“… e la vostra gioia sia piena”. Parrocchia S. Paolo Apostolo CROTONE “… e la vostra gioia sia piena”. PROGRAMMAZIONE PASTORALE PARROCCHIALE 2015/2016 12/13 settembre 2015
Signore Gesù Cristo, ti ringraziamo per la cura attenta con la quale hai istruito i tuoi discepoli e con la quale oggi istruisci noi. Signore, Tu hai messo in gioco tutto quanto era tuo, persino la tua relazione infinita col Padre nello Spirito: tu l’hai posta di fronte a noi che rischiamo di non comprenderla, di banalizzarla, di dimenticarla; ce ne hai parlato affinché comprendessimo quale grande amore ci ha generati. Fa’, o Signore, che, come membra del Consiglio Pastorale Parrocchiale, rimaniamo in Te come i tralci rimangono uniti alla vite che li sostiene e li nutre e per questo fruttificano; donaci uno sguardo di fede e di speranza che sappia passare dalle parole e dai desideri alla concretezza delle opere, a immagine di Te, che ci hai amato fino alla fine, donando la tua vita a noi perché avessimo la vita in Te. Preghiera iniziale
La comunità parrocchiale, seguendo le indicazioni del cammino pastorale della Diocesi, continua a far proprie le indicazioni del Programma Pastorale Diocesano: «…e la vostra gioia sia piena». In questo cammino siamo invitati a guardare all’’anno giubilare come filo rosso del nostro itinerario pastorale. Questo cammino si innesterà nell’Anno Santo giubilare, in virtù del quale papa Francesco ci invita a porre al centro delle nostre comunità il tema della misericordia, quale evento ecclesiale propizio per risanare le ferite nostre e di tutti coloro che accostiamo nel cammino di vita e di evangelizzazione. Il Convegno Ecclesiale di Firenze. Non si tratta, quindi, di disegnare in astratto i termini e i confini di un «nuovo umanesimo»: si sceglie invece di partire dalle testimonianze che sono esperienza vissuta della fede cristiana e che si sono tradotte in spazi di «vita buona del Vangelo» per la società intera. La Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia. «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Il Sinodo sulla famiglia
All’inizio del ministero della Chiesa c’è questa testimonianza: le parole di Pietro alla Porta Bella del Tempio di Gerusalemme: «Non ho né argento né oro; ma quello che ho, te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!» (At 3,6). Riconoscenti allo Spirito Santo per i passi progressivi che stiamo facendo, siamo incoraggiati a percorrere con generosità ed entusiasmo nuove strade di conversione pastorale, di sinodalità e di missione. La misericordia è un mistero da contemplare spiritualmente e da offrire pastoralmente come cifra di una relazione rinnovata con l’umanità. Essa mostra la via di un Dio che ama la sua creatura incessantemente nonostante i limiti che derivano dal suo essere peccatore: “Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre.” (Misericordiae Vultus, Bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia, 3). Obiettivo della traccia del Convegno Ecclesiale di Firenze è dunque continuare un dialogo e un cammino, stimolando la consapevolezza ecclesiale, e cercare insieme vie nuove per affrontare le sfide coltivando la pienezza della nostra umanità, più che formulare teorie umanistiche astratte o offrire programmi e schemi pastorali precostituiti
Gv 15,9-17 9In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.12Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. 17 Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri».
Teniamo presente Per capire quanto dice Gesù Seconda parte del secondo discorso di addio dell’ultima cena. Il brano odierno segue immediatamente la pericope di Gv 15,1-8: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo» Gv 15,9-17, ci propone il modo migliore di applicare l’immagine della vite e i tralci All’invito: «RIMANETE IN ME» (Gv 15,4) subentra un’altra esortazione «RIMANETE NEL MIO AMORE» (Gv 15,9).
Testo È l’applicazione pratica (spiegazione) dell’immagine vite/tralci. Specifica il senso del «rimanere in Gesù». Ripropone il «comandamento nuovo». (Gv 13,34 ss).
TEMA CENTRALE DELLA PERICOPE E’ IL DINAMISMO DELL’AMORE v. 9 In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. L’origine di tutto è l’amore (agápē) del Padre, effuso sul Figlio, il quale lo ha dimostrato all’umanità. TEMA CENTRALE DELLA PERICOPE E’ IL DINAMISMO DELL’AMORE Giovanni nel suo Vangelo usa il termine Amore (agápaō) per esprimere essenzialmente l’amore divino donativo. Qui l’amare è indicato da due verbi eráō = eros e fileō=amore, dettato e segnato da legami parentali o da vincoli di sangue o da affinità amicali.
«La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo «La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia.»(Misericordiae Vultus,12) Per accogliere l’invito di papa Francesco a vivere l’anno che ci aspetta all’insegna di una misericordia operosa, si è pensato di proporre alcuni gesti simbolici e significativi di un cammino di conversione già in atto, che richiede tuttavia un maggiore slancio apostolico verso gli ultimi, i sofferenti, i peccatori, chiunque porti nel cuore ferite ancora aperte. Essi costituiscono l’opportuno preludio per innervare il nostro agire cristiano di opere di misericordia sia spirituali che corporali, affinché gli uomini e le donne di questo tempo siano toccati attraverso di esse dalla concretezza dell’amore infinito del Padre e sperimentino la gioia dell’essere perdonati.
Non è un caso che il Papa aprirà la Porta Santa nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, per mantenere vivo un evento che percepì forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del proprio tempo in un modo più comprensibile. “Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre.(...)
In preparazione al Convegno di Firenze vengono indicate quattro vie: Un umanesimo in ascolto. Ascoltare l’umano significa, dunque, vedere la bellezza di ciò che c’è, nella speranza di ciò che ancora può venire, consapevoli che si può solo ricevere. Altra sentita raccomandazione riguarda il primato di un umanesimo incarnato («La realtà è superiore all’idea» leggiamo in Evangelii gaudium 233), che offre risposte concrete alle sfide odierne. Un umanesimo concreto. “Concretezza” significa parlare con la vita, trovando la sintesi dinamica tra verità e vissuto, seguendo il cammino tracciato da Gesù. I volti degli uomini e delle donne che oggi sono la carne delle Chiese in Italia, con le loro rughe, più o meno profonde, potrebbero far pensare a un’umanità in frantumi, che il cristianesimo ecclesiale non ha saputo o non ha potuto salvaguardare e custodire.
Un umanesimo plurale e integrale Un umanesimo plurale e integrale. L’accesso all’umano, difatti, si rinviene imparando a inscrivere nel volto di Cristo Gesù tutti i volti, perché egli ne raccoglie in unità i lineamenti come pure le cicatrici. Ma contemplati «alla luce del vangelo», come suggerisce Gaudium et spes 46, si rivelano piuttosto una miriade di frammenti, non semplicemente inutili, da spazzare via. Un umanesimo d’interiorità e trascendenza aprendo spazi di silenzio e di preghiera nelle parrocchie e nelle famiglie, nelle associazioni e nei movimenti, per offrire nella quotidianità il pane della Parola (lectio divina), il sostegno dell’Eucaristia (liturgia e adorazione eucaristiche) e la compagnia nel cammino (guida spirituale).
I comandamenti di Gesù coincidono con la proposta del suo amore e non sono imposizioni esterna di precetti da seguire con le proprie forze umane. L’AMORE CON CUI IL FIGLIO HA AMATO I DISCEPOLI PRODUCE UN EFFETTO, LI RENDE CAPACI DI FARE ALTRETTANTO. La novità sta nel dono dell’ agápē: l’amore del Padre è stato donato al Figlio, Gesù l’ha donato agli uomini, rendendoli così partecipi dello stesso legame divino e capaci di inserire nuovi e buoni legami uniti. Compito dei discepoli è custodire (tēréō) tale dono. Non si tratta di “osservare i comandamenti”, eseguire degli ordini, ma bensì custodire un dono, conservare una relazione, accogliere e vivere la logica della relazione generosa.
v. 11. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la v. 11 Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. La parola che Gesù ha rivelato ai suoi è fonte della gioia. Così come comunica il “suo” amore, così trasmette anche la “sua” gioia (chará). “Gaudium” presenza del bene amato. La gioia non sta nelle concrete situazioni della vita, ma nella comunione di vita con Gesù Cristo, perché il premio è lui stesso. La gioia sta nell’essere con Cristo: qui vi è la possibilità di raggiungere la pienezza di vita.
Con le facce tristi e «funebri» non si annuncia il Vangelo. «Noi cristiani - ha commentato papa Francesco - non siamo tanto abituati a parlare di gioia, di allegria», «credo che tante volte ci piacciano più le lamentele».
EG 4: LA GIOIA NELL’AT Il profeta Isaia si rivolge al Messia atteso salutandolo con giubilo: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (9,2). E incoraggia gli abitanti di Sion ad accoglierlo con canti: «Canta ed esulta!» (12,6). ). Chi già lo ha visto all’orizzonte, il profeta lo invita a farsi messaggero per gli altri: «Sali su un alto monte, tu che annunci liete notizie a Sion! Alza la tua voce con forza, tu che annunci liete notizie a Gerusalemme» (40,9). La creazione intera partecipa di questa gioia della salvezza: «Giubilate, o cieli, rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha misericordia dei suoi poveri» (49,13). Zaccaria, vedendo il giorno del Signore, invita ad acclamare il Re che viene umile e cavalcando un asino: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso!» (Zc 9,9)
EG 5: LA GIOIA NEL NT «Rallegrati» è il saluto dell’angelo a Maria (Lc 1,28). La visita di Maria a Elisabetta fa sì che Giovanni salti di gioia nel grembo di sua madre (cfr Lc 1,41). Nel suo canto Maria proclama: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,47). Quando Gesù inizia il suo ministero, Giovanni esclama: «Ora questa mia gioia è piena» (Gv 3,29). Gesù stesso «esultò di gioia nello Spirito Santo» (Lc 10,21). Il suo messaggio è fonte di gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). La nostra gioia cristiana scaturisce dalla fonte del suo cuore traboccante. Egli promette ai discepoli: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (Gv 16,20). E insiste: «Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16,22). In seguito essi, vedendolo risorto, «gioirono» (Gv 20,20). Il libro degli Atti degli Apostoli narra che nella prima comunità «prendevano cibo con letizia» (2,46). Dove i discepoli passavano «vi fu grande gioia» (8,8), ed essi, in mezzo alla persecuzione, «erano pieni di gioia» (13,52). Un eunuco, appena battezzato, «pieno di gioia seguiva la sua strada» (8,39), e il carceriere «fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per aver creduto in Dio» (16,34). Perché non entrare anche noi in questo fiume di gioia?
v. 12. Questo è il mio comandamento:. che vi amiate gli uni gli altri, v. 12 Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Con la stessa espressione di Gv 13,34 viene ribadito che l’amore di Gesù non è solo “modello” ma soprattutto “causa” dell’affetto vicendevole fra i discepoli: l’agápē rivelata da Gesù rende coloro che lo accolgono capaci di uno stile analogo.
v. 13. Nessuno ha un amore più grande di v. 13 Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Chiarisce in che cosa consiste tale amore. Di più sarebbe “dare la vita per i nemici”. Gesù intende proprio questo. Egli ha dato la propria vita per quelli che non meritavano proprio nulla, Rm 5,8. Gesù è morto per i nemici, affinchè diventassero amici: l’amore di Cristo trasforma nemici in amici. Questa è la grandezza dell’agápē di Dio.
Un volto misericordioso e fedele Il Cardinale Sistach, su L’Osservatore Romano, parla del Sinodo venturo sulla famiglia tracciandone le principali coordinate «Dopo una lettura attenta dell’Instrumentum laboris e di quanto affermato dal Papa nelle recenti udienze generali del mercoledì, la mia impressione, e anche la mia speranza, è che il prossimo sinodo sia in sintonia con l’anno santo della misericordia e, in particolare con lo spirito della Misericordiae vultus, offrendo alle famiglie di tutto il mondo un volto veramente misericordioso. Così facendo l’assemblea sinodale farà onore al concilio Vaticano II, nel cinquantesimo della sua chiusura». E’ quanto scrive nel suo articolo, pubblicato nei giorni scorsi su L’Osservatore Romano, il Cardinale Lluís Martínez Sistach, analizzando le sfide e i compiti ai quali è chiamato il Sinodo sulla famiglia previsto per ottobre. «Credo – prosegue Sua Eminenza, in un articolo significativamente intitolato “Fedeltà e misericordia” – che la lettura dell’Instrumentum laboris riaffermi la volontà della Chiesa di proclamare dinanzi al mondo di oggi il “Vangelo della famiglia”; vale a dire i valori che la visione cristiana del matrimonio e della famiglia propone alle persone e alle società. In questa ottica è prevedibile che il prossimo sinodo confermi il bisogno di sostenere tali valori fondamentali, sottoposti a una forte erosione nella cultura attuale, ma che dimostrano la loro validità e fecondità perenni».
Il Sinodo ordinario sulla famiglia si svolgerà dal 4 al 25 ottobre Il Sinodo ordinario sulla famiglia si svolgerà dal 4 al 25 ottobre. Già lo scorso anno nella sua lettera alle famiglie Papa Francesco ci chiese: "il sostegno della preghiera è quanto mai necessario e significativo specialmente da parte vostra, care famiglie. Infatti, questa Assemblea sinodale è dedicata in modo speciale a voi, alla vostra vocazione e missione nella Chiesa e nella società (?). Pertanto vi chiedo di pregare intensamente lo Spirito Santo, affinché illumini i Padri sinodali e li guidi nel loro impegnativo compito". Per questo scopo siamo convocati sabato 3 ottobre di nuovo a Roma in Piazza San Pietro per vivere nel pomeriggio (dalle 18.00 alle 19.30) un momento di preghiera e testimonianza di fede attorno al Sommo Pontefice e ai Padri Sinodali. Sarà bello essere tutti lì e il momento storico che stiamo attraversando ci chiede di fare il possibile per partecipare, mostrando in unità tutta la bellezza della famiglia. Se ci fossero difficoltà per famiglie pressate dalla crisi economica che desiderano vivere questo evento storico, fatecelo direttamente presente e troveremo vie adeguate di sostegno.
v. 14 Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Divenuti amici per Grazia gli uomini sono esortati a custodire il dono e a rimanere in tale disposizione, vivendo ciò che è stato PROPOSTO.
v. 15. Non vi chiamo più servi, perché il servo v. 15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Gesù rivelatore del Padre ci ha fatto conoscere i segreti del cuore di Dio. Da qui si comprende perché ci ha trattati da amici. Gli aspetti più intimi della nostra vita li comunichiamo solo ad un amico autentico, di cui si ha fiducia estrema. Non ci ha trattato da servitori, a cui si danno solo indicazioni di cose da fare, ma ci ha aperto il suo cuore mettendoci a parte della sua intima relazione con il Padre e con lo Spirito. Alla base della relazione di amicizia c’è la libera scelta del Signore, l’iniziativa è Sua.
v. 16 a Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi… Ci ha trattati da amici, ci ha fatto diventare amici. E’ necessario quindi rimanere amici! v. 16 b …vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; Ritorna il tema della vigna (Gv 15,5.8) e precisa che l’obiettivo è portare frutto. Non nella prospettiva aziendale di massimo rendimento. Il frutto sta nel diventare discepoli ovvero amici, il grande frutto consiste in una vita profondamente legata a Cristo con tutti i benefici che ne conseguono.
v. 17 Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri». v. 16 c … perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Se uno è in Cristo, può chiedere al padre proprio quello che egli vuole e quindi ottiene tutto. v. 17 Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri». L’origine di tutto è l’amore comunitario capace di restare. L’origine di tutto è l’amore comunitario di Dio, il fine di tutto è l’amore comunitario umano. La storia della salvezza parte di lì e lì vuole arrivare. Il culmine del brano è la ripresa del tema fondamentale.
«Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale. È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre.(...)
«Noi non diciamo grandi cose, ma viviamo…» Il vero canto del cristiano è la sua vita: «Noi non diciamo grandi cose, ma viviamo…» (Minucio Felice)
Volendo sintetizzare Quattro modi di rapportarsi agli altri. Essere “tra” gli altri... Essere “con” gli altri… Essere “per” gli altri… Essere “in”… I primi tre modi appartengono alla relazione tra uomini, il quarto a Dio.
“Quando ami, corri. I tuoi piedi sono il tuo amore. Quali sono questi due piedi? I due comandamenti dell’amore: l’amore per Dio e l’amore per il prossimo. Corri con questi due piedi verso Dio”. S. Agostino
E se… zoppico? Se… cado? Se… mi scoraggio? Se… mi sento deluso? Se…?
“Gli uomini sono angeli dotati di un’ala soltanto, possono volare solo rimanendo abbracciati”… Tonino Bello
Nel volo della vita è fondamentale avere sia l’ala dell’altro sia quella di Dio, che sostiene e guida entrambi.
“La carità fraterna è come un viadotto ad una sola arcata, che lega Dio e gli uomini. Questa arcata non la si può dividere”. M. Delbrêl
Preghiamo con Gv 15,9-17 bisogno di un affetto autentico, offerto in modo del tutto disinteressato, senza mai venir meno, con una fedeltà a tutta prova. Solo tu, Signore, sei in grado di assicurarci tutto questo. Tu non ci tratti come servi, non ci riduci al rango di esecutori. Tu ci chiami, invece, “amici” perché ci hai rivelato il progetto del Padre e ci chiami a collaborare con la nostra fantasia, con la nostra intelligenza, con le molte risorse che hai deposto in ognuno di noi. Mostraci sempre il tuo Amore, Signore, e saremo salvi! Signore, tutti ci portiamo dentro, un grande bisogno d’amore: bisogno di sentirsi accolti così come siamo, indifesi e fragili, a volte contradditori; bisogno di perderci in un abbraccio di tenerezza quando per troppo tempo siamo stati lontani da casa; bisogno di essere accompagnati con stima e simpatia, soprattutto quando camminiamo sui crinali pericolosi dell’esistenza. Solo tu, Signore, puoi colmare questa sete che afferra ogni mia fibra. Ci portiamo tutti dentro, Gesù, un grande bisogno d’amore: