La costruzione sociale della realtà

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La costruzione sociale della realtà

La nozione di costruzione sociale della realtà proviene dalla "sociologia fenomenologica" di Alfred Schutz. Tale nozione ispira gran parte della sociologia dagli anni sessanta in avanti. Tra le sue conseguenze, vi è anche quella di favorire lo studio degli effetti a lungo termine dei mezzi di comunicazione di massa.

Alfred Schutz (1899-1959) Autore viennese, nel 1939 si trasferisce negli Stati Uniti, dove insegna alla New School for Social Research di New York ed ha fra i suoi allievi Peter L. Berger e Thomas Luckmann.

Opere da ricordare: Alfred Schutz: Saggi sociologici (edizione postuma: 1962/1966) Peter Berger e Thomas Luckmann: La realtà come costruzione sociale (1966).

Che la realtà sia una "costruzione sociale" significa che essa è sempre interpretata dagli attori sociali, in modo tale che in ogni società sono diffuse rappresentazioni della realtà condivise e date per scontate dai suoi membri.

Dire che la realtà è una costruzione sociale non vuol dire che ciascuno la immagina a suo piacimento: la costruzione è sociale, cioè prodotta collettivamente, e trae la sua forza proprio dalla condivisione.

Dire che la realtà è una costruzione sociale non vuol dire che la realtà in sé non esista: significa che nessuno di noi può fare a meno di interpretarla.

Come scrive Alfred Schutz: “Non vi sono puri e semplici fatti: vi sono sempre fatti interpretati. Ciò non significa che, nella vita quotidiana o nella scienza, noi non siamo capaci di afferrare la realtà del mondo. Significa che afferriamo solamente certi aspetti di essa”.

La costruzione sociale della realtà si realizza nell’interazione sociale e attraverso processi comunicativi.

Concetti fondamentali della sociologia fenomenologica: - tipizzazione - routine - vita quotidiana - senso comune

Tipizzare significa ridurre la complessità della realtà (cose, eventi, situazioni, persone ed azioni) a “tipi” o “categorie” di oggetti in cui ci si può imbattere.

Le routines sono corsi d’azione abituali e standardizzati: tipiche soluzioni pratiche a problemi o a situazioni che si presentano in modo ricorrente nella vita quotidiana.

La vita quotidiana è l’ambiente usuale e ordinario entro cui scorre la vita di una persona. E’ lo spazio all’interno del quale noi agiamo in modo ricorrente, che consideriamo prossimo a noi e che rivestiamo di un’aura di familiarità.

Il senso comune è l’insieme delle tipizzazioni mediante le quali compren- diamo la realtà e delle routine in base a cui agiamo per lo più all’interno della nostra vita quotidiana. E’ ciò che è ritenuto ovvio entro una società o entro una data cerchia sociale: modi di pensare, di dire e di fare che vengono dati per scontati.

Il senso comune è in parte una memoria sociale ed è appreso mediante i processi di socializzazione; ma in parte è anche il risultato di una costruzione e ricostruzione sociale continua della realtà.

Nelle società complesse, tuttavia, anche il senso comune si differenzia, e diventa spesso oggetto di lotta fra i diversi gruppi sociali. I movimenti sociali, fra l’altro, costituiscono ricorrenti tentativi di riformulare il senso comune della società nel suo insieme.

Dalla sociologia fenomenologica a nuovi modi di studiare gli effetti dei media

Né Schutz né Berger e Luckmann si occupano dei mezzi di comunicazione di massa, ma, poiché la costruzione sociale della realtà passa attraverso processi comunicativi, è evidente che questi mezzi vi sono implicati.

I mezzi di comunicazione di massa sono strumenti di costruzione del senso comune. Gruppi diversi competano attraverso i mass media per il potere di influire sul senso comune.

La nozione della "costruzione sociale della realtà" aiuta a ripensare la questione degli effetti cumulativi e a lungo termine dei media.

L’idea che si affaccia è che i messaggi dei media, accumulandosi nel corso del tempo, abbiano il potere di diffondere e/o consolidare certe interpretazioni della realtà che vengono date per scontate dal pubblico.

Ciò significa riconoscere che essi contribuiscono alla formazione di conoscenze, modelli di comportamento, atteggiamenti, opinioni e credenze che costituiscono il bagaglio di saperi che appare “ovvio” a ciascuno e necessario per vivere quotidianamente nella società.

I media sono dunque agenti di socializzazione I media sono dunque agenti di socializzazione. Il loro ruolo in questo senso è tanto più rilevante quanto più essi sono diffusi, quanto più i destinatari vi sono esposti, quanto meno sono efficaci altre agenzie di socializzazione e quanto più isolati e poco capaci di critica autonoma o culturalmente poveri sono i destinatari.

A favore dell'ipotesi che i media abbiano nel complesso forti effetti cognitivi gioca a partire dagli anni sessanta la nuova rilevanza dei media stessi nella vita sociale a seguito della diffusione della televisione e della generale crescita dell'offerta mediale.

E’ ciò che Elizabeth von Noelle Neumann afferma in un saggio del 1973: Return to the concept of powerful mass media.

Tre processi caratterizzano ora infatti il sistema delle comunicazioni di massa: 1) la presenza sempre più pervasiva dei media, e in particolare della televisione, nella vita quotidiana del pubblico (ubiquità); 2) la crescente omogeneità dei contenuti trasmessi dai vari media (consonanza); 3) la tendenza alla trattazione ripetuta da parte dei media degli stessi temi (cumulazione).

In questa situazione, il paradigma della costruzione sociale della realtà permette di evidenziare come i mass media contribuiscano a definire il sapere comune e possano spingere a darlo per scontato: essi comunicano ciò che ciascuno è invitato a credere che tutti gli altri credano.

Comunicazioni di massa e costruzione sociale della realtà

Agenda-setting Fra gli anni sessanta e gli anni settanta Donald L. Shaw e Maxwell E. McCombs sviluppano negli Stati Uniti la teoria dell’agenda-setting. Questa teoria si basa su ricerche empiriche e si riferisce soprattutto agli effetti dei messaggi mediali relativi al genere informativo (quotidiani e telegiornali).

Nelle ricerche realizzate, McCombs e Shaw mettono a confronto l’elenco dei temi più trattati dai media con l’elenco dei temi ritenuti più rilevanti dal pubblico nello stesso periodo. Tali elenchi tendono ad assomigliarsi in modo molto marcato.

I risultati suggeriscono che il potere dei mezzi di comunicazione di massa non si manifesta tanto nell’influenza diretta su singole opinioni, atteggiamenti o comportamenti, quanto nella capacità di attirare l’attenzione del pubblico sui temi, gli eventi e i personaggi di cui si parla, determinandone così l’importanza.

In altri termini: i mezzi di comunicazione di massa non hanno successo tanto nel dire al pubblico che cosa pensare, quanto nel suggerire su che cosa pensare.

Si tratta di effetti che riguardano propriamente il senso comune: ciò che si definisce è infatti l’“ovvia” rilevanza o meno di certi temi e la plausibilità di certe argomentazioni piuttosto che di altre.

News making (produzione delle notizie): Non tutto ciò che accade nel mondo si trasforma in notizia. Le notizie sono il risultato di complessi processi di produzione, i quali trasformano in notizie certi eventi e non altri.

Gatekeeping: funzione di filtro esercitata dalle organizzazioni che producono le notizie (redazioni di giornali e simili)

L'effetto di agenda setting interagisce però con i criteri di rilevanza e con le conoscenze di cui il pubblico è in possesso. E' particolarmente forte quando riguarda aree tematiche che il pubblico conosce poco o di cui non ha esperienza diretta. E' più forte sul pubblico generico che su pubblici specializzati.

Spirale del silenzio Tenendo conto a sua volta delle teorie dell’agenda-setting, ma in parte criticandole, Elizabeth Noelle-Neumann in Die Schweigerspirale (1980) avanza la teoria della “spirale del silenzio”.

La riflessione parte dalla constatazione di frequenti cambiamenti all'ultimo momento delle intenzioni di voto da parte di un certo numero di cittadini. Tale effetto è spiegato osservando la percezione che i cittadini hanno del "clima d'opinione" prevalente. Tale percezione dipende dall’azione dei media.

La spirale del silenzio indica spostamenti di opinione che nascono dal fatto che un gruppo può apparire grazie ai media più forte di quanto non sia in realtà, e coloro che hanno opinioni diverse appaiono più deboli di quanto non siano. Il risultato è una sorta di illusione ottica riguardo all’opinione della maggioranza.

I mass media sono in grado così di influenzare le opinioni stesse, nella misura in cui ciascuno ritiene che le opinioni più “visibili” siano anche quelle più diffuse. Chi è portatore di opinioni diverse è indotto a sentirsi isolato e dunque a tacere o a conformarsi a quella che ritiene essere l'opinione della maggioranza.