia, ma come fenomeno correlato all’essenza stessa della vita. Anche gli autori dell’antropologia classica non ne sottolineano gli aspetti negativi, ma piuttosto le potenzialità: cfr. la passione dell’ira, atta a superare ostacoli ardui…

Lo stress come “opportunità” II Occorre infatti passare da una valutazione dello stress come effetto sulla fisiologia, allo stress come effetto sulla psiche umana e quindi sulla capacità cognitiva e valutativa. Anche sotto questo profilo, dunque, gli stimoli che provengono dall’ambiente, devono essere valutati sotto il profilo cognitivo e dei loro significati. Si tratta di una ricerca di senso, in ultima analisi.

Lo stress lavoro-correlato I Le condizioni oggettive del lavoro (cfr. supra “definizione IV”) possono comunque generare distress. In quel caso si devono considerare gli effetti oggettivi sotto vari profili, psicologici e fisiologici. Contratture muscolari, debolezza del sistema immunitario, disturbi gastro-intestinali e cardiaci, ipertensione, etc., e può avere anche un’influenza sugli infortuni.

Lo stress lavoro-correlato II Vi sono dunque rischi individuali e psico-sociali nel distress: burnout, mobbing, violenza… e tutte le condizioni organizzative e ambientali non conformi a una corretta gestione delle persone e delle risorse. Vi sono cause derivanti dai Contenuti del Lavoro e cause derivanti dal Contesto del Lavoro.

Lo stress lavoro-correlato III Contesto del Lavoro: a) mancanza di definizione degli obiettivi, b) ambiguità e conflitti di ruolo, c) promozione insufficiente o eccessiva, insicurezza dell’impiego, d) partecipazione ridotta ai processi decisionali, e) conflitto interpersonale, assenza di supporto sociale, f) esigenze contrastanti tra casa e lavoro, etc..

Lo stress lavoro-correlato IV Contenuti del Lavoro: a) problemi riguardanti le attrezzature e le strurre lavorative, b) monotonia, lavoro frammentato o inutile, incertezza elevata, c) carico di lavoro eccessivo o ridotto, elevata pressione temporale, d) lavoro a turni continui, orari di lavoro senza flessibilità o prolungati, etc.. B. Mottura, A. Baratti, D. Converso (a cura di), Valutazione, prevenzione e gestione del rischio da stress lavoro correlato, in www.puntosicuro.it, 2 luglio 2009.

Lo stress lavoro-correlato V Le analisi su questo fenomeno tendono sempre di più a formulare programmi di prevenzione e “cura” di carattere integrato, a partire dalla a) gestione del lavoro (organizzazione, innovazione, sviluppo competenze, etc.), b) formazione specifica dei lavoratori, e, c) sistemi di “cura” e riabilitazione dei lavoratori.

La Valutazione del Rischio I In assenza di modelli e di esperienze significative, finora ci si è mossi sulla base di conoscenze ed esperienze analoghe, come le Analisi o Indagini del Clima aziendale, mediante la somministrazione di questionari più specifici sul tema e lo svolgimento di colloqui individuali.

La Valutazione del Rischio II Si tratterà sempre più di rendere attivo un processo conoscitivo e decisionale per individuare indicatori misurabili delle manifestazioni del fenomeno. Si dovranno, inoltre, analizzare le condizioni di lavoro che obiettivamente possono costituire situazioni non sostenibili a livello individuale.

La Valutazione del Rischio III Si dovrà così realizzare una sorta di prevenzione primaria, atta a rimuovere le cause della creazione di condizioni di stress, ma anche di lavorare attivamente a livello di gruppi e individuale per cogliere i segnali deboli che possono provenire dall’ambiente o dai comportamenti delle singole persone.