Comprender-SI per aiutare LO STRESS NEL SOCCORRITORE ED IL LAVORO IN EQUIPE
Le vittime Consigli per l’uso Chi sono Reazioni individuali all’evento critico Modelli d’intervento per i volontari Consigli per l’uso La comunicazione in emergenza: come, cosa e quando Alcune situazioni particolari: le sindronmi psichiatriche e l’abuso di sostanze I Soccorritori Fattori di rischio e reazioni Disturbi legati allo stress Strumenti di auto – tutela
L’identikit del volontario
Fattori protettivi aumento dell’autostima, sviluppo di competenze relazionali specifiche, capacità di fronteggiare situazioni imprevedibili; acquisizione di abilità tecniche, doti fisiche e relazionali da utilizzare per il soccorso alle altre persone; capacità di collaborazione nella dimensione di gruppo e lavoro di squadra; ruolo da protagonista attivo di un evento; utilizzo degli aspetti tecnici dell’intervento per attutire l’impatto emotivo; Motivazione (!)
… Ma non sono tutte rose e fiori … Lavorare costantemente a contatto con la sofferenza e con situazioni di pericolo espone i soccorritori allo stress ed al rischio di: trauma primario trauma vicario stratificazione che possono indebolire l’effetto protettivo dei fattori positivi!
I fattori di rischio per i soccorritori sono : OGGETTIVI SOGGETTIVI INTERNI (personali del Soccorritore) RICHIESTE E PRESSIONI DELL’ORGANIZZAZIONE ESTERNI
inefficacia dei mezzi ULTERIORI FONTI DI STRESS Urgenza incontro con la morte, specie se di massa, violenta o di bimbi percezione di cattiva assistenza alle vittime inefficacia dei mezzi turni lunghi di lavoro e poca organizzazione ambiguità del proprio ruolo scarsità di fondi e risorse condizioni atmosferiche
Il soccorritore FUNZIONARE IN MODO “SANO” IN UN E’ CHIAMATO AD UN COMPITO PARADOSSALE DAL PUNTO DI VISTA PSICO-SOCIALE: FUNZIONARE IN MODO “SANO” IN UN CONTESTO NEL QUALE TUTTI HANNO IL DIRITTO AD AVERE REAZIONI ECCEZIONALI AD EVENTI TRAUMATICI !
Anche gli eroi piangono? LA PAURA E’ UN’EMOZIONE FONDAMENTALE DELLA NOSTRA VITA E COSTITUISCE UNA RISPOSTA NORMALE DEL NOSTRO CORPO AD UN EVENTO SCONOSCIUTO E POTENZIALMENTE PERICOLOSO. NON E’ NECESSARIAMENTE NEGATIVA, ANZI PUO’ RAPPRESENTARE UN MECCANISMO SALVAVITA, ATTIVANDO CORPO E MENTE A FRONTEGGIARE UNA MINACCIA. L’ABITUDINE A VIVERE EVENTI PERICOLOSI AUMENTA LA SOGLIA DELLA PAURA
IL PANICO E’ UN’EMOZIONE CON EFFETTO INVALIDANTE E RAPPRESENTA UNA RISPOSTA DISFUNZIONALE VERSO UN EVENTO POTENZIALMENTE PERICOLOSO. LE PRINCIPALI MANIFESTAZIONI SONO: DESENSIBILIZZAZIONE, ESTRANEAMENTO IPERATTIVITA’ BLOCCO TOTALE TACHICARDIA, DIFFICOLTA’ A RESPIRARE, SVENIMENTO SUDORAZIONE, SECCHEZZA DELLA BOCCA GIRAMENTO DI TESTA
L’INTERVENTO DI SOCCORSO PREVEDE: FASE DI ALLARME FASE DELLA MOBILITAZIONE FASE DELL’AZIONE FASE DEL “LASCIARSI ANDARE”
FASE DI ALLARME Primo impatto con l'evento traumatico Alle sensazioni iniziali di stordimento, ansia, senso d’irritabilità e irrequietezza possono seguire reazioni, più o meno forti, di tipo: fisico (accelerazione del battito cardiaco, aumento pressorio, difficoltà respiratorie) cognitivo (disorientamento, difficoltà nel dare senso alle informazioni ricevute e nel comprendere la gravità dell'evento); emozionale (ansia, stordimento, shock, paura per ciò che si incontrerà sulla scena dell'evento); comportamentale (diminuzione dell'efficienza, aumento del livello di attivazione, difficoltà di comunicazione).
COSA FARE? RICORDARSI CHE CIO’ CHE SENTIAMO E’ NORMALE: ACCETTARE E IMPARARE A CONOSCERE I “SINTOMI” CHE CARATTERIZZANO LA NOSTRA REAZIONE CONCENTRARSI SULLA RESPIRAZIONE CONCENTRARSI SUI DATI OGGETTIVI COLLABORARE CON I COLLEGHI
FASE DELLA MOBILITAZIONE Superamento impatto iniziale anche grazie al fatto che l’azione dissolve la tensione e favorisce l'autocontrollo. In questa fase sono presenti in tono minore la maggior parte delle reazioni della fase precedente, alle quali si unisce il passaggio all'azione finalizzata e coordinata e l'interazione.
COSA FARE? INIZIARE A CONFRONTARSI CON I COLLEGHI SUL POSSIBILE INTERVENTO CHE CI ASPETTA DIVIDERSI I COMPITI E DECIDERE CHI FARA’ CHE COSA RIPASSARE MENTALMENTE LE PROCEDURE DA COMPIERE, soprattutto quelle che ci preoccupano di più RIPASSARE MENTALMENTE LA DISPOSIZIONE DEI PRESIDI
FASE DELL’AZIONE E’ il soccorso a favore delle vittime. Il soccorritore può vivere emozioni contrastanti: euforia, ma anche sentimenti di delusione, ma anche colpa, inadeguatezza Ciò si accompagna a reazioni di tipo: fisico (aumento del battito cardiaco, della frequenza respiratoria, tremore); cognitivo (difficoltà di memoria, disorientamento, confusione, difficoltà di comprensione); emozionale (senso di invulnerabilità, euforia, ansia, rabbia, tristezza, assenza di sentimenti); comportamentale (iperattività, facilità allo scontro verbale o fisico, aumento dell'uso di tabacco, alcol, farmaci, ecc.).
COSA FARE? LAVORARE IN SQUADRA, EVITANDO SE POSSIBILE DI RESTARE DA SOLI O DI PERDERE IL CONTATTO CON GLI ALTRI PRESTARE ATTENZIONE ALLE PROPRIE REAZIONI E RICONOSCERE I PROPRI LIMITI, fermandosi un po’ prima di raggiungerli!!! NON VERGOGNARSI DI ESPRIMERE I PROPRI LIMITI E NON TEMERE IL GIUDIZIO DEGLI ALTRI: è una ruota che gira!!! CONDIVIDERE A CALDO CON I COLLEGHI LE EMOZIONI ED I SENTIMENTI PROVATI.
FASE DEL “LASCIARSI ANDARE” Fine del servizio e ritorno alla routine lavorativa o sociale. Due contenuti caratterizzano questa fase: Il carico emotivo che durante l'azione è stato represso ma ora riemerge con evidenza; Il complesso di vissuti indotti dalla separazione dagli altri soccorritori con i quali si è vissuto l’intervento e il ritorno alla vita quotidiana con le relative aspettative. Esistono reazioni negative abbastanza comuni: La difficoltà nel: distendersi, rilassarsi, addormentarsi. La tristezza, la tensione, la rabbia, la rievocazione di eventi e vissuti particolarmente forti sul piano emotivo.
COSA FARE? PRENDERSI UN TEMPO DI CALMA PER CONDIVIDERE CON IL GRUPPO L’ESPERIENZA FATTA e CERCARE DI TROVARE SPAZI DI “DECOMPRESSIONE” EVITARE DI FARE TURNI TROPPO LUNGHI RAFFORZARE LE RELAZIONI SIGNIFICATIVE SIA DENTRO CHE FUORI LA CRI CURARE L’AUTO – FORMAZIONE E I MOMENTI DI AGGIORNAMENTO CONTINUI TROVARE LE PROPRIE STRATEGIE DI RILASSAMENTO E ATTUARLE IN MANIERA COSTANTE!
Disturbo post traumatico da stress (P.T.S.D) sintomi intrusivi evitamento e ottundimento iperattivazione Sogni/ricordi spiacevoli ricorrenti Agire/sentire come se l’evento si stesse ripresentando Disagio emotivo/fisico verso ciò che richiama direttamente o indirettamente l’evento Evitare pensieri/discorsi associati all’evento; attività/luoghi persone rievocative Incapacità di ricordare cosa è successo Riduzione marcata dell’interesse/partecipazione alla propria vita Estraneità/distacco/ affettività limitata Difficoltà di addormentarsi/mantenere il sonno Irritabilità Difficoltà a concentrarsi Ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme
DISTURBO ACUTO DA STRESS HA UNA SINTOMATOLOGIA SIMILE AL PTSD, MA SI MANIFESTA ENTRO UN MESE ED HA UNA DURATA LIMITATA. Insensibilità e distacco Derealizzazione e depersonalizzazione Riduzione della consapevolezza del mondo circostante Amesia dissociativa
DISTURBO DELL’ADATTAMENTO PIU’ FREQUENTE, CARATTERIZZATO DA SINTOMI MENO GRAVI, MA PIU’ INSIDIOSI PERCHE’ FACILMENTE SOTTOVALUTATI IPERATTIVITA’ IRRITABILITA’ AGGRESSIVITA’ INSONNIA STANCHEZZA DISTURBI INTESTINALI SENSI DI COLPA CALO APPETITO o IPERFAGIA CALO LIBIDO CINISMO SENSO DI INUTILITA’ INCAPACITA’ DI VIVERE AL DI FUORI DELL’EMERGENZA
Prevenirlo significa: BURNOUT (lo spegnimento) Per i soccorritori è legato ad una duplice fonte di stress: quello personale e quello della persona aiutata. Prevenirlo significa: riduzione tensioni emotiva prevenire visione negativa autostima e senso di autorealizzazione
E’ CARATTERIZZATO DA TRE FATTORI: Esaurimento emozionale: è la perdita delle risorse personali ed emotive; l’operatore ha la sensazione di non aver più nulla da offrire ai pazienti. Depersonalizzazione: è una dimensione che comprende una serie di comportamenti negativi dell’operatore nei confronti dei pazienti (risposta fredda e impersonale, sentimenti di squalifica verso l’utenza, rifiuto, cinismo, aperta ostilità). Riduzione delle capacità personali si manifesta con una sensazione di inadeguatezza professionale e porta a una caduta dell’autostima e del desiderio di progressi professionali. Ad esse si associano manifestazioni psicosomatiche: inappetenza, perdita di peso, disturbi del sonno, disturbi sessuali ecc
COSA BISOGNA EVITARE DI FARE: LAVORARE TROPPO A LUNGO DA SOLI, SENZA UN CONFRONTO CON I COLLEGHI FARE TURNI FREQUENTI, TROPPO LUNGHI E SENZA INTERRUZIONI RIUFIUTARSI DI CONDIVIDERE CON AMICI E COLLEGHI LE ESPERIENZE, LE PROPRIE SENZAZIONI O EMOZIONI RITENERE DI ESSERE INVULNERABILI O CHE CERTE COSE RIGUARDINO SOLO GLI ALTRI NEGARE E NON RISOLVERE POSSIBILI CONFLITTI LATENTI NON CHIEDERE AIUTO QUANDO SI CAPISCE CHE DA SOLI NON E’ POSSIBILE RISOLVERE UNA SITUAZIONE DI DISAGIO!