La Depressione Casi clinici Pasquale Parise IPRA.

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La Depressione Casi clinici Pasquale Parise IPRA

La Depressione Già negli anni ’70 la depressione cominciava ad essere definita la patologia psichica più diffusa al mondo con 100.000.000 di persone affette e negli anni ’80 il Prozac riusciva a conquistarsi la copertina del Time

La Depressione

Un po’ di epidemiologia Il rischio life-time di sviluppare un episodio depressivo va dal 10 al 25% per le donne e dal 5 al 12% per gli uomini La prevalenza puntuale va dal 5 al 12% per le donne ed è del 2-3% per gli uomini Il rischio di commettere suicidio è del 10-15% (il 4% di quelli che commettono suicidio si rendono prima responsabili della morte di altre persone) Il 15% dei pz che verrà ricoverato per depressione morirà suicida Il 10% dei pz che tenta il suicidio finirà per attuarlo

La Depressione La cosa interessante è che col diffondersi degli antidepressivi, dagli anni 60 in poi, è progressivamente peggiorata la prognosi della malattia depressiva, nel senso della cronicità (dalla metà ai 2/3 di pz con un episodio depressivo tendono ad averne altri nel corso della loro vita).

Cambiamenti epistemologici del XX sec Universo: Multiverso regole e principi abbastanza chiari cui corrispondere, senso univoco della realtà, società fondata essenzialmente sulla disciplina e sulla colpa molteplicità dei punti di vista e dei valori di riferimento, senso del reale sempre meno definito (realtà virtuali), società sempre più fondata sulla responsabilità individuale e sulla capacità d’iniziativa del singolo

Cambiamenti epistemologici del XX sec Più che ad una perdita dei valori, che spesso qualcuno lamenta, assistiamo ad una molteplicità degli stessi e dei punti di riferimento, e questo corrisponde ad un soggetto sempre più libero di scegliere la propria vita, di essere sé stesso.

Individuo e Società Si passa quindi da una retorica della FELICITA’ intesa come il sapersi uniformare ai propri DOVERI ad una retorica della felicità come realizzazione dei propri DESIDERI.

Individuo e Società da una parte si sente sempre più il diritto a scegliere la propria vita e il diritto/dovere ad affermare sé stessi e il proprio Sé dall’altra il prezzo da pagare per questa progressiva accentuazione della responsabilità individuale e per questa esigenza di autofondazione dell’individualità post-moderna è stato rappresentato dall’emergenza di una patologia dell’insufficienza, quali molte delle depressioni attuali possono considerarsi (Si pensi a tutte le terapie basate sul rinforzo dell’autostima, ai training assertivi finalizzati all’affermazione di sé, che di fatto si riducono spesso ad un addestramento per una continua ricerca di integrazione sociale per approvazione o contrapposizione)

Individuo e Società Dagli anni ’70 in poi le nuove linee portanti della costruzione sociale del Self sono sempre più ancorate ai temi della privatizzazione dell’esistenza e della realizzazione personale con il conseguente paradigma di, da un lato, vivere per sé stessi e di sé stessi, dall’altro di ricercare continuamente il riconoscimento e l’approvazione dell’Altro.

Individuo e Società L’azione oggi è sempre più individualizzata. Cioè fa capo ad un soggetto, un agente, che se ne assume la responsabilità in prima persona. Da ciò l’iniziativa individuale diventa il principale parametro di valutazione del valore di una persona: la necessità di essere ‘performante’ diventa un imperativo sociale cui corrispondere pena la perdita dell’autostima: fiducia in sé stessi, efficienza, energia, capacità d’iniziativa sono le qualità che consentono di rimanere in corsa. E su queste caratteristiche si staglia, per contrasto, la fenomenologia degli attuali quadri depressivi. (e proprio su queste caratteristiche viene fondato il marketing dei nuovi antidepressivi..)

Aspetti fenomenologici La depressione viene così ad essere intesa sempre più come una patologia dell’azione, della capacità d’iniziativa e della motivazione; e ancora patologia del tempo (si pensi alla frantumazione del presente e del futuro, e all’annullamento del passato). L’asse sintomatologico si è sempre più spostato dalla tristezza e dalla stimmung melanconica alla inibizione e alla perdita dell’iniziativa.

Depressione e Nosografia Dagli anni ’60 in poi il termine ‘depressione’ andava progressivamente sostituendo i termini Isteria e Neuroastenia come patologie “alla moda”, e si affermava come patologia dotata di una sua autonomia e dignità nosografica. In concomitanza venivano fuori crescenti difficoltà sulla sua definizione

Depressione e Nosografia Nel ‘63 veniva scritto su una autorevole rivista di medicina francese: “ E’ un disturbo che manca di una sua specificità, non essendo altro che il comune denominatore della maggior parte delle affezioni psichiatriche”.

Depressione e Nosografia Negli anni ‘70 Robert Kendell, un’autorità della psichiatria biologica, scriveva sul British Journal: “Durante gli ultimi 50 anni, e ancora più gli ultimi 20 anni, sono state proposte innumerevoli classificazioni della malattia depressiva….Tuttavia le affermazioni e le proposte, nonché i problemi metodologici, risultano talmente in contrapposizione tra loro che solo i diretti interessati, e a fatica, possono comprendere quel che succede”. In quel periodo si oscillava tra una concezione unitaria e una che prevedeva 9 sottotipi di depressione.

Depressione e Nosografia Fino ad arrivare agli anni ’90 con van Prahag che scrive sul “the Journal of Nervous and Mental Desease”: “La confusione nelle classificazione delle depressioni è di durata ormai trentennale…e, a conti fatti la situazione attuale è ulteriormente peggiorata. Una volta gli psichiatri erano almeno consapevoli del caos diagnostico in cui erano costretti ad operare…Oggi il caos è codificato e questo rende tutto più difficile”.

Depressione e Nosografia Secondo alcuni studiosi le difficoltà classificatorie della depressione nascono probabilmente da due fattori: eterogeneità della sintomatologia (che va dalle depressioni melanconiche alle depressioni mascherate) universalità delle manifestazione sintomatologiche (essendo tra i disturbi più facilmente riconoscibili i disturbi dell’umore li possiamo trovare in quasi tutte le diagnosi psichiatriche)

Depressione e Post-razionalismo Dal nostro punto di vista uno scompenso depressivo può avere svariate forme a seconda delle categorie di significato interessate: ogni stile di personalità può deprimersi con modalità fenomeniche peculiari. In questo senso la nostra scuola distingue: uno scompenso depressivo specifico reazioni depressive aspecifiche

Depressione e Post-razionalismo Le reazioni depressive aspecifiche possono riguardare stili di personalità Fob, Dap, Oss. gli scompensi depressivi specifici sono più tipici delle personalità depressive.

Personalità Depressive la loro storia di sviluppo è caratterizzata da un pattern d’attaccamento evitante: sono bambini che hanno generalmente avuto genitori depressi a loro volta, o caratterizzati da un controllo anaffettivo sui figli, in cui il bambino viene spesso a trovarsi in posizione di “parental child”, dove da una parte gli vengono date delle responsabilità al di sopra della sua portata, dall’altra non gli viene dato il supporto emotivo necessario per reggere queste responsabilità. L’altra possibilità è quella di avere genitori apertamente rifiutanti, respingenti o abusanti. A volte nella storia di sviluppo di questi bambini può esserci una perdita reale, es. la morte di una figura d’attaccamento in età precoce, ma tutto dipende dalle modalità con le quali la perdita è elaborata e anche come il lutto viene elaborato dalle figure d’attaccamento rimaste

Personalità Depressive Nell’ambito di queste modalità d’attaccamento il bambino impara presto a non manifestare i propri bisogni, strutturando sempre più comportamenti orientati verso l’autosufficienza compulsiva : il massimo del rifiuto lo si può avere quando il bambino chiede aiuto (manifestando i propri bisogni e mostrando il proprio disagio): in queste situazioni si trova nelle condizioni di massima vulnerabilità. Questi bambini imparano presto a non segnalare alcun tipo di bisogno o di necessità, imparano a tenere per sé i propri sensi di angoscia e di solitudine. L’espressione di tali stati d’animo a dei genitori distaccati, implicitamente o esplicitamente rifiutanti, non farebbe che aumentare i propri sensi di rifiuto e di solitudine.

Personalità depressive Considerate queste modalità d’attaccamento si capisce come i bambini depressi strutturino la propria identità su tonalità emotive basiche frequentemente oscillanti tra rabbia e disperazione

Personalità depressive Una delle strategie più utilizzate dai bambini depressi è quella della “disconnessione cognitiva”: cioè la disconnessione tra uno stimolo, che provoca una reazione, e la reazione stessa: infatti ricordiamoci che ogni percezione di perdita o di rifiuto si accompagna ad una oscillazione di disperazione e/o rabbia; il problema, quindi, per mantenere una regolazione emotiva accettabile è quello di modulare l’input, ad es. negando una situazione di rifiuto. Disconoscendo il rifiuto, la reazione emotiva viene separata dallo stimolo che l’ha prodotta, sfasata temporalmente e con conseguenti difficoltà nell’attribuzione di significato. D’altra parte questa disconnessione limita reazioni violente verso la figura d’attaccamento, ‘limitando i danni’.

Personalità depressive Il loro ‘sentirsi’ è caratterizzato da frequenti oscillazioni tra tonalità emotive contrastanti, quali rabbia e disperazione, a cui spesso non riescono ad attribuire un significato personale coerente, e questo rimanda loro un senso intrinseco di negatività, come la conferma che c’è qualcosa in loro che non va. Tale negatività si riferisce generalmente agli aspetti emotivi e affettivi; dal punto di vista cognitivo hanno invece un senso di grande competenza. Da questo deriva il tema dello “sforzo”, spesso al centro della propria filosofia di vita (grandi lottatori), che è una modalità, strenua, per essere accettati dal consorzio umano. Il depresso ha sempre questo tema di un destino di diversità dal resto del mondo, per cui se lo sforzo riesce diventa un destino di elezione, se non riesce diventa un destino di condanna.