Capitolo 9 Opinione pubblica, partecipazione, comunicazione

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Transcript della presentazione:

Capitolo 9 Opinione pubblica, partecipazione, comunicazione

La politica, soprattutto quella democratica, affianca ad una dimensione verticale, una dimensione orizzontale. Entrano qui in gioco tre processi fondamentali: Formazione dell’opinione pubblica; Partecipazione politica; Comunicazione politica.

L’opinione pubblica Definizione generale L’opinione pubblica è l’insieme delle rappresentazioni o immagini che gli individui e i gruppi si formano, più o meno autonomamente, e che ne orientano il comportamento.

Immagini e rappresentazione devono riguardare la politica, la vita collettiva. «Una opinione generalizzata (diffusa in un largo pubblico) può esistere, e di fatto esiste, in qualsiasi materia. Nondimeno ‘opinione pubblica’ denota, in primissima istanza, un pubblico interessato alla ‘cosa pubblica’».

Tre diverse definizioni di opinione pubblica L’opinione pubblica Tre diverse definizioni di opinione pubblica Classica (o liberale) – XIX secolo Collettiva (o sociologica) – fine XIX-primi dec. XX sec. Individuale (o psicologica) – XX-XXI sec.

Concezione classica Emerge con l’Illuminismo francese [primi decenni del 1700] (o, secondo alcuni, con la Riforma Protestante [primi decenni del 1500]) e si protrae fino ai giorni nostri. Correnti di opinione emergono come espressione degli interessi della borghesia illuminata (Pensatori Liberali); Effetto della crisi morale e intellettuale delle élite che si fanno trascinare dal giudizio della maggioranza disinformata (Pensatori Conservatori).

Effetti dell’opinione pubblica Jurgen Habermas: emersione della Sfera pubblica. «spazio intermedio che si colloca tra lo Stato (cioè la ‘sfera del potere pubblico’) e la società civile (cioè la vita privata di rapporti economici e familiari). Tale spazio è affollato di nuove istituzioni: I caffè inglesi del Settecento (coffee-houses); I salotti parigini (salons); Le sodalizi conviviali tedesche (Tischgesellschaften)

In questi luoghi si fa critica da parte di pubblici (cittadini), in pubblico (in modo aperto e trasparente), sul pubblico (governo). In questo contesto si sviluppa fortemente la stampa.

Un esempio Italiano La rivista il Caffè fondata dall’illuminista milanese Pietro Verri si inserisce esattamente in questo contesto, ispirandosi alle esperienze inglesi. Esce dal giugno 1764 al maggio 1766.

Emerge il government by discussion, che ci avrebbe condotto fino alle contemporanee teorie (e, qualche vota, pratiche) della democrazia deliberativa. Autorità dell’argomento tende a soppiantare l’autorità del rango sociale.

Concezione collettiva dell’opinione pubblica Si diffonde alla fine del 1800. Legato alla influenza del libro la «Psicologia delle folle» del francese Gustave Le Bon.

Chi fa l’opinione (il pubblico) è interpretato come un fenomeno sociale: folle, masse. “nella folla la personalità cosciente svanisce, i sentimenti e le idee si orientano lungo una sola direzione, formando così una sorta di anima collettiva”

Concezione individuale (o psicologica) dell’opinione pubblica Sondaggi Da opinione pubblica come controllo sul governo a opinione pubblico come strumento di consenso (e legittimazione) del governo. Rischio manipolazione. Opinione «eterodiretta».

Rifacendosi a Le Bon, alcuni studiosi interpretano la l’opinione pubblica come un prodotto cooperativo di comunicazione e influenza reciproca.

RISCHIO Per essere opinione pubblica, è necessario che l’opinione nel pubblico sia una opinione del pubblico.

La distinzione fondamentale è tra: Un solo pubblico? La distinzione fondamentale è tra: ATTORI – rivestono ruoli associativi o pubblici, identificano problemi, propongono soluzioni, e tentano di conquistare gli altri al loro punto di vista. SPETTATORI – rappresentano l’audience degli attori. Si limitano a seguire le azioni dei primi con diversi gradi di interesse.

Come si forma l’opinione pubblica Molto legato al tema sollevato dalla terza – e contemporanea - concezione dell’opinione pubblica, è il tema della formazione dell’opinione pubblica.

La formazione dell’opinione pubblica Tre teorie interpretative La teoria della cascata (o verticale) La teoria del ribollimento (o orizzontale) La teoria dei gruppi di riferimento (o sociale)

Teoria della cascata Leader di opinione élite economico-sociali Feedback Élite politiche Feedback Mezzi di comunicazione Feedback Leader di opinione Feedback Pubblico di massa

Teoria del ribollimento Interpreta l’opinione pubblica come fenomeno che emerge dal basso. Considerato come qualcosa di eccezionale. Si tratta di correnti di opinione in grado di esercitare pressione considerevole sulla opinione pubblica. E di dettare l’agenda.

Teoria dei gruppi di riferimento L’opinione pubblica non si formerebbe in base a flussi di informazioni, ma come conseguenza della identificazione con determinati gruppi di riferimento. Gli uomini e le donne sono, anche oggi, degli io-in-gruppo. L’opinione pubblica è conseguenza dell’attività di: famiglia, gruppo dei pari, colleghi di lavoro, gruppi religiosi, associazioni, partiti.

Limiti Fanno tutti riferimento ad un contesto moderno che non tiene conto dell’avvento del web 2.0. I processi di autocomunicazione di massa rendono molto più facile penetrare all’interno delle reti di potere comunicazionale per inserirvi modalità alternative di comunicazione.

Sartori e l’organizzazione dell’opinione Opinione pubblica nelle liberal-democrazie: «policentrica». Il policentrismo c’è, ma è variabile. Naturalmente, tutto ciò è collegato alla libertà e al pluralismo della informazione.

Nei sistemi totalitari la struttura delle comunicazioni di massa è uni-centrica. L’unica voce rilevante è quella del regime. La distinzione tra propaganda e educazione è annullata. I messaggi dal mondo circostante sono censurati.

Una prima definizione di partecipazione politica Il coinvolgimento dell’individuo nel sistema politico a vari livelli di attività, dal disinteresse totale alla titolarità della carica politica. In generale, nelle società moderne: pochi partecipano molto, molti partecipano poco. Questo è un fatto.

La definizione appena richiamata: Non distingue i comportamenti dei cittadini da quelli dei politici di professione; Non fa cenno alle finalità della partecipazione politica rispetto ad altri tipi di partecipazione sociale.

La partecipazione politica Parliamo di partecipazione politica tutte quelle volte in cui: nell’ambito di un certo contesto rappresentativo (Stato, collettività o associazione) di cui si fa parte [dove], donne e uomini, singolarmente o in gruppo [chi], fanno uso di un certo repertorio di azioni, convenzionale o non convenzionale [come], per cercare di influenzare la selezione e le decisioni di chi ricopre cariche pubbliche rappresentative e soprattutto di governo [che cosa], al fine di modificare o conservare il sistema di interessi e di valori dominante [perché].

La scala della partecipazione di Arnstein [1969] 8 Controllo del cittadino 7 Potere del cittadino (3° livello di coinvolgimento) Delega 6 Partnership 5 Pacificazione dei conflitti Tokenism (2° livello di coinvolgimento) 4 Consultazione 3 Notifica 2 Terapia Non partecipazione (1° livello di coinvolgimento) 1 Manipolazione

Non partecipazione o partecipazione apparente Processi che attribuiscono un ruolo del tutto passivo alla cittadinanza, finalizzati esclusivamente a far accettare e ad ottenere il consenso per scelte politiche e progetti già deliberati dall’Amministrazione. CONSULTAZIONE / CONCERTAZIONE Processi finalizzati al miglioramento dei progetti e delle scelte da effettuare, ma che non conferiscono reali poteri alla cittadinanza permanendo la fase decisionale di esclusiva competenza degli amministratori. PARTECIPAZIONE ATTIVA ED EMPOWERMENT Il diretto coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali non è visto solo come un mezzo per raggiungere uno scopo, ma come parte dei fini.

Il miracolo della partecipazione Da un prospettiva razionale-individuale, la partecipazione politica è un vero e proprio miracolo. A livello individuale, infatti, il free-riding appare la soluzione ottimale. I costi individuali superno i benefici. Ma qualche volta quel che oggettivamente sembra un costo, soggettivamente è un benefico. E, inoltre, la partecipazione produce dei benefici in sé, non sono tanto i suoi effetti, quanto l’atto del partecipare che conta (Hirschmann).

Per comprendere le ragioni della partecipazione, è forse più utile provare a guardare a questo fenomeno in termini negati chiedendosi: Perché la gente NON partecipa?

Tre risposte Livello macro (NON POSSONO) Livello micro (NON VOGLIONO) Ha a che fare con la CAPACITA’ DI PARTECIPARE e deriva, dal possesso di una serie di risorse quali tempo, denaro, competenze per investire le prime due risorse nell’attività politica. Livello micro (NON VOGLIONO) Ha a che fare con la MOTIVAZIONE, cioè con il COINVOLGIMENTO PSICOLOGICO CONNESSO CON IL GRADO DI INFORMAZIONE E INTERESSE dei partecipanti. Livello meso (NESSUNO GLIELO CHIEDE) Ci dice che avere le risorse ed essere motivati sono condizioni necessarie ma non ancora sufficienti della partecipazione. PER IMPEGNARSI EFFETTIVAMENTE NELL’AZIONE CIVICA E POLITICA OCCORRE ESSERE INSERITI IN NETWORK DI RECLUTAMENO ATTRAVERSO CUI VENGONO SOLLECITATE E ATTIVATE le richieste di partecipazione

Non Possono Perifericità sociale e perifericità politica si sovrappongono e rafforzano dando luogo alla cosiddetta trappola dell’esclusione. Ci sono anche fattori istituzionali che ostacolano e incentivano la partecipazione. Pensiamo, per esempio, alla partecipazione elettorale.

Non Possono Fattori istituzionali legati alla partecipazione elettorale Compulsory voting Registrazione automatica nelle liste elettorali Giorno in cui si vota (fine settimana) Presenza di elezioni simultanee Semplicità nella espressione del voto e apertura delle liste Norme sul finanziamento ai partiti non punitive per i partiti minori

Andamenti della partecipazione elettorale in Europa occidentale (1944-2013) Periodo media 1944-69 (a) 1970-94 (b) 1994-2013 (c) Scarti (b-a) (c-b) Austria 95,0 90,1 80,5 -4,9 -9,6 Belgio 92,3 93,3 90,8 1,0 -2,5 Danimarca 84,8 85,3 86,5 0,4 1,3 Finlandia 78,9 79,1 67,6 0,2 -11,5 Francia (I° turno) 78,8 74,6 62,0 -4,2 -12,6 Germania 85,6 85,8 77,5 0,3 -8,3 Gran Bretagna 78,7 75,0 64,4 -3,6 -10,7 Grecia 80,3 71,5 - -8,8 Irlanda 74,3 73,3 66,4 -1,0 -6,9 Italia 92,4 89,8 80,7 -2,6 -9,1 Lussemburgo 91,1 88,7 Norvegia 80,6 81,6 76,7 Olanda 94,7 82,9 75,9 -11,8 Portogallo 79,9 62,2 -17,7 Spagna 74,2 73,9 -0,4 Svezia 81,2 89,4 83,0 8,2 -6,5 Svizzera 67,8 49,9 45,6 -18,0 -4,3

Non vogliono Non sono motivati alla partecipazione politica. Si tratta, in qualche misura, dei cittadini apatici. A questo proposito, prima di vedere la terza risposta, è utile soffermarsi su quattro tipi ideali di cittadino.

Tipi ideali di cittadino Cittadino civico Cittadino insoddisfatto Cittadino autoespressivo Cittadino apatico

Cittadino Civico Individuato nello studio fondamentale di Almond e Verba (1963) come membro tipico delle democrazie consolidate anglosassoni. Combina coinvolgimento e mobilitazione insieme a adesione passiva e apatia. E’, in generale, un cittadino informato e interessato alla politica, ma leale e deferente nei confronti del sistema.

Cittadino insoddisfatto Emerge con l’esplosione della contestazione studentesca (Sessantotto). Il cittadino civico è affiancato da un cittadino insoddisfatto e protestatario, più attivo e istruito della media. Il sistema è messo in discussione da questi cittadini (istruiti e inseriti in network), più che da coloro che soffrono una deprivazione materiale.

Cittadino autoespressivo Legato alla emersione dei valori post-materialisti (qualità della vita, ambiente, tematiche di genere, ecc.). E anche alla richiesta di democrazia partecipativa. L’emersione di questi valori è interpretabile in termini di «valori autoespressivi» che danno a luogo a cittadini interessati alla partecipazione democratica, alla tolleranza, all’uguaglianza di genere, all’autonomia personale.

Cittadino apatico Uomini e donne, non necessariamente insoddisfatti, ma non interessati, poco informati e scarsamente attivi. Non sono marginali. Si attivano solo ed esclusivamente quando la politica incide su questioni che li toccano personalmente. Si attivano solo per protestare, mai per trovare soluzioni.

Nessuno glielo chiede Si partecipa se si è coinvolti in network di reclutamento. Ciò ha due implicazioni: In questi network si capitalizzano (e si producono) competenze civiche, cioè capacità organizzative e comunicative essenziali per partecipare; Queste competenze possono essere acquisite a scuola, nelle associazioni, nelle chiese, nei partiti.

L’identificazione di partito è stata, per lungo tempo, uno dei motori della partecipazione. I partiti di massa hanno saputo offrire riconoscimento, identità condivise, lealtà stabili. Questi fornivano (e, qualche volta, forniscono): Incentivi individuali (ricompense materiali) Incentivi collettivi (in grado di rinforzare il senso di appartenenza e il senso di solidarietà; anche basati sulla realizzazione dei fini del partito) Incentivi organizzativi o di processo (basati sulla partecipazione ai processi decisionali interni). Le primarie sono, attualmente, un incentivo di questo tipo.

L’isolamento da associazioni e reti organizzative riduce drasticamente l’incentivo a prendere parte.

La comunicazione politica La comunicazione politica riguarda gli scambi e le interazioni che hanno a che fare con l’interesse generale, anche se talvolta si tratta di temi (di rilevanza pubblica) rispetto ai quali c’è un accordo di fondo, talaltra sono controversi e allora diventano fonte di mobilitazione di schieramenti pro e contro.

Non solo scambi e interazioni La comunicazione politica ha anche l’obiettivo di persuadere i cittadini per conseguire fini di parte (PROPAGANDA). Essa, dunque, tiene insieme interesse generale e lotta per il potere.

Attori della comunicazione politica Attori politici Mass media Pubblico dei cittadini Le interazioni tra questi tre attori possono articolarsi in base a due modelli distinti.

Modelli di comunicazione politica a confronto Modello pubblicistico-dialogico Modello mediatico Comunicazione politica mediatizzata Sistema dei media Sistema politico Cittadini Sistema politico Cittadini Sistema dei media

Modello pubblicistico-dialogico Radicato nella tradizione liberale. Secondo questo modello, il ruolo dei media e dei professionisti della comunicazione è collocabile sullo stesso piano degli attori politici e dei cittadini. Parità ideale fra i tre soggetti. La realtà, però, è ben diversa e il ruolo dei media è preponderante.

Modello mediatico Il peso dei tre attori è sbilanciato a favore dei mass media. Si tratta di una evoluzione iniziata negli anni Sessanta con la diffusione della televisione e oggi allargata dalla diffusione di internet. La politica – e la sua comunicazione – è ormai diventata dipendente dalla dinamica di funzionamento dei mass media.

Mediatizzazione della politica La centralità dei mass-media e dei giornalisti nella comunicazione politica può essere colta in base a due parametri: SISTEMICO: guarda al livello di autonomia (o subordinazione) dei media nei confronti della politica. MASSMEDIALE: guarda alla cultura professionale dei massa media.

Parametro sistemico Si basa su quattro dimensioni: Livello di controllo statale dei mass-media; Grado di partisanship di giornali e televisioni (parallelismo politico Grade di separatezza o simbiosi tra giornalisti e politici Grado in cui la professione di giornalista è percepita come watchdog e advocacy (promozione e difesa dei diritti)

Il parallelismo politico della stampa italiana Giornalismo caratterizzato da Prevalenza dei temi politici Editoria di partito Testate e giornalisti schierati Editoria impura

Parametro massmediale Quale orientamento hanno i professionisti della comunicazione? CONTINUUM Orientamento pragmatico Orientamento sacerdotale

ORIENTAMENTO PRAGMATICO I newsmedia scelgono le notizie in base essenzialmente alle domande del loro pubblico. USA ORIENTAMENTO SACERDOTALE Giornalismo sensibile alle esigenze del sistema politico. In cui la logica mediale viene sacrificata. Francia, Italia, Svezia

Americanizzazione della politica E’ un sviluppo che riguarda aspetto strutturali e processuali della comunicazione politica: Cresce la rilevanza del marketing politico, con la contestuale emersione delle campagne comunicative negative. Ciò è causa e effetto della crescente personalizzazione della politica. Nella duplice forma di leaderizzazione dei vertici dei partiti e presidenzializzazione dei sistemi di governo.

Gli attori della politica orizzontale: gruppi di interesse e movimenti sociali

I gruppi di interesse I gruppi di interesse sono organizzazioni formali “di carattere permanente dotate di personale a tempo pieno, che si specializzano nell’opera di individuazione, promozione e difesa degli interessi, influenzando e contestando [le autorità e] le politiche pubbliche” (Schmitter 1992, 457). Il loro studio costituisce un contributo originale della scienza della politica, in particolare di quella statunitense.

Gruppi di interesse e gruppi di pressione Ogni gruppo di pressione è anche un gruppo di interesse, ma non tutti i gruppi di interesse sono anche gruppi di pressione. Vale perciò la pena distinguerli: Gruppo di interesse: attore del sistema sociale diretto alla tutela di specifici interessi economici (ma non solo). Gruppo di pressione: può riferirsi ad agenzie che si attivano su issue specifiche e ha a che fare con le strategie adottate per perseguire i propri obiettivi (strategia di sostegno oppure di ritiro dell’appoggio, o anche di protesta).

Come agiscono? Trasmettono, selezionano, organizzano le domande provenienti dalla società, guardano ad interessi di sezioni specifiche della stessa. Provano ad influenzare le politiche senza assumere dirette responsabilità di governo. L’insieme delle attività per mezzo delle quali i rappresentanti dei gruppi comunicano ai decision-makers ciò che desidererebbe la loro organizzazione si chiama lobbying.

Lobbying Lobby = malaffare? No. Premessa: «accettare come dato di fatto incomprimibile e persino positivo l'esistenza di numerosi gruppi che si organizzano a tutela dei propri interessi e affermare l' importanza della concorrenza fra questi gruppi» Problema: impedire che l’azione di lobbying la si persegua tramite mezzi illeciti.

Lobbying Soluzione USA: Albo pubblico delle lobby «Il processo decisionale statunitense ha semplicemente incorporato le pressioni delle lobbies, ma non è riuscito ad impedire influenze e interferenze con ricorso a mezzi illeciti».

Come si rimedia al lobbismo illecito? Alcune lobbies sono forti come le istituzioni rappresentative e di governo, spesso più forti perché specializzate. INCIDERE SUGLI OUTPUT Bisogna rendere il processo decisionale dal Governo al Parlamento e dal Governo alla Pubblica Amministrazione più trasparente, rafforzando al tempo stesso professionalità e autonomia della Pubblica Amministrazione e capacità di controllo del Parlamento sull' Esecutivo.

Aprire il Parlamento ai lobbisti patentati (che sarebbero, poi, in grande misura, coloro che già hanno libero accesso a Montecitorio e Palazzo Madama) non serve affatto alla trasparenza. Semmai bisognerebbe dare maggiore pubblicità ai dibattiti e alle deliberazioni delle Commissioni parlamentari (e dei parlamentari lobbisti).

Forma meno visibile di comunicazione politica Lobbying Forma meno visibile di comunicazione politica

Tipologia di Almond e Powell (prospettiva strutturalista) Due criteri: stabilità nel tempo e livello di formalizzazione. Stabilità nel tempo: continua o discontinua Livello di formalizzazione: relazioni personali o relazioni istituzionali

Gruppi anomici: relazioni personali, durata discontinua Gruppi anomici: relazioni personali, durata discontinua. Protesta anche violenta contro i governi. Gruppi di interesse non associativi: basati su legami tradizionali (razza, religione), non hanno una organizzazione specializzata, ma sono duraturi nel tempo. Gruppi di interesse istituzionali: sono istituzioni globali (Chiesa, esercito, magistratura) che fanno pressione. Ma la pressione non è il loro unico scopo. E perciò, almeno sotto questo profilo, sono intermittenti. Gruppi di interesse associativi: tipici delle democrazie pluraliste. Hanno strutture formalizzate e durature (sindacati, ecc.).

Classificazione dei gruppi di interesse SEZIONALI O ECONOMICI Organizzazioni: - sindacali - imprenditoriali - professionali - finanziarie - imprese PROMOZIONALI o PER UNA CAUSA - di volontariato - ricreative - culturali - scientifiche ISTITUZIONALI - burocrazie pubbliche - enti locali - chiese - enti di pubblica utilità INTERESSE PUBBLICO Associazioni: - per i diritti umani - ambientaliste - pacifiste dei consumatori …. IDENTITARI - religiose - etniche - razziali - per la parità di genere - …. LOCALISTICI Comitati: - per la promozione di territori - contro discariche, - contro centrali nucleari - …

Rapporto tra interessi e istituzioni Tali rapporti sono stati compendiati in alcune modalità specifiche che prevedono una graduazione di controllo-autonomia degli interessi nei loro rapporti con le istituzioni e i partiti: Il dominio partitico (o “occupazione”) [DC e Coldiretti] La simbiosi [PCI e CGIL oppure Labour e Trade Unions] La collaborazione (“o neutralità partitica”) Lo scambio tra consenso e decisioni favorevoli La subordinazione (o “egemonizzazione”): il gruppo di interesse favorisce la nascita del partito politico, fornendo anche la leadership e la sovrapposizione tra personale e strategie [SOLIDARNOSC dal quale emerge, nel 1996, il partito Azione elettorale solidarnosc]

I movimenti sociali Premessa: La loro emersione e diffusione mette in luce l’inadeguatezza delle forme tradizionali di rappresentanza politica nel raccogliere efficacemente le domande di una parte della cittadinanza.

I movimenti sociali Definizione I movimenti sociali sono delle: reti di relazioni prevalentemente informali, basate su credenze condivise e solidarietà, che danno luogo ad una mobilitazione di tipo conflittuale, attraverso il ricorso a varie forme di protesta (della Porta e Diani 1997, 28-30; Tarrow 1996)

Perché nascono? La causa essenziale è l’asimmetria nella distribuzione del potere politico-economico e le lotte tra gruppi per il riequilibrio di tale asimmetria.

Da cosa dipende la loro efficacia? Capacità di mobilitare risorse umane, conoscitive, relazionali. Senza questa mobilitazione l’azione collettiva utile a perseguire fini condivisi non avrà successo. Capacità di coordinare il pulviscolo di gruppi sociali che si interessano di un certo tema. RUOLO DELLA LEADERSHIP

Il ruolo delle credenze condivise I movimenti nascono e hanno successo solo se esistono sentimenti di solidarietà o di identità profondamento radicati tra i loro membri. Tre principi rafforzano tali sentimenti: Farsi riconoscere rispetto ad altri attori del sistema politico e sociale (identità) Individuare un avversario (opposizione) Oggetto del conflitto messo in piedi dal movimento è l’intero sistema di valori dominante (totalità)

Il ruolo del conflitto Aderire ad un movimento sociale è diverso rispetto all’adesione ad una associazione o a un partito. Nei movimenti sociali le rivendicazioni sono avanzate una sfida diretta e conflittuale nei confronti dell’autorità.

Tipi di movimenti sociali [Tarrow 1996] GRADO DI OPPOSIZIONE ALLE ISTITUZIONI PARZIALE TOTALE INTERAZIONI CON LE ISTITUZIONI CONFLITTUALE Movimenti espressivi Movimenti integralisti COOPERATIVA Movimenti di riforma Movimenti comunitari

Movimenti espressivi Affermano una identità e intrattengono relazioni antagonistiche con il sistema di interessi e valori dominante (movimento femminista, movimento studentesco). Indignados e Occupy Wall Street

Movimenti di riforma Rivendicano libertà e diritti provando a cooperare con il sistema dominante. Movimenti antischiavisti e, attualmente, molti movimenti ecologisti.

Movimenti integralisti Vogliono sovvertire le istituzioni politiche e lo fanno in maniera apertamente conflittuale e violento. Movimenti terroristici nazionalisti o basate su fondamentalismo religioso.

Movimenti comunitari Rifiutano le istituzioni esistenti ma non vogliono abbatterle, intendono conviverci. Punk anni Settanta, Mormoni, Gruppi di controcultura

Le trasformazioni dei movimenti sociali Tendenze evolutive Istituzionalizzazione: il movimento si trasforma in un partito o in un gruppo di pressione Commercializzazione: il movimento si trasforma in una impresa sociale che eroga servizi Involuzione: il movimento si trasforma in un luogo di socialità che fornisce attività ricreative ai simpatizzanti Radicalizzazione: il movimento si avvita su stesso facendo della violenza la propria modalità d’azione.