Principi e fondamenti del Servizio Sociale

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Transcript della presentazione:

Principi e fondamenti del Servizio Sociale Prof.ssa Angelina Di Prinzio A.A.2015/2016 RISPETTO DEL SEGRETO PROFESSIONALE E DELLA RISERVATEZZA DA PARTE DELL’ASSISTENTE SOCIALE Seminario a cura di A.S. Serena Bianchi

Dimensione Etica La Riservatezza e il Segreto Professionale sono stati elementi fortemente evidenziati e tradotti in norme comportamentali nel Codice deontologico, sviluppati nel Titolo III, Capo III intitolato: “La Responsabilità dell’Assistente Sociale nei confronti dell’utente e cliente” Il Segreto professionale è stato vissuto dalla professione sempre come valore, come un dovere etico e in quanto tale tradotto in norme deontologiche. Per Deontologia si intende appunto l’insieme delle regole che impegnano il professionista, lo vincola ai doveri professionali a garanzia della qualità dell’intervento professionale.

Dimensione Etica Il fondamento etico assoluto è l’UOMO inteso come valore in sé da riconoscere e far riconoscere agli altri e alla società Esigenza etica relativa al “riconoscimento della dignità dell’uomo e del suo rispetto” Il rapporto fiduciario che si instaura tra l’Assistente Sociale e l’utente implica un aspetto di confidenzialità e intimità da imporre un dovere alla riservatezza e al segreto professionale.

Dimensione Etica L’applicazione del segreto professionale nella operatività quotidiana comporta spesso un conflitto di doveri, di diritti e interessi contrapposti tra: tutela, garanzia del rapporto fiduciario e benessere dell’utente obbligo di segreto e obbligo di denuncia mandato professionale e mandato istituzionale diritto alla privacy e diritto alla comunicazione e alla trasparenza

Riservatezza Costituisce la base del rapporto fiduciario Parte da un atteggiamento di attenzione e cautela già dal primo contatto con l’utente Permette di condurre una relazione professionale che non deve essere invasiva ma riguardosa e discreta Inserita nel Codice Deontologico (Art.23) essa non è più soltanto un atteggiamento professionalmente corretto, ma viene a costruire un “diritto” primario dell’utente e un “dovere” dell’assistente sociale

Riservatezza E’ un atteggiamento più ampio ed esteso di cui l’obbligo al segreto professionale fa parte. E’ un atteggiamento di cautela nella conduzione della relazione professionale che deve essere riguardosa e discreta e deve saper conservare, usare e proteggere i dati raccolti.

Codice Deontologico, Titolo III, Capo III Art.24. La natura fiduciaria della relazione con utenti o clienti obbliga l´assistente sociale a trattare con riservatezza le informazioni e i dati riguardanti gli stessi, per il cui uso o trasmissione, nel loro esclusivo interesse, deve ricevere l´esplicito consenso degli interessati, o dei loro legali rappresentanti, ad eccezione dei casi previsti dalla legge. Art.25. L´assistente sociale deve adoperarsi perché sia curata la riservatezza della documentazione relativa agli utenti ed ai clienti, in qualunque forma prodotta, salvaguardandola da ogni indiscrezione, anche nel caso riguardi ex utenti o clienti, anche se deceduti. Nelle pubblicazioni scientifiche, nei materiali ad uso didattico, nelle ricerche deve curare che non sia possibile l´identificazione degli utenti o dei clienti cui si fa riferimento. Art.26. L´assistente sociale è tenuto a segnalare l´obbligo della riservatezza e del segreto d´ufficio a coloro con i quali collabora, con cui instaura rapporti di supervisione didattica o che possono avere accesso alle informazioni o documentazioni riservate.

Segreto d’Ufficio Previsto dall’art. 201 del C.P.P. per chi svolge una funzione pubblica, opera affinché non si abbia l’uscita, all’esterno del servizio, di notizie riservate, ma ne consente la circolazione interna ed è posto, prevalentemente, a tutela della pubblica amministrazione e del servizio pubblico, e solo indirettamente a tutela della professionalità degli operatori. Tale normativa, da sola, non tutela adeguatamente la riservatezza dovuta alle persone.

Segreto Professionale Regolamentato dall’art. 200 del Codice di procedura penale, la cui violazione è punita dall’art. 622 del C.p., è appunto l’obbligo a non rivelare le informazioni apprese all’interno del rapporto fiduciario. Ha un fondamento: Etico, legato al rispetto della persona Deontologico, sancito come norma di comportamento professionale nel Codice al capo III Titolo II con un forte richiamo ad un obbligo di riservatezza che si estende oltre alle informazioni acquisite nella relazione professionale anche alla documentazione dell’Assistente Sociale; Giuridico, sancito dall’art.622 del c.p., dal D.Lgs 196/2003 sulla Privacy e dalla recente l.119/01 che estende agli assistenti sociali gli obblighi e le garanzie previste per altre categorie di professionisti ed ad altri soggetti pubblici o privati con il quale l’assistente sociale svolge le proprie attività. Ne deriva che il segreto tende a proteggere la riservatezza dell’individuo.

Segreto Professionale Il segreto professionale è parte essenziale del “codice genetico” della professione; esso esprime i principi e i valori che alla professione ineriscono fin dalla sua nascita in forma di riconoscimento della dignità e del rispetto della persona (M. Diomede Canevini, 2000). Non è soltanto il riconoscimento di un diritto ormai acquisito del cittadino: è tutela di uno strumento di lavoro costituito dal rapporto fiduciario con la persona che chiede l’intervento professionale” (P. Rossi, 2002).

Segreto Professionale Esso rappresenta un diritto primario dell’utente e un dovere dell’assistente sociale. Il maggiore pericolo è “l’imprudenza, la loquacità, la leggerezza individuale dei singoli operatori che spesso non valutano con sufficiente serietà professionale gli ambiti, gli interlocutori, i tempi dei loro discorsi”

Segreto Professionale L. 119/2001 “Disposizioni concernenti l’obbligo del segreto professionale per gli assistenti sociali” Con tale legge si è introdotto, anche per gli A.S. iscritti all’albo “l’obbligo del segreto professionale su quanto hanno conosciuto per ragione della loro professione, esercitata sia in regime di lavoro dipendete, pubblico o privato, sia in regime di lavoro autonomo libero professionale” così come è già previsto per altre categorie professionali (medici, avvocati, etc…). Questa legge completa il quadro normativo di legittimazione di una professione intellettuale e protegge di più l’utente e il professionista che frequentemente rischia di vedere vanificato il proprio lavoro di costruzione di un intervento di aiuto senza ricevere le dovute protezioni dall’Ente di appartenenza.

Segreto Professionale DIFFICOLTA’: Contrasto tra segreto professionale e trasparenza dell’azione amministrativa (Art. 13 Codice Deontologico, diritto di accesso alla documentazione) Contrasto tra mandato professionale e mandato istituzionale Contrasto tra obbligo a non comunicare o divulgare informazioni a terzi Le difficoltà maggiori nell’applicazione del Segreto professionale nascono dal lavoro di rete che spesso si rende necessario attorno ad una situazione e nella necessità di trasferimento del segreto ad altro collega o altro professionista nonché al mantenimento e rispetto del segreto d’ufficio.

Obbligo di denuncia L’Art.331 del Codice di Procedura Penale obbliga i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio a denunciare entro 48 ore i reati perseguibili d’ufficio di cui vengano a conoscenza dell’esercizio delle loro funzioni. Quindi, se il segreto costituisce una notizia di reato, un assistente sociale che lavora in una struttura pubblica o in rapporto di convenzione con l’ente pubblico, deve violare il segreto e sporgere denuncia. Fanno eccezione solo coloro che lavorano nel Ser.T o in strutture convenzionate con le ASL per il trattamento dei tossicodipendenti.

Obbligo di testimonianza L’obbligo di testimonianza è previsto per tutti i cittadini, però agli A.S. iscritti all’Albo e pertanto obbligati al segreto professionale, la legge non fa divieto di testimonianza nei processi civili e penali nei quali siano convocati come testimoni. Prevede, soltanto la “facoltà di astenersi e l’impossibilità di essere obbligati”, salvo le eccezioni previste dall’Art.331 del C.p.p. La facoltà di astenersi è valutata discrezionalmente e responsabilmente dall’assistente sociale.

Obbligo di testimonianza Codice Deontologico Art.27. L´assistente sociale ha facoltà di astenersi dal rendere testimonianza e non può essere obbligato a deporre su quanto gli è stato confidato o ha conosciuto nell´esercizio della professione, salvo i casi previsti dalla legge. Art.28. L´assistente sociale ha l´obbligo del segreto professionale su quanto ha conosciuto per ragione della sua professione esercitata sia in regime di lavoro dipendente, pubblico o privato, sia in regime di lavoro autonomo libero professionale, e di non rivelarlo, salvo che per gli obblighi di legge e nei seguenti casi: rischio di grave danno allo stesso utente o cliente o a terzi, in particolare minori, incapaci o persone impedite a causa delle condizioni fisiche, psichiche o ambientali richiesta scritta e motivata dei legali rappresentanti del minore o dell´incapace nell´esclusivo interesse degli stessi autorizzazione dell´interessato o degli interessati o dei loro legali rappresentanti resi edotti delle conseguenze della rivelazione rischio grave per l´incolumità dell´assistente sociale.

Obbligo dell’AS a segnalare alle Autorità Giudiziarie In sede Penale: (art 361 Codice penale) “Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale”. In sede Civile: (art 9 Legge n.184/’83 e s.m. “Diritto del minore ad una famiglia”). E’ obbligatorio segnalare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni situazioni di abbandono di minori ed al Giudice Tutelare persone in minorata difesa (Legge n. 6 2004).

Conclusioni L’autodeterminazione della persona è un obiettivo fondamentale del progetto di aiuto che riconduce ad un altro valore che è quello della “Libertà” come facoltà di pensare e di agire in autonomia. Libertà non vuol dire solo libertà di scelta , ma di regolarsi cioè di darsi delle regole. L’assistente sociale che lavora con le persone non può pensare che si ottenga nulla di significativo senza la libertà di adesione ad una scelta, a un disegno, a un progetto, a un cambiamento. Il coinvolgimento consapevole consente all’assistente sociale di elaborare un progetto condiviso ed attuare un piano dove ogni intervento ed azione messa in atto trovi la compartecipazione della persona interessata che sarà costantemente informata e consenziente di quanto si va costruendo.