Prof.ssa Alisa Del Re Università di Padova Parliamo di genere Prof.ssa Alisa Del Re Università di Padova
Facciamo chiarezza Una delle definizioni di chi parla e straparla della Teoria del gender è la seguente: “Il gender ha come scopo la decostruzione della norma eterosessuale per sostituirle la proliferazione di generi alternativi.” Si mescola: sesso, identità di genere, orientamento sessuale, i ruoli di genere, le pratiche sessuali. Il gender parlerebbe di un “diritto naturale di cambiare le scelte entro i cinque sessi, quali quello gay, lesbico, bisessuale, transessuale e eterosessuale”, mischiando così sesso, genere e orientamento sessuale
Guardiamo la realtà che ci circonda Gli orientamenti sessuali e le identità di genere sono meno eteronormati di quello che amiamo credere. Le coppie omosessuali, lesbiche o gay, fanno parte del panorama sociale di ciascuno di noi. La transessualità è diventata richiesta normativa (anche all’Università di Padova) per riconoscere un’identità sessuale che si differenzia dalla identità biologica. Riconosciamo facilmente i ruoli di genere che ci vengono proposti dalla pubblicità e dalla cultura conservatrice.
La normazione eterosessuale e la costruzione dei ruoli Da un lato gli esseri umani sono distinti geneticamente e quindi anagraficamente tra maschi e femmine, indipendentemente dalle loro sensibilità e dai loro orientamenti, dall’altro lato i ruoli di maschi e femmine sono una costruzione sociale. I ruoli così determinati non sono storicamente assoluti, ma relativi al contesto socio- culturale che li determina Per i ruoli un’ampia panoplia di stereotipi ci viene quotidianamente fornita, in particolare in funzione delle dinamiche riproduttive utili perché garanzia di lavoro gratuito fornito allo sviluppo produttivo della società.
Significati utili di «genere» Genere come ruolo Genere come gerarchizzazione sociale (Christine Delphy, Judith Butler) Genere come possibilità di promuovere la consapevolezza di sé.
Teoria o ideologia del gender? Se proprio vogliamo utilizzare questo termine chiamiamola teoria e non ideologia. La teoria del genere o meglio le teorie del genere non sono un’ideologia, in quanto non sono un sistema organizzato coerente di credenze, opinioni e rappresentazioni, che determinano cambiamenti nella realtà. Le teorie del genere spingono ad una maggiore consapevolezza di sé, mostrando come ci sia una differenza che tra genere e sesso. Preferisco chiamarli studi di genere
Cerchiamo di capire Gli studi di genere hanno come scopo soprattutto quello di combattere contro le discriminazioni e le violenze subite da chi, donna, omosessuale o trans, viene considerato inferiore solo in ragione del proprio sesso, del proprio orientamento sessuale o della propria identità di genere. Simonetta Piccone Stella e Chiara Saraceno ( a cura di) (1996) Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile (ed. il Mulino) Ida Fazio (a cura di) con una postfazione di Paola di Cori, Genere, politica, storia, (ed.Viella, Roma 2013). Qui troviamo anche la più chiara e concorde definizione del genere, come lo intendono le storiche (e gli storici): il genere è un elemento costitutivo dei rapporti sociali fondato sulle differenze percepite tra i sessi (Joan W. Scott).
Divulgazione degli studi di genere nelle scuole L’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) si è espressa inequivocabilmente a favore della divulgazione di tali teorie nelle scuole, sostenendo che “evidenze empiriche raggiunte da questi studi mostrano che il sessismo, l’omofobia, il pregiudizio e gli stereotipi di genere sono appresi sin dai primi anni di vita e sono trasmessi attraverso la socializzazione, le pratiche educative, il linguaggio, la comunicazione mediatica, le norme sociali”.
La polemica L’uso polemico del termine “teoria” mira a destituire un campo di studi dalla sua legittimità e ad occultare la storia intellettuale e sociale. L’impiego della parola inglese “Gender” riattiva un topos conservatore. L’italiano genere non traduce esattamente l’inglese gender, come hanno segnalato alcune studiose. Corrisponde ad una strategia di etichettamento
Analisi della realtà sociale da un punto di vista di genere: metodo scientifico Insegnare o usare il genere come categoria di analisi permette di “far vedere” che il genere come struttura sociale oppressiva è incessantemente insegnato in modo pratico, inculcato negli automatismi del corpo e del linguaggio, nelle categorie mentali e istituzionali, nelle divisioni oggettive del mondo sociale.
Iniziative istituzionali progetto di legge contro le violenze omotransfobe sentenze della Corte Costituzionale e della Cassazione per il riconoscimento giuridico delle coppie formate da persone dello stesso sesso sentenze di due Tribunali che chiedono ai Comuni di trascrivere i certificati di matrimonio same-sex celebrati all’estero (annullate dal Consiglio di Stato) la messa in opera di una “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” elaborata dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali)
Attori contro le teorie del Gender il Forum delle Associazioni familiari l’Unione Giuristi Cattolici Italiani (UGCI) Gruppi di cattolici tradizionalisti La stampa cattolica e conservatrice (Avvenire, Tempi, La Nuova Bussola Quotidiana, Il Foglio). Le “sentinelle in piedi” per difendere quella che i manifestanti definiscono “la libertà di opinione”. Alcuni comuni (la regione Veneto) hanno votato delibere che si oppongono all’introduzione di nozioni o decisioni che possano portare pregiudizio alla “famiglia naturale”. I progetti di legge sulle questioni lgbt/q sono congelati in Parlamento, spesso subissati di emendamenti che ne alterano portata e ratio. Il Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, Gabriele Toccafondi che ha bloccato la diffusione delle brochures “Educare alla diversità a scuola” commissionate dall’Unar . Il Presidente della C.E.I., Angelo Bagnasco. Il Pontefice ha ribadito “il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva” e ha ricordato il “diritto dei genitori all’educazione morale e religiosa dei propri figli”.
Una considerazione a parte in Russia Putin ha firmato una legge contro gli omosessuali - fatta passare per legge a tutela dei minori (2014). Con una maggioranza pressoché assoluta il Parlamento russo ha approvato l'estensione a tutto il territorio nazionale di una legge già in vigore a livello regionale a San Pietroburgo, Kaliningrad ed altre grandi città russe: il divieto di propaganda omosessuale. Ora è reato parlare in pubblico dei diritti, degli amori e delle speranze dei cittadini gay. La definizione, strategicamente un po' vaga, di "propaganda" darà al giudice la possibilità di punire con pesanti multe (fino a 15mila euro) artisti, attori ma anche comuni cittadini colti ad esprimere un'opinione in pubblico sulla situazione degli omosessuali. Ma soprattutto mettere al bando o vietare preventivamente eventi, manifestazioni, concerti, che possano essere ritenuti a rischio di "propaganda gay". In Russia sono ben 445 i gruppi nati per combattere la comunità gay e lesbo del Paese
Un esempio di costruzione sociale svelata Il femminismo degli anni ’70 ha definito lavoro il lavoro di riproduzione degli individui: mentre l’attività extramercantile finalizzata alla conversione della busta paga in reintegro della forza-lavoro veniva considerata come appartenente al regno della natura e non a quello dei rapporti sociali di produzione tra soggetti sessuati. Il femminismo anni ’70 ha rimesso in questione un persistente residuo naturalistico all’interno della teoria sociale (non esclusa quella di ispirazione marxista) e segnato una tappa critica di rilievo anche per le femministe delle generazioni successive. (2012) sentenza del giudice del lavoro di Venezia, Margherita Bortolaso (non a caso una donna) che ha definito una casalinga “lavoratrice non dipendente” concedendo al marito il congedo parentale per la cura dei figli in quanto “entrambi i coniugi lavorano”. Il marito, poliziotto, si era visto negare questo permesso dal suo datore di lavoro, il Ministero dell’Interno, di qui la causa di lavoro
Gli studi di genere ci dicono che buona parte delle differenze che caratterizzano l’esperienza di donne e uomini non è iscritta nei nostri geni, ma è prodotta dalla società È forse scritto nel DNA delle donne che debbano subire passivamente violenza da parte degli uomini? È un destino biologico che debbano svolgere lavori meno prestigiosi degli uomini o essere pagate di meno, o che non possano affermarsi nei percorsi scientifici o nel mondo della politica? È naturale che le donne debbano indossare il burqua o viceversa esibire il proprio corpo sulle copertine dei giornali o sul web? O d’altra parte, è legge naturale che gli uomini non possano prendere il congedo per occuparsi dei figli o non siano in grado di occuparsi delle attività domestiche o della cucina (quando non è quella di Master Chef)? È forse parte del corredo biologico dei maschi non trattenersi dal fare commenti volgari nei confronti delle donne che camminano per strada o dal praticare molestie nei confronti delle colleghe? E’ iscritto nel DNA dei bulli a scuola il fatto di stigmatizzare il compagno o la compagna in cerca della propria identità sessuale? E’ naturale comprimere e nascondere le proprie intime certezze sulla identità sessuale perché la società ha definito e limitato in termini biologici l’appartenenza anagrafica ad un sesso che non si sente proprio?
Barbara Poggio: “Se l’educazione al genere fa paura” inGenere n Barbara Poggio: “Se l’educazione al genere fa paura” inGenere n. 146, 24 settembre 2015 “In tutto questo c’è però una buona notizia: queste crociate si scatenano di solito quando il cambiamento è ormai in corso. E, con buona pace delle milizie anti-gender, e del personale politico che insegue il consenso soffiando sul loro fuoco, non saranno le campagne di disinformazione, né gli allarmismi gratuiti, né i tentativi di censura per fermarlo”