Scuola di Dottrina sociale della Chiesa per la formazione all’impegno sociale e politico.

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Transcript della presentazione:

Scuola di Dottrina sociale della Chiesa per la formazione all’impegno sociale e politico

Q UARTO I NCONTRO I DOGMI DELLA FEDE CATTOLICA E LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

A servizio del piano divino “ Col suo impegno la Chiesa desidera mettersi al servizio del piano divino inteso a ordinare tutte le cose alla pienezza che abita in Cristo” (Sollicitudo rei socialis, 31)

Vero Dio e vero uomo Il dogma della doppia natura di Cristo, vero Dio e vero uomo, definito a Nicea nel 325 contro l’Arianesimo, venne opposto dalla Chiesa alla degenerazione umana e sociale del Manicheismo e del Catarismo. Il Catarismo era una eresia distruttiva della comunità umana: proclamava la negatività della materia, del matrimonio e della procreazione ma ammetteva una sessualità perversa ed esasperata, era contraria al servizio militare e per un pacifismo assoluto ed astratto, proclamava il pauperismo, non rispettava l’autorità e considerava la politica un male.

L’Immacolata Concezione Lo Stato metteva le mani sulla scuola, con il giuseppinismo che istituiva la scuola statale, sulla famiglia, con il matrimonio civile sulla società civile cristiana e sulla società civile cristiana, con l’abolizione delle corporazioni e delle opere pie. All’origine, secondo Papa Pio IX, stava la superbia della negazione del peccato originale e, quindi, del fatto che la società e la politica avevano bisogno della Chiesa cattolica e della religione vera.

Il peccato originale “L’uomo creato per la libertà porta in sé la ferita del peccato originale, che continuamente lo attira verso il male e lo rende bisognoso di redenzione. Questa dottrina non solo è parte integrante della rivelazione cristiana, ma ha anche un grande valore ermeneutico, in quanto aiuta a comprendere la realtà umana. L’uomo tende verso il bene ma è pure capace di male; può trascendere il suo interesse immediato e, tuttavia, rimanere ad esso legato. L’ordine sociale sarà tanto più solido, quanto più terrà conto di questo fatto e non opporrà l’interesse personale a quello della società nel suo insieme, ma cercherà piuttosto i modi della loro fruttuosa collaborazione” (Centesimus annus, 25)

3 concezioni del peccato originale Il Protestantesimo considera il peccato originale come qualcosa che ha annientato la natura umana. Quindi non può esistere la bontà della creazione, la legge morale naturale, e l’uomo quando vive nella società e nella politica può solo fare il male. Per questo ciò che fa è indifferente e deve solo sottostare all’autorità e uniformarsi al mondo. Il pensiero moderno invece ritiene che l’uomo sia naturalmente buono. Quindi ciò che egli fa per natura, seguendo il suo sentimento naturale, è sempre un bene. Nella società egli può fare ciò che vuole. Molti cattolici pensano che col peccato originale l’uomo abbia perso la dimensione soprannaturale ma abbia conservato quella naturale. Così si propone l’estrinsecismo: l’una è perfettamente autonoma dall’altra (è la posizione dei Cristiani adulti).

Effetti del peccato originale Col peccato originale la natura umana non ha perso solo la sua dimensione soprannaturale lasciando intatta quella naturale, ma ha subito una ferita anche alla stessa natura sicché, da allora, non è più possibile perseguire gli stessi fini naturali senza l’aiuto della dimensione soprannaturale.

Creazione e dignità dell’uomo? “L’uomo è la sola creatura che Dio ha voluto per se stessa. In lui ha scolpito la sua immagine e somiglianza, conferendogli una dignità incomparabile. In effetti, al di là dei diritti che l’uomo acquista col proprio lavoro esistono diritti che non sono il corrispettivo di nessuna opera da lui prestata, ma che derivano dall’essenziale sua dignità di persona”. (Centesimus annus, 11)

I diritti fondati sui doveri “I diritti individuali, svincolati da un quadro di doveri che conferisca loro un senso compiuto, impazziscono e alimentano una spirale di richieste praticamente illimitata e priva di criteri. I doveri delimitano i diritti perché rimandano al quadro antropologico ed etico entro la cui verità anche questi ultimi si inseriscono e così non diventano arbitrio”. (Caritas in veritate, 43)

Ecologia ed ecologia umana “Oltre all’irrazionale distruzione dell’ambiente naturale è qui da ricordare quella, ancora più grave, dell’ambiente umano. Mentre ci si preoccupa giustamente di preservare gli habitat naturali delle diverse specie animali minacciate di estinzione, ci si impegna troppo poco per salvaguardare le condizioni morali di un’autentica ecologia umana. Non solo la terra è stata data da Dio all’uomo, che deve usarla rispettando l’intenzione originaria di bene, secondo la quale gli è stata donata; ma l’uomo è donato a se stesso da Dio e deve, perciò, rispettare la natura naturale e morale, di cui è stato donato” (Centesimus annus, 38)

Diritto alla proprietà privata “Non è difficile capire che lo scopo del lavoro, il fine prossimo che si propone l’artigiano, è la proprietà privata. Poiché se egli impiega le sue forze e la sua industria a vantaggio altrui, lo fa per procurarsi il necessario per la vita; e però con il suo lavoro acquista un vero e perfetto diritto, non solo di esigere ma di investire come vuole la dovuta mercede. Se dunque con le sue economie è riuscito a far dei risparmi e, per meglio assicurarli, li ha investiti in un terreno, questo terreno non è infine altra cosa che la mercede medesima travestita di forma” (Rerum novarum, 4)

Destinazione universale dei beni “Dio ha dato la terra a tutto il genere umano perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno. E’ qui la radice della destinazione universale dei beni della terra. (…)La terra non dona i suoi frutti senza una peculiare risposta dell’uomo al dono di Dio, cioè senza il lavoro; è mediante il lavoro che l’uomo, usando la sua intelligenza e la sua libertà, riesce a dominarla e ne fa la sua degna dimora. In tal modo egli fa propria una parte della terra, che appunto si è acquistata col lavoro. E’ qui l’origine della proprietà individuale” (Centesimus annus, 31)

Il principio di Sussidiarietà “Siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore più alta società quello che delle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento nella società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle o assorbirle” (Quadragesimo anno, n. 80).

Il principio di solidarietà [la solidarietà] non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascun o, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti” (Sollicitudo rei socialis, 38).

Il principio del bene comune Per bene comune si intende l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente” (Gaudium et spes, 26)

Dai dogmi a noi “Per conoscere ciò che è il dogma non sono le necessità attuali delle anime che bisogna studiare, ma il dogma stesso, e il suo studio ci permetterà di scoprire e di suscitare nelle anime aspirazioni molto più profonde che non i bisogni attuali di cui si parla”. Oggi alla Chiesa si chiede di partire dai bisogni delle anime e quindi di non essere troppo intransigente nel tono, non troppo sublime nelle proposte che fa, non troppo tragica nella giustizia che annuncia. Si vorrebbe renderla accessibile al gran numero di anime meno innamorate della verità che della libertà, degli ideali umani che della perfezione soprannaturale, dei diritti di Dio che dei propri diritti. Ma la Chiesa non può commettere l’errore di sminuire la gloria di Dio, subordinando le sue intenzioni alle nostre”.

Il peccato dell’Angelo Il principio moderno di autonomia del soggetto produce il peccato di infedeltà al dogma, che San Tommaso paragona al peccato dell’angelo decaduto. Secondo Garrigou Lagrange: “Quello che l’anima moderna non sa più, quello di cui è gravemente colpevole di non sapere più, è che Dio è Dio e che noi per noi stessi non siamo nulla”.