L'impresa della teodicea 1710 G.W. Leibniz (1646-1716) A cura di Giulio Formaggia
«Vi sono due labirinti famosi in cui la nostra ragione si perde molto spesso: l'uno riguarda la questione del libero e del necessario, soprattutto nella produzione e nell'origine del male; l'altro consiste nella discussione circa la continuità e gli indivisibili, che risultano esserne gli elementi, e in cui deve entrare la considerazione dell'infinito»
A) Teodicea Caratterizzata da tre elementi: 1) l'enunciazione del problema in termini univoci: «Dio è onnipotente, la sua bontà è infinita, il male esiste»; 2) lo scopo apologetico: «Dio non è responsabile del male»; 3) i mezzi argomentativi sono quelli della logica della non-contraddizione e della «totalizzazione sistematica»
La teodicea è inserita a sua volta nell'ambito più ampio della onto-teo-logia caratterizzata da concetti metafisici quali Dio, essere, niente, causa prima, finalità, infinito, finito.
Essa si inscrive a sua volta nelle filosofie animate dalla «logica di conciliazione» che tende razionalmente a spiegare (a bilanciare, a calcolare, a rendere controllabile) il male, con ciò minimizzandolo e annullandolo nella sua scandalosità.
B) La libertà Libertà = spontaneità Spontanea è l'azione il cui principio è in colui che agisce
La libertà Dire che il volere non sia obbligato non vuol dire che non sia determinato La determinazione procede dal giudizio dell'intelligenza Che precede la volizione e le fornisce i motivi in base ai quali essa decide
Motivi Intelletto Motivi insufficienti e inadeguati Motivi adeguati Sensibilità e passione Intelletto Pensieri oscuri e confusi Conoscenze chiare e distinte Motivi insufficienti e inadeguati Motivi adeguati Volontà schiava Volontà libera
La libertà consiste nell'essere determinati razionalmente
Azione libera = esente da necessità metafisica Ma la forza dei motivi è data in precedenza Il volere non concorre significativamente a formarla Di fatto "tutto è certo e determinato in anticipo, così nell'uomo come dovunque"
Si tratta di applicare il principio valido per tutte le proposizioni affermative, sia necessarie sia contingenti : La nozione del predicato è compresa secondo una qualche regola nella nozione del soggetto Quindi: "così come le proposizioni incommensurabili sono soggette alla scienza della geometria e noi abbiamo anche dimostrazioni delle serie infinite, così molto più le verità contingenti, o meglio infinite, rientrano nella scienza di Dio e sono da lui conosciute, non per dimostrazione (questo è impossibile), ma per visione infallibile».
C) Dio
Se Dio è causa eminente di tutte le cose Non sarà anche causa del male?
Distingue il male in tre specie Metafisico Morale Fisico
Imperfezione stessa della creatura Metafisico Non è una realtà positiva, ma un limite,un non essere Morale Peccato Defectio : un venire meno al dovere, al fine morale destinato da Dio Fisico Dolore e sofferenza
o espiazione di un peccato In rapporto con Dio Male fisico Lo permette Lo vuole Per impedire più grandi mali Come punizione o espiazione di un peccato Per ottenere più grandi beni
In rapporto con Dio Male morale Totalmente imputabile all'uomo
In rapporto con Dio Male metafisico Dio non poteva creare Una serie di cose del tutto esente da limiti e imperfezioni ? Una serie di cose migliore di quella che ha creato ? Il limite è condizione dell'armonia universale È la migliore possibile
Il palazzo dei destini "Gli appartamenti erano disposti a piramide: diventavano sempre più belli a mano a mano che si saliva verso la punta e rappresentavano mondi più belli. Si arrivò finalmente al supremo, che terminava la piramide e che era il più bello di tutti. La piramide, infatti, aveva un inizio, ma non se ne vedeva la fine; aveva un vertice, ma era priva di base, andava crescendo all’infinito. Ciò è dovuto al fatto (secondo quanto spiegò la dea) che tra un’infinità di mondi possibili, c’è il migliore di tutti, altrimenti Dio sarebbe determinato a non crearne alcuno, ma non ce n’è alcuno che non ne abbia di meno perfetti sotto di sé: è per questo che la piramide va sempre più giù all’infinito. L’appartamento posto al vertice è il nostro mondo, il migliore dei mondi possibili"
D) Obiezioni Tralasciando le obiezioni di carattere logico si può osservare che : L' esito paradossale della teodicea è quello di una ambigua giustificazione della sofferenza Ovvero una sua organica integrazione nel quadro dell'esistente in quanto sia calcolabile come vantaggiosa
Questo esito è fondato su due presupposti la cui evidenza è contraddittoriamente postulata come nota Primo presupposto : nulla accade che non sia in qualche modo "voluto" da Dio Secondo presupposto : applicare all'agire di Dio i parametri umani della "giustificazione" della sofferenza
E) Linee di riformulazione della questione L' agire di Dio non è un oggetto, la sofferenza non è un oggetto
L'agire di Dio può essere identificato come intenzionalità inerente a una relazione, ad un rapporto Questa intenzionalità deve essere decifrata ogni volta e non può essere dedotta
Il criterio essenziale è la compatibilità cristologia della relazione Ciò che Gesù non fa e non può fare, Dio non fa e non può fare in rapporto alla sofferenza dell'uomo
La figura della volontà di Dio in Cristo è da interpretarsi come desiderio originario, nativo, libero e indeducibile di condividere la sua "gioia di vivere" con noi
Il linguaggio religioso deve imparare a utilizzare le metafore del desiderio di Dio di vivere felice soltanto insieme con gli uomini
E dunque adoperarsi contro ogni giustificazione della sofferenza Credere nell'efficacia del desiderio di Dio significa credere che lo scarto tra il suo desiderio e la realizzazione non è insuperabile E dunque adoperarsi contro ogni giustificazione della sofferenza