Storia del teatro moderno in Italia (‘500-’700) f. meneghetti 2013
La parola teatro Per i Greci il teatro identificava la gradinata semicircolare da cui si contemplava la rappresentazione, ma anche il pubblico. in seguito venne a definire edificio, poi l’opera rappresentata (e l’opera omnia di un autore. Per S. D’Amico la definizione più corretta è “la comunione d’un pubblico con uno spettacolo vivente”. f. meneghetti 2013
Le origini greche Il nostro teatro viene da quello greco, con i suoi due generi: la commedia, ispirata alla vita quotidiana, che muove al riso (Menadro, Aristofane); la tragedia incentrata sul nesso hybris-nemesis (ovvero rapporto uomo-divinità). Svolge un ruolo catartico, di liberazione dalle passioni (Sofocle, Euripide). Gli attori, solo maschi, usano maschere e sono accompagnati dal coro, che canta, danza, e commenta la vicenda, in quanto si pone come “spettatore ideale”. f. meneghetti 2013
Il teatro romano I romani al teatro preferivano i circenses: il pubblico era in gran parte plebeo e poco acculturato. Tuttavia ebbe fortuna la commedia di Plauto e Terenzio. L’intreccio partiva di solito dalla voglia amorosa di un giovane, che doveva superare, mediante le furbesche trovate di uno schiavo, una serie di ostacoli. L’azione era continua e l‘ attenzione degli spettatori veniva catturata grazie a giochi di parole, battute scurrili e alla tecnica del discorso a parte. I personaggi tipici, oltre al servo e al giovane, erano il vecchio, la moglie, la cortigiana, il lenone. f. meneghetti 2013
Il teatro medievale Nel M.E. il teatro si esprime nella forma della “sacra rappresentazione”, perché il motivo religioso (e dunque pedagogico) è dominante. Esiste anche un teatro più giocoso (giullari) che si caratterizza per tematiche profane e talvolta parodistiche delle liturgie. f. meneghetti 2013
Il teatro rinascimentale Il teatro del rinascimento risponde al bisogno di svaghi raffinati presso le corti signorili. E’ influenzato dalla riscoperta dei classici: specie dalla commedia latina. (Ariosto, Pietro Aretino, Machiavelli) Dai luoghi pubblici, come le piazze e le chiese, il teatro si sposta all’interno del palazzo, e diventa uno spettacolo privato. f. meneghetti 2013
Teatro come struttura Nasce così anche il teatro permanente: uno spazio chiuso adattato o progettato in funzione delle rappresentazioni. Teatro olimpico di Vicenza, Palladio, 1556 f. meneghetti 2013
Il teatro shakespeariano William Shakespeare ha segnato fortemente la scena teatrale del suo tempo (rinascimento inglese) mescolando tra loro commedia e tragedia. Il modello del teatro inglese era basato sull’innyard, uno spazio simile al cortile delle taverne (inn in inglese). I teatri inglesi sorgevano fuori dalle mura delle città perché la costruzione dei teatri in città era proibita per motivi di ordine pubblico. f. meneghetti 2013
La commedia dell’arte Forma teatrale unica al mondo, sviluppatasi in Italia nel XVII sec. e diffusasi poi in tutta Europa La C.d.a. è spettacolare: si basa sull'improvvisazione (supporta da un canovaccio), sull’uso di maschere e personaggi stereotipati, ripresi dalla commedia latina e dotati di maschere. Punta a suscitare la risata dello spettatore con battute scurrili, doppi sensi, acrobazie, macchine teatrali. E’ un genere chiaramente antinaturalistico, cioè non realistico. f. meneghetti 2013
Il secolo d’oro del teatro Il ‘600 fu un secolo d'oro per il teatro. In Francia si consolidò il teatro classico, basato sul rispetto delle unità aristoteliche (tempo, luogo, azione), con le grandi tragedie di Corneille e Racine, e con le commedie di Molière. In Spagna il teatro profano, estraneo a tali norme, conobbe un'intensa fioritura nella prima metà del Seicento con autori quali Lope de Vega, Calderón de la Barca. f. meneghetti 2013
La fioritura di teatri nel ‘700 A differenza di altri paesi come la Francia, dove veniva preferito il sistema dei palchi aperti in gallerie a corona di una platea semicircolare, in Italia si preferivano piccole logge: una giusta mediazione tra visibilità ed acustica, che permetteva anche di ricreare uno spazio simile alla piazza, avvalendosi anche di scenari mobili. f. meneghetti 2013
Carlo Goldoni Di famiglia borghese, dopo un’adolescenza inquieta e studi di diritto, si rivolge alla sua vera passione, il teatro, con spirito “riformatore”, dapprima con collaborazioni saltuarie. Nel 1748, a 40 anni, abbandona l’avvocatura e comincia a lavorare per il Sant’Angelo di Venezia, su invito di Meldebach, uno dei più famosi capocomici del tempo. f. meneghetti 2013
La riforma del teatro Goldoni vuole staccarsi dalla commedia dell’arte, ridare dignità al testo scritto e all’autore, senza tante volgarità. Poi intende ispirarsi al “mondo” (al reale) per creare un effetto di naturalità, anche attraverso il linguaggio, che sarà mimetico. Tutto questo però viene attuato con gradualità, a partire dal testo: G. all’inizio mette per iscritto solo una parte. f. meneghetti 2013
L’abolizione delle maschere Per ottenere un effetto di naturalità, era necessario eliminare le maschere, in quanto personaggi-ruolo, stereotipi: G. invece vuole creare dei personaggi a tutto tondo, verosimili. Si passa così ad una commedia “di carattere” che va a sviscerare la psiche di personaggi, li approfondisce. Si tratta di un passo verso il moderno dramma borghese. f. meneghetti 2013
Goldoni e l’illuminismo G. appartiene all’ illuminismo non solo per aver riformato la commedia, secondo lo spirito dei lumi, ma anche per avervi immesso valori borghesi in contrapposizione ai disvalori dei nobili. VIRTU’ BORGHESI VIZI ARISTOCRATICI onestà Dubbio senso morale laboriosità Ozio e parassitismo Uso oculato del denaro sperpero Senso della famiglia Cicisbeismo f. meneghetti 2013
Nuovi eroi borghesi Nuovi personaggi – dapprima il mercante onesto (erede di Pantalone), successivamente la donna (v. La Locandiera)– sono chiamati a rappresentare questi valori, almeno fino a quando G. si fermerà a Venezia, prima di trasferirsi a Parigi. f. meneghetti 2013
Vittorio Alfieri Di famiglia aristocratica, condivide con Goldoni l’inquietudine giovanile, ma il suo percorso è molto diverso. Pur disprezzando corti e sovrani, A. non si libera mai dalla mentalità aristocratica: condanna la tirannide, ma, per combatterla, pensa all’azione solitaria di un eroe, libero da paure (non ad una soluzione politica condivisa). Questa tematica sarà il nucleo delle sue tragedie. f. meneghetti 2013
Il rilancio della tragedia classica A. rilancia la tragedia che non aveva mai goduto di particolare fortuna in Italia (pur essendo stata ripresa tra ‘500 e ‘600) Accetta le regole aristoteliche nonché la suddivisione in cinque atti e la versificazione, ispirandosi alla storia e alla mitologia. f. meneghetti 2013
Saul e le altre Famosa è Saul (nella quale la dialettica tiranno-eroe è interiorizzata), così come l’estrema concisione del linguaggio (al punto che un endecasillabo risulta dalla somma di ben cinque battute). Oltre a Saul, si possono ricordare Mirra e Filippo, ispirato alla storica figura di Filippo II, oppressore fino alla morte del proprio figlio, Carlo. f. meneghetti 2013
Alessandro Manzoni Manzoni si accosta alla tragedia di carattere storico, perché la individua come testo più adatto a raccontare con un’ottica cristiana vicende realmente accadute. Alla base di questa scelta c’è infatti l’adozione della poetica del vero (storico), cui giunge sia per l’adesione al romanticismo, sia per la recente conversione al cristianesimo. f. meneghetti 2013
La documentazione storica Una scelta di questo tipo implica un lavoro di documentazione e di ricerca, affinché lo scrittore possa non sostituirsi allo storico, ma svolgere un lavoro complementare, così da dare voce ai pensieri e alle emozioni dei personaggi storici. f. meneghetti 2013
Il conte di Carmagnola Ambientato nel primo ‘400, epoca di guerra tra stati italiani, il dramma del conte di Carmagnola, capitano di ventura, consiste nell’ingiusta condanna a morte a Venezia, in nome della ragion di stato. Ritorna il “coro”, con funzione diversa rispetto al teatro greco: qui rappresenta uno spazio che l’autore si riserva per commentare la vicenda. f. meneghetti 2013
L’Adelchi Ambientato in età longobarda, il dramma di Adelchi (e della sorella Ermengarda: i due sono figli di Desiderio, re dei Longobardi), è quello di incarnare l’ideale cristiano di non-violenza (in-azione), in un mondo reale dove vige solo la logica del potere. I fratelli sono destinati alla morte (e alla giusta ricompensa della loro innocenza solo nell’al di là). Agli oppressi non è data altra possibilità in vita. Qui sta il senso profondo delle due tragedie. f. meneghetti 2013
La rottura delle unità aristoteliche Per essere fedele alla verità storica, M. deve rompere con le unità aristoteliche (T.– L.). Anche se rispetta l’idea che la tragedia debba essere versificata in endecasillabi, M. accoglie alcune proposte del movimento romantico. Le tragedie manzoniane, in quanto testi poetici, resteranno comunque un’opera di difficile divulgazione: questa è una delle ragioni che lo indirizzeranno verso il romanzo. f. meneghetti 2013
Fine… f. meneghetti 2013