CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC)

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CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC) L.S. in Scienze e tecnologie alimentari Anno Accademico 2008/2009 Corso integrato: Controllo delle modificazioni chimiche negli alimenti (7 CFU) Modulo di: Chimica analitica strumentale (4 CFU) Giorgio Bonaga CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC) (CAS-4a) Giorgio Bonaga

CROMATOGRAFIA LIQUIDA (LC) FASE MOBILE: liquido Il potere analitico della LC attuale deriva dalla varietà delle proprietà di un grande assortimento di fasi mobili (solventi) e di fasi stazionarie, ma anche dall’ampia disponibilità di rivelatori. Le tipologie di cromatografia liquida sono classificate secondo il tipo di interazione che si realizza tra la fase stazionaria e i soluti presenti nella fase mobile, anche se sovente la natura dell’interazione è molteplice. CROMATOGRAFIA DI ADSORBIMENTO (LSC) FASE STAZIONARIA: solido poroso più polare e fase mobile meno polare CROMATOGRAFIA DI RIPARTIZIONE IN FASE INVERSA (RPC) FASE STAZIONARIA: liquido meno polare e fase mobile più polare CROMATOGRAFIA DI SCANBIO IONICO (IEC) FASE STAZIONARIA: liquido con gruppi ionici legati e fase mobile ionica CROMATOGRAFIA A ESCLUSIONE DIMENSIONALE (SEC) FASE STAZIONARIA: solido poroso e fase mobile con funzione solvente Giorgio Bonaga 2

utilizza colonne di piccolo diametro (1-5 mm contro 1-4 cm) La cromatografia liquida attuale è fondamentalmente HPLC (High Performance Liquid Chomatography) in tutte le varianti dei metodi di separazione. Essa offre una serie di vantaggi rispetto la cromatografia classica su colonna: utilizza colonne di piccolo diametro (1-5 mm contro 1-4 cm) le colonne sono riempite con particelle molto piccole (3-10 mm) può contare sul grande sviluppo di nuove fasi stazionarie può sopportare pressioni molto elevate (fino a oltre 1000 atm) consente il minuzioso controllo del flusso della fase mobile può disporre di rivelatori on line di elevata sensibilità offre una strumentazione standardizzata ed automatizzata consente una grande riduzione dei tempi di analisi offre una elevata risoluzione e una notevole sensibilità analitica L’HPLC può operare a composizione costante della fase mobile (eluizione isocratica) o con miscele di solventi di diversa polarità miscibili in tutte le proporzioni e in rapporti che possono essere variati secondo un programma (eluizione a gradiente). Quest’ultima modalità produce separazioni più efficienti e tempi di analisi inferiori. 3

pompa e valvola dosatrice regolatore della pressione (flusso) Lo strumento della cromatografia liquida (HPLC) è il cromatografo liquido, le cui parti essenziali sono: serbatoi dei solventi filtro pompa e valvola dosatrice regolatore della pressione (flusso) sistema di introduzione del campione (injector) precolonna (guard colunn) colonna cromatografica (analytical column) rivelatore (detector) Giorgio Bonaga 4

. detector colonna camera di injector solvente A solvente B comparto termostatizzato colonna (fase fissa) filtro pompa reciprocante precolonna . registratore camera di miscelazione (fase mobile) detector injector detector Giorgio Bonaga 5

. detector colonna camera di injector solvente A solvente B comparto termostatizzato colonna (fase fissa) filtro valvola dosatrice camera di miscelazione (fase mobile) precolonna . registratore detector injector detector pompa reciprocante Giorgio Bonaga 6

LE VARIABILI DELLA LC Nella cromatografia liquida, analogamente alle altre tecniche analitiche, si deve operare una scelta delle variabili del sistema, sulla base delle caratteristiche del campione da analizzare. Nella LC le variabili sono: SERBATOI DEL SOLVENTE POMPE (pneumatiche, a siringa, reciprocanti) E VALVOLE DOSATRICI SISTEMI DI INIEZIONE (con setto, a valvola) COLONNE E FASI STAZIONARIE RIVELATORI (RID, UV, FD, ED) TECNICHE DI SEPARAZIONE LC (LSC, LLC, RPC, SEC, IEC) Gli argomenti verranno trattati in riferimento alla cromatografia liquida tradizionale, perché gli ultimi sviluppi di questa tecnica (detti “Fast LC”, e “Extreme LC”) verranno illustrati separatamente. Giorgio Bonaga 7

1. SERBATOI DEI SOLVENTI Sono contenitori della capacità di 500 ml od anche maggiore. Per evitare la dissoluzione dei gas (N2 e O2) nei solventi che, formando delle bolle, può “disturbare” (rumore di fondo) il sistema di rivelazione dei soluti, ma danneggiare anche il rivelatore (RID), è buona pratica degasare i solventi: per riscaldamento dei serbatoi che li contengono e utilizzando eventualmente una pompa da vuoto per eliminare i gas; facendo gorgogliare nei solventi un gas inerte a bassa solubilità (Ar); I cromatografi HPLC attuali non dispongono del sistema di degasamento dei solventi perché l’iniettore, la precolonna e la colonna sono sotto alte pressioni (anche oltre le 1000 atm). Un’altra precauzione è la filtrazione dei solventi per trattenere particelle sospese di cui anche i solventi più puri sono contaminati. Tra i serbatoi dei solventi e la pompa si dispongono dei filtri di acciaio sinterizzato (trattato per ridurre al minimo la porosità) con pori di circa 1 mm, che vanno settimanalmente ripuliti in un bagno di ultrasuoni. Giorgio Bonaga 8

Giorgio Bonaga 9

2. POMPE E VALVOLE DOSARICI a. POMPE Le pompe impiegate nei cromatografi HPLC devono soddisfare alcuni requisiti: 1. il flusso del sovente deve essere costante, non pulsato, per evitare un segnale di fondo del rivelatore (RID e ED, in misura molto minore anche FD e DAD) non riproducibile. Anche la pressione applicata non deve fluttuare. I flussi comuni sono compresi nell’intervallo 1,0-2,0 ml/min; 2. il sistema deve poter operare anche a pressioni molto alte (fino a 15000 psi, pari a oltre 1000 atm), per consentire l’utilizzazione di colonne da LC molto lunghe (fino a 100 cm); 3. le pompe non devono produrre un segnale di fondo apprezzabile; 4. il materiale della pompa deve essere chimicamente inerte; 5. le pompe devono essere di uso semplice. Giorgio Bonaga 10

POMPA PNEUMATICA Il solvente si trova in una camera, separato dal gas di spinta da un pistone mobile. L’aumento della pressione del gas di spinta produce la compressione del solvente da parte del pistone e la sua immissione nel circuito della fase mobile. Queste pompe garantiscono un flusso costante, regolato dalla pressione del gas di spinta, ma la pressione costante è anche un parametro invariabile e dunque un limite. Un secondo limite è rappresentato dalla necessità di riempimento periodico della camera del solvente. camera del solvente pistone gas di spinta Giorgio Bonaga 11

POMPA A SIRINGA Un motore asincrono aziona una vite senza fine, la vite muove un pistone che comprime il cilindro della fase mobile. motore sincrono uscita solvente avanzamento manuale motore sincrono leva di blocco riserva solvente Giorgio Bonaga 12

POMPA ALTERNATIVA RECIPROCANTE È l’accoppiamento a 180° di due pompe a pistone comandate dalla stessa camma, in modo da ridurre al minimo il flusso pulsato (flusso smorzato). Le valvole a flusso unidirezionale consentono il caricamento delle camere del solvente e il loro svuotamento in modo alternato, in modo da ottenere un flusso di solvente quasi costante. flusso totale valvola unidirezionale camma ingresso solvente Giorgio Bonaga 13

VALVOLA DI FLUSSO UNIDIREZIONALE Giorgio Bonaga 14

Giorgio Bonaga 15

flusso “smorzato” pompa A pompa B Giorgio Bonaga

%A %B %C Flow Rate Pressure caricamento rheodyne injector iniezione alla colonna %A %B %C Flow Rate Pressure (H2O) (MeOH) (ml/min) (atm.) caricamento rheodyne injector Ready iniezione colonna all’injector smorzatore di impulsi pompa ternaria al detector dai serbatoi del solvente Giorgio Bonaga

b. VALVOLE DOSATRICI MISCELAZIONE AD ALTA PRESSIONE Si impiega una pompa reciprocante per ogni solvente, con il controllo elettronico del numero di impulsi in funzione della composizione della fase mobile. La mandata della pompa è collegata alla camera di miscelazione. MISCELAZIONE A BASSA PRESSIONE I serbatoi dei solventi sono collegati a valvole dosatrici a tempo che prelevano i solventi e li immettono nella camera di miscelazione. Dalla camera di miscelazione la fase mobile viene inviata ad un’unica pompa reciprocante che ne determina il flusso (il minore volume morto consente la regolazione fine del gradiente). valvola dosatrice Giorgio Bonaga 18

3. SISTEMI DI INIEZIONE LC Nella HPLC l’iniettore è un sistema delicato, perché deve consentire di portare il campione liquido dalla pressione atmosferica alla pressione più comune in testa alla colonna, pari a circa 1500 psi (100 atm), senza alterare il flusso della fase mobile. I principali sistemi di iniezione sono: 1. iniettore dinamico provvisto di setto 2. iniettore a valvola 1. INIETTORE DINAMICO È dotato di un setto elastico (di silicone, ma di piccolo diametro) che viene forato dalla microsiringa, il cui ago alloggia in un tubo nel quale viene a contatto diretto con la fase mobile, che trascina i soluti in testa alla colonna. Giorgio Bonaga 19

INIETTORE DINAMICO CON SETTO fase mobile setto pulizia del setto colonna Giorgio Bonaga

2. INIETTORE A VALVOLA (microsample injector valve) Consente l’introduzione del campione senza interruzioni significative di flusso. È dotato di tubi capillari di acciaio montati su un disco metallico rotante su un perno. L’immissione del campione in colonna avviene in due fasi: a) CARICAMENTO il campione viene introdotto con un una siringa in un capillare (sample loop) a volume tarato (10, 20, 50, 100 ml) non inserito nel circuito della fase mobile e collegato al capillare di spurgo. b) INIEZIONE quando il campione iniettato emerge dal capillare di spurgo, si ruota la valvola e i collegamenti dei capillari cambiano: il sample loop entra in serie con il circuito della fase mobile e il campione che lo riempe viene “spinto” nella colonna senza interruzione del flusso della fase mobile. Il volume di campione iniettato non dipende dal volume della siringa, ma dal volume del sample loop. Giorgio Bonaga 21

a) CARICAMENTO (4-3/1-2-5-6) INIETTORE A VALVOLA a) CARICAMENTO (4-3/1-2-5-6) b) INIEZIONE (1-6/4-5-2-3) campione campione 1 1 scarico scarico sample loop sample loop 2 2 6 6 3 3 5 5 4 4 colonna colonna fase mobile fase mobile Giorgio Bonaga 22

VALVOLA CAMPIONATRICE (Microsample Injector Valve) caricamento del campione iniezione del campione loop del campione loop del campione alla colonna alla colonna fase mobile fase mobile scarico scarico Giorgio Bonaga 23

RHEODYNE INJECTOR Giorgio Bonaga

4. COLONNE E FASI STAZIONARIE Le fasi stazionarie verranno dettagliatamente trattate in associazione con le tecniche di separazione LC. Colonna LC in vetro: 1000 mm x 50 mm i.d. Colonna HPLC in acciaio: 250 mm x 4,6 mm i.d. TIPO DI COLONNA LUNGHEZZA (mm) DIAMETRO INTERNO FLUSSO DI LAVORO (ml/min) capillare 150 0,32 0,001 microbore 1,0 0,02 analitica 250 4,6 0,5 semipreparativa 10 5,0 preparativa 20 10,0 Giorgio Bonaga

COLONNA E FASE LC CLASSICA HPLC COLONNA Lunghezza (mm) Diametro interno (mm) 500-2000 20-50 250 (analitica) 4,6 (analitica) FASE STAZIONARIA Forma Dimensione (mm) Tipo Strato pellicolare (mm) regolare 150 a corpo poroso - 10-40 pellicolare 1-2 irregolare 3-60 40 mm strato: 2 mm 40-60 mm 150 mm 10 mm strato: 1 mm Giorgio Bonaga 3-10 mm 26

particella regolare di silice porosa Giorgio Bonaga 27

5. RIVELATORI PER LC Si distinguono in: Bulk property detectors (BPD): sono quelli sensibili a proprietà specifiche dell’insieme soluto/solvente (RID) Solute property detectors (SPD): sono quelli sensibili a proprietà specifiche soltanto del soluto (FD, UVD, ED) 1. Il segnale S di un bulk property detector è proporzionale al flusso di massa del soluto (m/t) e dipende da una costante km caratteristica del rivelatore: S = km m t Moltiplicando numeratore e denominatore per il volume V di fase mobile: V . t S = km m . V Ma m/V = C (concentrazione del soluto) e V/t = F (flusso della fase mobile), pertanto: S = km C . F Giorgio Bonaga

Il segnale in uscita è proporzionale al prodotto della concentrazione del soluto per il flusso della fase mobile che, proprio per questo motivo, deve essere mantenuto costante. A flusso costante l’area del picco cromatografico (approssimata all’area del triangolo di base = t e altezza = S) è: cioè proporzionale alla quantità assoluta del soluto. A = km . m 1 2 2. Il segnale S di un solute property detector è proporzionale alla concentrazione (m/V) e dipende da una costante kc caratteristica del rivelatore: S = kc m V Moltiplicando numeratore e denominatore per t : V . t S = kc t . m Giorgio Bonaga 29

. Ma t/V = 1/F (reciproco del flusso della fase mobile), pertanto: Giorgio Bonaga S = kc 1 . m F . t L’area del picco cromatografico (approssimata all’area del triangolo di base = t e altezza = S) è: m S . t = 2A = kc F m A = kc . 1 2 F cioè inversamente proporzionale al flusso della fase mobile. altezza del picco proporzionale al flusso della fase mobile BPD area del picco indipendente dal flusso della fase mobile altezza del picco indipendente dal flusso della fase mobile SPD area del picco inversamente proporzionale al flusso della fase mobile 30

CARATTERISTICHE IDEALI DEI RIVELATORI PER LC Il detector ideale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: minima deriva della linea di base (drifting) minimo rumore di fondo (noise) elevata selettività, sensibilità e riproducibilità risposta rapida, come tutti i rivelatori “on line” ampio range dinamico: R= k . C (105) minimo volume morto della cella a flusso per evitare l’allargamento dei picchi non produrre il rimescolamento dei soluti nella cella a flusso non essere sensibile alla variazione di composizione della fase mobile (cioè deve consentire l’eluizione a gradiente), alla temperatura e al flusso della fase mobile non essere distruttivo deriva rumore di fondo Giorgio Bonaga 31

CELLE A FLUSSO Cella di tipo Z È un componente critico della strumentazione HPLC perché deve possedere un volume morto molto piccolo, dal momento che il volume determina l’ampiezza della base del picco del soluto in termini di tempo. Pertanto, per separare due soluti occorre che essi abbiano tempi di ritenzione almeno uguali al tempo necessario perché fluisca dalla cella il volume occupato dal soluto che eluisce per primo. Cella di tipo Z la lunghezza è al massimo di 10 mm (1000 mm) e il diametro del cilindro da 10 a 16 mm, per un volume morto molto piccolo, pari a 3-8 ml. Il percorso della fase mobile è lungo la direzione del raggio luminoso. Cella conica nell’eluizione a gradiente, la variazione della composizione della fase mobile determina una sensibile variazione dell’indice di rifrazione (RI), indipendentemente dalla presenza di soluti nella fase mobile. La cella conica ha una sezione che si allarga nella direzione del fascio luminoso, trasformando il gradiente di indice di rifrazione in una lente liquida convessa (convergente) che riallinea il fascio luminoso. Giorgio Bonaga 32

CELLA A FLUSSO TIPO Z Z type cell CELLA A FLUSSO CONICA uscita fase mobile poliammide lente di quarzo CELLA A FLUSSO TIPO Z Z type cell corpo di Al sorgente entrata fase mobile uscita fase mobile CELLA A FLUSSO CONICA tapered type cell sorgente lente liquida entrata fase mobile Giorgio Bonaga 33

EFFETTI DELLA DIMENSIONE DELLA CELLA A FLUSSO SULLA RIVELAZIONE DEI SOLUTI A tVc > tRB B A tVc < tRB B B B tVc < tRB A B Giorgio Bonaga 34

RIVELATORE A INDICE DI RIFRAZIONE (RID) L'indice di rifrazione di un materiale è un parametro macroscopico, solitamente indicato col simbolo “n”, che rappresenta il fattore numerico (vettore d’onda) per effetto del quale la velocità di propagazione di una radiazione elettromagnetica (luce) viene rallentata, rispetto alla sua velocità nel vuoto, quando attraversa il materiale. raggio incidente a raggio riflesso (b = a) b aria: n1 = 1 raggio rifratto g vetro: n2 = 1,5 Giorgio Bonaga 35

TEORIA CORPUSCOLARE: variazione della velocità dei fotoni (Newton) LA VELOCITA’ DELLA LUCE E’ MAGGIORE NEI MEZZI PIU’ RIFRANGENTI fotone a g Giorgio Bonaga 36

TEORIA ONDULATORIA: variazione della velocità dell’onda nelle due fasi LA VELOCITA’ DELLA LUCE E’ MAGGIORE NEI MEZZI MENO RIFRANGENTI B a A g Giorgio Bonaga 37

sin a . n1 = sin g . n2 (sin a/sin g = n2/n1) Giorgio Bonaga Dalle equazioni di Maxwell si può scrivere che: n = c/v dove: n = indice di rifrazione c = velocità della luce v = velocità di fase Si può verificare che nell’aria (dove v = c): n = 1 Dall’ equazione di Maxwell si ottiene la Legge di Snell: sin a . n1 = sin g . n2 (sin a/sin g = n2/n1) Se, ad es., l’angolo di incidenza (a) del raggio di luce su una superficie di vetro è di 40°, l’angolo del raggio rifratto (g) è: sin 40° . 1,0 = sin g . 1,5 = 25,018° (http://ww2.unime.it/weblab/ita/RefractionOfLight/lightrefract_ita.htm) 38

MATERIALE RI SOLUZIONE RI Vuoto 1,00000 Aria (760 mm/Hg) 1,00029 Ghiaccio 1,31 Acqua (20° C) 1,33 Acetone 1,36 Alcol etilico Soluzione zuccherina (30%) 1,38 Quarzo fuso 1,46 Glicerina 1,47 Soluzione zuccherina (80%) 1,49 Vetro “crown” 1,52 Cloruro si sodio 1,54 Disolfuro di carbonio 1,63 Ioduro di metilene 1,74 SOLUZIONE RI H2O (100) 1,330 H2O: EtOH (75:25) 1,337 H2O: EtOH (50:50) 1,345 H2O: EtOH (25:75) 1,352 EtOH (100) 1.360 Giorgio Bonaga 39

Il RID interferenziale misura in continuo la differenza di indice di rifrazione tra la la fase mobile pura e la fase mobile che contiene i soluti. Il fascio prodotto da una sorgente di radiazione visibile viene diviso in due raggi rifratti da un prisma polarizzatore; i due raggi attraversano due celle a flusso contenenti solo la fase mobile pura. All’uscita dalle celle i due raggi vengono ricomposti da un prisma ricompositore del fascio e collimati su un fotomoltiplicatore che misura l’intensità della radiazione (linea di base). Quando la fase mobile trasporta un soluto si avrà una variazione dell’indice di rifrazione (minore o maggiore) a cui corrisponderà una variazione (diminuzione o aumento) della velocità della luce del raggio che attraversa la cella del campione. Questa modificazione produrrà uno sfasamento dei due raggi, tanto maggiore quanto maggiore è la differenza dell’indice di rifrazione. Nella ricombinazione dei due raggi sfasati si ha un’interferenza distruttiva proporzionale alla differenza di velocità, cioè alla concentrazione del soluto. La riduzione di intensità viene misurata dal fotomoltiplicatore ed inviata al registratore che la traduce in un picco. Il rifrattometro richiede la termostatizzazione della fase mobile, perché l’indice di rifrazione dipende dalla temperatura e le variazioni di temperatura produrrebbero la deriva della linea di base. Il rifrattometro è anche incompatibile con una eluizione a gradiente, perché la variazione della composizione della fase mobile produce delle grandi variazioni dell’indice di rifrazione. Giorgio Bonaga 40

indici di rifrazione minori di quello della fase mobile RIFRATTOMETRO INTERFERENZIALE campione registratore prisma ricompositore del fascio prisma polarizzatore del fascio lente lente fotomoltiplicatore Sorgente VIS fase mobile picchi positivi: aumento dell’indice di rifrazione per effetto di soluti con indici di rifrazione maggiori di quello della fase mobile picchi negativi: diminuzione dell’indice di rifrazione per effetto di soluti con indici di rifrazione minori di quello della fase mobile Giorgio Bonaga 41

HPLC DI ZUCCHERI E POLIALCOLI CON RIVELATORE RIFRATTOMETRICO saccarosio galattosio mannitolo sorbitolo glucosio fruttosio iniezione 0 7,5 15 min Giorgio Bonaga 42

rilassamento vibrazionale RIVELATORE A FLUORESCENZA (FD) La fluorescenza è la proprietà di alcune sostanze eccitate da una radiazione di una certa energia n (o l) di emettere radiazioni di energia n inferiore (cioè di l più elevata). Giorgio Bonaga ASSORBIMENTO MOLECOLARE RILASSAMENTO NON RADIOATTIVO RILASSAMENTO DI FLUORESCENZA E 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 E2 4 3 2 1 rilassamento vibrazionale E1 conversione interna banda 1 banda 2 4 3 2 1 E0 43

Per tutte le molecole si può definire il rendimento quantico di fluorescenza (F): Rf Rf + Rnr con: Rf = velocità di rilassamento flurescente Rnr = velocità di rilassamento non radioattivo Per la maggior parte delle molecole Rnr >> Rf per cui F ≈ 0 Alcune sostanze danno luogo a fluorescenza naturale, ma è possibile formare derivati altamente fluorescenti mediante reazioni di derivatizzazione, prima dell’introduzione nel cromatografo. Tra i numerosi reagenti è molto comune il dansil-cloruro nell’analisi di ammine e amminoacidi. H Cl Giorgio Bonaga 44

SOSTANZE NATURALMENTE FLUOSCENTI sostanza formula l (nm) eccitazione emissione intensità relativa benzene C6H6 270 310 10 (rifer.) toluene C6H5 - CH3 270 320 17 propilbenzene C6H5 - C3H7 fluorobenzene C6H5 - F 10 clorobenzene C6H5 - Cl 275 345 7 bromobenzene C6H5 - Br 290 380 5 iodobenzene C6H5 - I - - fenolo C6H5 - OH 285 365 18 ione fenato C6H5 – O - 310 400 anisolo C6H5 - OCH3 285 345 20 anilina C6H5 - NH2 210 405 ione anilinio C6H5 -+NH3 acido benzoico C6H5 - COOH 310 390 3 benzonitrile C6H5 - CN 280 360 nitrobenzene C6H5 - NO2 Giorgio Bonaga 45

È intuitivo che lo spettro di eccitazione (lunghezze d’onda delle radiazioni assorbite) delle sostanze fluorescenti è circa uguale al loro spettro di emissione (lunghezze d’onda delle radiazioni fluorescenti) l eccitazione (nm) 300 350 400 intensità di fluorescenza 300 350 400 l emissione (nm) Giorgio Bonaga 46

I fluorimetri misurano la fluorescenza dei soluti presenti nella fase mobile che sono attivi a questo rilassamento. Il fluorimetro a semisfera riflettente raccoglie la metà della radiazione di fluorescenza emessa in un semispazio e dunque eleva notevolmente la sensibilità strumentale. Esso prevede un primo sistema ottico costituito da una sorgente (a deuterio) che emette delle radiazioni collimate e focalizzate su una combinazione di filtri. I filtri selezionano la l della radiazione di eccitazione che viene focalizzata sulla cella a flusso. Le radiazioni di fluorescenza che vengono emesse vengono raccolte da una semisfera riflettente che le invia ad un secondo sistema ottico i cui filtri hanno il compito di selezionare la l di emissione, trasformarla con il fotomoltiplicatore in un segnale la cui intensità è proporzionale alla concentrazione del soluto che l’ha prodotta ed infine, per mezzo di un registratore, in un picco. Il FD è ovviamente un rivelatore selettivo per soluti fluorescenti o capaci di fissare un gruppo che li rende fluorescenti. Ha una sensibilità dell’ordine di 10-12 g/ml (dunque particolarmente idoneo all’analisi di soluti presenti in tracce) e un range dinamico lineare effettivo di circa 103 (inferiore e quello teorico per effetto dello spegnimento della fluorescenza a causa di decadimenti non radiattivi o quenching). Giorgio Bonaga 47

RIVELATORE A FLUORESCENZA cella a flusso (5 ml) semisfera riflettente OUT sorgente (D) fotomoltiplicatore I° sistema ottico (leccitazione) IN II° sistema ottico (lemissione) Giorgio Bonaga 48

RIVELATORE AD ASSORBIMENTO UV-VIS (UVD) Le radiazioni elettromagnetiche di specifiche l che colpiscono le molecole trasferiscono energia ai loro gruppi funzionali (se cromofori) con eccitazioni elettroniche della configurazione elettronica (passaggio dallo stato fondamentale allo stato eccitato). L’assorbimento di parte dell’energia produce dunque una diminuzione dell’intensità della radiazione incidente. L’assorbimento delle radiazioni UV-VIS (VIS = 380-800 nm; UV = 210-380 nm; UV lontano = < 210 nm) è molto utilizzato nella HPLC di molecole organiche, proprio per la particolare configurazione elettronica dei loro gruppi funzionali. I0 I e, C b Giorgio Bonaga 49

Questa proprietà, detta assorbanza, è governata dalla Legge di Lambert-Beer (una legge limite, valida solo per soluzioni diluite, con C < 0,01 mol/l). dove: A = assorbanza I0 = intensità della radiazione incidente I = intensità della radiazione trasmessa e = assorbività molare (costante di ogni sostanza) b = cammino ottico della cella di misura (cm) C = concentrazione molare della sostanza A = log = e b C I0 I Giorgio Bonaga 50

Naturalmente solo le sostanze contenenti dei gruppi funzionali cromofori assorbono dellle l caratteristiche del gruppo, con assorbività molari note. gruppo funzionale cromoforo l (nm) e aldeide - CHO 210, 280-300 1500; 11-18 ammina - NH2 195 2800 aromatico: antracene benzene bifenile naftalene piridina C6H6 252; 375 184; 202; 255 246 220; 275; 312 174; 195; 251 199000-7900 46700; 6900; 170 20000 80000; 4000; 3500 azide - C=N - 190 5000 azo - N=N - 285-400 3-25 bromuro - Br 208 300 carbossilico - COOH 200-210 50-70 chetone - C=O 195; 270-285 1000; 15-30 disolfuro - S-S - 194; 255 5500; 400 estere - COOR 205 50 etere - O - 185 1000 Giorgio Bonaga 51

insaturazione coniugata - (C=C)3 – - (C=C)4 - - (C=C)5 - 260 300 330 alifatica aliciclica 210-230 230-260 21000 3000-8000 insaturazione coniugata - (C=C)3 – - (C=C)4 - - (C=C)5 - 260 300 330 35000 52000 118000 insaturazione isolata: doppio legame triplo legame C=C – - C C - 190 175-180 8000 6000 ioduri - I 400 nitrato - ONO2 270 12 nitrile - C=N 160 - nitrito - ONO 220-230; 300-400 1000-2000; 10 nitro - NO2 210 forte nitroso - NO 302 100 ossima - NOH 5000 solfone - SO2 180 solfossido - S - O 1500 tiochetone - C=S 205 tioetere - S - 194; 215 4600; 1600 tiolo - SH 195 1400 Giorgio Bonaga 52

Per ottenere il risultato analitico è essenziale che le sostanze analizzate forniscano un assorbimento sufficiente e che i solventi impiegati come fase mobile non assorbano una quantità rilevante della radiazione UV utilizzata. È pertanto utile conoscere le l di “cut-off” dei principali solventi, ovvero la l alla quale un solvente è trasparente solo per il 10% e per questo impedirebbe di misurare gli assorbimenti dei soluti. solvente l di cut off acetato di etile 244 eptano 200 acetone 330 esano acetonitrile 190 etere dietilico 220 benzene 280 metanolo 205 butan-2-olo 260 metil-i butilchetone 335 carbonio tetracloruro 265 pentano carbonio dicloruro 235 piridina cloroformio 245 propan-1-olo 210 cicloesano tetraidrofurano dimetilsolfossido 270 toluene 285 diossano 215 o-Xilene Giorgio Bonaga 53

I rivelatori UV utilizzati in HPLC possono essere a lunghezza d’onda fissa o a lunghezza d’onda variabile. I primi sono dotati di una lampada a vapori di mercurio che emette un’intensa radiazione a 254 nm, ma non possono essere utilizzati per rivelare sostanze che assorbono a l < 254 nm ed hanno anche ridotta sensibilità. I secondi possono registrare lo spettro completo di assorbimento UV di qualsiasi soluto. Attualmente il più diffuso è il DAD (Diode Array Detector). Nel rivelatore a striscia di diodi (DAD), la sorgente VIS è una lampada alogena di tungsteno (380-800nm) e la sorgente UV è una lampada ad arco di deuterio (190-380 nm). Il fascio di luce policromatica, focalizzata da lenti acromatiche e da un filtro di olmio, attraversa la cella a flusso, preferibilmente conica per evitare le variazioni dell’indice di rifrazione della fase mobile nel caso di eluizione a gradiente. Il fascio di luce emergente viene focalizzato da una fenditura su un reticolo monocromatore che disperde la luce su una serie di fotodiodi (fino a 1024, per un range di l = 190-950) collocati lungo una striscia (diode array). Ciascun fotodiodo misura l’intensità del segnale ad una certa l ed è collegato con un calcolatore che memorizza, istante per istante, tutti i segnali di assorbanza forniti dai sensori della striscia di fotodiodi. Il DAD, dunque, fornisce lo spettro UV-VIS completo dei soluti che eluiscono dalla colonna. Giorgio Bonaga 54

RIVELATORE A STRISCIA DI DIODI (DAD = Diode Array Detector) VIS (Tg) UV (D) striscia di fotodiodi (diode array) filtro di olmio lenti acromatiche campione fenditura reticolo monocromatore Giorgio Bonaga 55

ABS AUFS l RunTime EndTime Giorgio Bonaga ABS AUFS l RunTime EndTime 0.001 2.000 254 0.00 min 10.0 min Ready 56

ABS AUFS l RunTime EndTime Giorgio Bonaga tiammina solventi ABS AUFS l RunTime EndTime 0.001 2.000 254 0.00 min 10.0 min Ready 57

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RIVELATORE ELETTROCHIMICO (ED) I rivelatori elettrochimici (amperometrici, polarografici, coulombometrici) sono utilizzati nella rivelazione di soluzioni ioniche o si soluzioni di elettroliti, cioè soluti presenti in forma ionica e suscettibili di essere ossidati o ridotti con facilità. 1. Rivelatore conducimetrico: misura la conduttanza ( = 1/R, in Siemens) di soluzioni ioniche, direttamente proporzionale alla mobilità degli ioni in soluzione; 2. Rivelatore amperometrico: misura l’ intensità (I = V/R, in Ampère) della corrente prodotta dalle reazioni di ossidazione o dalla reazioni di riduzione di soluzioni di elettroliti, direttamente proporzionale alla concentrazione dei soluti.. Durante le ossidazioni gli elettroni vengono trasferiti dal soluto all’elettrodo, durante le reazioni di riduzione gli elettroni si trasferiscono dall’elettrodo al soluto. AMPEROMETRIA CONDUCIMETRIA Ox e HCOO- Na+ e + Red _ + _ Giorgio Bonaga 59

I rivelatori amperometrici, i più diffusi tra i rivelatori elettrochimici, si basano sul potenziale di un elettrodo di lavoro rispetto il potenziale di un elettrodo di riferimento. Si ha un passaggio di corrente quando dalla colonna eluisce una specie chimica che, depolarizzando l’elettrodo rispetto il potenziale impostato, rende possibile il processo di elettrolisi, di cui si misura l’intensità (I) della corrente prodotta. Il rivelatore elettrochimico amperometrico è costituito da 3 elettrodi (wall jet detector): un elettrodo di riferimento (RE = reference electrode), un elettrodo di lavoro di platino o di grafite (WE = work electrode) e un elettrodo ausiliario (CE = counter electrode). Si impone una d.d.p. tra WE e CE in modo che si possa determinare l’intensità della corrente prodotta dalla reazione red-ox di elettrolisi. La reazione red-ox dei soluti avviene ad un potenziale che permette, tramite un circuito potenziostatico, di mantenere costante il potenziale dell’elettrodo WE. L’elettrodo di riferimento serve a mantenere ad un valore prestabilito il potenziale dell’elettrodo WE. La fase mobile con i soluti lambisce l’elettrodo WE e si disperde radialmente. L’intensità della corrente di idrolisi è il segnale che produce il picco proporzionale alla concentrazione del soluto. La purezza dei solventi è molto importante perché la presenza di ossigeno, contaminanti metallici e alogeni può innalzare sensibilmente il disturbo di fondo e la deriva della linea di base. Giorgio Bonaga 60

RIVELATORE ELETTROCHIMICO (AMPEROMETRICO) elettrodo ausiliario (CE) OUT filo di platino e pasta di grafite elettrodo di riferimento (RE) elettrodo di lavoro (WE) IN Giorgio Bonaga 61

SOSTANZE SENSIBILI ALL’ ED André-Marie Ampère SOSTANZE SENSIBILI ALL’ ED OSSIDAZIONE RIDUZIONE ammine composti eterociclici diammine aromatiche diidrossiderivati fenoli idroperossidi mercaptani ossime perossidi purine acidi aldeidi chetoni composti aromatici alogenati doppi legami coniugati esteri nitrili coniugati nitrocomposti Giorgio Bonaga

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RIVELATORE A LUCE DIFFUSA IN EVAPORAZIONE (Evaporative Light Scattering Detector = ELS) L’eluato dalla colonna attraversa un nebulizzatore nel quale viene trasformato in un aerosol da un flusso di azoto o di aria. In un tubo termostatato avviene l’evaporazione del solvente e la formazione di una nube di soluto. Questa nube particellare viene attraversata da un raggio laser posto ortogonalmente e la diffusione della luce prodotta dai soluti viene rivelata da un fotodiodo al silicio. Giorgio Bonaga 64

luce diffusa colonna N2 o aria nebulizzatore fotodiodo (silicio) camera di nebulizzazione tubo di evaporazione (termostatato) sifone sorgente laser Giorgio Bonaga 65

PRESTAZIONI DEI RIVELATORI HPLC RIVELATORE GRANDEZZA MISURATA SPECIFICITA’ LOD(*) (grammi) RANGE DINAMICO LINEARE ad indice di rifrazione indice di rifrazione universale 10-10 103 a fluorescenza fluorescenza selettivo 10-14 ad assorbimento UV-VIS assorbanza 10-11 104 elettrochimico (amperometro) conduttanza 10-15 105 evaporative light scattering luce diffusa 10-12 spettrometro di massa massa/carica (*) LOD = limit of detection (diverso da: LOQ = limit of quantification) Giorgio Bonaga 66