Jacopone da Todi (+1306) [Jacopone de Tuderto; Iacopo dei Benedetti] Jacopo Benedetti nacque a Todi nel 1230 ca. in una famiglia nobile e studiò legge a Bologna. Ritornato a Todi, esercitò la professione di procuratore e nel 1267 sposò una nobile donna, Vanna di Guidone. Nel 1268, mentre stavano assistendo ad una festa, crollò la tribuna provvisoria dove si trovavano, e la moglie Vanna morì. Jacopo scoprì che sotto le vesti, la moglie portava un tessuto di crine, in segno di penitenza per i peccati del marito. Jacopo rimase sconvolto da questa scoperta e decise di abbandonare la sua professione e di vendere i suoi beni. Per 10 anni visse secondo le usanze dei terziari francescani e, vestito con un saio, compì delle frequenti penitenze pubbliche sull’orlo della follia mistica, diventando lo zimbello dei ragazzi di Todi e guadagnandosi il soprannome spregiativo di Jacopone.
Nel 1278, dopo qualche esitazione Jacopone fu accettato nell’ordine francescano, e si ritirò nel convento di San Fortunato a Todi.
Nel 1294 Jacopone fu tra gli spirituali, capeggiati da Angelo Clareno (+1337), che chiesero ed ottennero da papa Celestino V (1294) di poter vivere isolati per praticare un radicale ascetismo Ma subito dopo, all’avvento di papa Bonifacio VIII (+1303) venne annullato questo permesso e si iniziò a perseguitare gli spirituali Jacopone si schierò a fianco dei cardinali, Jacopo e Pietro Colonna, oppositori di Bonifacio VIII, che appesero in tutte le chiese di Roma il 10 Maggio 1297 un manifesto, detto di Longhezza, compilato da Jacopone in persona, con cui chiedevano la convocazione di un nuovo concilio e denunciavano i mali di Bonifacio VIII, dichiarandolo decaduto Il Papa scomunicò i 2 cardinali e Jacopone, che fu imprigionato nella rocca di Palestrina dove rimase per 5 anni, non potendo usufruire neppure del perdono in occasione del giubileo del 1300. Solo dopo la morte di Bonifacio, nel 1303, fu liberato da papa Benedetto XI e si ritirò nel monastero delle Clarisse di San Lorenzo di Collazzone vicino a Todi, dove morì la notte di Natale del 1306. E’ venerato come beato.
Frate Jacopo scrisse un ricco Laudario dove si firma con fra Jacovone. La lauda di Jacopone differisce dalle altre laude del tempo - sia per il tipo di metro (egli adotta lo schema zagialesco, dal nome zadjal che gli Arabi di Spagna davano a tale metro ) - sia per il linguaggio: crea un vero e proprio “linguaggio del nulla” per definire Dio in opposizione alle categorie del finito, in altre parole di Dio si può dire solo quello che non è.
La più famosa è lo Stabat mater che fu attribuito a San Bonaventura Compose 110 laudi. La più famosa è lo Stabat mater che fu attribuito a San Bonaventura nel quale interpreta liturgicamente il martirio di Maria sotto la croce. Le laudi alla Vergine, tipiche nel medioevo, vennero riprese da Jacopone con una caratteristica tutta spirituale che si convertiva in una grande delicatezza, come si avverte nello Stabat Mater, in cui dimostra la sua dipendenza dalla teologia e spiritualità francescana.
Stava la Madre addolorata in lacrime presso la Croce su cui pendeva il Figlio. E il suo animo gemente, contristato e dolente una spada la trafiggeva. Oh, quanto triste e afflitta fu la benedetta Madre dell'Unigenito! Come si rattristava e si doleva vedendo le pene dell'inclito Figlio! Chi non piangerebbe al vedere la Madre di Cristo in tanto supplizio? Chi non si rattristerebbe al contemplare la pia Madre dolente accanto al Figlio ? A causa dei peccati del suo popolo Ella vide Gesù nei tormenti, sottoposto ai flagelli. Vide il suo dolce Figlio che moriva, abbandonato da tutti, Mentre esalava lo spirito. Accanto alla Croce desidero stare con te, in tua compagnia, nel compianto. O Vergine gloriosa fra le vergini non essere aspra con me, fammi piangere con te. Fa' che io porti la morte di Cristo, avere parte alla sua passione e ricordarmi delle sue piaghe. Fa' che sia ferito delle sue ferite, che mi inebri con la Croce e del sangue del tuo Figlio. Che io non sia bruciato dalle fiamme, che io sia, o Vergine, da te difeso nel giorno del giudizio. Fa' che io sia protetto dalla Croce, che io sia fortificato dalla morte di Cristo, consolato dalla grazia. quando il mio corpo morirà fa' che all'anima sia data la gloria del Paradiso. Amen. Oh, Madre, fonte d'amore, fammi provare lo stesso dolore perché possa piangere con te. Fa' che il mio cuore arda nell'amare Cristo Dio per fare cosa a lui gradita. Santa Madre, fai questo: imprimi le piaghe del tuo Figlio crocifisso fortemente nel mio cuore. Del tuo figlio ferito che si è degnato di patire per me, dividi con me le pene. Fammi piangere intensamente con te, condividendo il dolore del Crocifisso, finché io vivrò.
Come Francesco egli amava l’umanità del Figlio di Dio e la sua passione patita per noi, come emerge nella lauda: Donna de Paradiso,/ lo tuo figliolo è preso/ Isù Cristo beato. Accurre, donna e vide/ che la gente l’allide; credo che lo s’occide,/ tanto l’ò flagellato. Como essere porria,/che non fece follia, Cristo, la spene mia, / om l’avesse pigliato? Madonna, ello è traduto/ Iuda sì ll’à venduto; trenta denar’ n’à auto,/ fatto n’à gran mercato. [...] Madonna, ecco la croce/ che la gente l’aduce, ove la vera luce/ déi esser levato. O croce, e que farai?/ El figlio meo torrai? E que ci aponerai, / che no n’à en sé peccato? [...] Figlio, ch’eo m’aio anvito, / figlio, pat’e mmarito! Figlio, chi tt’à firito?/ Figlio, chi tt’à spogliato? Mamma, perché te lagni?/ Voglio che tu remagni, che serve mei compagni, / ch’êl mondo aio aquistato. Figlio, questo non dire!/ Voglio teco morire, non me voglio partire/ fin che mo’n m’esc’ el fiato
O Vergen più che femena,/santa Maria beata! Maria è la Madre sofferente che partecipa ai dolori del Figlio, ma è anche lodata per il suo essere “donna sopra ogni donna”, e liberata dal peccato originale: O Vergen più che femena,/santa Maria beata! Più che femena, dico:/onn’om nasce nemico; per la Scrittura esplico:/nant’èe santa che nata. Estanna en ventre chiusa,/puoi l’alma ce fo enfusa, potenza vertuusa/sì t’ha santificata. La divina onzione/sì te santificòne, d’onne contagione/remanisti illibata. L’original peccato/c’Adam ha semenato, onn’om con quel è nato,/tu n’èi da quel mondata. Nul peccato mortale/en tuo voler non sale, e da lo veniale/tu sola emmaculata