Ulisse: l’orgoglio di chi vuol sapere Dall’Inferno di Dante, canto XXVI
Siamo nel basso inferno VIII cerchio: fraudolenti VIII bolgia: consiglieri fraudolenti
Il 26° canto: l’inizio Dante e Virgilio passano dalla VII all’VIII bolgia, cioè dai ladri ai consiglieri di frode Dante si lamenta dei cinque ladri fiorentini che ha incontrato e inveisce contro la sua città. Dal ponte che sovrasta l’ottava bolgia, i due poeti vedono delle luci, che a Dante fanno venire in mente le lucciole che si vedono d’estate
Dante vuol parlare con Ulisse Dante è incuriosito da una fiamma con due punte Virgilio gli spiega che dentro la fiamma stanno Ulisse e Diomede, puniti insieme per aver consigliato di ricorrere al cavallo di Troia (frode) Dante vuol parlare con Ulisse, ma Virgilio gli dice di lasciar fare a lui le domande perché Dante non conosce il greco
La storia di Ulisse Su domanda di Virgilio, Ulisse racconta dove e come è morto. Tornato a Itaca dopo vent’anni di assenza, gli venne il desiderio di continuare ad esplorare il mondo Così lascio l’isola e navigò sino al limite del Mare Mediterraneo
Le colonne d’Ercole Secondo la leggenda Ercole, l’eroe fortissimo della mitologia antica, pose due colonne su le due sponde dello stretto oggi chiamato di Gibilterra tra Spagna e Marocco Sulle colonne pose la scritta latina “NON PLUS ULTRA”, non andate oltre
La fine di Ulisse Ulisse invita i compagni a superare lo stretto che nessuno aveva mai oltrepassato per scoprire cosa ci fosse oltre La navigazione dura cinque mesi, ma quando vedono da lontano il purgatorio, una tempesta improvvisa fa affondare la nave
Il racconto di Ulisse Cima, punta. Lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando, 87 pur come quella cui vento affatica indi la cima qua e là menando, come fosse la lingua che parlasse, 90 gittò voce di fuori, e disse: "Quando mi diparti’ da Circe, che sottrasse me più d’un anno là presso a Gaeta, 93 prima che sì Enëa la nomasse, né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né ’l debito amore 96 lo qual dovea Penelopè far lieta, vincer potero dentro a me l’ardore ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto 99 e de li vizi umani e del valore; ma misi me per l’alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna 102 picciola da la qual non fui diserto. Cima, punta. Scrollarsi, agitarsi, muoversi Agita Dal promontorio ancor oggi detto Circeo, nel Lazio meridionale Secondo la leggenda Enea, in fuga da Cartagine, vide morire la sua nutrice Gaeta e chiamò così il posto dove la donna fu sepolta Penelope, moglie di Ulisse, lo aveva aspettato per vent’anni e gli era rimasta sempre fedele Il desiderio Una barca (metonimia) Con quei pochi compagni dai quali non fui mai abbandonato
Il discorso di Ulisse L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi, 105 e l’altre che quel mare intorno bagna. Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta 108 dov’Ercule segnò li suoi riguardi acciò che l’uom più oltre non si metta; da la man destra mi lasciai Sibilia, 111 da l’altra già m’avea lasciata Setta. "O frati", dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l’occidente, 114 a questa tanto picciola vigilia d’i nostri sensi ch’è del rimanente non vogliate negar l’esperïenza, 117 di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, 120 ma per seguir virtute e canoscenza". Li miei compagni fec’io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, 123 che a pena poscia li avrei ritenuti; e volta nostra poppa nel mattino, de’ remi facemmo ali al folle volo, 126 sempre acquistando dal lato mancino. Sponda (del Mare Mediterraneo) Lenti Confini Affinché Siviglia Ceuta O fratelli a questi ultimi giorni che ci restano da vivere Stirpe Bestie, esseri senza intelligenza Desiderosi Dopo Remavamo così veloci che i remi sembravano le ali del nostro volo folle Andando sempre verso sinistra
La morte di Ulisse Tutte le stelle già de l’altro polo vedea la notte, e ’l nostro tanto basso, 129 che non surgëa fuor del marin suolo. Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna, 132 poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo, quando n’apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto 135 quanto veduta non avëa alcuna. Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto; ché de la nova terra un turbo nacque 138 e percosse del legno il primo canto. Tre volte il fé girar con tutte l’acque; a la quarta levar la poppa in suso 141 e la prora ire in giù, com’altrui piacque, infin che ’l mar fu sovra noi richiuso". Di notte vedevamo tutte le stelle dell’emisfero meridionale Dall’orizzonte marino spento Da quando avevamo varcato lo stretto Un turbine, un vortice La prua
La figura di Ulisse Ulisse rappresenta il desiderio di conoscere che fa parte dell’essere umano. Ma l’uomo non può conoscere tutto, la sua sapienza è per limitata dalla sua stessa natura. Volere sapere di più è superbia, solo Dio ha la conoscenza di tutto. Ecco perché il desiderio di Ulisse è destinato a non avere successo ed ecco perché Ulisse muore in questo tentativo. Si noti tuttavia che Ulisse non sta nell’Inferno per questa colpa, ma per l’inganno del cavallo di Troia.
Il naufragio di Ulisse in un disegno antico
Le scoperte geografiche al tempo di Dante Nel XII secolo si cominciò ad usare la bussola. Nel XIII secolo si cominciò ad usare un timone moderno e dei portolani, cioè delle guide dei porti conosciuti. Il primo tentativo di circumnavigare l’Africa risale al 1291, quando i fratelli Ugolino e Vadino Vivaldi, due navigatori genovesi, uscirono con due navi dallo stretto di Gibilterra nell’Atlantico e cominciarono a costeggiare l’Africa, ma di loro non si seppe più nulla. Al principio del XIV secolo altri navigatori genovesi si spinsero nell’Atlantico al largo della costa africana e raggiunsero le Canarie (della cui esistenza, nota agli antichi, si era persa notizia nel Medioevo), Madera e le Azzorre. Dante dimostra di conoscere una fonte, a noi non pervenuta, di origine greca, che forniva l’indicazione di una rotta marina nota nel mondo greco per evitare i pericoli dei pirati etruschi e liguri e sfruttava venti e correnti naturali: la Via Hêrakleia, la quale partiva da Cuma (l’attuale Gaeta), toccava la Sardegna, le isole Baleari e terminava al di là dello stretto di Gibilterra.