V iaggio nel veneto nuovo e antico di A urora S imionato C lasse 2 D a -G A nno S colastico C ompiti estivi
Peraga Medievale
Padova città e le Cronache Carraresi
Lozzo Atestino Castello di Valbona
Cinto Euganeo, il museo di Cava Bomba
Il castello di Monselice
Due Carrare Museo dellaria e dello spazio
Villa Sceriman Foscari Widmann- Rezzonico Mira
Venezia
I ponti di Venezia!
Laguna
Piazza San Marco
La Collezione Peggy Guggenheim è uno dei più importanti musei in Italia per l'arte europea ed americana della prima metà del XX secolo con sede a Venezia presso Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande, in quella che fu l'abitazione di Peggy Guggenheim. Il museo ospita la collezione personale di Peggy Guggenheim, ma anche i capolavori della Collezione Hannelore B. e Rudolph B. Schulhof, della Collezione Gianni Mattioli, il Giardino delle sculture Nasher e mostre temporanee. La Collezione Peggy Guggenheim è di proprietà della Fondazione Solomon R Guggenheim che la gestisce insieme al Museo Solomon R. Guggenheim di New York e al Guggenheim Museum Bilbao.
Susegana Castello di San Salvatore
La storia del castello è indissolubilmente legata alla famiglia Collalto, di antichissima origine longobarda, che da Treviso si stabilisce qui tra il XII e il XIII secolo fondando i castelli di Collalto e di San Salvatore. Il castello di San Salvatore si espande velocemente ed arriva alla fine del Medioevo, con i suoi trentamila metri quadrati tra rocca e borgo, ad essere uno dei più estesi del nord Italia. Inespugnato per tutto il Medioevo, durante la lunga pax veneziana il castello vede la fioritura di una straordinaria stagione artistica: arrivano a San Salvatore pittori, poeti, musicisti e letterati.
Castello di Conegliano
Della originaria fondazione scaligera (mastio costruito per difendere la corte di guardia interna) restano in basso le profonde feritoie strombate, mentre le piccole finestre ad arco risalgono alla ristrutturazione del 1467; la parte terminale, cella campanaria e posto di vedetta, ricostruita dopo il crollo del 1491, viene sopraelevata all'altezza attuale nel con l'antistorico coronamento di merli ghibellini. Oggi la struttura ospita il Museo cittadino e comprende una pregevole pinacoteca con quadri ed affreschi recuperati da conventi e chiese del territorio; un arredo abbastanza composito, costituito da cassapanche, sedie e armature risalenti al ; una sezione archeologica con reperti che abbracciano un arco di tempo che va dal Paleolitico superiore all'età romana.
Vajont La frana che si staccò alle ore dalle pendici settentrionali del monte Toc precipitando nel bacino artificiale sottostante aveva dimensioni gigantesche. Una massa compatta di oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e detriti che furono trasportati a valle in un attimo, accompagnati da un'enorme boato. Tutta la costa del Toc, larga quasi tre chilometri, costituita da boschi, campi coltivati ed abitazioni, affondò nel bacino sottostante, provocando una gran scossa di terremoto. Il lago sembrò sparire, e al suo posto comparve una enorme nuvola bianca, una massa d'acqua alta più di 100 metri, contenente massi dal peso di diverse tonnellate. La forza d'urto della massa franata creò due ondate. La prima, a monte, fu spinta ad est verso il centro della vallata del Vajont che in quel punto si allarga. Questo consentì all'onda di abbassare il suo livello e di risparmiare, per pochi metri, l'abitato di Erto. Purtroppo spazzò via le frazioni più basse lungo le rive del lago. La seconda ondata si riversò verso valle superando lo sbarramento artificiale, innalzandosi sopra di esso fino ad investire le case più basse del paese di Casso. Il collegamento viario eseguito tratti di binari piegati come ramoscelli. Quando l'onda perse la sua forza andandosi ad infrangere contro la montagna, iniziò un lento riflusso verso valle: una azione non meno distruttiva, che scavò in senso opposto alla direzione di spinta. Alle prime luci dell'alba l'incubo, che aveva ossessionato da parecchi anni la gente del posto, divenne realtà. Gli occhi dei sopravvissuti poterono contemplare quanto l'imprevedibilità della natura, unita alla piccolezza umana, seppe produrre. La perdita di quasi duemila vittime stabilì uno sfortunato primato nella storia italiana e mondiale. Si era consumata una tragedia tra le più grandi che l'umanità potrà mai ricordare. sul coronamento della diga venne lacerato, così come la palazzina di cemento, a due piani, della centrale di controllo ed il cantiere degli operai. L'ondata, forte di più di 50 milioni di metri cubi, scavalcò la diga precipitando a piombo nella vallata sottostante con una velocità impressionante. La stretta gola del Vajont la compresse ulteriormente, facendole acquisire maggior energia. Allo sbocco della valle l'onda era alta 70 metri e produsse un vento sempre più intenso, che portava con se, in leggera sospensione, una nuvola nebulizzata di goccioline. Tra un crescendo di rumori e sensazioni che diventavano certezze terribili, le persone si resero conto di ciò che stava per accadere, ma non poterono più scappare. Il greto del Piave fu raschiato dall'onda che si abbatté con violenza su Longarone. Case, chiese, porticati, alberghi, osterie, monumenti, statue, piazze e strade furono sommerse dall'acqua, che le sradicò fino alle fondamenta. Della stazione ferroviaria non rimasero che lunghi
Bassano dal Grappa Osservatorio astronomico
Roana
Montecchio Maggiore Castello di Bellaguardia
Arzignano La Rocca Scaligera
ITINERARIO
Lutilizzo di musica e immagini provenienti da siti web è stato solo a scopo didattico FONTI Loris Bizzotto m=1&ie=UTF-8&tbm=isch&source=og&sa=N&tab=wi&ei=gDsaUtOKO-jL4ATQvIHQCw L avoro di A urora S imionato C lasse 2 D a -G A nno scolastico C ompiti estivi sAQ&biw=1760&bih=